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Autore: peeksy    02/08/2015    0 recensioni
E fu investito da una valanga di emozioni.
Le aveva già sentite in poche occasioni, ma ogni volta che accadeva, era una buona cosa. Qualcosa stava per cambiare.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: AU, Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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La scuola si accese dei soliti ritmi frenetici e tra la folla i due si riconobbero.

Si diedero un'occhiata, una velocissima occhiata come per dire “Hey ciao, ora devo andare ma sappi che ti penserò!”

Ma Assaf, di testa sua, provò a seguire il brunetto. Lo provò a seguire fino a quando l'impresa non fu più fattibile, ossia fino al rintocco della campanella.

 

Però, finalmente, ebbe l'opportunità di sapere la classe dell'adorato amico. 3A.

 

A come Amicizia, A come Amore. Un caso, direi.

 

Assaf dunque tornò in classe per le lezioni. Nel suo zaino, tuttavia, la presenza di quel ritratto fatto per Gattuso parlava chiaro: voleva vederlo anche oggi. Diventava sempre più importante.

Forse era solo un amico, ma la sua presenza rendeva tutto migliore, era un sentimento indescrivibile.

“Adolescenza? Macché, l'adolescenza sono i brufoli e le parolacce che piano piano vengono accettate dai tuoi genitori!” Assaf si sentiva strano, decisamente determinato.

 

Il suo cuore batteva fortissimo, era un battito deciso e sognante, ma anche candido e puro. Come il carattere di Gattuso.

 

Assaf ormai non aveva più ostacoli e aveva tutti i diritti per sognare.

 

Arrivò alla porta della 3A quando la campanella suonò.

Entrò in quella porta, il clima che si respirava in quella classe era insolitamente cupo.

 

“Tu sei l'adoratore di Gattuso, vero?” chiese uno.

Assaf si voltò, era l'amico del diretto interessato. Sì, era stato riconosciuto.

 

“Uh, sì, che è successo?” rispose il biondino.

“Gattuso è...” il ragazzo deglutì, mentre l'adoratore assunse un'espressione immobile, quasi statuaria.

 

“...è svenuto in classe, oggi, durante scienze. Hanno chiamato l'ambulanza che l'ha portato via da poco. Ha ripreso conoscenza ma era visibilmente pallido e tremolante...”

 

"Cosa?"

Assaf non ci credeva. Non aveva parole, i suoi occhi si spalancarono e la sua bocca digrignò, mostrando un volto incredibilmente diverso del solito aggraziato e dolcissimo biondino.

“...ora è in infermeria con alcuni suoi compagni.”

 

“Okay, grazie.” rispose il biondo, ancora sotto shock.

 

A quel punto uscì dalla classe e corse, corse fino al piano terra.

I minuti erano pochi ma la voglia nel suo cuore era infinita.

Arrivò in infermeria con il fiatone. All'ingresso una ragazza lo notò e gli camminò contro.

 

“Sei per caso Assaf?” chiese.

“Sì, tu chi sei? C'è Gattuso dentro?” rispose.

“Sono sua cugina, anch'io sono in questa scuola e mi hanno dato il permesso di assisterlo.”

 

“Come sta?”

“Sta meglio, ha accusato sintomi di influenza intestinale che lo hanno portato a giramenti di testa continui e forti.”

“Oh, ha problemi di questo tipo?” chiese con curiosità, sempre in modo dispiaciuto.

“No, ma di recente ha mangiato poco e ha avuto malesseri d'altro tipo.”

 

“Oh, digli che mi dispiace un sacco” puntualizzò, “comunque come fai a sapere chi sono?” chiese.

La ragazza frugò nel suo zainetto, dopo tirò fuori un foglio.

 

“Lo ha fatto per te e voleva assolutamente mostrartelo oggi. Ah e comunque, non ho visto cos'è, mi sono fatta gli affari miei, eh.” disse.

 

Assaf lo prese in mano e lo apri.

Aveva gli occhi lucidi, ma si trattenne.

“D-digli solo che non lo ringrazierò mai abbastanza per questo...” rispose, visibilmente commosso.

