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Autore: Lerenshaw    01/08/2015    1 recensioni
Il bancone appena tirato a lucido, un bicchiere di whisky e un uomo. Rinchiuso nel suo silenzio, egli cingeva il bicchiere con presa salda, la testa leggermente china, come se stesse scrutando la bevanda color ambra. Il barista lo fissava con un certo sospetto, mentre puliva una delle bottiglie che aveva usato quella sera, strofinandola più e più volte fino a farla luccicare. Perché era ancora lì? Quell'uomo… nonostante il bar avesse chiuso già da mezz'ora, egli era ancora lì, seduto, muto, e non aveva ancora dato un sorso al suo drink. Cercava di farsi beffa di lui? Tsk, i clienti! Nonostante fosse suo compito capirli, e a volte ascoltarli e consolarli, così come si ascoltano i migliori amici, non riusciva proprio a comprenderli.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ranmaru Kurosaki, Reiji Kotobuki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era giunto il momento di aprire il bar per la sua attività quotidiana, permettendo a molti ubriaconi di poter entrare finalmente. La cosa lo irritava terribilmente. Ma non avevano da lavorare? Già dalle sei, sette del pomeriggio si mettevano in fila di fronte alla porta del bar, ansiosi di poter entrare e dar sfogo ai propri problemi, tra un bicchiere e l’altro, come se quello fosse l’unico modo per risolvere le questioni che affliggevano le loro vite. Se avesse fatto anche lui così, sarebbe cambiato qualcosa? Era una domanda che si poneva sempre guardando quegli sciatti colletti bianchi accasciati sul bancone dopo nemmeno tre bicchierini, ma poi finiva col scuotere la testa e dirsi che un simile problema non ci sarebbe mai stato, perché tanto, lui, era un barista. Eppure, strano a credersi, ma anche uno come lui aveva problemi, già, e il suo era un grosso problema. 
Tra un’ordinazione e l’altra, o durante l’attesa, il barista rifletté su ciò che dal giorno prima continuava a tormentarlo. Era teso. Molto. Non aveva preso accordi con Reiji, né avevano fissato una scadenza. Si erano lasciati con la semplice promessa di un aiuto da parte del barman, ma nulla di più. Se Reiji fosse venuto, cosa gli avrebbe detto? Non è che non avesse idee, però... Non aveva ancora preso una decisione seria riguardo al da farsi e il tutto era solo un “forse”. E poi...
-...rista? Ehi, barista! Stai dormendo in piedi? Guarda che il drink non te lo pago oggi!- fece un cliente seccato, iniziando subito a tormentare il giovane.
-Ah, insomma! Non sei l’unico che vorrebbe dimenticare tutto con un bicchierino!- rimbeccò l’altro, alquanto innervosito.
Quel giorno non aveva proprio voglia di lavorare, ma che poteva farci? Gli toccava. Non poteva fare altro per sopravvivere. Non c’erano molte strade da prendere per lui.
Scosse la testa, cercando di lasciarsi alle spalle il problema, almeno finché non avesse terminato la serata, e si dedicò all’impaziente cliente.


L’orologio segnava circa le due quando ormai il locale sembrava essere pieno. I clienti arrivavano uno dopo l’altro, sedendosi alcuni al bancone, alcuni a dei tavolini in fondo alla stanza. Il posto non era grande, ma lo spazio era sufficiente da permettere la presenza di alcuni tavoli accanto al muro, di un bancone con le relative sedie e lo scaffale delle bottiglie e l’ignota presenza di una stanza, dove il barista lasciava le sue cose e dove la maggior parte delle scorte si trovava. Era davvero difficile gestire quel posto da solo, eppure era già un paio d’anni che lavorava in quelle condizioni. Aveva retto il ritmo e se non aveva ceduto prima, non poteva di certo cedere adesso. All’improvviso, il telefono prese a squillare, interrompendo il solito tram tram. Sentendone il suono, Ranmaru non si allarmò più di tanto, convinto che la chiamata in arrivo fosse per un cliente, o ancora, ipotizzò che qualcuno chiamasse per riservare un posto. Si congedò dal cliente che stava servendo e si affrettò a rispondere.
