Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |       
Autore: SagaFrirry    05/08/2015    1 recensioni
Kasday, figlio del dio del Kaos, nasce come divinità dell’equilibrio in mezzo ad una guerra fra la sua famiglia e gli alleati della Dea del Destino. Riuscirà, fra rinascite, angeli, demoni e mutamenti, a svolgere il suo ruolo e trovare il suo posto? Una storia creata anni fa (il lontano ormai 2008) dove il tutto ed il nulla si mescolano, dove i concetti di giusto e sbagliato si confondono. Da uomo a donna, da angelo a demone, da vittima a carnefice..sarà lui il nuovo tutto..od il nuovo nulla?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender, Non-con
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'La città degli Dei'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I

 

QUELLA NOTTE

 

 

“Ti vedo più calmo del solito questa sera. Anzi… ti vedo tranquillo come mai prima d’ora!” disse il Dio del Tempo.

“Vaffanculo!” rispose il Dio del Kaos, seduto sul trono, con  voce roca ed altalenante.

Il Dio del Tempo sorrise e Kaos alzò lo sguardo. Tempo era alto, con i capelli che si arricciavano in verticale a formare il simbolo dell’infinito, quasi a voler ricordare in ogni momento la sua ciclicità e durata eterna. Quella notte, come sempre nella sua esistenza, la divinità dello scorrere delle ore stringeva un pendolo nella mano destra. Era color  rosso rubino ed oscillava, inevitabilmente e in qualunque posizione venisse posto, una volta al secondo.

Quella notte il Tempo passeggiava per il salone del Kaos, ignorando l’oscillare di quello che era uno dei suoi strumenti di lavoro, e faceva svolazzare per il pavimento la veste ampia a sfumature grigie.  Passeggiava canticchiando e sorridendo all’irritatissimo Dio del Kaos, che invece stava seduto su un seggio fatto di spuntoni e rientranze irregolari.

Kaos si sorreggeva la testa con la mano destra e seguiva con gli occhi quel maledetto pendolo che, in quel momento, avrebbe fatto tanto volentieri mangiare al suo proprietario.

Con la mano libera iniziò a giocare con l’altissimo colletto del mantello che faceva sì che il suo volto, indefinito, privo di tratti somatici, fosse quasi del tutto coperto. La sola caratteristica chiaramente riconoscibile sul viso del Kaos erano gli occhi, che quella notte ruotavano a destra e sinistra in modo inquietante.

Nervoso, iniziò a tamburellare sul bracciolo, producendo così l’unico suono in tutto il salone.

Nonostante fuori imperversasse una sorta di tempesta, con  tuoni, lampi e urla di vari Dèi controllori dei fenomeni atmosferici che litigavano tra loro, all’interno della dimora nera regnava il silenzio totale. Era una cosa molto rara. Il Tempo, forse intimorito da quell’insolito silenzio, fluttuava a mezz’aria per non disturbare.

Ta-tak.  Le unghie del Kaos si alzavano e si abbassavano dal bracciolo.

Ta-ta-tak.

Kaos fissava la confusione assoluta che regnava sovrana da sempre nel suo palazzo. Dall’alba dei giorni, primeggiava la mancanza di logica eppure, quella notte, il padrone di casa provava l’irrefrenabile desiderio di mettere in ordine. Fremeva al pensiero di ricomporre i vari oggetti distrutti e sparsi per il pavimento, o di ritrovare le cose dimenticate negli angoli e lasciate al buio a fare ragnatele. Al Kaos piaceva lanciare in giro ciò che gli capitava a tiro e questo rendeva il suo regno alquanto singolare. Inoltre detestava gli angoli retti e l’armonia perciò tutta la Sua architettura si basava su angoli assurdi, scale e pavimenti storti, divergenze cromatiche preoccupanti e forme prive di senso. Adorava il suo pavimento diagonale, le sue piastrelle tagliate a casaccio, i quadri in pendenza, le finestre rotte e gli oggetti sparsi ma, quella notte, aveva un irrefrenabile desiderio di mettere in ordine...

Iniziò a guardare in alto, per distrarsi. Seguiva le linee che attraversano tutto il soffitto, terminante a punta, decorato con tantissime forme geometriche impossibili formate dal loro incrocio.