“Certo.”

 

Un ritratto. Per lui, si aveva disegnato proprio lui, con quella maglietta di Star Wars che aveva indossato il giorno prima, con quei capelli biondi e lisci, con quella purezza e semplicità. Eppure era un ritratto molto personalizzato, il biondino sentiva come se quel foglio avesse qualcosa di magico.

 

“Posso entrare e salutarlo?” chiese Assaf con un timbro di voce più alto del solito.

 

“No, non si può, per lo stesso motivo per cui sono quei fuori, l'infermiera sta facendo dei test” rispose la ragazza in modo leggermente preoccupato, “però a fine lezioni puoi passare di nuovo e sperare ti lascino entrare.” aggiunse.

 

Il ragazzo dunque si voltò e si allontanò dall'infermeria, con quel disegno a portata di mano.

 

Salutò e corse verso il secondo piano.

Entrò in classe, e mise il disegno regalatogli nella cartellina di disegno a velocità lampo.

 

“Cos'era quello che hai messo in cartellina, Assaf?”

“Appunti.”

 

E passarono i minuti, i quali diventarono ore e così via.

 

Assaf pensava solo a Gattuso.

“Speriamo stia meglio, è l'unica cosa che conta.”

 

Passò il tempo scarabocchiando, i suoi disegni mostravano la sua preoccupazione. Quando era allegro colorava, quando era preoccupato lasciava spazio al bianco e nero.

Era un grandissimo artista, ma non era sicuro se avesse fatto di quella passione uno stile di vita o sarebbe rimasta solo uno svago da tenere nel cuore.

 

Si alzò, la giornata era finita e l'ultimo weekend scolastico si stava per annunciare alla fine della giornata.

 

“Hey Assaf, perchè porti a casa la cartellina? Normalmente non la porti a casa!” chiese un ragazzino.

“Te l'ho detto, qui ho degli appunti.”

“E ti devi portare tutto quel peso in spalla per dei miseri appunti?”

 

Il biondino non rispose, se ne andò via rapidamente.

Scese le scale per due piani, si lanciò verso l'infermeria.

 

“Posso entrare?” chiese, anche se di fatto non stava cercando risposte, sarebbe entrato comunque.

Non c'era nessuno.

 

“Ma...aaah, che barba, non c'è anima viva qui!” disse con toni arrabbiatissimi. “Sono stufo di correre per niente!”

“Hey ragazzo, che ci fai qui, cerchi quel ragazzo che curavamo prima?”

 

Assaf si voltò. Era l'infermiera.

 

E non seppe trattenersi, sputò il rospo.

“Sì, sono qui proprio per lui, voglio sapere come sta!” chiese con toni accesi. La sua voce era un misto tra tremolante e decisa.

 

“Sta meglio! E' tornato a casa con la cugina per precauzione ma se tutto va per il verso giusto lunedì c'è come da aspettativa! Ho detto alla madre di tenere sotto controllo la sua alimentazione, ma i miglioramenti si son visti!”

“Oh, mi fa piacere” rispose il biondino, “grazie per l'informazione” e si voltò, avviandosi verso l'uscita.

 

Era visibilmente giù di morale, aveva il timore di non riuscire a sopportare altre tre giornate senza quel brunetto. Ne sentiva il bisogno. Sì, aveva capito qual'era la sua classe, aveva conosciuto qualche suo amico da più tempo, avvertiva però la necessità di passare del tempo con lui, per conoscerlo come si deve, per capire quali fossero i suoi sentimenti.

 

Passò vicino a quella panchina in cui lo baciò, era passato solo un giorno ma tutto era cambiato.

 

“Ah...se fosse qui con me adesso, vorrei assolutamente dirgli tutto, mi confesserei, direi cosa ho provato dal giorno uno...vorrei non essere condizionato da nulla...vorrei un mondo solo con me e lui...”

Assaf attraversò una strada senza fare caso all'auto che stava arrivando.

Se ne accorse appena in tempo e si spostò.

 

“Imbecille! La testa tienila sul collo!” gli gridò.

