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Autore: teotode    05/08/2015    2 recensioni
Quattro corpi vagavano con la sola luce di una piccola lanterna per un sentiero tortuoso e pieno di buche nel bel mezzo della notte. La luce giallastra della candela nella lanterna proiettava giochi di luce sui corpi dei quattro viandanti. Chi saranno mai quei ragazzi? Come mai si dirigeranno proprio a Moga?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quattro corpi vagavano con la sola luce di una piccola lanterna per un sentiero tortuoso e pieno di buche nel bel mezzo della notte. La luce giallastra della candela nella lanterna proiettava giochi di luce sui corpi dei quattro viandanti. Chi saranno mai quei ragazzi?
-Ma quando arriviamo?- borbottò una voce stridula femminile.
-Mancherà poco, oramai.- le rispose cordialmente il ragazzo più robusto.
-Sì, ma è da tutto il giorno che vaghiamo e non siamo ancora arrivati! E per di più siamo coperti di ferite e graffi! Dannate bestie notturne. Ci hanno fatto rallentare loro, ne sono sicura! Se avessi avuto anche solo un bastone le avrei malmenate per bene!- ribatté lei.
-Andiamo ragazzi, finiamola di litigare, è già quasi l’alba. Guardate che meraviglia il sole con quella sfumatura pallida! Buongiorno sole!- la voce calda del ragazzo più alto calmò le acque. I viandanti spensero la loro lucerna, perché col sole sorto si vedeva già molto bene. Ora che la luce irradiava ogni singolo essere vivente su quella terra, le quattro figure iniziarono a prendere forma. Erano due ragazzi e due ragazze. Il più alto dei quattro si chiamava Teo, ma gli amici preferivano chiamarlo Tode. Aveva capelli castani, del color delle querce; occhi espressivi e del medesimo colore con punte di verde opaco vicino alla pupilla. Il ragazzo era quasi sempre sorridente e di un carattere solare e anche altruista. Dopo l’attacco notturno i suoi vestiti erano ridotti a brandelli, come quelli degli altri quattro. I pantaloni, di un tessuto leggero color nocciola, lunghi erano stati squarciati in più punti e si intravedevano le gambe abbronzate sotto. Di quello che prima doveva essere una camicia aperta color verde smeraldo, non ne rimaneva che qualche brandello, o meglio rimanevano lembi di tessuto sulla spalla destra che finivano in una manica; la parte dietro che gli faceva da mantello e l’inizio della manica del sinistro, ma solo l’inizio. Tutto il petto e il busto erano scoperti e s’intravedevano leggeri accenni di pettorali ed addominali e poi la V abbastanza marcata sulla vita. La sua carnagione era abbronzata, ma su un colore beige chiaro. Tutto il torace era coperto di graffi scarlatti ormai già cicatrizzati ed era a tratti coperto da sangue. Accanto a lui, la ragazza bassa con la voce stridula guardava il panorama con occhi vuoti, guardava ma in realtà non vedeva per la stanchezza. I capelli castani scuri le ricadevano selvaggi su una spalla. In alto una ciocca era distaccata dalle altre e le formava una piccola treccia, fermata con un fermaglio ricavato da pelle e artigli di Wyvern. Il viso era contorto in un’espressione di estrema stanchezza e gli scuri occhi stanchi erano spalancati, ma vuoti all’interno come se fosse cieca. Emma era il suo nome. Era una ragazza lunatica e fantasiosa e molto, ma molto permalosa. Nonostante cioè era quasi sempre piacevole stare in sua compagnia. Portava quello che avrebbe dovuto essere un vestitino bianco sorretto da due spalline sottili sulle spalle. Ricadeva modellando il suo corpo fino a poco sotto la vita, allargandosi leggermente con una balza e finendo con un pizzo ricamato. Sotto al vestito portava shorts che finivano leggermente più in basso del vestito di un color panna. Il vestito era stato lacerato in più punti: una spallina si era strappata e pendeva come le antenne di un insetto verso il basso e ad ogni passo dondolava; una grossa porzione del vestito era stato strappato da artigli. Era stato tranciato da sotto il seno, passando poi in obliquo e arrivando alla gonna. La gonna rimanente partiva dal davanti sulla destra e finiva sul fondoschiena sinistro. A causa del brusco taglio le si vedeva la pelle della fine del busto. Era di un colore pallido, quasi candido. Emma si appoggiava a una figura femminile sulla sua destra. Quest’ultima era più