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Autore: Shining Grint    26/01/2009    2 recensioni
La vecchiaia comporta anche accettare eventi che si succedono nella nostra vita, che talvolta sembrano non abbiano alcun ritegno nei nostri confronti.
Anche se la realtà è al di là delle cose visibili, esse stesse ci aiutano ad andare oltre, a raggiungere l'irraggiungibile.
Introduzione modificata. E' vietati inserire il tag br alla fine della stessa.
Nausicaa212, assistente amministratrice.
Genere: Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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.NOT EVERYTHING IS SO ILLUMINATED.



Chap One. Ogni fine è anche un principio.

Mi avviai alla finestra per constatare il tempo. Scesi le scale del mio vialetto e già sentivo un freddo che mi infilzava come migliaia di aghi su tutto il mio corpo. Camminai, sentendo le mie guancie, il naso infreddolirsi e le mani venir scheggiate da quel freddo acuto e pungete che caratterizzava quel dicembre.
Il ghiaccio era sottile sul cemento, incolore, ma sotto i piedi era letale, una mossa falsa e si poteva scivolare senza nessun appiglio per potersi rialzare in piedi. Scelsi la strada che, attraverso il bosco, mi avrebbe portato dove intendevo recarmi.
La neve sembrava farina sotto i miei piedi, era soffice, candida e innocente. Tutto ciò che mi circondava era semplicemente bianco. Dal più piccolo ramoscello allo steccato del recinto dei vicini di casa, qualunque cosa avesse un minimo di spessore ospitava la neve.
I miei piedi avanzavano, non ancora infreddoliti come, invece, i miei pensieri erano.
Il tragitto sarebbe stato lungo fino alla passaporta, ma ancora di più contando il luogo del raduno.
Non si udiva rumore, solo il leggero posarsi di pazienti fiocchi bianchi che, volteggiando, atterravano andando a rimpolpare quello strato di polvere, non ancora congelata ma che, con l’arrivo dei raggi del sole, si sarebbe presto sciolta al suolo.

Non potevo più neanche soffiare il naso tanto era indolenzito, sia dal freddo sia dal continuo sfregarsi contro i ruvidi fazzoletti babbani.
Ebbene mi ero trasferito in una cittadina babbana, lontano dal mondo magico che non mi diede nient’altro che guai.
Lavoravo, avevo una libreria dove vi erano esclusivamente libri che trattavano ciò per cui ero nato e destinato, ma da me ormai abbandonato: la magia.
I babbani adoravano le storie di magia, sembrava non ne potessero fare a meno per vivere nella loro triste realtà, o almeno così da loro considerata. Era come l’antidoto per poter vivere nella loro società, costituiva un sogno condiviso da moltissime persone, essenziale per loro.
Vivevo così,vendendo libri in un piccolo negozietto stretto e polveroso da dove ogni tanto le persone passavano, sfidando il freddo, mi facevano visita o compravano qualche libro.
Oggi non avevo nemmeno aperto, anche se era il giorno della lettura.
Ogni sabato, infatti, i piccini del paese venivano accompagnati nel mio piccolo mondo e io leggevo loro uno o più capitoli di un libro di mia scelta e facevano mille domande.

Pensavo e camminavo nel silenzio della natura, sentendo gli anni appoggiarsi sulle mie ginocchia, così come nella mia mente.
Avrei presto rincontrato persone venute a scuola con me, sorrisi al sol pensiero di tutte quelle avventure, ma un nodo alla gola non mi lasciava ridere. Gli occhi stanchi, come se avessero già visto troppo, si soffermarono su piccoli particolari della mia vita.
La neve riprese a vorticare più fitta, mi strinsi nel cappotto e, contemplando il mio mondo, arrivai alla passaporta.