-Pronto?-
-Alle quattro passo a prenderti. Sarà meglio per te aver finito di lavorare, intesi?-
-Pronto? Con chi parlo? Pronto?-
La sua voce profonda continuò ad echeggiare nella cornetta del telefono, mentre un sonoro rumore gli ricordò che avevano riattaccato. Una conversazione veloce e molto chiara, si disse con sarcasmo. Sbatté le palpebre alquanto sbigottito, rimanendo immobile accanto al telefono, sperando di capire cosa fosse successo. Cosa poteva esserci da capire, però? Doveva essersi trattato di uno scherzo -e su questo ne era molto sicuro!- e non era stato affatto divertente. Non aveva tempo per le sciocchezze e lasciò perdere l’accaduto, per rimettersi subito a lavoro.


Dopo qualche ora, finalmente era arrivato l’orario di chiusura, che nel week-end tendeva ad estendersi di più a causa degli ubriaconi, ma anche di quelli che, ormai diventati clienti abituali, chiedevano al loro fido barista di lasciarli divertirsi ancora un po’, e spesso invitandolo ad alzare il gomito assieme a loro - invito che era sempre costretto, con contentezza, a declinare.
La campanella del locale trillò e un nuovo cliente mise piede nella stanza. Questi schioccò le dita e ordinò agli ultimi clienti rimasti di andarsene, onde evitare di ritrovarsi immischiati in brutti affari, allarmando così i clienti più lucidi. Gli altri non lo calcolarono, ma presto furono minacciati per benino al punto che dovettero lasciare il locale.
Ranmaru, dal canto suo, guardò la scena un po’ perplesso, ignaro di cosa stesse succedendo e ignaro di come comportarsi. Tra l’altro, con un’entrata simile, il nuovo arrivato lo aveva decisamente spaventato. Ma quando trovò le parole e lo spirito per reagire, il losco figuro si era seduto con le braccia conserte al bancone. Era una persona di statura piccola e minuta, a giudicare dall’aspetto, con indosso una bombetta che gli copriva la testa e un soprabito, entrambi di colore blu scuro. Dal cappello spuntavano dei capelli color ciano, tuttavia, seppur la cosa gli sembrasse familiare, non osò azzardare ipotesi.
-E lei... Chi sarebbe?- domandò con voce bassa, cercando di essere il più cauto possibile.
La persona alzò la testa, mostrando finalmente il volto.
-Mi sembri sorpreso. Eppure te l’avevo detto che sarei venuto.- rispose quella con voce sottile e inespressiva.
-T-tu?! Ma che diavolo ti salta in mente?! Mi piombi nel locale e mi cacci via i clienti?!- tuonò Ranmaru, sporgendosi in avanti sul bancone per avventarsi sulla sua conoscenza e prenderla per il colletto del vestito. -Cavolo! Hai la benché minima idea di cosa hai combinato?!-
Quella rimase impassibile, come se non gli importasse nulla dei sentimenti del barista, né delle sue lamentele, e soprattutto, sicuro che non ci sarebbe stato pericolo per la sua incolumità.
-Te l’ho già detto: ti avevo avvisato. Non ti ho visto fuori, perciò sono venuto a ricordarti che avevamo un appuntamento.-
-Avvisato? Quando?- domandò confuso.
-Te ne sei già scordato? Fantastico. Spero che la tua memoria sia corta, così potrai tirarti fuori da questo casino con più facilità.-
-Ma che cavolo...? Senti, Ai, sarai pure un idol, ma non puoi fare quello che vuoi!-
Il ragazzo non si curò di quella frase e spostò il suo sguardo dalle iridi bicromatiche del barista a una delle sue mani che lo teneva per il colletto del soprabito. Con aria snob, si portò una mano al collo e la posò su quella dell’altro, sollevandola e allontanandola da sé.
