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Autore: Raymox    06/08/2015    1 recensioni
Anche se non lo si crede possibile, la morte vaga tra tutti noi e colpisce chi più le aggrada. Non è possibile prevedere chi morirà, sappiamo solo che il nostro destino è già segnato.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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27 Luglio 2013, 5;15 p.m.

Il suono della campana si espanse per tutta Chester's Mill. Solo in quel giorno e solo in quell'ora dal campanile si udivano quattro rintocchi ad intervalli di cinque secondi. Era il modo degli abitanti per ricordare il sindaco della città Dale Jonhson trovato morto nel suo appartamento per circostanze misteriose un anno prima. Era amato e acclamato da tutti i cittadini e conduceva una vita serena anche se solitaria. Accanto al suo corpo si ritrovò solo un biglietto contenente poche parole che rimasero impresse nella mente di tutti gli abitanti del luogo. Queste recitavano: “Amo troppo la mia vita per lasciarla andare”.

 

Un cervo brucava tranquillamente l'erba sul ciglio della 119, la strada che arrivava alla cittadina. Era un cervo molto alto e cicciottello ( sarà pesato più di 100 chili) ed era impegnato a mangiare i gigli di una pianta a ridosso del guardrail. Dopo qualche minuto, quando che il cibo fu finito, tirò su la testa e si mise a scrutare il bosco davanti al lui pensando ( per quanto un cervo possa pensare) dove trovare altro cibo. Guardò anche la strada di fronte a sé poiché gli umani di solito lasciavano scarti di merendine o altro per terra. Non ebbe fortuna, la strada era solo piena di giornali e bottigliette d'acqua vuote. Quando stava per tornare indietro ed immergersi nel bosco vide sull'altro lato della strada una pianta piena di gigli che aveva l'aspetto invitante. Senza pensarci troppo scavalcò il guardrail, si tuffò nella strada e si diresse verso ciò che sarebbe diventato il suo pasto. “Mi farò una bella abbuffata” pensò l'animale prima di udire un suono arrivare da lontano.

La campana suonò il suo primo rintocco. Il cervo si distrasse dai gigli e si girò verso il campanile della cittadina. Era una cosa meravigliosa che mai aveva udito in vita sua e lo faceva distrarre da tutto il resto. “Che bellissimo suo...” non fece in tempo a finire che si ritrovò spappolato sul parabrezza di un'auto. “Cos'è stato?” fu l'ultimo pensiero dell'animale prima di morire fatto a pezzi.

 

Il SUV percorreva ad alta velocità la 119 in direzione di Chester's Mill. I passeggeri a bordo erano una coppia da poco sposata che si stava trasferendo nella sua nuova casa. Dopo la loro Luna di miele in Florida avevano trovato un appartamento in questa piccola cittadina di campagna e tutti e due erano molto emozionati all'idea di andare a vivere da soli. La signorina si chiamava Bridgette, giovane ed affascinante con i capelli lunghi e biondi con gli occhi azzurri, ed il marito di nome Geoff, alto e muscoloso dai capelli biondi come la moglie e occhi azzurri e portava sempre un cappello da cowboy.

- Bridgette, che ne dici se avessimo un bambino?- ruppe il silenzio il biondo.

- E dove lo mettiamo?- chiese guardandolo lei perplessa.

Lui rimaneva concentrato sulla strada – Beh, pensavo che la camera accanto alla nostra poteva diventare la sua cameretta- propose.

La ragazza analizzò le immagini della casa che per ora aveva visto solo in una visita guidata e su Internet – È una bellissima idea- rispose sorridendogli. Geoff ricambiò con un piccolo sorriso.

Finalmente superarono il cartello che diceva : “ Benvenuti a Chester's Mill” da dove si udiva il suono del campanile.

- Che suono celestiale.- commentò Bridgette ascoltando il primo rintocco.

Geoff si distrasse dalla guida e gli mise un braccio intorno alle spalle e prima di baciarla gli sussurrò – Mai quanto te.-

Fu un bacio lungo ed appassionante che durò qualche secondo. Appena fu finito sentirono un botto davanti alla macchina. Bridgette lanciò un urlo di spavento alla vista ci ciò che stava sul parabrezza. Un cervo si era schiantato contro la macchina spaccandogli il vetro e sembrava morto sul colpo.

Geoff sterzò bruscamente ed avendo davanti la carcassa non vide che andò a sbattere contro il distributore di un benzinaio. Mentre l'auto era in viaggio gli airbag erano attivi, ma non funzionarono a dovere: quello dell'uomo non si aprì per niente e la sua testa andò a sbattere contro il volante fratturandogli il cranio facendolo morire. Quello della compagna si apri solo in parte facendola rimanere in vita anche se in uno stato di confusione e con un taglio sulla fronte.

Bridgette tirò su la testa immediatamente, guardò per un attimo il marito con una riga di sangue che gli scorreva lungo la tempia e scese di scatto dal veicolo. Fece un passo in direzione della strada aiutata dall'adrenalina causata dall'incidente, ma si accasciò subito per terra con la schiena addosso alla macchina. Scoppiò in un pianto di dolore e di tristezza riscaldata dal sole pomeridiano che faceva scottare l'asfalto sotto di sé.