Con il bel tempo da quella punta entrava uno spiraglio di luce. Il padrone di casa non amava molto i luoghi luminosi quindi le finestre erano oscurate da pensanti tende nere e quel piccolo spiraglio era l’unico punto da cui filtrava un lieve bagliore.

“Immagino sia la tua natura” riprese, ad un tratto,  il Dio del Tempo “Il Kaos, quando va tutto bene, è agitato e nervoso. Quando invece ha motivo di preoccuparsi, se ne sta tranquillo e mogio”.

Il Kaos fece un balzo sulla sedia non aspettandosi la voce del collega. Aprì la bocca e la richiuse.

“Mi vien voglia di mandarti di nuovo in quel posto” esclamò, infine.

Decise di alzarsi e si avvicinò al suo primogenito, il Dio della Paura e dei Sogni, che stava seduto sul pavimento ad occhi chiusi. Quel bambino stava sempre ad occhi chiusi, perché “solo ad occhi chiusi si realizzano i Sogni”.  E serrando le palpebre si affronta la Paura.

Il padre Kaos lo prese in braccio. Come sembrava piccolo quel bambino tra le braccia di quel Dio così alto e dai contorni così indefiniti!

Tutto il corpo del Disordine, composto da nebbia e fumo in continuo movimento e mutazione, si confondeva con i capelli che si agitavano e non lasciavano capire in che punto preciso finissero.

il bambino, soprattutto se messo accanto al padre, era chiaramente nato presentando molti tratti della madre, a partire dai capelli corvini ad esempio. Kaos, pur avendoli scuri, presentava molte sfumature tendenti al grigio. La voce del piccolo, inoltre, era rilassante ed ipnotica, molto diversa da quella cavernosa del genitore.

“Come vuoi che sia il tuo fratellino o sorellina in arrivo?” domandò il Disordine.

Suo figlio gli sorrise: “Come nei miei sogni, papà!”.

Il padre lo rimise sul pavimento dove il piccolo rientrò nel suo mondo fatto di illusioni e terrore, e tornò a sedersi. Aspettava... Aspettava che la porta che gli stava davanti, diagonale e con troppi fronzoli, si aprisse per far entrare o la Morte o la Vita a dirgli se il suo secondogenito era nato e che era andato tutto bene.

 

Gli Dèi dei palazzi confinanti iniziarono ad arrivare. Ognuno voleva sapere com’era fatto questo nuovo Dio o nuova Dea che si faceva attendere. Il Sole, un uomo dalle spalle larghe e le fiamme disegnate sul petto scoperto, stava sulla porta ad est. Al suo fianco, il figlio di pochi anni  con gli stessi tatuaggi appena accennati ed in via di definizione. Entrambi vestiti di rosso, con i capelli alti ed agitati come le fiamme, erano avvolti da una luce calda e luminosa che metteva in mostra strane ombre inquietanti lungo il pavimento del salone. La Dea della Notte osservava da fuori la finestra. Aveva spostato una tenda e sedeva sul balcone. La Speranza invece era grande e restava, a mani giunte, accanto al Kaos che la guardava piuttosto scocciato.

Ad un tratto la Vita aprì la porta e sorrise.

La Morte rimase in un angolo e incrociò le braccia: “Questa notte io non lavoro” disse con  voce profonda, proveniente dalle viscere della terra.

Nessuno era a conoscenza del vero aspetto di Morte. Era maschio o femmina? Di pelle chiara o scuro? Il suo volto poteva essere visto solo da coloro che erano ormai giunti alla fine del loro cammino d’esistenza.  Quella notte, con il cappuccio calcato sul capo, chinò la testa e abbandonò la scena sorridendo.

“Come sempre io e la Vita ci siamo sfidati nel nostro gioco di bianchi e di neri e stanotte ha vinto Lei. Gran bella partita. Congratulazioni per il secondo figlio, Kaos” parlò. E svanì.

Prima di ogni nascita, oppure in caso di ferite gravi e condizioni di indecisione tra Vita e Morte, le due divinità si sfidavano in un gioco simile agli scacchi. La partita poteva essere vista solamente dall’oggetto in discussione, il soggetto in bilico tra la possibilità di vivere e morire. Gli Dèi, sì, sono immortali, ma solo dopo la loro nascita. In caso di vittoria della Morte, il nuovo Dio non vedrà mai la luce e la Vita..ma quella notte aveva vinto la Vita!

