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Autore: obvceanhaz    29/07/2015    1 recensioni
❝ —In realtà non dovrei ma sì, puoi chiamarmi come vuoi
[one shot] [ispirata a Cornerstone degli Arctic Monkeys] [1] [primo libro della serie song]
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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Cornerstone.

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Al Battleship gli era sembrato di vederla tra le vetrine del negozio ma probabilmente erano le luci della strada che gli giocarono un brutto scherzo. Così continuò a camminare per quel marciapiede stiminzito incapace di contenere anche una sola persona.

Pensava di averla vista al Rusty Hook, era davvero uguale, l'aveva pure baciata su un sedile di vimini, andava tutto apposto finché, con un tono schifosamente educato le chiese:  —per favore, posso chiamarti con il suo nome?— e la ragazza gli tirò un bello schiaffo sulla guancia destra.

Allora Luke uscì dal ristorante e si infilò in macchina però non percorse quei vicoli che faceva con lei, cambiò strada, ed era tutto così strano perché gli pareva di star attraversando una città nuova, mai vista prima. Eppure lui, a Brooklyn ci era sempre vissuto. 

Percosse quelle strade come se stesse dietro un carro funebre. Ogni tanto chinava il capo verso il sedile dove era solita stare lei, quel posto vuoto dove ora c'era il suo cuore inerme. Guardava quel sedile intensamente  e sperava che il giorno dopo l'avesse ritrovata la, con i piedi sul cruscotto senza i suoi stivali neri, perché a lei non piaceva stare con le scarpe in macchina.

Arrivato al Parrot Beak parcheggiò e s'infilò nel locale affollato in cerca di una come lei. Vide una ragazza che stava facendo casino con l'allarme antincendio.
Aveva il gesso alla mano però la musica era troppo alta per sentire la sua voce mentre urlava le parole della canzone che suonava nelle casse in quel momento. 

C'era della muffa sul soffitto, era ovvio che lei non potesse essere lì. La ragazza dal braccio ingessato si avvicinò a Luke con aria audace e cominciò a strofinarsi addosso al ragazzo. Lui si sposto facendo segno di andare via e uscì dal locale.

Appena uscito si accese una Lucky Strike alla menta, il sapore del tabacco era troppo forte per lui, lo disgustava, però ormai fumare era diventata un'azione automatica e quindi decise di abituarsi al sapore terribile del tabacco. Fu lei a comprargli per la prima volta quelle alla menta e per lui era diventate subito una droga, un po' come lo era lei. Luke non poteva starle lontano per più di un giorno. 

Ed a un certo punto pensò di essersela immaginata, lei e tutte le cose che aveva fatto assieme.
Così decise di andare a fare una passeggiata sotto la leggera pioggerella.

Era finita. Non sarebbe più riuscito a trovarla una come lei. 

E ora stava cercando di accendersi l'ultima Lucky Strike  alla menta del pacchetto ma con quel vento l'azione, che risultava all'inizio semplice e automatica,  risultò molto più complessa del previsto.
La pioggia, nel frattempo, gli rigava il volto mescolandosi con le poche lacrime che gli rigavano il volto.

Non era triste, era solo perso. Era come se si fosse accorto, in un solo attimo, che il pavimento su cui stava poggiato era da molto scomparso lasciandolo precipitare verso il suolo.  

E forse quel pavimento inesistente l'aveva già avvertito solo che, s'aggrappava alla speranza di poter aggiustare tutto. Pensava che con lei si sentisse vivo, o per lo meno, che sentisse  qualcosa, che era sempre meglio di non sentire nulla.

Ma d'altronde è così che funziona l'amore: si cade e ci si rialza. Non c'è nulla da fare. Pur troppo il mondo non è stato creato con il libretto delle istruzioni.
Sarebbe stato troppo facile così, poi.

Brooklyn, quella sera, era spettacolare: i colori della notte stavano, man mano, occupando il posto al giorno. Il cielo era cosparso di colori scuri mischiati a tonalità più chiare riflesse sull'acqua, come se fosse uno specchio. Era uno spettacolo unico. Mozzafiato.

Solo che, a Luke, della spettacolare Brooklyn, non gli importava più. 
A lui importava solo di lei. Continuava a cercata ovunque, nell'acqua limpida del mare, nelle forme astratte delle nuvole nelle gocce fredde della pioggia, negli occhi degli altri. Ma lei era sparita. 

Appena si accorse di aver finito l'ultima Lucky Strike  alla menta gettò il mozzicone per terra e lo schiacciò con la converse nera. Mise le mani nelle tasche e chino il capo verso il suolo. 

—Lasciala stare quella, trovatene un' altra. Che poi di quella là non te ne ricorderai nemmeno tra dieci anni— dicevano gli amici di Luke.

Eppure lui pensava di non riuscire a passare una sola notte senza lei. Loro non capivano. Di altre non ce ne erano e se che ne erano lui non le voleva. E non importava se tra dieci anni se la sarebbe dimenticata perché il dolore al petto ce lo aveva ora, non tra dieci anni.

Seduto su una panchina affianco al Cornerstone, dopo aver notato che la pioggia aumentava sempre più, decise di entrare e fu lì che la vide.

Noelle era seduta su uno sgabello in plastica davanti al bancone e giocherellava non la cannuccia della sua vodka.
Non assomigliava per niente a lei, aveva comportamenti meno aggraziati e sembrava spaesata, come se si fosse persa in qualche suo sogno a occhi aperti.

Luke le si avvicino, le rivolse un sorriso che Noelle non ricambiò, al contrario, la ragazza nelle converse nere si limitò a concedergli uno sguardo infastidito.

—Ti piace la vodka?— chiese impacciato Luke.

Non voleva spaventarla né tanto meno sembrare un deficiente. Noelle chinò il capo verso Luke per  guardarlo incuriosita, si chiedeva come mai quel ragazzo le stesse parlando e cosa gli interessassero i sui gusti in fatto di alcolici.

—Vuoi la verità? Mi fa totalmente schifo, sa di acetone— lo schernì lei con una risatina finale.

Luke rise sonoramente e a Noelle sembrò un suono così dolce che le si sciolse il cuore e si mise a ridere anche lei. Si guardarono degli occhi. Luke guardava i suoi occhi come se fossero le ultime righe di una lettera d'addio. 

—Come ti chiami?— chiese il ragazzo biondo con le palpitazioni al cuore.—Noelle, in realtà non dovrei ma sì, puoi chiamarmi come vuoi— disse lei con un sorriso sbilenco.

Luke in quell'istante si ricordò di lei e pensò che Noelle era un così bel nome che sarebbe andato bene lo stesso. Così ignorò la proposta della ragazza.

—Allora, Noelle, ti va di andare a comprare delle Lucky Strike  alla menta?—

 

 



 
   
 
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