 

Il ragazzo stette zitto, ma sospirò. Già, avrebbe fatto meglio a tenere la testa sul collo e accettare la realtà, avrebbe dovuto aspettare e calmarsi. Solo così sarebbe riuscito ad esprimersi, nella sua affascinante complessità.

Le cose, quando sembravano promettere bene, arrivava qualcosa a farle peggiorarle. Assaf voleva solo stare con quel ragazzo. Chiedeva troppo? Non si può dire, in effetti se si conobbero casualmente, forse era il destino che li voleva uniti.

 

Si sedette alla fermata ad aspettare l'autobus. Si sentiva più solo del solito.

“Speriamo stia meglio, vorrei tanto vederlo domani ma non potrò, non posso aspettare ancora però...forse avrei dovuto svegliarmi prima e parlargli di più al momento giusto...ora non so che fare”, pensò.

L'autobus arrivò. Il perso adoratore di Gattuso aveva bisogno di sfogarsi, la storia si stava facendo ripetitiva.

Salì.

 

“Eccoti Assaf! Ti ho trovato!”

 

Una voce gli fece spalancare la bocca.

 

Gattuso era lì, sull'autobus, ancora un po' pallido, ma sembrava essersi ripreso.

 

“C-cosa cappero ci fai qui?” chiese il biondino.

“Come sai sono stato male, sono andato in infermeria e ti ho visto, anche solo con la coda dell'occhio, e mi ha fatto moltissimo piacere questo tuo gesto!”

 

“Grazie, però perché sei qui?” disse il biondino, arrossendo. Era una sorpresa, anzi, forse la sorpresa più gradita che ebbe mai ricevuto nella sua vita. “Visto come sei ridotto, non ti consiglierei di uscire!”

“L'ho fatto per te sciocchino! Mia cugina era con te, vero? Le ho parlato e abbiamo fatto un patto: io sono potuto uscire per vederti e lei non avrebbe detto niente a nessuno!”

 

E detto questo, baciò sulla fronte un Assaf decisamente al settimo cielo.

Il suo amico, brunetto, sì, proprio lui, non un sogno, lo aveva cercato per stare insieme a lui.

 

“Ma tua cugina è qui?” chiese il sognatore.

“Sì, è seduta là in fondo e ci sta osservando proprio adesso!”, disse il suo amico, salutandola con la mano.

Assaf arrossì moltissimo.

 

Passarono quattro fermate.

“Alla prossima scendo!” disse il brunetto.

“Oh, okay”

 

Era felice, ma ora che era con il brunetto, per quanto fosse inimmaginabile e alquanto dolce il momento in cui si trovava, voleva renderlo più indimenticabile.

 

“Senti...Gattuso...c'è qualcosa che devo dirti...qualcosa di molto importante...”

Il brunetto si girò, osservando l'amico intensamente negli occhi.

“Qualcosa che mi tengo dentro da un po'...”

 

La cugina dell'amico si alzò. Assaf la notò e si fermò, deglutì e pensò:

“Avanti, parlale, dille tutto...sarà una liberazione...ma forse il momento non è giusto, cioè, ci sono tante persone qui? Non so cosa fare...”

 

Si chinò e aprì lo zaino. La prossima fermata, quella di Gattuso, stava per venire annunciata.

Tirò fuori il disegno.

 

Il ritratto di Gattuso, fatto diversi giorni prima. C'era solo una scritta aggiunta.

Lo consegnò all'amico. “E' per te, grazie mille per il tuo disegno...mi sono commosso...io...”

 

“Oh, ma di nulla, non era abbastanza per quello che ti meriti! Per questo sono venuto a cercarti di persona...!”

“Noi dobbiamo andare!” irrompette sua cugina.

 

Scesero.

 

Assaf salutò a bocca cucita.

Gattuso ringraziò l'amicone per ciò che gli aveva consegnato, anche se non aveva ancora visto cosa fosse.

 

Ovvio che non l'aveva visto.

Affianco al ritratto, la scritta con un promarker nero “Sei il più bel sogno che io abbia mai fatto, ti amo...”

   
 
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