Il Kaos si sentì di nuovo in vena di fare disordine.  La Vita, radiosa e stupenda, una tra le più belle tra le Dee, stringeva tra le braccia un fagottino bianco, da cui spuntava un ciuffo di capelli corvini.

“È maschio?” chiese il Kaos ansioso e felice.

“Non è nessuno dei due!!” esclamò la Vita, con entusiasmo, e continuò: “ È una cosa bellissima. Né maschio, né femmina…”.

“Cos’è?! Il Dio degli invertiti?!” gracchiò il Kaos, tornato alla sua solita personalità.

Il Tempo gli tirò uno scappellotto dietro la nuca.

“Sei un animale!!” urlò la Vita, probabilmente rivolta ad entrambe le divinità che stavano per azzuffarsi, cosa insolita per il Tempo ma del tutto normale per il Kaos.

“Che divinità diventerà?” domandò il Sole con voce calda e serena.

“Credo dell’Equilibrio” sussurrò la Guerra, rimasta appoggiata alla porta da dove era entrata la Vita. Il Kaos spalancò l’occhio sinistro lasciando il destro semichiuso, cosa che al Dio riusciva particolarmente bene, e guardò Guerra, la sua consorte.

“Tesoro mio, moglie mia” disse “Come può il figlio nostro, il figlio della Guerra e del Kaos, essere il Dio dell’ Equilibrio?”.

La Guerra alzò le spalle. La Dea, bella, bellissima, anche quella notte era incantevole nonostante quell’aria un po’ stravolta. Ma sempre e comunque con un carattere che solo il Kaos poteva sopportare..e amare.

Il Kaos guardò il bambino. Era qualcosa di indefinito, che emanava luce e buio, gioia e timore.

Il piccino lo guardò, con due splendidi occhi azzurri.

Il padre sorrise: “Ha i miei occhi...” ammise “...ed io sono l’unico Dio con quella particolare tonalità, perciò devo dedurre che non hai fatto ciò che pensavo con un altro, donna”.

Guardò la Guerra che, con il suo solito sguardo accigliato, lo minacciò di morte sibilando.

Era il loro modo di dimostrarsi il proprio amore.

Il Kaos prese il bambino per la collottola:“L’Equilibrio non può stare in casa mia”.

“C’è già un Dio dell’Equilibrio, compare Kaos…” si affrettò a dire il Tempo “...non cambierà nulla! Evidentemente questo è il futuro Dio dell'Equilibrio, destinato a prendere il posto all’attuale Signore dell’Ordine quando sarà giunto il momento. Quando cioè l’attuale Dio, che a te da tanto fastidio, sarà stanco o sarà ammesso tra gli Dèi Alti”.

 

Gli Alti erano considerati degli Dèi “consapevoli”. Dèi che avevano vissuto, lavorato e appreso regole e procedimenti dello spazio e dell’insieme di ogni cosa. Erano divinità che prendevano decisioni, grazie alla loro esperienza e saggezza, e le comunicavano ad altri Dèi che lavoravano svolgendo il proprio ruolo. Ma gli Alti al Kaos non erano mai stati in grado di comandare nulla, perché al di fuori dalle regole e da ogni schema, perciò non provava alcun timore nel sentirli nominare.

 

Il padre continuava a tenere il figlio come un gatto.

“Credi che mi piaccia l’idea?” domandò rivolto prima al Tempo e poi agli altri “Credete che mi piaccia, compagni Dèi, l’idea di avere un altro Equilibrio tra i piedi?! Certo che no. Spero sempre che il mio attuale opponente si stufi e se ne vada, in modo da darmi libero spazio e pieno potere. Cosa che non potrà mai avvenire se questo sgorbiciattolo prende il suo posto”.

Il Tempo intervenne: “Ma un giorno anche tu diventerai stanco, stufo, e sarai ammesso tra gli Alti”.

Il Kaos scoppiò a ridere. Una risata tetra che fece espandere il fumo e i ciuffi dei suoi capelli e rabbrividire la maggior parte degli Dèi nel salone.