-Ti aspetterò fuori. Chiudi tutto perché non torneremo qui.-
Ranmaru lo lasciò andare, tirando poi un lungo sospiro, mentre il giovane si allontanava con molta calma. Non c’era verso di tener testa a quel moccioso viziato. Ogni volta faceva quello che voleva e non c’era modo di fargli capire che, magari, stesse sbagliando. E ancor più fastidioso era il suo modo di fare e di comportarsi: non curante e altezzoso. Non gli importava niente di nessuno e guardava tutti dall’alto al basso, squadrandoli e categorizzandoli come “gente inferiore”, persone con cui non c’era motivo di sprecare il proprio fiato, né il proprio tempo.
Si rassegnò e decise dunque di seguire i suoi ordini, togliendosi subito il grembiule e prendendo le sue cose, pronto per chiudere il locale e lasciare il posto.

Non appena fu fuori, cercò l’idol con gli occhi, ma non lo trovò. Al suo posto, invece, adocchiò una berlina nera parcheggiata dall’altro lato e notò che questa aveva un finestrino semi abbassato. Doveva essere lì dentro. Attraversò e fece il giro del veicolo per entrare dal lato del marciapiede. Aprì lo sportello, si chinò e salì in macchina. Ai non si scompose minimamente, semplicemente, fece un cenno con la testa e l’autista mise in moto l’auto. Ciò mise fortemente a disagio il barista e una serie di domande e considerazioni presero a tormentarlo. Ai era proprio un ragazzino viziato, si disse, e non aveva nemmeno bisogno di comunicare col proprio autista: un cenno e puff, questi lo scorazzava dove voleva. O forse... 
Notò delle strani luci colorate nel vuoto, sospese a metà tra il retro dell’auto e la parte anteriore. Capì che probabilmente ci fosse un vetro a separare le due parti dell’auto e che magari fosse abbastanza spesso per permettere l’insonorizzazione. Il che spiegava la precedente scena. “Figo...” pensò tra sé e sé sarcasticamente. Tuttavia, era ancora convinto che il ragazzino si desse troppe arie. Infatti, questi non lo stava ancora degnando di uno sguardo, continuando a scrutare qualcosa attraverso il finestrino. Ranmaru tirò un sospiro prima di interrogarlo.
-Perché hai messo in scena tutto questo?- chiese, mostrandosi apparentemente calmo.
-..... Te l’ho detto: ti sei cacciato in un grosso guaio.-
-Non ho idea di cosa tu stia parlando.- replicò, cercando a stento di non spazientirsi.
-Lo sai benissimo, invece. Si tratta di lui.-
-Lui?- ripeté quel pronome con un bisbiglio. -Se per lui intendi Reiji, forse ho una mezza idea del perché sono qui.-
-......-
-Cos’ha combinato?-
-Non ne sai davvero nulla o stai solo fingendo?- domandò il ragazzino in tono secco, finalmente degnando il barman di uno sguardo. Probabilmente voleva scrutarlo per capire come condurre la conversazione.
-No, davvero, non ho idea di niente. Se c’è qualcosa che devo sapere, informami tu.-
Ai sospirò.
-Quel cretino è venuto in ufficio con una lettera di dimissioni.-
L’altro sgranò gli occhi.
-Cosa!?-
-Aveva intenzione di presentarla al direttore stamani stesso.-
Non appena sentì quella frase, il più grande voltò leggermente il capo, facendo una smorfia per la disperazione e chiudendo gli occhi. Quel cretino! Ma che aveva intenzione di fare? Ranmaru stava davvero iniziando ad esasperarsi.
-Dimmi che non l’ha fatto!-
Ai fece una pausa prima di rispondere. -Non proprio. Non ho alcun modo per dimostrarlo, ma credo di averlo fermato in tempo.-
Un altro sospiro da parte del barista. Questa faccenda gli stava causando fin troppi problemi e ciò lo stava stressando terribilmente.
-Spero vivamente che sia così. Ma cosa gli è saltato in mente?-
-E’ quello che vorrei sapere da te.-
Il barista fece un lungo respiro, scrutando il vuoto, pensando a cosa rispondere al giovane idol. Non aveva davvero idea di cosa frullasse nella mente del moro. Tra l’altro, non si erano nemmeno visti quel giorno -e adesso aveva una mezza idea del perché. Rifletté sugli avvenimenti della sera prima. Quello era l’unico indizio in suo possesso e forse avrebbe dovuto mettere al corrente il ragazzino. Lo fissò negli occhi, la testa leggermente inclinata di lato, meditando su quale fosse la scelta migliore da prendere.
