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Autore: Sora_D_Aoi    31/07/2015    6 recensioni
Sono trascorsi due anni dalla fine della sanguinaria Guerra dei Vertici, scontro epico che ha visto affrontarsi i più grandi esponenti della Marina Militare e le flotte del pirata conosciuto come l'uomo più forte del mondo, l'Imperatore Edward Newgate, giunto fin lì per soccorrere il suo amato figlio nonché Comandante della sua Seconda Divisione Portgas D. Ace. In quella battaglia di smisurate dimensioni entrambe le fazioni hanno subito innumerevoli e dolorosissime perdite, di cui la più clamorosa è stata costituita dalla dipartita dello stesso Imperatore Bianco, che con la sua morte ha inaugurato l’inizio di una Nuova Era.
Tuttavia, questo violento conflitto non ha portato solo sofferenze, ma ha anche spinto dei giovani a compiere delle scelte necessarie per realizzare i loro sogni e soprattutto per proteggere le persone a loro care.
Per una di loro, la 'Vendicatrice degli Abissi' Sora D. Aoi, sarà l'inizio di una grande avventura, ma anche il momento di affrontare un doloroso passato intriso di sangue e morte...
[Sequel di "Cronache di un'Assassina - La Vendicatrice degli Abissi Sora D. Aoi": per comprendere appieno le vicende e soprattutto la caratterizzazione della protagonista ne è caldamente consigliata la lettura.]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Rivoluzionari, Sabo, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note d'Autrice: il rating potrebbe cambiare da giallo ad arancione con il proseguire della storia a causa della violenza dei combattimenti (nella speranza di riuscire a descriverli accuratamente). La protagonista principale e anche altri personaggi tra cui i Cavalieri Fantasma, Sora D. Ao, ecc sono di mia invenzione e proprietà, mentre gli altri sono proprietà del maestro Eiichiro Oda. Alcuni nomi, titoli e appellativi sono stati lasciati in lingua originale e verranno opportunamente contrassegnati da degli * e spiegati in fondo ai capitoli, mentre per altri è stata scelta la traduzione italiana. I collegamenti con la trama originale prendono spunto dall'anime in lingua originale sottotitolata escludendo filler e film, pertanto non si considerano le possibili differenze rispetto al manga o i personaggi aventi poteri di Frutti del Diavolo comparsi unicamente negli stessi.
Con questa breve premessa spero che la storia sia di vostro gradimento.

      
PROLOGO – SILVERSEA ISLE
VECCHI LEGAMI E NUOVI INIZI

Rimase in silenzio, immergendosi totalmente in quell’atmosfera irreale data dall’ovattato scendere della neve, che cadeva copiosa ma delicata ricoprendo con la sua morbida e gelida coltre ogni cosa ci fosse sul suo cammino. I candidi fiocchi bianchi vorticavano tutti in una leggiadra danza prima di riunirsi ai loro fratelli sul terreno, rendendolo così un soffice tappeto immacolato e quasi accecante, mentre gli alberi imbiancati brillavano come diamanti a causa degli splendidi cristalli di ghiaccio che pendevano dai rami, appena piegati su loro stessi a causa dell’ingente peso da sostenere.

In quella pace ai limiti della realtà l’unico suono che si poteva udire era quello dell’oceano in lontananza, le cui onde frusciavano timidamente e ritmicamente, creando una sorta di piacevole ninnananna dalla quale lei si sarebbe lasciata cullare volentieri. In quel luogo ormai selvaggio e disabitato lo spazio e il tempo sembravano perdersi, parevano seppelliti anche loro sotto quel manto niveo e taciturno, tanto che lei stessa non sarebbe stata in grado di dire con certezza quanto tempo fosse passato dal suo arrivo, se solo qualche minuto oppure alcune ore.

Le pareva assurdo pensare che alla sua nascita quell’isola nel North Blue, Silversea Isle, fosse stata abitata da un discreto numero di persone, che ufficialmente l’avevano abbandonata in seguito a una catastrofe in cui sua madre aveva perso la vita e testimoniata dalle macerie degli edifici ormai vinte dalla natura, ai piedi della discreta altura verde e bianca su cui si era inoltrata. Da un lato era sollevata di non ricordare quel tragico giorno in cui lei, troppo piccola e non ancora dotata della capacità di registrare e catalogare gli eventi attorno a lei, aveva vissuto tutto in modo passivo senza soffrire più di quanto non avesse comunque fatto; dall’altro, però, non sapeva cos’avrebbe dato per scoprire i veri responsabili di quella che probabilmente era stata una carneficina e fargliela pagare per il male fatto a sua madre e a tutti gli altri cittadini. Non aveva dubbi sul fatto che gli oppressori della sua infanzia avessero strettamente a che fare con l’accaduto, ma lei voleva delle autentiche testimonianze di quel tragico giorno in modo da farla pagare ai diretti interessati. 