Tra un singhiozzo e l'altro guardò davanti alla vettura e vide una pozza di benzina che si allargava sempre più raggiungendo il diametro di un metro. Il suo primo pensiero fu “ Cavolo, devo andarmene” e si tirò su anche se con uno sforzo enorme. Fece per fare un passo, ma si ritrovò circondata dalle fiamme in un'esplosione che a lei sembrò gigantesca.

Una piccola scintilla diede vita ud una fiammata che si espanse per tutta l'area circostante divorando la ragazza che si dimenò sentendosi bruciare viva e in un paio di minuti non rimase altro che carne cotta. L'ultimo dei quattro rintocchi riecheggiò per tutta Chester's Mill.

 

Era come ogni giorno al buio e preparava come al solito la sua siringa di eroina. Ultimamente Gwen continuava ad assumerne sempre di più facendo fare allo spacciatore della zona dei veri e propri affari.

Aveva chiuso tutte le serrande e porte per rimanere completamente isolata dal resto del mondo ed anche se era strano le piaceva. Alcune volte faceva fatica a trovare un po' di tempo per sé con il lavoro tra i piedi ed era rilassante tornare a casa e rimanere sola con se stessa.

Preparava la sua dose appoggiata sul tavolino con mille pensieri che le frugavano per la testa. Rifletteva spesso su quanto la sua vita stesse cadendo in basso e su quanto non gli piacesse. Non voleva vivere così. Ma dopotutto lei l'aveva costruita in quel modo ed il fatto di non poter cambiarla suscitava in sé molta rabbia e tristezza. Era arrabbiata con se stessa a tal punto che avrebbe voluto urlare e spaccare ogni cosa nella sua camera. Non lo fece. Pensò invece a quando era piccola e sognava che da grande sarebbe diventata un medico e una giornalista. Ora si rivedeva senza un soldo, con un lavoro che le permetteva di sopravvivere a malapena e drogata. Non era questo che voleva.

“ Devo distrarmi” pensò scuotendo la testa ed aggiunse più volume al liquido biancastro.

Quando fu pronto, versò l'eroina dentro la siringa riempiendola fino all'orlo e la richiuse. Barcollò fino al letto e si mise seduta appoggiata con la schiena sul muro fissando l'arnese che teneva saldamente in mano.

Rimase per un po' ferma, immobile come una statua per poi alzare lo sguardo verso l'alto a fissare il soffitto. Lentamente mise l'indice e il medio della mano destra dentro gli anelli di metallo in cima alla siringa. Con estrema cautela si avvicinò con la punta di ferro alla sua vena del braccio sinistro. Era quasi spaventata e si sentiva molto agitata nonostante l'avesse già fatto molte altre volte.

Riportò nuovamente la testa a guardare verso il soffitto, chiuse gli occhi e fece un profondo respiro prima di infilare la punta dentro di lei. Ebbe un piccolo sussulto quando si bucò il braccio che però si calmò subito.

Si fece forza e cominciò a spingere. Sentiva il liquido entrargli dentro ed ebbe una sensazione piacevole un primo momento che si tramutò in dolore. Quando giunse alla fine del contenuto si staccò via la siringa dalla vena.

Riaprì gli occhi a fissare l'oggetto ormai vuoto che teneva in mano. In quel momento sentì una forte fitta alla testa che continuò a martellargli il cervello anche dopo qualche minuto. Si alzò dal letto in preda al dolore portandosi le mani alla testa che sentiva pulsare velocemente. Provò a muovere un passo in direzione della porta, ma non ci riuscì poiché il mal di testa era talmente forte da non permetterle di muoversi come avrebbe voluto.

Barcollò per la stanza senza riuscire a mettere un passo dopo l'altro fino a quando non si ritrovò addosso alla finestra appoggiata con la spalla destra sul vetro. Sentì un rintocco della campana arrivare da lontano. Poco dopo dalla finestra, mentre stringeva i denti dalla fitta, vide in lontananza un' esplosione che formava un piccolo fungo atomico. In un attimo di lucidità pensò “ Quello è il benzinaio, Cody” poi si strinse ancora di più le mani sulle tempie e non si curò di quello che avvenne fuori.

Si rigirò verso la stanza quasi comprimendosi la testa lanciando un gemito di dolore. Ad un tratto smise di agitarsi, gli occhi spenti. La braccia caddero lungo i fianchi senza più forze.

Le gambe cedettero ed il corpo cadde sul pavimento pesantemente a pancia in giù provocando un botto a terra.

Per l'ultima volta, con il viso rinfrescato dal freddo del pavimento, Gwen sorrise. Non aveva avuto ciò che voleva, dunque perché continuare a vivere?

L'ultimo rintocco risuonò nell'aria arrivando alle sue orecchie. “ Un bellissimo suono con cui morire” pensò Gwen prima di chiudere gli occhi per sempre.

