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Autore: Mirella__    02/08/2015    4 recensioni
Buon qualcosa a voi, impervi lettori che con coraggio avete aperto il link di questa storia dalle fattezze che potrebbero sembrar grottesche, ma che invero, vi dirò, corrispondono alla realtà odierna.
Scherzi a parte e linguaggio elaborato mandato a quel paese, vi presento la mia nuova fan fiction.
Metto le mani avanti dicendo che è una parodia di storie che spesso si trovano su questo fandom.
Signori e signore, siete stufi/e di vedere un L che arrossisce quando viene osservato da Light? Allora questa fan fiction non fa a caso vostro... o forse sì?
Genere: Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito, Un po' tutti | Coppie: L/Light
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parenti Serpenti
 

Quella famigerata notte - che andava dal ventotto al primo marzo - sembrava non passare mai, letteralmente. Erano trascorse ventiquattro ore, ne avevano levato le tende quarantotto e oramai anche le settantadue iniziavano a fare le valigie.

I protagonisti del nostro anime preferito si erano adattati a vivere in quella sorta di loop temporale, nel quale il giorno si alternava alla notte in quelli che potevano essere minuti, secondi o ore.

Il tempo come noi tutti lo conosciamo non esisteva e questo rendeva irritabile gente calma come Matsuda.

Signori miei, potrete quindi immaginare come stava messo Light Yagami. Le occhiaie, sotto quei suoi occhi d'ambra, erano costantemente coperte da un fondotinta Chanel.

Duecentocinquantasette euro era costato. A L ancora piangeva il cuore, era toccato a lui mettere mani al portafogli, perché, a detta di Light, era colpa sua se si trovavano in quel casino.

In realtà non era colpa di nessuno, ma il bisogno disperato di mantenere il controllo aveva indotto il giovane omicida a dare la colpa a qualcuno ed L era il capro espiatorio.

Ryuzaki ci aveva ormai fatto l'abitudine, quindi aveva sborsato: complice il fatto che aspettava delle visite e quello era stato un modo per mitigare un pochetto la probabile furia del suo indiziato.

“E chi sarebbero?” Aveva chiesto Light a quella buona nuova.

“Parenti”. Aveva risposto L mesto, senza dare tante spiegazioni.

Light aveva annuito, sembrava avesse capito, ma la mattina in cui dovette svegliarsi alle cinque per occuparsi dei soliti preparativi che si usa fare quando si aspettano ospiti, sembrò capire un po' meno: rischiò di mettere le scarpe in frigo, la sciarpa in forno e il pollo nell'attaccapanni.

Il tutto non era un bel vedere.

L si mise le mani ai capelli e lo costrinse a sedersi.

“Stai qui”. Gli ordinò come un padrone ordina a un cane.

Light annuì, guardò docilmente la manetta che gli veniva tolta e si limitò a osservare il via vai generale di cuochi, camerieri e guardie della sicurezza.

Non capiva perché tutto quel trambusto. Sua madre, al massimo, metteva lui e sua sorella Sayu a fare le tartine.

Finalmente i preparativi finirono. L sembrava agitato, tanto che camminava su e giù per il corridoio.

Sentirono il campanello e il detective saltò su come se lo avesse appena fulminato una scarica da cento volt o, almeno, questa era la fantasia che aveva avuto Light.

“Oh! Sono arrivate! Per favore, Light-kun, vai ad aprire la porta, io devo ancora finire di apparecchiare!”

L'adolescente rimase colpito da quella formalità accompagnata al suo nome, tanto che andò persino ad aprire senza lamentarsi.

“Buongiorno!” Sorrise cordialmente alla ragazza che gli era di fronte.

Lei per tutta risposta lo guardò male, fece un'espressione schifata e lo spintonò di lato.

“Fratellone!” Urlò, sparendo dalla sua visuale nell'evidente ricerca di L.

Light restò perplesso. Perché aveva avuto quella reazione nel vederlo? Si avvicinò allo specchio, si guardò i denti, si diede le spalle e voltò il viso per dare un'occhiata al suo sedere da Dio e scrollò le spalle un po' confuso. Era perfetto, come al suo solito.

Il campanello suonò ancora e visto che L non accennava a tornare aprì di nuovo.

Stavolta un gruppo di ragazze lo trafisse con lo sguardo. Si sentì un po' come Jon Snow, di Game Of Thrones, che veniva colpito dalle frecce della sua amata, come Terminator mentre saltava in aria ma riusciva comunque a rigenerarsi, come Nobita quando faceva qualcosa di sbagliato e sua madre lo rimproverava: beh, non molto bene.

