Disclaimer:
i
personaggi qui presentati e le situazioni a cui si fa riferimento
appartengono
alla creatività di Stan Lee e degli altri autori che
lavorano per la Marvel.
We're
coming close and even closer
We
bring it in but we go no further
We're
separate, two
ghosts in one mirror
No
nearer
I
come across you lost and broken
You're
coming to but you're slow in
waking
You
start to shake, you still haven't
spoken
What
happened?
~The
Fray, Say When
Aveva sempre avuto un debole per
il latte caldo. Da che si ricordava, ogni volta che
da bambino aveva avuto un incubo o aveva
fatto fatica ad addormentarsi, sua madre prendeva il pentolino dalla
credenza e
lo riempiva del latte fresco portato dal lattaio alla mattina. Lei lo
chiama
"la sua pozione magica" e giocava a fare finta che i granelli
zucchero fossero ali di pipistrello e la cannella occhi di rospo. Certe
volte
Steve aveva persino finto di non avere sonno solo per sentirla imitare
la voce
di una strega, mentre pronunciava parole magiche inventate e rimestava
il latte
con il cucchiaio di legno.
Molti dei suoi ricordi più belli
erano legati a quella bevanda e, per la maggior parte delle volte,
erano
associati alle persone che più aveva amato: sua madre che
glielo preparava dopo
cena, suo padre che tornava a casa tardi dal lavoro mentre lui lo
sorseggiava
seduto al tavolo della cucina, Bucky che lo beveva assieme a lui dopo
aver
giocato in strada con la neve il giorno di Natale. Lui però
lo preferiva senza
zucchero e con una spolverata di cacao.
Seduto al tavolo di una cucina
a lui nuova, Steve quella notte aveva sentito la
necessità di
prepararsene una tazza: da quando lui e Tasha (da quando aveva iniziato
a
riferirsi a lei con quel nomignolo?) avevano trovato il laboratorio
segreto
dell'Hydra, proprio nel campo militare presso cui era stato addestrato
nel '43, non aveva ancora avuto modo di metabolizzare
gli eventi
che nell'arco di così pochi giorni gli erano capitati tra
capo e collo,
sconvolgendo quella piccola quotidianità che era riuscito a
conquistare.
Era un turbinio di emozioni
contrastanti che l'adrenalina dell'azione aveva aiutato a reprimere, ma
che
ora, nel silenzio della casa di Sam Wilson, il porto sicuro che li
aveva
accolti senza battere ciglio, la tranquillità aveva preso il
sopravvento e con
essa anche quelle emozioni, con il risultato di togliergli il sonno.
Il Capitano soffiò sulla perlacea
superficie del liquido, soffermandosi ad osservare distrattamente le
increspature che si formavano, e ne bevve un sorso; non aveva trovato
la
cannella dietro alle varie antine del mobile (in verità non
aveva cercato
accuratamente: era pur sempre un ospite) e così aveva dovuto
accontentarsi del
solo latte e zucchero. Senza di essa non aveva il sapore a cui era
abituato.
Era dolce, come piaceva a lui, ma
mancava del tocco "magico" che la pozione doveva avere.
Quando Bucky l'aveva visto per la
prima volta mettere interi cucchiai di quella spezia, era rimasto
praticamente
allibito; se avesse potuto vederlo in quel momento avrebbe certamente
commentato quell'assenza con una delle sue solite battute sagaci.
Pensare che il suo migliore amico,
creduto morto tramorto
i freddi ghiacci
delle Alpi, avrebbe potuto effettivamente
vederlo gli fece stringere la bocca dello stomaco.
"Mi guarderebbe, forse"
pensò Steve "Ma non mi vedrebbe".
Emise un sospiro: non doveva
arrendersi. Non era nel suo stile.
