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Autore: guastafesta    27/07/2015    1 recensioni
Enrico: Cioè, ma se ci fosse un mondo con persone identiche a noi aldilà dello specchio? Pensa se fossero dei portali tra più dimensioni connesse tra loro.
Ernesto: Cazzata! Manco un bamboccio lo penserebbe, è solo una superficie lucida che riflette la luce.
Enrico: Grazie al cazzo Ernè! Minchia ma sei un coglione o ci fai e basta?! Intendevo: prova a pensare che tutte le persone dall’altra parte siano reali quanto noi.
Ernesto: Mi viene un po’ difficile da immaginare, sai com’è. È questo che volevo dire, coglione.
Enrico: Oh ma sei proprio stronzo allora! Ho detto immagina cazzo! Immagina! Ci pensavo l’altro giorno al cesso.
Ernesto: Eh. Che pensavi?
Genere: Commedia, Demenziale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La teoria degli specchi
 

Enrico: Beh davvero molto bella! Sì, è vero è piccola, ma non ci si fa neanche caso
Ernesto: Infatti, te lo avevo detto. Sembrano tutti ambienti diversi, vedi: qui c’è
l’angolo cucina, qui il tavolo, e se ti affacci da questa parte c’è il salotto
Enrico: Dai ci sta! Alla fine per quello che la paghi. Quanto hai detto che la paghi?
Ernesto: Duecentotrenta euro comprese le condominiali. Però conta che sono da solo e che sono praticamente in centro.
Enrico: No ma infatti è figo. E poi comunque, a vent’anni, trovare una casa così va più che bene.
Ernesto: Non mi posso lamentare, se non per il casino che quel bambino di merda dell’altro appartamento fa di notte. La tipa che abita qui di fronte ha partorito l’altra settimana.
Enrico: Ah brutta storia. Io non ci penso manco per il cazzo ad avere dei figli. La mia fidanzata ci deve solo provare.
Ernesto: Ah, davvero. Infine qui c’è la camera da letto.
Enrico: Questa è un po’ piccola.
Ernesto: Sì, è vero, ma con questo specchio sembra più grande, allarga gli spazi.
Enrico: Cazzo hai ragione! Comunque è una figata! Messo così, su questa parete, per un attimo pensavo di poter andare anche dall’altra parte della stanza. Sì, già, per un attimo ho pensato “hai visto che camera della madonna!?” E invece è solo uno specchio. Figata.
Ernesto: Sì infatti anche a me sembra molto più... Estesa. Com’è che si dice in questi casi? É un gioco di specchi, ecco!
Enrico: Però è strano se ci pensi.
 (si siede sul letto fissando lo specchio)
Ernesto: Cosa?
(si siede anche lui fissando nello stesso punto. Poi guarda l’amico, poi di nuovo lo specchio)
Enrico: Cioè, ma se ci fosse un mondo con persone identiche a noi aldilà dello specchio? Pensa se fossero dei portali tra più dimensioni interconnesse.
Ernesto: Cazzata! Manco un bamboccio lo penserebbe. È solo una superficie lucida che riflette la luce.
Enrico: Grazie al cazzo Ernè! Minchia ma sei un coglione o ci fai e basta?! Intendevo: prova a pensare che tutte le persone dall’altra parte siano reali quanto noi.
Ernesto: Mi viene un po’ difficile da immaginare, sai com’è. È questo che intendevo dire, coglione.
Enrico: Oh ma sei proprio stronzo allora! Ho detto immagina cazzo! Immagina! Ci pensavo l’altro giorno al cesso.
Ernesto: Eh, sentiamo. Che pensavi?
Enrico: Metti che dall’altra parte ci sono un sacco di persone, uguali a noi. Appena ne nasce uno nel nostro mondo, tac, ne nasce una copia dall’altra parte. E noi siamo gli sfigati, quelli che vivono nell’universo di merda, loro invece, quando non devono stare davanti allo specchio per darci l’illusione di essere riflessi, se ne stanno nel loro mondo incantato.
Ernesto: E perché dovrebbero farci credere di essere il nostro riflesso? Cioè, non possono stare semplicemente a grattarselo nel loro mondo di rose e fiori?
Enrico: Beh, non è detto che sia un mondo perfetto neanche il loro. Come tutti i mondi anche in quel mondo lì le risorse sono limitate, e loro ne sono gelosi. Se permettessero a tutti di entrare finirebbero sul lastrico pure loro. Hai presente quando metti la mano davanti allo specchio e il tuo riflesso fa la stessa cosa? È il tuo 'altro te' che usa una forza uguale e contraria per non farti andare oltre lo specchio e, allo stesso tempo, senza entrare lui stesso nel tuo universo.
Ernesto: Ah. Quindi dici che non c’è nessuna superficie in realtà?