“B... b... b...” si era buggato. Ci mise un po' per riprendersi da quell'orribile sensazione, quando lo fece riuscì a formulare una frase di senso compito. “Buongiorno, signore, sono lieto di accogliervi nella residenza di L”.

A quell'ultima frase le ragazze iniziarono a dare di matto e il poverino finì calpestato da tantissimi, troppi, tacchi dodici. Quando quella folla inferocita si diradò, di lui restava un colabrodo d'uomo.

Si rialzò a fatica, notò dallo specchio che aveva il labbro spaccato e un occhio viola. Avrebbe messo in conto a L le spese per il dermatologo, l'oculista e tutte le cure che ci sarebbero volute per tornare ad avere un aspetto umano.

Scostò la porta della sala da pranzo e vide tutte le ragazzine intente a fare colazione. V'erano pasticcini di ogni tipo, anzi, cibo di ogni tipo. Inglesi, italiane, francesi e giapponesi; quelle ragazze erano un vero e proprio melting pop etnico.

Erano tutte molto carine. Bionde, rosse, more.

Erano anche molto fortunate perché Misa non era lì: sarebbe stata capace di ucciderle tutte.

Light fece un passo dentro e si sentì come se fosse entrato in una gabbia subacquea con gli squali che nuotavano lì vicino. L era la gabbia: l'unica cosa che non faceva avventare quelle bestie selvatiche contro di lui.

Prese posto in silenzio, senza fiatare; ciononostante le ragazze lo guardavano come i lupi guardano un agnello.

Una di loro prese un coltello dalla parte del manico, prese la marmellata, quella di fragole, rossa come il sangue, e la spalmò – o sarebbe meglio dire spiaccicò – sopra una fetta biscottata, la strofinò, la sparse ovunque. Quando finì l'opera quel pezzo di pane assomigliava un po' alla vasca della moglie di Dexter Morgan.

Un'altra giovane doveva trovare la torta di una consistenza assai dura, perché prese a infilzarci il coltello come si fa durante la pulizia dei pesci e Light si sentì come uno di questi ultimi: con le budella estratte di prepotenza. Iniziò a sentirsi le gambe molli.

La francese afferrò due noci e le spaccò. A mani nude.

Light a quel punto si mise una mano ai gioielli di famiglia e si piegò sul tavolo. L lo guardò confuso.

“Light-kun soffre di cistite?”

Delle sonore risate invasero la stanza e il ragazzo si sentì arrossire per la vergogna fino alla punta delle orecchie.

“No”. Disse rimettendosi subito in una posizione dignitosa. L scrollò le spalle.

“Se il mini-kira ha qualche problema, Light-kun non deve vergognarsi. Avere delle difficoltà nell'ambito di utilizzo del mini...” L si ritrovò ficcata una bruschetta in bocca.

“Non osare chiamarlo più in quel modo!” Urlò il giovane, ma a quella sua dimostrazione di violenza inaudita venne atterrato dalle ragazze, di nuovo.

“Kira, sei in arresto per tentato omicidio. Arma del delitto...”

“Una bruschetta con il pepe, olio, origano e pomodoro”.

“L sarebbe potuto morire! Lasciando orfane tre di noi!”

“Io avrei potuto perdere un fratello!”

“Io un figlio!”

“Io un cognato!”

“Io uno dei miei quattro padri!”

Light si ritrovò a guardare L con una faccia da what the fuck? Ed L sospirò.

“Devo ringraziarvi, ragazze, tutte voi. Se non foste state presenti oggi... non voglio nemmeno immaginare quale sarebbe stata la mia fine”. Si portò una mano alla fronte, abbassò il capo e si strinse ancor di più nelle braccia: una reginetta del dramma.

Light, nonostante fosse schifato dal suo comportamento, non poté fare a meno di apprezzare l'imitazione; venne portato via, in un luogo che non ci è dato conoscere fino al prossimo capitolo.

Sappiate solo che la famiglia di L, intanto, si allarga e alla stregua dei Gremlins, potrebbe invadere le vostre case. Potete credere che le mie siano solo favole, storielle che vi racconto prima di andare a dormire, ma prima di spegnere tutte le luci, assicuratevi d'aver chiuso per bene la porta a chiave. Un abbraccio, Mirella__ ( Semicit.)

  
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