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Autore: Avah    28/07/2015    0 recensioni
In quanto detective, gli uomini del 12 distretto della polizia di New York sono votati alla giustizia, al rispetto del loro distintivo e all'integrità. Eppure, anche loro sono umani e, in quanto tali, a volte sono prede di istinti e impulsi animaleschi...
Mi sono innamorata di un mostro, e non me ne sono nemmeno accorta.
Genere: Angst, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Don Flack
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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He's a Monster

-Come hai potuto fare una cosa del genere?!- non posso fare a meno di urlare, è l’unico modo che ho per buttare fuori tutta la rabbia, l’orrore che sento dentro, come un peso sul petto.
-Ho dovuto farlo, non c’era altra scelta-.
-C’è sempre un’altra possibilità!- a questo punto non riesco a trattenermi e inizio a piangere, sconvolta, disperata, devastata.
-Lasciami spiegare- allunga una mano verso di me, ma ora che conosco la verità non posso sentire il suo tocco sulla mia pelle, perciò mi ritraggo di scatto.
-No, non ti voglio ascoltare, non voglio nemmeno vederti!- detto questo, scappo via, lontano da lui, dalla sua vera natura che ha tenuto nascosta per tanto tempo.
Corro via, lontano, sempre più lontano, lungo le strade deserte, le lacrime che continuano a rigarmi gli zigomi. Non posso credere che proprio lui, Don Flack, il miglior detective del distretto, il mio ragazzo, abbia potuto fare una cosa del genere. Anche se ho gli occhi offuscati, riesco ancora a vedere quella terribile scena davanti a me che mi fa gelare il sangue nelle vene.
 
Il sangue è ovunque, sul pavimento, sulle pareti, qualche goccia perfino sul soffitto che cade nella pozza sottostante con un suono sordo. E poi c’è lei, il suo corpo in mezzo a quel lago rosso, i capelli le nascondono in parte il viso, ma non gli occhi che sono spalancati, terrorizzati per quello che è successo. Mantenere il controllo in questa situazione non è facile, perché la conosco, perché lei è - o meglio, era - la mia migliore amica.
 
I miei passi rimbombano sull’asfalto, i palazzi sfilano via mentre continuo a correre. Per quanto possa sforzarmi, non riesco a non pensare a quello che è successo, soprattutto non riesco a concepire che sia stato proprio lui a fare tutto. Riesco quasi a immaginarlo mentre continua ad avventarsi sul suo corpo, i rivoli di sangue che scendono dalle numerose pugnalate. Ma per cosa? Perché tanta ferocia su una povera ragazza che conosceva appena?
 
Flack è di fronte a me, lo sguardo vitreo come al solito. Io ormai non piango più; non perché mi sia tranquillizzata, ma perché sono devastata e ho finito le lacrime.
-Grazie per essere rimasto con me- mormoro, afferrando la sua mano e stringendola forte.
-Mi dispiace per lei- sussurra, ricambiando la stretta, e sembra dannatamente sincero.
 
I suoi occhi, il suo comportamento erano così studiati che mi chiedo come ho fatto a non accorgermi che erano falsi. Mi ha guardato piangere, mi ha stretto a sé per rincuorarmi, mentre la causa di tutto era proprio lui. Lui, che con la sua fredda calma mi ha raccontato la verità, mi ha detto cosa ha fatto. E ora che risento le sue parole nella mia mente mi sembrano ancora più spietate.
 
-C’è una cosa che devo dirti- mi trascina in un angolo, lontano dalla ressa dell’ufficio.
Sono troppo stanca per ribellarmi, la testa mi sta scoppiando e vorrei soltanto dormire per una settimana, ma mi sforzo di seguirlo, perché la sua mano stretta attorno alla mia mi dà sicurezza.
-Che c’è?- sussurro appena, perché le lacrime delle ultime ore mi hanno seccato la gola.
-Riguarda la tua amica- dice, e sento la sua voce cambiare, diventare piatta -Sono stato io-.
Mi occorrono diversi secondi per decifrare il senso di quelle parole -Che… Che vuoi dire?-.
-Sono stato io a ucciderla-.
Non sta scherzando. I suoi occhi sono immobili, sembrano quasi velati da un’ombra malefica che li rende più scuri e minacciosi. D’un tratto il suo tocco brucia, mi fa male solo percepire la sua presenza. E capisco che non è un incubo.
 
Mi fermo con il fiatone e mi appoggio al muro per riprendere fiato. Quelle tre parole continuano a ronzarmi nella mente e non riesco a respingerle. Sono stato io. Vorrei piangere ancora, ma non ci riesco. Mi sono innamorata di un mostro, e nemmeno me ne sono accorta.
In quel momento sento qualcosa sfiorarmi e con un balzo mi volto, spaventata. Flack è di fronte a me, il suo sguardo ha di nuovo quella tinta malefica.
-Cosa vuoi da me?- mi metto con le spalle al muro per tenere più distanza possibile tra noi.
-Parlare- fa un passo verso di me, senza spostare lo sguardo nemmeno di un millimetro.
-Non abbiamo niente da dirci- sento una strana sensazione all’altezza dello stomaco e la voce inizia a tremarmi -Non voglio più avere niente a che fare con te, sei solo un mostro!-.
-Non avevo l’intenzione di ucciderla- dice, e vorrei credergli, ma so che sarebbe uno sbaglio.
-E allora perché l’hai fatto?- sono disperata, talmente tanto che vorrei dargli una seconda possibilità per redimersi, ma non sarebbe la cosa giusta.
-E’ stato un impulso- spiega lui, come se fosse la cosa più semplice del mondo -E lei non è stata la prima-.
Sento la terra aprirsi sotto di me. Come poteva Don Flack essere un serial killer? No, doveva essere un incubo, non c’era altra spiegazione.
-Lei non è stata la prima e non sarà l’ultima-.
Sto cercando il senso di quelle parole quando la realtà mi piomba addosso. Troppo tardi mi accorgo della sua mano nascosta dietro la schiena, e quando cerco di fuggire vado incontro al mio destino. La prima pugnalata è la più dolorosa, perché mi colpisce al cuore, già spezzato dall’uomo che amo e che pensavo di conoscere bene. Alzo gli occhi su di lui e vedo il suo volto trasfigurato, mentre il coltello entra ed esce dal mio corpo, portando via con sé la mia energia.
Un’ultima volta e crollo a terra, riversa nel mio stesso sangue. Vorrei chiudere gli occhi, ma non ci riesco; lo vedo ripulire con calma la lama dal mio sangue, gli occhi immobili, poi si volta e se ne va lungo la strada. Il suono dei suoi passi in lontananza è l’ultima cosa che sento, è il suono che mi accompagna nel mio ultimo viaggio.
  
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