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Autore: Ninfea Blu    27/01/2009    18 recensioni
"...sei un po' egoista, vivi solo per te stessa..." E' la prima volta che scrivo in questa sezione... forse sarà anche l'ultima, ma ho sentito l'esigenza di buttar fuori qualcosa che forse stava macerando in me. L'argomento "delicato" è molto personale e "autobiografico". Forse non interesserà a nessuno e se lo leggete, prendetelo per quello che è: solo uno sfogo.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A volte mi sento così…

Non è una bella sensazione; può essere cupa come la solitudine.

C’è un momento in cui ti senti sbagliata, anche se sai che non lo sei più di altri.

Io so di essere coerente. Sono sicura di questo.

Neppure un’amica mi capisce. Non comprende e neppure ci prova.

Ma forse non è neppure colpa sua.

Si limita a dire: sei un po’ egoista, vivi solo per te stessa.

Il suo giudizio lapidario è inconfutabile.

Non pretendo di essere capita; il mio “sentire” è troppo personale, troppo intimo.

È solo mio.

In base alla mia esperienza, poche persone potrebbero comprendere.

Ma perché devo subire un giudizio gratuito?

Chissà perché gli altri credono sempre di sapere più di te quello che vuoi.

Chissà perché alcuni sono così pronti a giudicare la tua scelta sbagliata.

Che ne sanno, loro?

La mia amica parla con leggerezza, mi ferisce, eppure mi chiedo se ha ragione.

Lei ha il suo limite. Forse questo è il mio.

E lei per cosa vive?

Per cosa soffre? È sempre la solitudine che atterrisce l’anima.

Forse è la solitudine che ci fa muovere.

È di quella che abbiamo paura.

 

È normale, lo fanno tutti, dice.

Lei prende per normale e scontato uno dei più grandi misteri della vita: la nascita.

Ne prendo atto e resto ferma sulla mia posizione; forse io non lo sono normale.

Sono anormale perché non sento quello che sentono le altre donne.

E nessuno si chiede mai cosa sia la normalità.

Anche tu, cara “sorella” che hai una sensibilità profonda, con te sola mi confronto, eppure ti stupisci e lo trovi ingiusto, innaturale.

Non vedi un senso.

Forse non devi vederlo. Forse non è per te.

Me lo hai insegnato tu, con la tua atroce sofferenza.

Mia madre mi comprende meglio, perché in questo sono simile a lei.

Però mi mette in guardia: “Così resti sola.”

Neppure questa mi sembra una buona ragione.

Non si è soli, forse tutta la vita?

Soli con se stessi, se gli altri non ci capiscono? Se ci pretendono diversi?

Lei è sola adesso. Lo è stata tutta la vita.

I figli che lei non voleva, ma ha amato e la amano, sono andati via.

Io non sarei migliore, ne peggiore, forse.

 

Non desidero ciò che una donna vorrebbe.

Ciò che vogliono molte donne. Io non sono “molte donne”.

È un esigenza che non ho avvertito. Mai, nemmeno in passato.

Non dico che non possa succedere.

E mi viene da ridere, quando qualcuno crede di intuire che non posso averne.

Perché tutti pensano di avere le risposte.

Lo hai soffocato, mi hanno detto.

Io penso; se ci fosse, anche soffocato, non troverebbe la strada per emergere alla superficie del mio cuore?

I desideri trovano sempre il modo di manifestarsi.

Non si può reprimere qualcosa che non esiste.

Ma perché dovrebbe essere egoismo il mio più del loro?

Loro che agirebbero senza pensare alla responsabilità che comporta un bambino.

Loro che li abbandonano, li usano, li dimenticano.

Senza desiderare veramente, senza scegliere.

Senza pensare a quello che dovrà affrontare nella vita, avendo davanti questo futuro incerto, con la prospettiva di un mondo senza più valori, che ingoia se stesso sempre più velocemente.

 

Io non ho alcun desiderio di diventare madre. Io non voglio averi figli.

Non mi sento infelice, non soffro di questa mancanza.

È vero, lo sento. Sembrano parole contraddittorie.

Si può “sentire” qualcosa che non si vuole?

Oppure non si sente ciò che non esiste nell’anima?

È così difficile da capire, da accettare?

 

Una donna senza figli è incompleta.

Solo un commento… non era detto con cattiveria, ma certe convinzioni sono sorprendenti.

Eppure so che per qualcuno sono vere.

Un figlio a cui ho dato la vita sarebbe solo mio…  mi ha detto una cara amica stringendosi le braccia al seno, in un gesto materno.

Ho sempre pensato che i figli non appartengono a chi li genera…

Ma sei stata creata per questo, mi dicono.

Non hai un progetto… come se un figlio fosse qualcosa che puoi plasmare come argilla, dargli la forma a tuo piacimento.

Perché un genitore possa sentirsi un dio nei suoi confronti.

Come se un figlio non fosse un individuo a sé, che può diventare un estraneo.

So bene di cosa parlo, ma in pochi mi crederebbero.

E se io lo avessi un progetto? E fosse diverso?

Se la mia vita fosse piena, comunque?

Non usi il tuo utero. E tu non usi il cervello, vorrei rispondere.

Non è più grave forse?

Tu che partorisci figli di cui poi non ti curi.

Ma non tocca a me giudicare, non posso e non devo.

 

Non voglio.

 

Un dubbio, se l’ho avuto, è stato solo verso te, amico, compagno del mio percorso di vita, anima che mi sei accanto e cammini al mio fianco.

Un dubbio che si scioglie, quando comprendo che esiste una ragione che forse non conosco, se il destino ti ha messo sulla mia strada e io mi sono trovata sulla tua.

Io so con certezza di avere tanto.

 

 

Fine

   
 
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