 

Duncan guardò l'orologio sul suo polso dicendo tra sé – Le 5:10-. Era davanti alla casa di quella puttana di Courtney sul lato opposto della strada e scrutava l'abitazione appoggiato ad un albero. Lei era la stessa troia che gli aveva rovinato gli anni del liceo lasciandolo per mettersi con un rosso del cazzo di nome Scott. Ora dopo tanti anni da quando avevano rotto, lei si era sposata e viveva con quello sfigato, ma a Duncan le cicatrici non si erano rimarginate. Il punk portava sempre un marsupio alla vita e quel giorno dentro, oltre al cellulare e oggetti vari, vi era anche un coltello da cucina. Gliel' avrebbe fatta pagare, una volta e per sempre.

Attraversò velocemente la strada che lo divideva dall'edificio e fortunatamente per lui non vide nessuno nei dintorni: sarebbe stata una cosa veloce, senza testimoni.

Salì le scalette davanti alla porta e aprì il marsupio tirandone fuori un cacciavite il suo coltellino svizzero con i quali scassinò la porta. Si guardò un' ultima volta intorno per essere sicuro di non essere stato visto ed entrò nella casa senza fare rumore.

Alla sua sinistra sentiva la TV accesa e vide, attraverso la porta aperta che dava sul salotto, Scott che la guardava dando le spalle a Duncan ignaro di tutto.

Davanti a lui c'erano le scale che portavano al piano superiore da dove si sentivano dei rumori di passi e il ragazzo pensò che fosse Courtney.

Alla sua destra aveva la sala da pranzo con un grande tavolo al centro e sopra un vaso di fiori come centrotavola.

La sua attenzione però ora era rivolta verso il rosso e lentamente aprì il marsupio e ne tirò fuori il coltello. Si avvicinò piano piano alla sua preda senza fare rumore, mentre sentiva il cuore battergli forte come se volesse uscire fuori. Non aveva mai ucciso un uomo anche se ne aveva picchiati tanti da giovane, ma quello era diverso. Si concentrò solo sul rosso scacciando via dalla mente qualsiasi altro pensiero. “ Infondo se lo meritano” si diceva.

Quando gli fu abbastanza vicino gli mise una mano sugli occhi avvicinandosi sempre di più alla sua testa.

Scott si prese un piccolo spavento, ma si calmò subito e con un sorriso chiese – Courtney? - convinto che fosse lei. A quel punto Duncan gli si avvicinò con la bocca al suo orecchio portandogli il coltello a sfiorargli la gola e sussurrò – Sbagliato-.

Uno schizzo di rosso macchiò la televisione.

Il punk era di lato alla sua vittima che aveva la testa che gli penzolava all'indietro addosso al divano. Un brivido gli passò lungo la spina dorsale facendolo fremere ancora di più. Si sentì sollevato mentre udiva il primo dei quattro rintocchi della campana.

Sentì un rumore dietro di lui e si girò lentamente verso di lei. Courtney era paralizzata dal terrore e teneva lo sguardo fisso sul braccio del marito che penzolava dal divano, gocciolando sangue sul pavimento.

Con molta calma Duncan si avvicinò a lei ancora ferma appoggiata sul muro. A pochi centimetri dalla ragazza, la guardò negli occhi che continuavano ad essere immobili verso il corpo di Scott.

Le si avvicinò all'orecchio poggiandogli la lama di metallo nel centro del petto. Gli sentiva il cuore battere a mille e anche se era molto agitata non accennava a muoversi. Con un ghigno il ragazzo gli sussurrò nell'orecchio due parole che fecero fermare il respiro a Courtney: - Ciao, principessa.-

Poi spinse il coltello dentro di lei. Sentì le sue ossa rompersi davanti alla lama con dei piccoli scricchiolii secchi e vide il sangue cominciare a sgocciolare sulla sua maglietta. Lei sgranò gli occhi dopo che Duncan ebbe premuto i quali lentamente si spensero.

Lui tirò velocemente il coltello fuori dal cadavere che cadde al suolo privo di vita. Si rimise l'oggetto dentro la tasca del marsupio lanciando un ultimo sguardo alla ragazza con gli occhi ancora aperti e uscì senza che nessuno l'avesse visto.

L'ultimo rintocco dei quattro finalmente suonò.

 

 

Anche se non lo si crede possibile, la morte vaga tra tutti noi e colpisce chi più le aggrada. Non è possibile prevedere chi morirà, sappiamo solo che il nostro destino è già segnato.

 

Angolo autore

Salve a tutti!

Voglio innanzitutto chiedere scusa a tutti i rossi che stanno leggendo la storia per aver insultato Scott perché ha i capelli di quel colore. Il mio stesso migliore amico ha i capelli rossi quindi non mi faccio dei pregiudizi.

Vorrei solo ringraziarvi per aver letto la mia storia e vi sarei grato se mi lasciaste una piccola recensione. Grazie a tutti.

Ci si vede!

  
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