Bucky era vivo ed era nel suo
stesso tempo, era quello l'importante. In qualche modo sarebbe riuscito
a farsi
riconoscere e l’assassino a sangue freddo sarebbe tornato ad
essere il ragazzo
di Brooklyn con cui era cresciuto, quello che lo spalleggiava nelle
risse (il
più delle volte tirandocelo fuori), che
procurava le ragazze con cui uscire il sabato sera e che l'aveva
aiutato a
sorreggere la bara della madre nel tragitto dalla cappella al cimitero.
Quel Bucky, il suo Bucky, sarebbe
tornato. L'Hydra avrebbe pagato per quello che gli aveva fatto. E anche
per la
morte di Fury.
Anche quello era stato un colpo
difficile da digerire, soprattutto per Nat (Nat? Seriamente?). Vederla
piangere, mentre sotto il neon delle luci dell'obitorio accarezzava la
fronte
fredda di Nick, lo aveva ferito più della morte stessa del
capo dello
S.H.I.E.L.D.
Fury era, come lui, un soldato e,
in quanto tale, conosceva i rischi del proprio mestiere e li accettava,
ma le
lacrime di Natasha erano state qualcosa a cui Steve non era preparato e
l'avevano colto di sorpresa come uno sparo nella notte.
Ma la Vedova Nera era per lui
fonte continua di sorpresa: da quella volta a New York, quando gli
aveva
chiesto di spingerla contro uno degli alieni che sorvolava la
città,
commentando con un vago "Sarà divertente", la rossa non
aveva smesso
per un momento di sorprenderlo.
La sua abilità, la sua
perspicacia, la freddezza e il distacco con cui valutava ogni
situazione... nel
bene e nel male, Natasha Romanoff era un perenne mistero agli occhi del
patriottico Capitano e anche nella sua spontaneità, nel
momento in cui la sua
maschera da spia si infrangeva davanti ad un amico caduto, ella aveva
il potere
di spiazzarlo.
Un po' alla volta, però, Steve
stava imparando a conoscerla e aveva capito che, in qualche rara
occasione,
quella donna rigida e calcolatrice lasciava scivolare la sua maschera
quel
tanto da permettere di leggerle gli occhi.
O, meglio, di interpretarli.
Quegli occhi color del mare,
dotati della capacità di oltrepassare persino il vibranio
del suo scudo,
facendolo sentire nudo e inerme, talvolta concedevano a qualcuno
abbastanza
paziente e attento di scorgere quello che si nascondeva dietro di essi.
Per un attimo la sua mente elaborò
l'immagine di lui nudo davanti a Natasha e il sangue gli
salì immediatamente al
volto.
Si impose di concentrarsi
sull'orribile bajour rossa contornata di pizzo che svettava da una
mensola del
salotto (forse un regalo di una vecchia zia?) ma il sangue non era
salito solo
al volto e il Capitano trovò quell'operazione estremamente
complicata.
Non era la prima volta che
fantasticava sull'agente dalla chioma di fiamma, ma erano sempre
fantasie molto
caste e pacate, come guardare assieme un film abbracciati sul divano o
prepararle la colazione la mattina del suo compleanno e portargliela in
stanza
con un biglietto di auguri sotto il bicchiere della spremuta (ora che
ci
pensava, non aveva nemmeno idea di quando cadesse il suo compleanno).
Gli piaceva concedersi ogni tanto
il lusso di immaginarsi in sua compagnia, chiedersi quale marca di
birra
preferiva o su che lato le piacesse dormire, ma quando gli capitava di
volgere
i suoi pensieri verso la sfera più "intima" sprofondava nel
viscoso
pantano del senso di colpa e passava le ore a rimproverarsi per esserci
cascato,
di nuovo.
Da quello che aveva compreso
durante i fatti di New York, Natasha aveva già un affair con
Barton e la
collana con il ciondolo a forma di freccia che indossava ne era una
prova
lampante.
Steve aveva l'orgoglio di
ritenersi un uomo onesto e leale e mai in vita sua si sarebbe permesso
di
corteggiare una donna impegnata, soprattutto se entrambe le parti erano
all'interno di un gruppo di "lavoro": come leader degli Avengers
aveva il dovere di mantenere l'unità e l'equilibrio tra i
suoi membri e
"provarci" con la donna di uno di essi non era esattamente di aiuto
in tal senso.