-Sei al corrente di come se la passa il tuo amico...- disse in un tono che pareva a metà fra una affermazione e una domanda.
Il piccolo non rispose.
-Devo prenderlo come un sì?- gli domandò, cercando di controllarsi.
Non gli piaceva quando Ai faceva lo snob e si comportava come se tutto fosse ovvio e come se la gente potesse leggergli nella mente, o ancora, come se tutti dovessero sottostare ai suoi ordini. Era davvero snervante! In quel momento sentiva che avrebbe potuto prenderlo a schiaffi e dirgli di smetterla con quel suo comportamento “altezzoso”: di imperatore ne bastava e ne avanzava uno soltanto, no?
-D’accordo. Non vuoi parlare. “Chi tace acconsente”, giusto? Come dicevo, Reiji è in una situazione piuttosto difficile. Ieri mi ha parlato della sua “carriera” presso la Saotome e mi ha implicitamente chiesto di aiutarlo. A dire il vero, sono rimasto mortificato e impietosito dal suo racconto e per questo ho deciso di aiutarlo di mia spontanea volontà.-
Ai inclinò leggermente il viso.
-Perché? Cosa ti spinge a provare pietà verso qualcuno che non ha mai provato a cambiare il proprio destino?-
Ranmaru lo guardò confuso.
-Che significa?-
-Non è altro che una vittima passiva degli abusi che riceve. Non l’ho mai visto cercare di cambiare la sua situazione. Questo significa che non vuole, che, in fondo, gli fa comodo fare la parte della vittima, non trovi?-
Quelle parole gli sembrarono come un insulto.
-Cosa diamine dovrebbe significare il tuo discorso? Potrà anche non averci provato, ma ciò non significa che la cosa non lo ferisca. Alcune persone non sono forti, non sanno come reagire alle difficoltà che incontrano nel loro cammino, ma non per questo significa che amano essere compatiti!- tuonò, prendendo a gesticolare e per poco non rischiando di colpire il ragazzo, cosa che non gli sarebbe dispiaciuta, in effetti. -Non credo tu possa capire, ma... Speravo che standogli vicino tu lo conoscessi meglio di me. Sai benissimo cosa passa, come soffre e cosa vorrebbe dalla vita. Tu hai tutto, non puoi comprendere, ma Reiji... sta lottando con tutto il suo impegno per realizzare il proprio sogno e tu affermi il contrario. Davvero, non capisco. È stato il tuo manager, avete vissuto insieme, eppure, mi sembra di capire che in realtà tu lo odii. Perché?-
Gli occhi di Ai divennero due fessure.
-Non rispondermi con un’altra domanda. Sono io ad averti chiesto qualcosa, rispondimi.-
Ranmaru scosse la testa, bofonchiando qualcosa, prima di riprendere ad inveire contro il più piccolo.
-Va’ al diavolo! Non ho ancora capito cosa tu voglia da me, ma non è con questo atteggiamento che l’avrai! Aiuterò Reiji a qualsiasi costo, che tu lo voglia o meno. Se hai qualcosa in contrario, stammi... Anzi, stacci alla larga! E ora, accosta la macchina. Voglio scendere.-
Ai lo scrutò senza fiatare. I suoi lineamenti erano poco turbati da quel trambusto; giusto le sopracciglia parevano leggermente corrucciate. Rimase in silenzio per un po’, prima di proferire parola.
-Va bene. Se sei pronto a soffrire, non ti auguro altro. Spero che sarai in grado di sopportare le conseguenze delle tue azioni.- rispose con un filo di voce che non mostrava alcun risentimento nei confronti dell’altro.
Poi si voltò verso la parte anteriore dell’auto e fece un cenno all’autista, il quale decelerò la velocità dell’auto. 
Il più grande non disse nulla. Meditò sul significato di quelle parole e non appena l’auto sembrò essersi fermata, scese. Non proferì alcuna parola, bensì, sbatté con forza la portiera della berlina, prendendo a camminare a passo spedito verso una direzione, sicuro di sé.