Enrico: No, probabilmente no. Hai presente quando unisci i polpastrelli delle dita di entrambe le mani e poi eserciti pressione? Se fai pressione e poi rilassi, pressione e rilassi, sembra che ci sia un vetro tra le dita. Guarda, così.
(Enrico mostra il gesto unendo le cinque coppie di polpastrelli e facendole molleggiare tra loro)
(Ernesto fa lo stesso gesto e poi fa una risatina isterica)
Ernesto: Oh minchia è vero! Sembra che ci sia un vetro.
(poi si alza e va davanti allo specchio)
Ernesto: Ma allora scusa, come fa l’altro me a sapere che sto per tentare di oltrepassare il varco?
(guarda in cagnesco il suo riflesso)
Enrico: I nostri cervelli sono connessi, o qualcosa del genere. Alla fine se nasciamo nello stesso istante vuol dire che in qualche modo siamo le due parti di uno stesso essere. Credo. Comunque, appena stai per passare davanti ad uno specchio a loro arriva l’impulso e pensano “Oh minchia, che sbatti! Guarda sto coglione sta per andare davanti ad uno specchio. Tocca che lascio tutto il ben di dio che mi sto a mangiare; faccio una pausa con le troie che mi sto scopando e vado a far vedere a quella testa di cazzo chi comanda”.
Ernesto: Bastardi! (ride) Ah, sì me li immagino proprio, coi baffi arricciati e i cappelli a cilindro che se la spassano.
Enrico: Oh ma che cazzo dici? Se tu c’hai i baffi arricciati li ha pure il tuo antagonista dall’altra parte, ma se non ce li hai non li ha manco lui.
Ernesto: Cazzo ne sai! Magari li tagliano prima di farsi vedere da noi. Poi una volta che tornano dall’altra parte se li fanno crescere velocemente, tanto, cosa gliene frega a loro? Loro c’hanno il mondo perfetto, vivono tra le rose, figurati.
Enrico: Magari hai ragione.
(Ernesto mette le mani sullo specchio)
Ernesto: Sto stronzo! Che c’è? Non mi vuoi dalla tua stessa parte eh? È inutile che muovi le labbra e mi imiti, io so tutto, puoi smettere di fingere. Scommetto che sto disturbando la tua orgia? O magari ho interrotto il tuo giretto in barca? Beh! Dovrai aspettare ancora un attimino perché da qui non me ne vado. Ti piacerebbe eh? (sussurra a pochi centimetri dallo specchio) Ti ho beccato.
Enrico: Pensa quanto è sfigato il riflesso di Michael. Lui c’ha lo specchio sul soffitto della camera da letto. Quel povero stronzo deve starsene a testa in giù tutta la notte.
(ridono)
Ernesto: Ben gli sta. Ma allora come si fa ad andare dall’altro lato?
Enrico: Beh, loro arrivano per impedirti di oltrepassare il varco non appena tu hai la consapevolezza di essere riflesso. Cioè, anche un neonato può essere riflesso dallo specchio, ovvio, però, se è vero che i cervelli sono connessi tra loro, per fare in modo che il riflesso assuma la consapevolezza del mondo fantastico in cui si trova, e di conseguenza capisca di dover respingere noi estranei, allora bisogna che allo stesso modo in noi si inneschi la consapevolezza di essere riflessi. In pratica, se fai riflettere qualcuno in uno specchio senza che lui sappia cosa sia uno specchio, il suo antagonista sarà spaesato e confuso quanto la persona reale davanti alla propria immagine riflessa. Per questo motivo se dovesse appoggiarsi al varco il suo antagonista non eserciterebbe una forza uguale e contraria, visto che non saprebbe di doverlo fare.
Ernesto: Perciò se una mamma scagliasse il proprio neonato contro uno specchio, lo salverebbe da questo mondo così oscuro e crudele e lui potrebbe vivere alla grande dall’altra parte?
Enrico: Alla grandissima visto e considerato che non avrebbe nessun dovere da compiere ma solo piaceri: non essendoci alcuna persona da dover bloccare avrebbe tutto il tempo libero che desidera.
Ernesto: No… Mia madre è una deficiente! A certe cose proprio non ci arriva!
Enrico: Ci hanno condannate facendoci assumere la consapevolezza di essere riflessi. È la consapevolezza che ti frega amico!
Ernesto: Mannaggia.
Enrico: Già.
(fissano lo specchio a lungo, con uno sguardo a metà tra l’incuriosito e l’adirato, scrutando una possibile contraddizione per incastrare i loro riflessi, così subdoli, così meschini.)
Ernesto: Oh, aspetta un attimo.
(corre verso la porta di casa)
Enrico: Dove vai?
(lo segue)
(escono di casa. Ernesto bussa affannosamente alla porta della vicina)
Ernesto: Signora Alice! Signora Alice! Apra subito! Questione di vita o di morte!
 
   
 
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