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Autore: SagaFrirry    01/08/2015    1 recensioni
Storia nata a causa di un sogno che feci un paio di anni fa. Essendo nata un sogno, non ha molto senso ma ho voluto comunque condividere la mia follia. Spero che nessuno si senta offeso dalla presenza di preti e suore..
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Gran Sacerdote si svegliò con un gemito di protesta. Ficcò la testa sotto il cuscino. Odiava il suono delle campane, e quelle dannate suonavano ogni giorno alle sei di mattina! Ormai sveglio, non riuscendo a riaddormentarsi, scese pigramente dal letto. Nell’armadio, la sua amata veste che ormai non poteva indossare più. Lontano all’orizzonte il Grande Tempio, che solo i suoi occhi da cavaliere potevano mettere correttamente a fuoco. Era l’alba. Poteva approfittare dell’ora per farsi un giro senza destare troppa curiosità. Scese le scale e mangiò il poco che riteneva necessario. Guardò la grande tavolata. Era l’unico sveglio, probabilmente perché gli altri avevano fatto baldoria fino a tardi.

“Odio il ventunesimo secolo” mormorò, affondando una mano fra  i capelli e con l’altra portandosi una birra alla bocca.

Poi lasciò la sala ed uscì all’aperto. L’odore pungente dell’incenso lo avvolse. Starnutì. In quei tempi di crisi, nessuno aveva più voglia di aiutare i Sacri Cavalieri ma, consapevoli di quante volte  i suddetti cavalieri avessero aiutato la Terra, non erano del tutto stati lasciati per strada. I pochi rimasti erano stati registrati come “comunità religiosa” e messi a vivere accanto ad un convento. Così facendo, lo stato Greco risparmiava notevolmente, aprendo le porte dei ruderi del Tempio ai turisti. La cosa non era piaciuta al Gran Sacerdote, che si chiedeva di chi fosse ora sacerdote, ma si era dovuto adeguare. Vestito da “comune mortale”, scese in cortile. Le suore del convento vicino erano in silenziosa processione verso la piccola cappella centrale, richiamate dallo scampanio incessante delle campane.

“Meno male, stamattina non cantano” ringraziò l’uomo.

Una suora lo fissava. Lo aveva visto uscire e lo osservava, incuriosita. Le era stato detto che quell’uomo era un “Gran Sacerdote”, ma non lo aveva mai visto fare niente “da sacerdote”. Mai celebrato messa, mai confessato qualche fedele, mai pregato nella cappella o quant’altro. E poi non aveva vesti religiose. E quei capelli, così lunghi e scombinati! Ma quello che notava di più ero lo sguardo. Possedeva un magnetismo ed uno strano mistero che poco si addiceva ad un cristiano. E quel suo strano timore per le eclissi…

“Buongiorno, fratello” lo salutò, per educazione.

“Io non sono tuo fratello” rispose lui, stizzito.

“Siamo tutti figli di Dio!”.

“Io no”.

Il Gran Sacerdote si allontanò, mentre la donna si faceva il segno della croce. Controllò di avere in tasca le chiavi di casa,che dimenticava sempre perché non abituato ad averle. Distratto, quasi cadde inciampando su una moto di grossa cilindrata parcheggiata in malo modo .

“Phoenix!” gridò, ben sapendo che il cavaliere ancora dormiva, e che quindi non ascoltava “Un giorno darò fuoco a questo tuo aggeggio! Tanto, se è come te, poi risorge!”.

Salì in fretta una ripida salita, accorgendosi fin da subito che una di quelle strane donne pinguino stava compiendo la stessa strada. Cercò di seminarla, ma non ci riuscì. La testardaggine di quelle donne era alquanto fastidiosa.

“Cosa posso fare per voi, Madre superiora?” domandò un uomo, apparso sull’uscio della casa posta in cima a quella piccola salita. Lungo il sentiero che conduceva a quella porta, stavano lapidi e fiori.

“Vorrei fiori per la chiesa ed il cimitero” rispose la donna, osservando con curiosità le lapidi senza scritte, forse già scegliendo quella che un giorno l’avrebbe ricordata con qualche epitaffio idiota.