Il suo appartamento distava qualche isolato. Prima di recarsi lì, decise che era meglio fermarsi nel parco lì vicino e meditare su quanto era accaduto: tutti quegli avvenimenti si erano susseguiti senza sosta, dandogli un bel problema. Continuava ancora a domandarsi perché mai s’era impicciato in certi affari. Beh, Reiji gli era simpatico e, in un certo senso, sentiva che avevano qualcosa in comune. Sì. C’era qualcosa che li legava e c’era un motivo per cui si erano incontrati. Destino, coincidenze... Il nome non era poi così importante. Ciò che più importava era il motivo, la ragione di tutto ciò che vedeva protagonisti loro due. Chissà? E ancora, un interrogativo più grande lo metteva in guardia su ciò che il futuro gli avrebbe riservato: la sofferenza. Perché mai Ai continuava a proporgli una visione negativa del moro? Cosa poteva esserci che non andasse con lui? Certo, non lo conosceva bene, ma sentiva che poteva fidarsi di lui, che non c’era “pericolo”.
Puntò gli occhi al cielo, mentre meditava su tutto ciò e sorrise mestamente.
-Qualunque cosa possa riservarmi il futuro, io sono pronto.-

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Dopo un intero semestre, finalmente ritorno con un nuovo capitolo di questa storia. Chiedo venia per la minore lunghezza e la scarsa presenza di eventi, ma è un capitolo che ho scritto con tanta difficoltà (effettivamente così come lo vedete adesso è pronto da mesi, solo non mi convinceva). Ho deciso di usarlo come capitolo di transito per passare ad una parte più "movimentata" della trama e quindi nel prossimo spero di riuscire a regalarvi di più. Inoltre, questa bella fanfiction ha quasi un anno, motivo per cui mi son detta "Beh, portiamola avanti!" e spero proprio di riuscire a pubblicare il nuovo capitolo in occasione del suo compleanno. Vi ringrazio infinitamente per l'attesa, per il sostegno -attraverso le recensioni, i preferiti e tutti i modi possibili- e spero davvero di non deludere le vostre aspettative.
Passiamo alle recensioni (scusate l'attesa):
*Lyel: mi fa piacere sapere che il capitolo ti sia piaciuto e spero che sarai clemente con questo. Spero che l'Ai di questo capitolo non ti abbia deluso, perché sinceramente mi piace tenerlo così, anche per sdrammatizzare la situazione. Ad ogni modo, sì, Reiji è proprio provato dalla sua situazione e per ovvi motivi Ranran non può fare a meno di andargli incontro (che tenero!). Purtroppo per te, non posso rilasciare altre news riguardo la soluzione... :3 Dovrai attendere i prossimi capitoli per scoprire come i due risolveranno la cosa. 
*Starishadow: dovrò aspettarmi un altro "Sei tornata", haha. Purtroppo, sì, come ben sai con lo studio e tutto non sono riuscita ad aggiornare prima e non ero molto convinta del capitolo, come ho già ribadito. Ad ogni modo, già, Shining è il cattivo -ho dato l'headcanon- e Reiji si trova a dover affrontare questa difficile situazione. Ma non temere, perché Ranran riuscirà a fargli tornare il sorriso sulle labbra! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e che la mia dose di umorismo non abbia portato dell' "oocccciù"  :)
*Pinky_neko: ed ecco qui il capitolo! Grazie per la comprensione e spero vivamente che questo breve capitolo sia di tuo gradimento. Son contenta di sapere che Shining sia ben visto in qualità di cattivo -anche perché me ne sto convincendo pian piano, grazie a questa storia- e per quanto sia stato duro nei confronti di Reiji portandolo alla depressione, prometto che tornerai presto a vedere il moro sorridere! :) Parola di okaasan! Sì, Reiji e Ranmaru sono teneri e un Ranmaru tanto tenerone fa commuovere anche me nella stesura del capitolo. Tranquilla, la sua soluzione farà sorridere tutte e farà fangirlare tantissimo, visti gli sviluppi che ho in mente.
Ringrazio tutte per i commenti e il supporto! Alla prossima,
Lerenshaw
   
 
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