Nonostante quei pensieri negativi, in quel momento le sue morbide labbra rosee erano leggermente ricurve verso l’alto, e i suoi occhi del colore del cielo guardavano con affetto e nostalgia la piccola stele di pietra ai suoi piedi, anch’essa lattea e un poco scintillante per il ghiaccio e la neve. Nel cuore provava un vago senso di attesa, probabilmente la speranza che la proprietaria di quella lapide le mandasse anche un misero segno che le confermasse la sua presenza e le assicurasse che il suo spirito non aveva mai smesso, assieme a quello dei suoi ‘due padri’ e del suo amato fratello maggiore, di vegliare su di lei dall’alto di quel cielo plumbeo. Non conosceva l’identità di quell’anima caritatevole che le aveva concesso quella quantomeno dignitosa sepoltura, ma in cuor suo era certa che se mai l’avesse incontrata l’avrebbe capito subito e le sarebbe stata eternamente riconoscente.

Sentì un familiare pizzicore agli occhi, che era giunto in ritardo rispetto alle aspettative che si era fatta durante il viaggio. Aveva già deciso che non avrebbe impedito alle lacrime di scendere, perché per quanto forte fosse diventata sia fisicamente sia emotivamente nella sua vita ne aveva piante pochissime per la sua assenza, e per lei quella consapevolezza era una sorta di offesa nei confronti della donna che l’aveva portata in grembo per nove mesi e cresciuta con amore e onestà per due anni, dando poi la vita per proteggerla.

Chiuse gli occhi, avvertendo due piccoli rivoli caldi scivolarle timidamente sulle guance, lasciandole sulla pelle due sottili linee umide e fredde che si allungarono poi fino al mento, sfiorandole la bocca che poté assaporare, seppur scarsamente, quel gusto salato e pungente che le caratterizzava; due piccoli batuffoli di neve si posarono sulle gote umettate e intirizzite, sciogliendosi sulla pelle appena arrossata creando così altre due lacrime non sue, quasi a volerla rimproverare per quel pianto mancato.

Prese un profondo respiro, asciugandosi gli occhi con le pallide dita affusolate, per poi scandire le parole che non aveva ancora avuto occasione di pronunciare dal giorno della sua seconda fuga, ma che avrebbe voluto proferire molto tempo addietro: “... Sono a casa... mamma.”

Come si aspettò non arrivò alcuna risposta, né verbale né materiale, così, inspirando nuovamente, riprese: “Lo so che sarai come minimo furibonda per il fatto che sia venuta a trovarti solo ora, visto che è da sei anni e mezzo che sono riuscita a scappare... Ma, come credo che ti abbia detto mio fratello Sabo, sono stata impegnata a cercare il maggiore di noi quattro, il Comandante della Seconda Divisione di Barbabianca Hiken no Ace... Quell’idiota si era fatto catturare dalla Marina, e per poco non si faceva trafiggere come uno stupido da quel bastardo di un Ammiraglio...! Se non fosse stato per me, il nostro fratellino Rufy, le flotte del Babbo e tutti gli altri che ci hanno aiutati, a quest’ora sarebbe certamente lì con voi a farvi saltare i nervi, ne sono certa! Hai già papà da tenere a bada, visto che Nyon-baa mi ha detto che come me non hai mai avuto molta pazienza e che lui era un tipo abbastanza infantile e molesto, quando ci si metteva... Dovresti essermi grata!”

Stavolta la replica arrivò sotto forma di altro fiocco di neve, che si posò sulla punta del suo naso facendole trattenere a stento uno starnuto. Lo levò via con l’indice prima che potesse sciogliersi, tirando su col naso per impedire a una piccola candela di colare e congelarsi: “Va bene, scherzavo! Non c’è bisogno di farmi venire il raffreddore...! Tra poco partirò per il Nuovo Mondo, e laggiù ci saranno molti nemici e pericoli da affrontare...! Dovrò essere in piena forma!”

Attese nuovamente un segno, che come la prima volta non pervenne, e quando sentì dei passi goffi e familiari alle sue spalle sospirò ancora, proclamando: “Beh... Purtroppo pare che sia già ora di salutarci... Sai com’è, devo raggiungere quel Succo di Frutta di mio fratello sull’Arcipelago Sabaody, e da qui ci metteremo come minimo due giorni. In teoria mancherebbe ancora una settimana al giorno stabilito per la nostra riunione, ma ovviamente quella testa calda ha pensato bene di andarsene in anticipo senza preavviso, lasciando indietro il nostro fratellino e costringendomi a venire qui in fretta e furia per salutarti prima di andare nel Nuovo Mondo...!” spiegò non ricevendo alcun tipo di segnale che potesse sembrare una replica, facendola sentire un po’ stupida nell’illustrare il suo itinerario all’aria e alla neve.

