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Autore: trenodicarta    28/07/2015    7 recensioni
- Smettila di pensare a cosa accade agli ebrei. Smettila, loro non centrano niente con noi. Qui siamo solo io e te, siamo un uomo e una donna, non importa cosa c’è là fuori, lo vuoi capire? – Sbuffò lasciandola andare.
Elena lo vide slacciarsi gli indumenti e indietreggiò.
- Non esiste più l’uniforme e non esistono più nemmeno questi! –
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Epilogo

 - Adam! Where are you? –

Una risatina. I passi svelti di qualcuno che correva. 

- Ah ti ho preso! – 

Il bambino rise, lasciando che la madre gli facesse il solletico. La donna scombinò i capelli lisci e biondi più del grano di suo figlio, quindi gli baciò la fronte e il nasino all’insù. 

- Mamma, mamma! – Esclamò lui abbracciandola. 

I due avevano gli stessi occhi color nocciola, benchè quelli di Adam fossero più chiari. La donna si ritrovò a pensare che fosse un peccato che non avesse ereditato gli occhioni azzurri del padre.

- Mamma, mamma! –

- Che c’è? Hai cinque anni Adam, possibile che non sai dire nient’altro? –

Il bambino arrossì, quasi imbarazzato davanti a quell'affermazione. Adam era il bambino più riservato e timido che Elena avesse mai conosciuto, era intelligente, buono, sembrava così puro per un mondo così crudele. La ragazza lo adorava con tutta se stessa, per lui avrebbe dato la sua stessa vita, la prima volta che l'aveva tenuto tra le braccia si era ritrovata a comportarsi in modo impacciato, si era innervosita più volte quando ogni volta che lo teneva tra le braccia il bambino cominciava a strillare. Poi aveva compreso: Adam non detestava stare a contatto con lei, semplicemente preferiva starsene per conto suo, nel suo lettino, osservandola curioso mentre lei sbrigava le sue faccende. Quel bambino passava il suo tempo spiandola, seguendola, l'aveva fatto da neonato e continuava a farlo una volta più grande. Adam era adorabile, bastava un suo sorriso per far passare la malinconia che alle volte Elena si ritrovava a provare pensando al passato.

- C’è un uomo che ci fissa, mamma! –

La donna si voltò, corrugando la fronte nel vedere una figura sconosciuta osservarli attenta. Se ne stava seduto su una panchina non troppo lontana, non appena Elena lo colse sul fatto di osservarli, lui distolse veloce lo sguardo, fingendo di star scrutando un edificio lì vicino. Quel gesto così repentino e colpevole, fece intimorire ancora di più Elena, certa che quell'uomo fosse lì per loro. La ragazza lo studiò incuriosita quella figura e quasi irrigidendosi spalancò gli occhi: assomigliava così tanto ad Alberto! Ebbe paura, una parte di sè era certa che si trattasse di lui, ma l'altra si domandava in silenzio: come ha fatto a trovarci? Non dovrebbe essere morto? Com'è possibile? Confusa da tutti quei pensieri, comprese che vi era un unico modo per trovare una risposta a tutti quei quesiti. 

- Vai dalla nonna. –

Lo indirizzò verso una donna più anziana, seduta su una panchina e intenta a leggere un libro, il bambino la guardò con aria indecisa, poco convinto di voler andare dalla nonna.

- No mamma, vengo con te, ti difendo. -

Lei scosse la testa, irremovibile. Il bambino aveva capito cosa volesse fare la ragazza: affrontare quel signore.

- Adam basta, ti ho detto di andare. - Ripetè con tono autoritario, sortendo ben presto l'effetto desiderato. 

Il bambino corse verso la nonna, voltandosi ogni tanto a osservare preoccupato la madre, che avanzava  con un abbozzato passo sicuro verso la figura dello sconosciuto. Quest'ultimo si era mosso dall'ultima volta che l'aveva scrutato: si era alzato dalla panchina appoggiandosi al tronco di un albero, le dava le spalle, pertanto per scoprire chi fosse, Elena sarebbe stata costretta a rivolgergli la parola.  Alla ragazza però, bastò avvicinarglisi per trarre un respiro di sollievo: non era Alberto, i capelli di questo sconosciuto erano biondo cenere, non neri come quelli di suo marito

- Senta non so cosa abbia da guardare, ma se oserà fissare ancora mio figlio chiamerò aiuto, ha capito? –

Lo sconosciuto non si voltò, rimase fermo e in silenzio.

- Mi ha capito? L'ho vista che ci guardava, non finga di non sentirmi. - 

Vedendo che non vi era alcuna reazione nello sconosciuto, lei si voltò sbuffando, avviandosi verso la sua famiglia. 

- Lei è sempre così scortese, italiana? –

Elena si bloccò. La voce era irriconoscibile, era troppo bassa e roca per appartenere ad ... Aaron, ma quelle parole, quel modo di pronunciarle la riportarono al suo
soldato. Chi altro avrebbe potuto chiamarla così? Chiaramente l'accento si notava, tutti potevano capire che non fosse Americana, ma ... solo Aaron poteva chiamarla così, o forse no? Si sarebbe dovuta voltare e l'avrebbe scoperto, ma cosa sarebbe successo se fosse stato lui? E se non lo fosse stato? Sarebbe svenuta nel primo caso e sarebbe morta dalla delusione nel secondo.