- Zio, zio!!- fece una voce acuta.
Mi girai e la mia piccola (pro) nipotina correva verso di me, ricoperta da un pesante giaccone, protese le braccia affinché la sollevassi. La presi facendole fare un giro in aria e la baciai sui capelli rossi, di famiglia.
Rideva divertita e i suoi occhi emanavano una luce energica, piena di vita che apparteneva solo ai nuovi giovanotti, pensai.
- Buongiorno!- dissi tenendole la mano, la piccoletta rise divertita e mi saltò nuovamente in braccio.
- Dai insomma nonno!-
- Ma io sono il tuo nonno o tuo zio…mi sembra che qualcuno abbia le idee un po’ confuse…-
- Ciao Ronald!-
- Ciao Roxanne, tutto a posto?- lei annuì- Questo mostriciattolo diventa sempre più grande…insomma vuoi diventare più grande dello zio?-
La bimba rispose scuotendo la testa, mi diede la sua piccola manina, si fidava e mi guardò sorridendo.
- Ti voglio bene, nonno-zio -
Chissà perché era così facile a quell’ età dire i proprio sentimenti…
- Allora Rox, quando si deciderà a nascere il tuo ultimo pargolo?- chiesi curioso
- Ah, bisognerebbe chiederlo a lei…ebbene sì – aggiunse guardando la mia faccia compiaciuta – ne sono sicura, sai alcune cose te le senti! Ma siamo solo noi? – Mi sorrise ritornando a guardare intorno.
- No, arriveranno anche mio fratello…eh heh nonché tuo padre, poi altri amici…-
- Ah, non sapevo papà venisse qua. Per lui non dev’essere per nulla comodo, come mai viene fino a qua?-
- Vuole solamente essere sicuro che tu stia bene, tua mamma andrà da Mirela.-
- Ma io ho 31 anni! Direi che so abbastanza badare a me stessa!-
- Penso che sia quell’abbastanza che lo preoccupa…-
Parole sgorgarono nell’aria per poco, prima che George Weasley , mio fratello e padre di Roxanne arrivò trafelato, dietro di lui in lontananza si scorgevano altre persone. Non avrei avuto voglia di confusione e di essere felice, era forse giusto essere contenti in una situazione simile? Ci abbracciammo, sentii il peso del cuore, sprofondare. Spostò la sua attenzione sulla sua nipotina ed infine a sua figlia.
- Ehi, bella. Tutto a posto? Ti senti bene? – fece finta di non sentire le proteste di lei e continuò- posso salutarlo, per favore? O forse salutarla? -
Roxanne sorrise dolcemente. George iniziò a parlare al pancione di quasi 7 mesi e mezzo, sembrava un bambino… intanto le altre persone si fecero avanti, Neville Paciock arrivava mano nella mano con sua moglie, Hannah Abott. Non avevano figli poiché lui aveva insegnato Erbologia fino a pochi anni prima poi aveva aiutato Hannah con il loro “Calderone Bucato” un posto nuovo che lei aveva aperto a Hogsmeade.
- Quand’è che ci verrai a trovare, Ronald?- chiese lei.
- Ah, non lo so…se ci tieni così tanto…-
- Eddai, potresti stare un paio di giorni da noi e potremmo anche organizzare una rimpatriata... mi spiace per tutto Ron.-
Avrei preferito stare a casa mia, di fronte al camino in sala, ma ero consapevole che il calore umano e quello di un buon boccale di burrobirra in compagnia, riscalda molto di più di coperte e fuoco. Accettai.