Certo, non era facile: più volte
lo S.H.I.E.L.D. aveva richiesto la loro presenza durante le missioni più delicate e Steve si era
ritrovato a lavorare fianco a
fianco proprio con colei che riteneva sarebbe stato meglio evitare, ma,
come
prima, l'adrenalina e la totale concentrazione sull'obiettivo della
missione
erano d'aiuto a dimenticare i propri sentimenti.
Natasha, dal canto suo, non lo
aiutava affatto. Passasse pure la tuta aderentissima di lattex che era
solita
indossare in servizio (non poteva certo aspettarsi che combattesse in
abiti da
palestra, anche se sarebbe stata bellissima pure con quelli), ma
baciarlo di
sorpresa sulle scale mobili era stato davvero troppo!
Non si era accorto della presenza
dell'agente infiltrato dell'Hydra finché Tasha non si era
voltata e,
puntandogli contro i suoi grandi occhi blu, gli aveva domandato: -Le
manifestazioni di affetto in pubblico mettono a disagio le persone?
Il suo cervello non aveva nemmeno
fatto in tempo ad elaborare la risposta che già le dita
sottili della russa lo
avevano afferrato per le mascelle e le sue labbra gli avevano rubato il
respiro. Ma se in quel momento fosse morto soffocato non gliene sarebbe
importato di meno, anzi ne sarebbe stato persino felice
perché l'ultima cosa
che avrebbe sentito sarebbe stato il sapore della bocca di Natasha.
Come era venuto, in un battito di
ciglia quel bacio se n'era andato e di nuovo avevano dovuto riprendere
la loro
corsa, lasciando il cuore di Steve sospeso sulle labbra.
-Non dirmi che quello era il tuo
primo bacio dopo il '45?- gli aveva poi chiesto in macchina, ridendo,
la spia.
"Sì"
-No- aveva risposto. E poi diceva
che non era bravo a mentire!
Non aveva forse notato la sua arte
nel dirle che avrebbero potuto essere amici?
Non aveva fatto caso alla sua
maestria nel dimostrarsi impassibile quando gli era vicino? O la sua
abilità
nel nascondere il tremito che lo coglieva ogni volta che, per forza o
per caso,
i loro corpi si toccavano?
Lui era un ottimo bugiardo. Così
bravo da far credere che non lo fosse affatto.
-Dio...- sospirò l'uomo,
abbassando lo sguardo sul legno laccato del tavolo: sembrava un
quattordicenne
alla sua prima cotta!
Era patetico, maledizione! Era uno
stramaledetto super soldato che aveva combattuto i nazisti e Teschio
Rosso
nella Seconda Guerra Mondiale e gli alieni a New York in un'epoca folle
e
frenetica, là fuori il suo migliore amico girava con un
braccio di metallo a
seminare il panico e tutto quello a cui riusciva a pensare era a quanto
soffici
e rosa fossero le labbra di Natasha!
Capitan America un cavolo! Capitan
Ridicolo gli calzava meglio.
-Problemi a dormire?
La voce limpida di Natasha lo fece
scattare sull'attenti: -Deve essere proprio una nottataccia se Capitan
America
si spaventa così facilmente- ridacchiò quella,
mentre oltrepassava la soglia
della cucina e gli si avvicinava.
Il suo sorriso era così bianco e
dolce che Steve non si accorse subito che la donna indossava solo una
canottiera e un paio di slip, lasciando completamente scoperte le gambe
atletiche dalla pelle di madreperla.
"Così non vale!"
Il suo cuore accelerò
improvvisamente, ma, come sempre, fece finta di nulla: -Deve essere una
notte
ancora peggiore se l'agente Romanoff si aggira per casa come un
fantasma,
cercando di spaventare Capitan America!
Ok, quella risposta non era
proprio una delle sue più brillanti, ma almeno fece
sorridere Natasha e Steve
era sempre affamato dei suoi sorrisi.