“Scherzi, vero, Tempo? Io sono il Dio più anziano fra di voi. Sono il primo creato dalle divinità Supreme e ho visto numerosi Dèi che hanno svolto il loro compito e son stati ammessi tra gli Alti. Io non sarò tra questi. Sono destinato a sopravvivere e lavorare ancora a lungo, ben oltre tutti i presenti in questa sala! Non mi stancherò mai del mio lavoro, adoro fare casino e nessun Alto potrà mai dirmi che cosa fare”.

“Beh... allora... troviamo una soluzione!”

Vi furono varie proposte. A chi affidare il futuro Dio dell’Equilibrio? Come allontanarlo da un padre che, evidentemente, non apprezzava la sua presenza? C’è chi suggerì di portarlo all’attuale Dio che un giorno sarebbe stato sostituito dal piccolo neonato. Oppure, chiedendo agli Alti…

Ma il Kaos non ascoltava.

Tenendo il bambino con due dita guardava dalla finestra: “Guarda...” sussurrò “...guarda, figlio mio, quanti patetici, piccoli, insulsi mortali. Guarda quanti ce ne sono sparsi per i Mondi. La loro vita è solo un soffio per noi. Le loro preghiere rimbombano ogni notte e in ogni attimo nella nostra testa, ma per la maggior parte di noi è così facile ignorarle! Vuoi tu andare da loro? Vuoi strisciare e attendere la morte guardando in alto in attesa di un segno che io non manderò se non con distruzione e dolore? Vuoi tu…” ma non finì la frase.

Una voce all’improvviso irruppe dal centro della stanza.

“Che intendi fare, Kaos?”.

Lei: il Destino! Colei con il potere decisionale su praticamente ogni cosa, in contatto diretto con gli Alti, puntava ora il dito contro l’unico Dio che mai era riuscita a piegare.

“Che intendi fare, Kaos? Non puoi agire come credi!”.

 Il Kaos si voltò: “Che vuoi da me, donna?” sbottò “Intanto non sei molto portata a fare la Dea del Destino, se mi chiedi che intendo fare. E poi, lo sai, mai mi hai comandato e mai lo farai, mia cara! Vuoi dirmi che gli Dei Alti non vogliono? Non mi interessa. Anzi: me ne frego!! ME NE FOTTO!!” urlò pieno di rabbia l'ultima frase, esprimendo tutto il suo odio nei confronti di chi osava dargli ordini.

La Dea del Destino non si mosse

“Ci sarà sempre qualcuno al di sopra di te. Ricordatelo, Kaos. Sempre!” mormorò poi.

Ma il Dio Caotico continuava a guardarla con l’aria di chi non ammette in nessun modo di essere fermato o contraddetto.

Qualcuno al di sopra di te?! Chi può essere al di sopra di me? Pensò il Dio padrone di casa.

Gli Dei supremi, che mi hanno creato… continuò a ripetersi nella testa …che però fin ora non hanno mai interferito in nessun modo, e quindi che mi interessa  se sono “al di sopra”!? Di sicuro non sei tu, Destino, a poterti considerare al di sopra di me, Kaos e disordine primordiale!

La Dea del Destino, con una piccola sfera nella mano sinistra, allungò di nuovo il dito e, puntando il bambino, disse: “Lui tornerà. Appena comincerà ad avere di nuovo consapevolezza del suo stato divino, tornerà. Non puoi impedirlo, Kaos”.

“Ma certo che posso!” affermò il Dio, con un largo sorriso inquietante che si apriva sul volto di nebbia.

E lanciò il bambino di sotto, verso uno di quei pianeti lontani ed a malapena visibili nel cielo. Lo scagliò lontano e nessun Dio si mosse perché il timore del Kaos, della sua ira ed irrazionalità, era più forte di ogni pietà.

Il piccolo Dio cadde come una stella, lasciando una lunga scia di luce dietro di sé, ma non emise un solo gemito. Forse pianse una lacrima da quei bellissimi occhi azzurri, ma dalla neonata bocca non un uscì un solo suono.

E quella notte, lentamente, anche la scia della sua luce sparì alla vista della Città degli Dèi.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: SagaFrirry