Arrivarono anche Seamus Finnigan e Blaise Zabini. Le stranezze della vita, le uniche persone non avrei mai pensato potessero avere altro che nella testa che donne, donne e donne invece erano insieme. Non si erano ancora stancati, dopo tutto questo tempo insieme, ora a 57 anni. Mi salutarono e tra i vari accenni e scuse per l’accaduto conversammo di come stava andando il tutto, tutti si conoscevano.
- Allora siam tutti pronti?- chiese George e mentre tutti annuivano una figura lontana si avvicinava, guardai ma i miei occhi erano stanchi di vedere cose che non volevano non mi permisero di distinguere la persona.
Louis Weasley , terzogenito di Fleur e Bill, arrivò con in braccio sua nipote, Allis , figlia di sua sorella Dominique. Lei arrivò poco dopo, e insieme agli ultimi ci aggrappammo tutti alla passaporta, catapultati a 200 kilometri più a sud.
Avrei voluto prendere un treno ma George mi aveva chiesto di andare con lui e io avevo accettato, senza fare il difficile. Intanto, ebbi modo di allontanarmi per andare a prendere altri membri della famiglia Weasley. Vidi mio padre in un vialetto, calcando il peso su un bastone, si avviava da solo.
-Papa’! che ci fai in giro da solo?- chiesi io ad alta voce in modo da attirare la sua attenzione.
- Ero stanco di stare a casa…è così triste…buia, solitaria che ho preferito smaterializzarmi.- borbottò lui quasi sorpreso di vedermi.
-Papà alla tua età non dovresti proprio…-
-Lo so ma da quando se n’è andata tua mamma i miei 87 anni sembrano non contare nulla. Non sai quanto sia innaturale assistere alla morte di un figlio mentre il genitore è ancora in vita. Non ho più cuore, Ronald, per il semplice motivo che non mi serve più…- sospirò con sguardo vacuo
- Papà so cosa vuol dire…- aggiunsi riportando alla mente i
miei di figli.
- Scusami. – fece lui chinando il capo – Non verranno mica anche
loro?!-
-Papà la conoscevano anche loro, poi fu lei che lo lasciò…- aggiunsi io
-Ronald sei troppo buono.-
-Meglio essere buono che perennemente arrabbiato per cose successe più di un ventennio fa…-
-Sono orgoglioso di te, Ron.-
Sorrisi pensando al triste destino che aveva dovuto sopportare mio padre. Mia mamma, Molly, era morta un bel paio di anni fa, conservando la sua grinta. Tutta la famiglia ne risentiva.
Parlammo un po’ dei miei altri fratelli e delle loro famiglie poi ritornai ai miei pensieri. Chissà se era tutto pronto, gli occhi mi si appannarono, così come fanno gli occhiali durante i mesi invernali quando si entra in un locale caldo. Vidi da lontano una famigliola dai capelli biondissimi, vestiti stranamente.
Luna Lovegood. Ebbene si era sposata con il nipote di Newt Scamandro, le loro vite erano stato molto particolari, come del resto ci si poteva aspettare. Dapprima in solitario, poi col marito, si era data alla ricerca ed esplorazioni per molti anni, finché aveva avuto i suoi secondo geniti, due gemelli, e alla bell’età di 34 anni avevano deciso di sistemarsi, successivamente avevano avuto in totale sette figli della quale ancora tre frequentavano Hogwats.
Mentre pensavo a tutte queste belle e felici famigliole che si fermavano a salutare e a conversare con me, ripensai alla mia…una delusione; non vi era alcuna ombra né di felicità né di bellezza. Non ebbi il tempo di pensarci a lungo poiché mio padre mi tirò una gomitata, riportandomi al presente. Il tempo non sempre è la soluzione a guarire le nostre ferite. Pensai.