-È avanzato un po' di latte?-
chiese la donna, avvicinandosi ai fornelli e prendendo in mano il
pentolino per
studiarne il contenuto.
-Sì- rispose Steve -E dovrebbe
essere ancora caldo.
Quella prese una tazza dallo
scolapiatti sopra il lavabo, vi vuotò il pentolino e
iniziò a frugare tra i
vasetti e le confezioni che si nascondevano dietro le antine del mobile.
Evidentemente Natasha non si
faceva gli stessi problemi di Steve e, dopo poca ricerca, estrasse da
un angolo
un vasetto di vetro pieno di una polvere rosso scuro, che
poggiò sul piano del
tavolo.
-Vuoi?- offrì la spia, dopo
essersene versata una generosa spolverata nel latte. Improvvisamente
l'aria
profumò di cannella.
-Sì, grazie.
Il Capitano prese il vasetto dalla
mano della donna, facendo attenzione a non toccarne le dita, e ne
aggiunse il
contenuto alla sua bevanda, ma non ne bevve. Al contrario, rimase a
fissare il
vuoto davanti a sé; anche senza vederla, riusciva a
percepire la presenza di
Natasha seduta al suo fianco. Ed era vicina, molto vicina.
-Come ti senti?- le chiese, senza
osare guardarla: si sentiva troppo esposto e non avrebbe retto di
incrociare il
proprio sguardo con il suo.
-Bene- rispose in fretta quella,
che aggiunse -Tu, piuttosto?
-Io...
"Vorrei sapere quando è il
tuo compleanno"
-... Sto bene.
-Ed è per questo che non dormi?-
chiese di nuovo la spia, squadrandolo dalla testa ai piedi con il suo
solito
sorriso beffardo dipinto in volto.
-Nemmeno tu stai dormendo- ribatté
il soldato, girandosi a guardarla. Cielo, poteva davvero esserci
qualcosa di
così bello in quel folle mondo?
-Hai ragione.
"Come, prego?"
-Avevo voglia di una tazza di
latte caldo- spiegò la donna -Era da quando ero piccola che
non ne bevevo. Ne
ho sentito l'odore e ho pensato di prenderne un po'.
Le sue orecchie avevano udito
giusto? Tasha aveva appena accennato al suo passato?
-Io invece ho l’abitudine
di
berne
sempre un po’ prima di andare a dormire-
disse vago l’uomo, concentrandosi sulla propria tazza.
-Lo so- sorrise Natasha,
sorseggiando placidamente il suo latte -Ho letto i tuoi files,
ricordi?-
aggiunse poi in risposta allo sguardo esterrefatto dell’amico.
-Non c’é proprio segreto
che lo
S.H.I.E.L.D non possa scoprire- commentò ad alta voce il
soldato; era un
pensiero rivolto più a se stesso che non alla sua
interlocutrice, ma si rese
conto del proprio errore solo una frazione di secondo dopo averlo
commesso.
-Non tutti, purtroppo- fu la
risposta di Natasha, il cui sguardo era andato a cadere su un punto
indefinito
del tavolo.
Eccoli di nuovo, pensò Steve, gli
occhi che si nascondono dietro la maschera; senza riflettere,
allungò la mano
verso quella della donna e la strinse delicatamente: -Mi dispiace per
Fury.
-Non ero una sua parente- ribatté
quella, volgendo il capo dall’altra parte -Non devi farmi le
condoglianze.
Nonostante ciò, notò
l’uomo, non
aveva ritratto la mano.
-Eri comunque molto legata a lui-
insistette Steve. Ogni parte del suo corpo sembrava gridare a gran voce
“Puoi
fidarti di me”, ma egli lasciò quel messaggio
inespresso.
-Non fa più differenza a questo
punto. Fury è morto, ora il nostro obiettivo è il
Soldato d’Inverno- il suo
tono di voce era diventato freddo e lapidario, come quello di una voce
registrata. Steve strinse la presa.