- Il bambino ha i tuoi occhi. –

Lo sconosciuto le si fece vicino, a tal punto che Elena riuscì a percepire il suo respiro sul collo. Ora le parti si erano invertite: lei gli dava le spalle e lui tentava di attirare la sua attenzione.

- Ora sei tu quella che fa finta di non sentirmi, avanti rispondi, noi tedeschi non amiamo aspettare. -

Le bastarono quelle parole per scattare e voltarsi di colpo. Era il suo viso, certo, era cambiato molto, l'orrore della guerra e della morte aveva invecchiato il suo volto, ma era lui!

- Aaron! – Esclamò lei, con le lacrime agli occhi.

Lo abbracciò, come aveva fatto tempo prima, prima che lui partisse. 

- Credevo fossi morto! –

- Voi italiani siete sempre così drammatici. –

In realtà anche Aaron credeva che sarebbe realmente morto, quando qualcuno fece la spia e spifferò che lui e altri soldati lavoravano in segreto con gli alleati nel tentativo di passare informazioni segrete. Finito in un campo di concentramento a sua volta, aveva subito i peggiori trattamenti, fin quando tra corruzioni varie, era riuscito a scappare insieme ad altri compagni. Si era rifugiato in Italia nuovamente, tra i partigiani, aveva combattuto al loro fianco, il tedesco pentito, lo chiamavano. A nessuno di loro piaceva la sua presenza, si era dovuto guadagnare la loro fiducia, ma come biasimarli: lui era il soldato che fino a poco tempo prima aveva sparato in testa ai loro nipoti. 
Finita la guerra aveva lasciato passare un altro po’ di tempo, prima di raggiungere l'America, temeva che qualche nemico lo seguisse in attesa di colpirlo. Quella era stata la parte più logorante: aspettare. Aaron raccontò la storia di quegli anni ad Elena, per poi concludere con un ironico:

- Sapevo che non ti saresti risposata. Chi mai avrebbe voluto una spina nel fianco come te? -

- Se questo è il tuo modo per dirmi che sei felice che io ti abbia aspettato è piuttosto offensivo. - 

Sorrisero e in seguito Aaron fece la domanda che tanto desiderava:

- Posso vedere ... ? -

- Adam. -

Il ragazzo assunse un'espressione sorpresa nel sentire il nome del bambino. 

- Un nome tedesco e anche americano? - 

Lei sollevò le spalle. 

- Per non dimenticare da dove viene ma per ricordargli chi è ora. -
***

- Adam, ti presento un amico della mamma... lui è Aaron. -

Il bambino scrutò l'uomo in silenzio per qualche secondo, quasi lo stesse esaminando, in seguito si toccò i capelli e poi sfiorò quelli del ragazzo, notando la somiglianza e sorridendone contento. Adam chiacchierava veloce, tirando fuori nuovi argomenti ogni cinque minuti, Aaron rimase affascinato dal fatto che da un bambino così piccolo potessero uscire così tanti pensieri. Ad Adam piaceva molto Aaron, lo adorava, forse comprese fin da subito chi fosse quello sconosciuto venuto fuori dal nulla. 

- Mamma! Mamma! - Esclamò come al solito il bambino, attirando l'attenzione di Elena. - Aaron rimane a cena? - 

Elena si scambiò una veloce occhiata con Aaron, fu quest'ultimo a rispondere: - No, non mi fermo a cena. -

Adam assunse un'espressione imbronciata e anche Elena osservò il tedesco con fare confuso, arrabbiato e malinconico, in risposta, Aaron sorrise, aggiungendo:

- Mi fermo per sempre. -

E così fu, Aaron si fermò per sempre, chiaramente le loro difficoltà non cessarono, ma perlomeno rimasero insieme per tutta la vita. Posso assicurarvi che furono molto felici insieme, lo stesso fu per Adam e le sue due sorelline che vennero in seguito. Come posso esserne così certo? Perchè sono io Adam e questa è la storia del coraggio e dell'amore dei miei genitori.

Ringraziamenti&co.
Allora vorrei ringraziare un po' tutte le persone che hano seguito la storia, chi commentandola, chi inserendola tra le preferite, seguite e così via. Volevo precisare che in effetti la storia originale, cioè come l'avevo scritta inizialmente non doveva terminare in questo modo, aveva un finale "triste", dove Aaron non sarebbe tornato, però in seguito ho pensato che ... non potevo farvi e farmi questo! Mi sono affezionata ai personaggi, inoltre detesto le storie d'amore dove alla fine uno dei due muore, ormai è una cosa abbastanza scontata nei racconti d'amore e dato che è qualcosa che mi innervosisce vi evito questo. Quindi so che è abbastanza inversomile come finale: dubito che in una storia "reale", Aaron si sarebbe salvato, ma questa è fantasia e poi non l'ho scritta per ammorbare chi legge ma per vedere qualcosa di buono in un periodo così triste come quello della Guerra. Grazie ancora e spero di cominciare presto una nuova storia ^^  
   
 
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