La neve non era caduta ma il cielo pesava vuoto e gonfio sulla testa di chiunque passasse. Incontrai altre persone, poi vidi
loro.
Hermione Granger e Harry Potter.
Mi vennero incontro e ci salutammo civilmente anche se alle parole dispiaciute di quell’ultimo mi venne voglia di urlare. Gridare cosa aveva fatto e che forse ciò che era successo era anche colpa sua.
Lasciai perdere e rivolsi la mia parola ad altri colleghi di lavoro di mia sorella, i vecchi e i nuovi, sembravano più dispiaciuti loro che tutti gli altri, gironzolai salutando chi conoscevo; mi ritrovai da solo come al solito.
Ciascun prese posto a sedersi su seggiole sistemate in un ampio prato. Sembrava autunno, pensai.
La triste realtà mi fece rabbrividire.
C’ero solo io e la sua tomba con dentro il suo corpo senza peso.
L’incisione sembrava brillare come se mi volesse ricordare l’accaduto.
Una rondine volava bassa, come se anch’ella soffrisse di quel ‘coperchio’dal colore nullo, triste senza vere tinte: giallo o forse bianco o grigio, più probabilmente il misto delle tre tonalità. Il colore era semplicemente triste e malinconico. Pallore.
Gli alberi nudi sembravano voler prendere la propria strada, chi a sinistra, chi a destra, chi verso l’alto , chi verso il basso. Solo d’inverno, la meno amata delle stagioni, si poteva osservare e apprendere il vero senso dell’individualità. Vi erano foglie che a dicembre erano ancora attaccate ai rami pressoché disadorni e altre che non lo erano già più dal primo venticello di ottobre; si erano lasciate cadere per andare a costituire un letto colorato su cui le persone appoggiavano i piedi che, veloci, si dirigevano ai proprio posti.
Una strana luce era restia a svanire, illuminava ma non abbastanza da farne uso da sola.
Il freddo pungente penetrava tra le vesti più calde, secco, schiaffeggiava le guance ormai rosee di chiunque affacciasse il proprio viso al di fuori della sciarpa. Non riuscivo più a pensare, il mio sguardo si perdeva nel paesaggio circostante cercando di evitare quel punto, precisissimo punto.
Una bara di legno scuro, immobile posava sul fogliame, aveva fiori appoggiati e altre persone ne continuavano a portare. Il venticello freddo giocava con le foglie facendole sfiorare quel legno per poi ricadere a terra.
Di fianco la buca.
Era proprio vero, la sua anima se n’era andata. Sospirai con un nodo in gola, guardando altrove.





°°°

Dopo tanto tempo riecomi. Ho iniziato a scrivere questa ff in un ora di filosofia, un martedì di un paio di mesi fa…da lì ho pensato poi potessi scriverci su qualcosa. Avevo scritto l’ultimo pezzo in realtà per un concorso letterario, ma ho pensato potessi usarlo qua. Quindi.
Spero non sia troppo noiosa, anche se tutta la descrizione delle varie famiglie ve l’ho risparmiata. Le varie coppiette tipo Dean Thomas e Daphne Greengrass coi vari pargoli al seguito…ma comunque, ho speso un sacco di tempo nel costruire milleduecentotrentatré alberi genealogici, anche se qua poi non se scriverò manco uno. Ehhe.
Spero vi piaccia e sento di doverla dedicare a chiunque mi abbia sempre seguito. Non sono ancora morta…ebbene no. Allora ho un paio di precisazioni per questa ff. uno. il titolo di questa storia è lo stesso, ma storpiato, del non molto noto film Everything is illuminated (Ogni cosa è illuminata) che consiglio a tutti, ma che non c’entra un baffo con la storia. due. nei prossimi chappy inserirò delle frasi particolarmente belle, ovviamente, prese da un libro particolarmente bello che ho finito di leggere oggi: Le cinque persone che incontri in cielo di Mitch Albom, anche questo lo consiglio a chiunque sia in un periodo un po’ troppo riflessivo della propria esistenza. Da una visone bella e molto serena del dopo. Tra l’altro il titolo di questo chappy è una frase del libro stesso, nella prima pagina.
Spero seriamente continuate a leggerla, vi prego, è la mia più recente produzione e please recensite! A chiunque scriva fa piacere leggere che qualcuno magari prova anche qualcosa di quello che ho scritto qua. Oltre che alla freddezza dell’essere scritto via pc.
Per cui grazie mille e buona serata a tutti. Anche se dovevo scrivere un'altra cosa importante che ovviamente non ricordo più...va beh. Un bacione!
Shining Grint.


  
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