Scosse appena la testa, decisa a terminare comunque quel particolare ‘dialogo’: “Mi sa che non tornerò qui molto presto, ma ti prometto che faremo ancora quattro chiacchiere! So che è sfacciato da parte mia, ma ti prego di vegliare sul mio viaggio e su quello dei miei fratelli assieme a papà, al Babbo e a Sabo, anche se magari l’avreste fatto anche se non ve l’avessi chiesto...”

Nel frattempo i passi si erano interrotti, indice che il suo accompagnatore era a pochi metri da lei, come poteva chiaramente percepire grazie ai suoi sensi ben sviluppati. Non aveva dubbi sul fatto di essere in ritardo rispetto alla sbrigativa tabella di marcia che avevano organizzato dopo l’accesa discussione avuta via Den-Den Mushi con il Comandante della Seconda Divisione, ed era anche certa che se avesse tardato quello stupido Succo di Frutta gliel’avrebbe rinfacciato più e più volte, nonostante quella disorganizzazione fosse stata causata solo e unicamente da lui. Lo stesso Marco, Comandante della Prima Divisione dei Pirati di Barbabianca, era stato colto alla sprovvista, ritrovandosi a dover organizzare in poche ore con la sua flotta una spedizione sull’Isola degli Uomini-Pesce in veste di ‘squadra di recupero post-allenamento’, mentre le altre divisioni avevano pensato bene di aspettarli sull’isola del Babbo nel Nuovo Mondo. Ormai mancava solo lei.

Per tale motivo, conscia della fretta che animava quel susseguirsi di eventi, la ragazza si chinò rapidamente ai piedi della tomba di sua madre, levando con la mano la neve che copriva lo spiazzo di terra davanti ad essa e piantandovi un fiore, un giglio di un inusuale indaco: “Prima di venire qui sono passata ad Amazon Lily per salutare Hancock-san, Nyon-baa e le altre Kuja... Nyon-baa mi ha dato questo giglio che sa adattarsi a ogni temperatura e che contrariamente alla norma prolifera meglio in posti dai climi rigidi. Mi pare che si chiami ‘Lacrima di Luna’ o qualcosa del genere... Mi ha detto che hai sempre adorato i gigli, e che è stato papà a portarti il primo esemplare da cui hai poi fatto nascere tutti quelli che ci sono là, così ho pensato che fosse il regalo perfetto. Spero ti piaccia...! Nyon-baa mi ha dato anche una scatola contenente tutte le cose che ti appartenevano e che avevi lasciato lì, ma non ho ancora avuto il tempo e soprattutto il coraggio di aprirla... Scusa. Prometto che lo farò presto.” 

Prima di pronunciare quelle dolorose parole sospirò nuovamente, rialzandosi nel frattempo da terra: “È proprio arrivato il momento dei saluti... So che sarebbe dovuta essere la prima cosa da dirti, ma come sai non sono per niente ferrata in queste cose... mi sa che ho preso da te...! Io... ti voglio bene, e non potrò mai ringraziarti abbastanza per quello che hai fatto per me. Vorrei poter ricordare il tuo viso e la tua risata, il tuo profumo e il calore della tua mano, ma purtroppo non mi è possibile... Siamo state divise troppo presto...” mormorò appena, mentre una calda goccia salata le scivolò sulla guancia e una mano dalla forma particolare le venne posata sulla spalla “A-alla fine qualche lacrima è uscita, visto...? S-scusa... non voglio rattristarti... S-sono solo... felice di essere finalmente riuscita a venire qui... Era il minimo... ” tirò su col naso sfregandosi gli occhi col braccio “Allora a presto, mamma... Prenditi cura delle persone a me care che sono lì con te, e dammi la tua forza di guerriera anche da lassù... Ti voglio bene, e ti prometto che tornerò, un giorno... Ti prego, aspettami fino ad allora, e scusami per averti annoiata...” terminò trattenendo altre lacrime e singhiozzi, dando a fatica le spalle alla piccola stele e cercando di sottrarsi a quella mano palmata che le cinse la spalla nel tentativo di consolarla “S-sto bene, Jinbē... Non preoccuparti...”  

“Per quanti anni possano passare non cambi proprio mai... Non c’è nulla di male a dare sfogo ai propri sentimenti, sai? Se vuoi piangere puoi farlo...” la confortò l’ex Shichibukai e suo maestro nell’arte del Gyojin Karate, il Cavaliere del Mare Jinbē “Ci conosciamo da anni, ormai... non devi nascondermi le lacrime, non sono di certo queste a renderti meno forte di quanto tu sia. E poi si tratta della donna che ti ha messa al mondo e che ha dato la sua vita per permetterti di diventare quella che sei: è normale provare sentimenti così forti.”