alta di lei. I suoi capelli lisci color nocciola volteggiavano liberi alla sottile brezza del mare sulla sua sinistra. La sua silhouette magra e slanciata a volte veniva derisa per l’eccessività del primo aggettivo. Quella ragazza si chiamava Elisa, una ragazza simpatica, a volte lunatica e dal carattere abbastanza solare, ma non come Teo. Nonostante la fatica, i suoi occhi erano ancora pimpanti ed era eccitatissima per quel panorama mozzafiato. Elisa era l’unica dei quattro a non essere stata ferita e colpita dalle belva notturne. I suoi abiti erano ancora intatti, ma ancora bagnati a causa della caduta nel lago, che fece per salvarsi. Portava una maglietta bianca semplice, sovrastata da una giacca nera con le maniche leggermente risvoltate verso l’alto. Indossava dei pantaloni tipo jeans scuri che sottolineavano le sue gambe. L’ultimo dei quattro era Ale ed era leggermente più indietro degli altri. Era stato ferito ad una gamba e si aiutava a camminare con un bastone. Quel che poteva sembrare un goffo personaggio non lo era. Ale era di carattere dolce e molto sensibile, a volte anche un po’ chiuso e timido, non sempre sicuro di sé stesso o degli altri. Ale era un ottimo amico con cui confidarsi. Se non il migliore forse. I suoi capelli scuri e ricci ricadevano selvaggi sulla testa e alcuni più ribelli erano in piedi. Contrariamente ai suoi capelli, i suoi occhi erano verdi smeraldo, quasi da gatto. Erano occhi profondi che sembrava ti guardassero con atteggiamento da sfida. Il suo corpo era più robusto di tutti gli altri. Della sua maglia non rimaneva più niente, difatti era a torso scoperto e i pantaloni militari lunghi erano stati squarciati da un lato e perciò su una gamba ricadevano abbondanti e lunghi; sull’altra stretti e corti al ginocchio. Il viso di Ale era contorto in un’espressione di sofferenza estrema, ma gli occhi erano vigili, come quelli di un felino, pronti a captare il minimo cambiamento nel paesaggio. Furono proprio quegli occhi felini che intravidero nella lontananza un villaggio. Un villaggio rustico, portuale, fatto di palafitte, poche case e tutto interamente di legno. Era la loro destinazione: Il villaggio di Moga.
-Guardate là!- disse Ale stupito.
-Vedo un villaggio, ma sicuramente sarà un miraggio della stanchezza- farfugliò velocemente Emma.
-Ma no, è vero, quella è la nostra destinazione! E’ Moga!- urlò lui euforico. A quella parola, Tode ed Eli si drizzarono e si pulirono le orecchie, quasi increduli di quello che avevano sentito.
-E’ proprio Moga, ma non è come lo descrivevano!- disse Teo pensieroso , ma felice.
-Beh, l’aspetto non conta e poi non dimentichiamo il perché del nostro viaggio qui.- disse Emma.
-Giusto! Appena arrivati dobbiamo parlarne al Capovillaggio!- disse Eli euforica.
-No, Eli, appena arriviamo chiediamo un letto e ci facciamo una dormita! Poi ci alziamo, mangiamo qualcosa e se rimane tempo andiamo dal Capovillaggio!- disse Teo con fare giocoso.
-No, Zuccone! Dobbiamo parlare subito col Capovillaggio!- disse Emma tirando una piccola sberla sulla testa a Teo.
-Già, ma siamo stanchi e affamati. Se ci dessero un letto anche io ne sarei grato!- disse Ale sforzandosi più che mai di andare avanti.
-Non riesco più a trattenermi! Corriamo!- urlò Teo sentendosi così pieno di energia. Tutti e quattro gli avventurieri corsero giù per il sentiero in discesa per i trecento metri in linea d’aria che li distanziavano da Moga. Teo arrivò per primo e spaventò tutti gli abitanti che stavano dormendo. Gli abitanti sembravano venire da un’altra epoca. Portavano indumenti leggeri che a volte scoprivano i loro corpi abbronzatissimi e i loro capelli erano pieni di treccine e code. Essi si radunarono in cerchio intorno ai quattro viandanti, guardandoli con occhi sbigottiti, come se quei ragazzi arrivassero da un altro pianeta. E in effetti era così. I quattro venivano dalla grande capitale di quella terra, dove cultura e scienza risonavano all’unisono. Poco tempo dopo arrivò il Capovillaggio. I ragazzi stanchi e feriti scrutarono quell’omino bizzarro, molto basso e ricurvo, con carnagione abbronzatissima, quasi mulatta, capelli brizzolati, lunghi, raccolti in treccine; pipa alla bocca e vestito di stracci. Come poteva essere il Capovillaggio, quell’omino che a stento si reggeva in piedi.