“Ve li farò portare quanto prima” rispose quell’incrocio fra un fioraio ed un becchino.

“E Voi che fate qui?” domandò poi la suora al Gran Sacerdote.

Voleva solo passare oltre quella stupida collina e raggiungere il Grande Tempio.

“Anch’io devo venire in quella direzione” mentì la donna “Possiamo fare un pezzo di strada assieme?”.

“Come volete” sbottò lui, sempre più tentato di mettersi a correre.

Purtroppo per lui, si ritrovò a camminare con a fianco la pinguina e l’uomo lapide.

Dopo qualche attimo di pace e silenzio, la suora prese coraggio e si avvicinò un po’ di più al “collega”.

“Posso farvi una domanda?”.

“Tanto me la fareste lo stesso, perciò…”.

“Come mai fate tanto rumore ad una certa ora?”.

“Rumore?!”

“Sì. Vi sento gridare, come se vi steste picchiando!”

Il Gran Sacerdote ghignò. Evidentemente le sorelle udivano gli allenamenti dei pochi cavalieri rimasti. Ma come spiegarlo?

“Noi…ecco…”.

“Fate parte di quell’ordine strano che si provoca lesioni sul corpo per avvicinarsi di più a Cristo?”.

“Cercheremo di fare più piano” tagliò corto lui, non sapendo che rispondere.

“Ecco, bravi. Perché disturbate la nostra meditazione”.

In realtà, ed il Gran Sacerdote lo sapeva benissimo, disturbavano il sonnellino pomeridiano. Giunti ai piedi di quel che un tempo era il Grande Tempio, si diresse verso i giardini, nascosti.

“Che fissa!” commentò l’uomo dei fiori e delle lapidi “Questo è il Grande Tempio!”.

“Già, che fissa…” non trovò altre parole il Sacerdote, sconcertato.

“Ho sentito tante leggende riguardanti questo posto” riprese l’uomo lapide “Supereroi che difendevano l’umanità, o cose del genere. Storielle per bambini ,e nulla di più. Per me era solo una trovata turistica. Ed ora che è aperto al pubblico, tutti ne hanno le prove. Dove sono questi valorosi cavalieri, ora che persone da tutto il mondo invadono le  loro case, scattando foto e rovinando tutto?”.

Il Gran Sacerdote non rispose. Si era fermato davanti ad una roccia liscia, levigata.

“Ma…questo è un cimitero” commentò la suora, guardandosi attorno, fra l’erba alta.

“Che postaccio” continuò “Non c’è nemmeno una croce, o un angelo. È tutto lasciato all’abbandono più totale. E pure i fiori messi così…”.

In effetti quel luogo era stato abbandonato da tempo, non essendoci più cavalieri al Tempio. Ma lì sotto giacevano tutti i grandi combattenti del passato.

“Segno di un culto pagano ormai morto” concluse la suora.

Il Sacerdote non aprì bocca. Davanti a lui, stava la tomba del suo predecessore.

“Saga…” ne mormorò piano il nome.

Si sentiva in colpa. Aveva lasciato decadere il Tempio, non era riuscito a mantenerlo unito. Non erano più giunti cavalieri d’Atena ed il loro numero stava calando. Che fosse davvero ormai un culto morto? Da quanto tempo Athena non gli dava un segno? Voleva sistemare quel luogo, ma finché rimaneva così com’era aveva la vaga possibilità che i turisti non ne fossero interessati. Sperava che almeno gli antichi cavalieri riposassero in pace, dopo essere morti con onore per un’umanità che forse non lo meritava. Non poteva permettere che pure il luogo del loro ultimo sonno venisse profanato! Ma non aveva idea di come impedirlo. D’un tratto, una voce. Una voce di donna lo chiamava per nome. Si voltò verso ciò che restava della statua di Athena.

“Non devi avere timore” diceva la voce “Non vi ho abbandonato. Il nostro tempio tornerà presto, così come torneranno tutti i miei cavalieri. Non abbandonare la via che stai seguendo”.

“Athena…” riuscì solamente a dire il Gran Sacerdote, prima che la voce svanisse.