“L-lo so... però già me la immagino mentre mi rimprovera di dover essere forte in quanto Kuja e allo stesso tempo trattiene i singulti... Nyon-baa mi ha detto che caratterialmente siamo quasi due gocce d’acqua...”

“Non ne dubito... Soltanto da una persona eccezionale ne può nascere un’altra altrettanto straordinaria, e come i tuoi fratelli hai dimostrato di esserlo più e più volte...!” le sorrise affettuoso l’uomo-pesce, facendole sparire le lacrime e comparire un conosciuto rossore sulle guance.

“R-risparmiati le lusinghe...! Su di me non funzionano...! Oltretutto siamo già in ritardo...!” borbottò lei incrociando le braccia al petto e aumentando il passo tra la selva imbiancata.

“E di chi credi che sia la colpa?” ridacchiò di rimando lui cercando vanamente di accelerare a causa del suo abbigliamento non proprio adatto al clima e soprattutto al terreno.

“P-pensa a chiamare uno dei tuoi amici cetacei, Jinbē!” ordinò perentoria la giovane arrivando sulla costa sabbiosa e deserta.

“Va bene, va bene! Ci metti proprio poco a cambiare umore, tu!”

“Non ti vantavi di conoscermi da anni? Dovresti sapere ormai che sono volubile!” lo stuzzicò lei con tono saccente.

“Non è proprio una cosa di cui vantarsi...” sospirò l’ex Shichibukai chiamando telepaticamente la piccola balenottera del nord con cui erano arrivati, che si avvicinò alla riva quel tanto che permettesse loro di salirle in groppa.

Una volta sul suo dorso la placida bestia iniziò a muoversi sotto le accurate indicazioni di Jinbē, la cui esperienza in quei mari era tale da non aver nemmeno bisogno di un Log Pose, che comunque lei, per qualsiasi evenienza, aveva pronto in una tasca della sua sacca.

La giovane guardò la costa della sua cara isola natia divenire una sagoma sempre più lontana e indefinita, triste ma allo stesso tempo felice di aver portato a termine anche quella missione per lei così importante. Era certa che nonostante tutto i suoi genitori avrebbero continuato a vegliare su di lei, e quel fiore sarebbe stato il segno indelebile della sua promessa; quello sarebbe stato il suo ultimo viaggio nella prima parte della Grand Line, non aveva più nulla che le impedisse di proseguire.

Il suo unico e piccolo rammarico era di non essere potuta tornare a Rusukaina per salutare il suo fratellino, che contrariamente a quell’idiota infiammabile aveva deciso di attendere la data stabilita per riunirsi coi suoi compagni a Sabaody, utilizzando quell’ultima settimana per completare il suo lungo allenamento. Avrebbe voluto vedere i suoi progressi in quei nove mesi in cui erano stati lontani e conoscere e ringraziare i suoi compagni per non averlo mai abbandonato nonostante tutte le follie compiute nel corso del tempo, ma benché non fosse stata quella l’occasione per farlo era certa che avrebbe conosciuto i ‘Mugiwara no Ichimi’ molto presto. In fin dei conti era del suo spericolato e incosciente fratellino che stava parlando: non aveva nemmeno bisogno di scommettere che presto lei e quel Succo di Frutta sarebbero dovuti correre in suo soccorso per salvarlo e soprattutto prenderlo a calci per la sua attitudine a combinare macelli.

“Vedi di non combinare disastri troppo presto, Rufy: avrò già tuo fratello maggiore a cui badare, quindi evita di causarmi ulteriori preoccupazioni...!” raccomandò nella sua testa senza riuscire a trattenere un piccolo ghigno e calandosi il cappuccio della sua lunga mantella nera, rivelando così una chioma biondo cenere legata in una lunga treccia e due grandi occhi celesti che spiccavano sulla pelle bianca come la neve della sua patria.

I suoi pensieri divennero unicamente per il Comandante della Seconda Divisione, col quale avrebbe condiviso la vita che avevano sognato fin da piccoli, più liberi di chiunque altro. Non sarebbe più stato solamente suo fratello, ma anche un suo nakama, certamente quello a lei più caro, e riunirsi a lui avrebbe sancito il suo ingresso nel grande mondo della pirateria come pirata del grande Barbabianca; avrebbero affrontato innumerevoli nemici e superato ogni difficoltà, incidendo sempre più a fondo i loro nomi in quella Nuova Era inaugurata proprio dalla morte dell’uomo a cui dovevano il loro orgoglio di pirati.

Ormai il momento era giunto.

L’ex assassina con una taglia da duecentodieci milioni di Berry, la ‘Vendicatrice degli Abissi’ Sora D. Aoi, era finalmente pronta.

La sua grandissima ed emozionante avventura sarebbe finalmente cominciata.
  
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