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Autore: Shootyourface    01/08/2015    1 recensioni
Capitan Sarah "Miss" Fortune ha finalmente raggiunto il suo obbiettivo. Da anni solca i mari senza nessuna via d'uscita, e finalmente dopo tanto tempo, tanta pazienza e tanto ingegno, riesce finalmente a trovare il modo di mettere fine alla vita dell'uomo che l'ha mandata nella disperazione e nell'odio.
[Piccola oneshot su Miss Fortune e le recenti vicende di Bilgewater, per rendere omaggi alla bella rossa e alla sua "temporanea" vittoria!]
Genere: Avventura, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Miss Fortune
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il dondolio della mia stanza è come una dolce ninna nanna che culla i miei sensi, non posso credere di essere qui, con le mie bellissime gambe accavallate, sulla mia poltrona in velluto blu scuro e fregi in oro, ad ammirare i dintorni, la base del capitano,  non troppo grande come di solito la gente se la immagina.
Dopotutto la nave è di piccole dimensioni… ma veloce, come le mie pistole.
Sopra la mia testa dei tumulti, suoni ovattati, piedi che corrono avanti e indietro freneticamente mentre si cerca in qualche modo di tenere a bada la mia fregata, che  immobile continua a prendere gli impatti delle onde che arrivano ordinate ma forti e scrosciano contro il legno scuro.
Dalle labbra carnose mi esce un flebile sospiro, gli occhi chiusi e la testa poggiata al morbido velluto, tutti questi suoni sono per me soavi, magici, finalmente la pace ritorna ad impossessarsi del mio cuore ricolmo di odio e follia.
Mi scappa una risata, bassa e lugubre, mi fa tremare la gola e mi rendo conto di quanto questa sensazione possa farmi piacere.


Un piacere vuoto.

Alcune urla si mischiano alle grida e alle comande dei miei sottoposti sopra di me, il mio ordine procede con calma, e io voglio assaporare tutto il dolore, saggiare tutto il sangue, leccare ogni lacrima di terrore sgorgare da quegli occhi vuoti e spaventati.
Occhi di persone indegne. Occhi come erano i suoi, quando era bambina, davanti a quell’uomo che le ha portato via tutto, e le ha lasciato bramosia di vendetta.
Alcuni passi si fanno più insistenti alle sue orecchie, li sente, si avvicinano, si fermano dietro la sua porta e il tonfo della mano che batte contro l’ebano della porta  mi ridesta dai pensieri felici.
“Avanti.” La mia voce è quasi annoiata, oltre che stanca. Se vengono a bussare sarà successo sicuramente qualcosa che non voglio sapere.
“Capitano,  la nave di Gangplank è quasi affondata del tutto…pensavo volesse assistere allo spettacolo.”
I miei occhi girano per incontrare quelli del mozzo, dubbioso delle sue stesse parole e teso come non mai.
Sarah Fortune non è stata un capitano lodevole, negli ultimi giorni. E’ stata crudele, testarda, doppiogiochista.
Ha sopra le spalle migliaia di morti innocenti, il suo corpo è ricoperto di sangue e sensi di colpa, ma niente era stato più forte della sua sete di morte contro quell’uomo.
Quell’uomo che adesso, finalmente, era morto per mano sua.
Gli sorrido mentre le mie gambe tornano al loro posto, e si bilanciano prima che mi alzi.
“Ricordati bene di non nominare più quel nome, in mia presenza. Quella feccia ormai è passato. E nessuno…nessuno dovrà ricordare il suo nome.” Dico stringendo in mano i miei guanti in pelle con rabbia e camminando lentamente verso di lui, la sua figura tremante non accenna al minimo movimento. Pietrificato e silente mi osserva,  ha paura anche ad abbassare lo sguardo.
“Dimmi un po’ tesoro, come procedono i miei ordini?” lo sorpasso regalandogli un sorriso beffardo e sprezzante.
“…tutto…tutto procede, signora. Gli edifici e le case con il suo stemma s-stanno lentamente cadendo…le persone…”
“Le voglio tutte morte.” Dico senza farlo finire, dalla mia piccola finestra osservo con disattenzione l’ultimo pezzo di quell’orrenda nave cadere negli abissi.
“Ma…capitano…”
“Niente "ma", lurido pezzente. Ho già detto che NESSUNO dovrà avere in bocca quel nome…mai più.” Dico a denti stretti. Il sangue comincia a pulsare nelle vene e io riesco a sentirlo, a sentirne il calore.
“Sì, Miss Fortune.” Dice rassegnato a quelle mie dure parole, sospira e scuote la testa, non proferendo altro e sistemandosi la sciabola al fianco. Sembra essersi ripreso dalla sua posa pietrificata.
“Procedo a dare le vostre ultime comande.”
“Molto bene, fa il tuo dovere, e manda qualcuno quando tutto sarà finito.” Mi dirigo nuovamente verso la mia poltrona e poggio i guanti sulla scrivania il legno, piena di fogli e inchiostro strabordato dalle boccette.
Il mozzo si gira, apre nuovamente la porta ma si ferma la mano stringe il legno di quest’ultima, sembra esitare un attimo.
“Con tutto il rispetto, mio Capitano…credo che le sue scelte siano avventate. Non riuscirà facilmente a togliere il ricordo di un uomo senza pietà come Gangplank, quell’uomo è stato il terrore.”
Le sue parole mi martellano nuovamente in testa, ma io sono calma, lo osservo dal mio angolo, poggiata alla poltrona, pensierosa.
“Sì, è un compito difficile…” dico quasi in un sussurro.
“Come puoi dimenticarti di un tale personaggio, giusto? Dopotutto io non l’ho fatto per tutto il resto della mia vita.
Ma…tentar non nuoce sai?” dico, riprendo il cappello e lo rimetto sopra la testa ricolma di capelli rosso fuoco.
“Sai cosa ti dico?” Il mozzo si gira, forse captando l’alone di  odio che ancora avvolge la mia aura, forse per guardarmi negli occhi mentre pronuncio quelle ultime, dannate parole.
Le ultime che le sue orecchie potranno mai udire. Le ultime che gli risuoneranno così bene da ricordarle per l’eternità.

“Che hai ridetto quel nome…mozzo.” La mia pano con in pugno una delle mie pistole si alza alta puntando la sua testa. Dalla mia gola nasce una risata isterica e i suoi occhi si accendono.
Che bel riflesso rosso che posso guardare da questi ultimi. Sembrano gridare di dolore.

Bang.

   
 
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