-Buongiorno, siamo avventurieri venuti da est. Siamo stanchi e affaticati, per favore, ci potreste offrire una branda per riposarci qualche ora?- chiese Teo con quella gentilezza che soltanto lui sapeva avere.
-Certo, noi non rifiutiamo mai di dare dell’aiuto a dei viaggiatori, prego seguitemi.- disse un ragazzo alto, muscoloso, capelli castani raccolti in treccine fini. Era il figlio del Capovillaggio, Junior. Li scortò fino a una stanzetta con pavimento di assi di legno, così come anche le pareti. L’arredamento era spoglio, c’era solo un grosso letto matrimoniale polveroso e duro e un enorme baule. Ci disse che potevamo restare tutto il tempo che volevamo e se avessimo dovuto aver bisogno di cibo o altro di chiedere al Felyne.
-Mi scusi, Junior, ma cosa sono i Felyne?- chiese Ale.
-Nyaaa…. Io sono un Felyne. Mi chiamo Nya.- disse una voce felina da sotto il letto. Sbucò fuori una testa da gatto che uscì piano piano dal letto. Era una creatura mai vista. Aveva la postura di un uomo, ma di fatto era un gatto! Aveva il pelo striato marrone e grigio e dei bellissimi occhi verdi smeraldo, più intensi di quelli di Ale, ma molto gentili. Gli occhi erano socchiusi e il muso spalancato in un grande sorriso. Doveva essere molto amichevole. Ma molto bizzarro! Infatti indossava un paio di pantaloncini ricavati da stracci verdi prato.
-Nya… se avete bisogno di cibo chiamiate e ve lo porterò! Per tutti i felini, mia siete feriti! Acciderbolinya, vi porto subito delle miedicazioni! Nya!- ci disse in tono cordiale e poi scappò fuori dalla stanza.
-Ehi, ma Nya parla la nostra lingua? Perché ogni tanto non capisco delle parole!- chiese agli altri tre, confusa, Elisa.
-Sì, ma non perfettamente. Si sente ogni tanto il suo accento felino!- disse Teo.
-Accento…. Felino?- chiese Emma sbigottita. –Vuoi dire quando aggiunge Nya o Miao nelle parole?
-Sì, Sherlock!- disse Teo soffocando una risatina. In quell’attimo arrivò Nya che li medicò le ferite e portò loro un po’ di pesce…. Certo che il pesce alla mattina era un po’……vomitevole. I ragazzi ne mangiarono a sazietà senza fare capricci e poi si adagiarono tutti e quattro nel letto. Si misero per orizzontale e uno dopo l’altro. Prima Teo, poi Emma, poi Elisa e infine Ale.
Dormirono così beatamente che Nya non osò svegliarli. Dormirono fino al primo pomeriggio quando effettivamente Ale aprì gli occhi. Era confuso. Si era ritrovato coi piedi di Teo in faccia. Emma era caduta dal letto ed Elisa dormiva rannicchiata come un bebè. Teo invece aveva allargato braccia e gambe e aveva occupato tutto lo spazio del letto. Nya aiutò Ale a svegliare gli altri tre. Quando si svegliarono del tutto, una volta scesi dal letto, si misero in cerchio in mezzo alla stanza. Misero tutti le mani al centro e….
-Uno….
-Due….
-Tre…..
-CACCIA APERTA!- urlarono tutti e quattro in coro mentre Nya li guardava con gli occhi fuori dalle orbite…


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Buongiorno a tutti.
Eccomi sulla nuova storia!
Spero che piaccia e anche che non ci metta troppo ad aggiornare.
Su Monster Hunter non sono espertissimo, ma ho ripreso in mano la cartuccia di Monster Hunter Tri Ultimate e sono pronto a rigiocare.
Penso che sia davvero un gioco che merita e giocando mi è venuta in mente l'idea della storia,
Fatemi sapere che ne pensate
Ciao!

teotode
   
 
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