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Autore: HeartSoul97    31/07/2015    0 recensioni
"Aveva conosciuto Caleb per caso, aggregandosi di malavoglia a un’uscita con degli amici. Ricordava di essere rimasta intimorita e anche affascinata da quel ragazzo dai vestiti neri e l’aria truce. Corrispondeva perfettamente all’idea di Sophia di “ragazzo tormentato”, uno di quelli di cui leggeva sempre nei suoi libri preferiti: grossi anfibi neri, pantaloni neri, T-shirt sgualcita e sguardo malinconico. E purtroppo questo tipo di personaggio era sempre, immancabilmente il suo preferito."
Come resistere al richiamo del vuoto?
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Cal? Cal! Dove mi stai portando, si può sapere?» chiese trafelata, con la voce spezzata dallo sforzo.
«Risparmia il fiato, abbiamo ancora molte scale davanti!» rispose il ragazzo davanti a lei.
Sophia non riusciva a capire dove Caleb la stesse portando, né perché l’avesse fatta entrare in quel vecchio palazzone. Stava salendo lungo l’ennesima rampa di scale – aveva smesso di contarle dopo la quinta.
Aveva conosciuto Caleb per caso, aggregandosi di malavoglia a un’uscita con degli amici. Ricordava di essere rimasta intimorita e anche affascinata da quel ragazzo dai vestiti neri e l’aria truce.
Corrispondeva perfettamente all’idea di Sophia di “ragazzo tormentato”, uno di quelli di cui leggeva sempre nei suoi libri preferiti: grossi anfibi neri, pantaloni neri, T-shirt sgualcita e sguardo malinconico. E purtroppo questo tipo di personaggio era sempre, immancabilmente il suo preferito.
Tuttavia era rimasta sorpresa quando l’aveva richiamata, due settimane dopo, per chiederle di uscire. Era convinta di non essere il suo tipo: troppo tranquilla, troppo pacata, troppo accondiscendente, troppo semplice, troppo… normale. Immaginava che i tipi come lui uscissero con le ragazze che suonavano la chitarra e mettevano le magliette delle rock band, oppure che fossero perdutamente innamorati di una ragazza irraggiungibile e scrivessero montagne di tristi canzoni d’amore per lei da suonare con la chitarra in una fredda sera di novembre…
E invece no, Caleb le aveva chiesto di uscire. Ed erano effettivamente usciti, avevano parlato per ore di tutti gli argomenti del mondo, tra cui… la ragazza di Cal e i problemi tra loro. Poi, che tipo di problemi ci potessero essere in una relazione fatta solo di sesso (questo aveva capito, per lo più, da come ne aveva parlato lui), lei non ne aveva idea. Insomma, Sophia aveva fatto da confessionale per quel ragazzo che conosceva appena e non le era piaciuto neanche un po’. Non che si aspettasse che ci provasse con lei – non era il suo tipo – però ci era comunque rimasta male. Solo un po’.
Eppure Cal, nonostante la ragazza rispondesse ai suoi messaggi una volta sì e tre no, continuava a contattarla. Fino al messaggio che le era arrivato il giorno prima.
È finita. Abbiamo rotto. Ho bisogno di te.
C’era talmente tanta tristezza in quelle parole che Sophia non aveva potuto fare altro che vederlo, e farsi spiegare la situazione.
E invece le stava facendo fare la corsa più lunga della sua vita, su per quelle scale infinite.