La suora e l’uomo delle lapidi non capirono. Furono lieti di allontanarsi da quel luogo, che con le prime luci del mattino e le ombre allungate pareva piuttosto inquietante. I primi turisti erano già arrivati. Il Gran Sacerdote guardò in su. Lassù, in cima, c’era la sua dimora, la dimora che gli spettava. Ora tutti gli oggetti in essa contenuti erano custoditi in vari musei comprese alcune delle armature. Ma Athena gli aveva parlato. Non doveva farsi scoraggiare. Riprese lentamente il cammino verso il convento, lasciando il curioso uomo delle lapidi al suo negozio.

“Siete una persona enigmatica” commentò la suora, una volta rimasti soli.

“Perché non faccio tutto ciò che fate voi?” rispose il Gran Sacerdote.

“Dovreste essere un credente, essendomi stato detto che siete un sacerdote. Eppure non vedo alcun contatto vostro con le fedeli in visita al convento. Non fraintendetemi, so bene che in quanto sacerdote avete voto di castità, e forse cercate solo di fuggire dalle tentazioni…ma un buon sacerdote dovrebbe parlare con le credenti che giungono da noi in cerca di conforto in questi giorni difficili, dal loro la benedizione”.

Il Gran Sacerdote sorrise. Specie alla frase “voto di castità”. Molte delle fedeli in visita aveva avuto modo di verificare di persona la totale mancanza del suo voto di castità, e le aveva sentite nominare qualsiasi tipo di divinità possibile mentre dava loro la sua “benedizione”. Trattenne a fatica una risata. Quelle donne, alcune di loro, possedevano attorno a sé una luce particolare. Non poteva definirla “cosmica” ma ci andava molto vicino. Forse i loro figli sarebbero nati avvolti dal cosmo. Era una speranza.

“Vedrò di avere comportamenti che le risultino meno bizzarri, Madre” tentò di congedarsi lui, aprendo il cancello che lo portava al cortile centrale.

Di fronte a sé, vedeva la dimora dove ora alloggiava. Era carina, ma di certo non all’altezza degli alloggi del Grande Tempio. Guardò in su, per capire se qualche finestra era stata aperta, se qualche cavaliere si era destato. Ma vide solo scuretti e persiane chiuse. E le campane suonavano ancora, stavolta per la messa del mattino, quella prima di pranzo. Che fastidio! Sospirò, pronto a rientrare ed a liberarsi finalmente dalla suora, quando si sentì prendere la mano. Abbassò lo sguardo. Due bambini, identici fra di loro, lo fissavano. Uno di loro stringeva fra le mani una statuina: l’armatura d’Athena. Lui gli sorrise. Avevano i suoi occhi ed attorno a loro brillava un forte Cosmo.

“Chi sono questi bambini?” domandò la suora.

Altra domanda a cui non sapeva rispondere in modo convincente.

“Non le ho parlato del mio ultimo progetto” iniziò, inventandosi una balla colossale “Visti i tempi difficili, di crisi, ho voluto aprire le porte ai bambini in difficoltà. Tanti di loro, là fuori, soffrono in case senza soldi sufficienti o amore. Che sia questo un rifugio per coloro che hanno bisogno di riparo ed aiuto”.

Lo sguardo della madre Superiora parve illuminarsi.

“Finalmente ora vedo in Voi la luce della fede!” disse, congiungendo le mani “Già me li immagino i bambini che corrono e giocano per questo grande giardino, lontani dal male del mondo. Mi sembra un’ottima idea! E sia mai che fra di loro non si nascondano futuri preti, suore, uomini di Dio o…Santi!”.

Il Gran Sacerdote sorrise. “Prego, entrate, futuri aspiranti Santi” parlò, facendo entrare i due bimbi nella casa. Questi non se lo fecero ripetere due volte ed entrarono, ridendo.

“Allora, buona giornata” si congedò la suora “E sia lodato Gesù Cristo”.

“Già…Gesù Cristo” mormorò il Gran Sacerdote, chiudendo la porta dietro di sé e fissando la statuina che stringeva fra le mani.

   
 
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