«Insomma, dove stiamo andando?» chiese per l’ennesima volta, ma ottenne un ambiguo «Vedrai» come risposta.
Quando svoltarono, alla fine della rampa di scale c’era una porta con la scritta “Tetto”, e Cal la spalancò senza esitare.
Il vento soffiava, ma non troppo forte. Il sole andava e veniva, le nuvole lottavano per nasconderlo alla vista.
«Cal, che ci facciamo sul tetto di un vecchio palazzo di Bristol?» chiese Sophia, mentre i pensieri più terribili le si affacciavano alla mente.
«Non voglio buttarmi, non ti preoccupare. Non assisterai al mio suicidio in diretta». Sembrava stare bene; di certo non aveva l’aria di uno che voleva buttarsi.
Cal si avvicinò al bordo e Sophia lo seguì, circospetta. Guardò giù e trattenne a stento un conato di vomito. Quel palazzo era più alto di quanto pensasse.
«La senti?» sussurrò Cal, ma la ragazza non capì.
«Cosa dovrei sentire, Cal?». Cominciava a preoccuparsi. Aveva un’espressione sul viso che la spaventava.
«L’appel du vide. La chiamata del vuoto. Non la senti?»
«Non ti seguo, che cosa stai dicendo?»
«Non provi l’irresistibile desiderio… anzi, impulso… meglio ancora, bisogno di buttarti giù da questo palazzo?».
Sophia era troppo occupata ad assimilare quelle parole per rispondere subito.
«Io sì. La sento. Forte e chiara. Anche se il cervello mi impedisce di seguirla, io la sento, ne subisco l’incanto».
«Cal, se è per la tua ragazza, non c’è bisogno di buttarsi da un palazzo, il mare è pieno di pesci…»
«Ma no che non è per lei, per una tale zoccola non ne vale neppure la pena. Ma vedo che hai frainteso».
Sophia, intanto, si allontanava dal bordo.
«No, Soph! Avvicinati. Solo se ti avvicini la puoi sentire». Le prese la mano e la attirò accanto a sé.
«Ascolta». I due ragazzi guardarono giù dal tetto: quel lato della città era quasi deserto, ogni tanto una macchina solitaria sfrecciava sull’asfalto.
E fu in quel momento che Sophia la sentì – la chiamata, anzi il richiamo, del vuoto. Proprio come aveva detto Cal, sentiva il bisogno disperato di saltare giù. E lei di certo non aveva manie suicide, né motivi per mettere fine alla sua vita.
«La sento» sussurrò, voleva che Cal lo sapesse.
«Difficile resistere, vero? Probabilmente la seguirei, se non avessi più un motivo per restare qui a sopportare il desolato stillicidio del diventar vecchi».
«Dici che è per questo? Le persone si buttano dai palazzi perché non resistono al richiamo?»
«È una specie di canto di sirena. Dopo un po’ non c’è più scampo, se non hai qualcuno a cui restare aggrappato». Solo allora Sophia si rese conto che Cal le stava ancora tenendo la mano – anzi, gliela stava proprio stringendo. Sembrava quasi che si stesse aggrappando a lei. Come a un’ancora.
«Cal. Che ci facciamo qui?».
«Accarezziamo il brivido di essere ad un passo dalla morte e di poter ancora scegliere. Possiamo toccare con mano il confine tra la vita e la morte, quassù. Ascolta il richiamo. Lo senti? Si è fatto più forte. Se fossimo stati soli, saremmo già spacciati. O almeno io lo sarei. Ecco perché ho bisogno di te» disse, guardandola negli occhi. «Ho bisogno di te per non seguire il richiamo. Sei la mia ancora, Soph».
Sophia non era certa di essere in grado di capire appieno quelle parole. Stava male per Caleb. Era felice di essere lì, a subire il richiamo del vuoto, ma essere in grado di reprimerlo.
Capì che Caleb stava male sul serio, anche se diceva il contrario. Era… solo. Prima aveva la sua ragazza, ora non aveva neanche lei ed era completamente, disperatamente solo. Avrebbe davvero avuto tutti i motivi per non opporre resistenza a quel richiamo. Sophia vide i suoi occhi diventare lucidi e distolse lo sguardo. Non voleva vederlo piangere.

Lentamente, allontanò Caleb dal muretto, si sedettero vicino alla porta d’accesso, senza dire una parola.
«Kerouac, comunque» disse Sophia all’improvviso, e Cal sorrise.
«Sapevo che l’avresti riconosciuta».
«Oh, andiamo. Il desolato stillicidio del diventar vecchi. Come dimenticarlo?».
Sorrisero, mentre il sole finalmente usciva di nuovo allo scoperto.




***
Angolino autrice
Che dire, ho visto un'immagine che mi ha ispirata. Lo so che è la seconda volta che posto qualcosa in cui qualcuno vuole buttarsi giù da un palazzo, ma giuro di non avere manie suicide.
HeartSoul97



 
  
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