-Nat…- esordì, ma le
parole gli
morirono in gola quando la russa si voltò di nuovo a
guardarlo, mostrando il
viso alla luce della lampada: i suoi occhi erano rossi e inumiditi di
lacrime.
Fu più forte di lui, la tirò delicatamente per il
braccio, finché non l’ebbe a
pochi centimetri da sé e, sporto in avanti il collo, depose
la propria bocca
sulla sua, in un casto bacio a stampo.
Quando si fu reso conto di quello
che aveva appena combinato, maledicendosi, ritrasse la testa, ma una
presa
salda sulla sua maglietta gli impedì di allontanarsi e una
nuova pressione, più
decisa, venne applicata sulle sue labbra.
Incredulo, Steve non osò muovere
un muscolo, ma quando la donna, senza interrompere il contatto tra i
loro visi,
si fu alzata per poi accomodarsi sulle sue gambe, non fece altro che
assecondare i suoi movimenti, accogliendo di buon grado
quell’inaspettato
spirito di iniziativa.
A pensarci bene, era così che
erano sempre andate le cose tra loro: tutto accadeva solo se era Nat a
volerlo
e il fatto che non gli avesse ancora tirato un ceffone
sembrò a Steve un ottimo
segno.
Le mani di lei gli accarezzavano la
schiena e il volto, mente le labbra si aprivano leggermente, inizando a
esplorare la sua bocca; sotto il tocco caldo di quelle agognate mani,
la
timidezza si era sciolta e il fiore della passione aveva iniziato a
germogliare, sicché l’uomo rispose alle carezze e
ai baci con crescente trasporto,
finché non furono costretti a staccarsi per riprendere fiato.
-Scommetto che questo è il tuo
secondo bacio dal ’45- gli sussurrò
all’orecchio Natasha.
Una scossa di brividi gli percorse
la schiena quando il respiro caldo della donna gli sfiorò il
lobo.
-Diciamo che è il secondo che mi
sia piaciuto- ammiccò il Capitano, passando le dita sulla
pelle liscia e
soffice della sua guancia.
-Oh, lo vedo- ribatté quella
maliziosamente -Hai del vibranio in tasca o sei solo felice di vedermi?
Steve sorrise e, avvicinandosi
all’orecchio della spia, fu il suo turno di sussurrare: -I
muscoli non sono
l’unica cosa che il siero ha potenziato.
Ed eccola lì, la sua magnifica
risata, cristallina e limpida come l’acqua di sorgente,
incorniciata da due
fossette che le si formavano agli angoli della bocca.
Senza aspettare che ribattesse,
Steve tornò ad assaporare quelle labbra carnose,
inebriandosi del suo odore e
del tocco vellutato della sua pelle sotto alle dita, come un assetato che
dopo lungo cammino si abbevera
alla fonte.
Avrebbe scambiato ogni lacrima di Natasha con un suo bacio e ogni segreto
con una
carezza e, per il Cielo, avrebbe trovato ogni giorno un modo nuovo
per farla ridere.
Passò
la mano tra i suoi capelli,
soffici e rossi. Rossi come la polvere di cannella che galleggiava
sulla
schiuma del suo latte.
Turn
around and you're walking toward
me
I'm
breaking down and you're
breathing slowly
You
say the word and I will be your
man, your man
Say
when and my own two hands
Will
comfort you tonight, tonight
Say
when and my own two arms
Will
carry you tonight,
tonight
~The
Fray, Say When
Angolo
dell'autrice:
salve a tutti e grazie di essere arrivati
fino a qui! :)
Seconda
one shot in questo fandom e,
sebbene sia piuttosto Natasha-centrica come la prima, oltre a mostrarci
una
Vedova Nera più fragile e "umana", ci permette di dare una
sbirciatina nella bionda (e tormentata) capoccia di Steve. Spero di
aver reso
giustizia ai personaggi e di non essermi lasciata trasportare troppo
dal
romantic mood che mi è preso sul treno, quando, ascoltando
la canzone di cui
avete letto qualche verso nel testo, ho avuto l'idea per questa one
shot.
Spero
che la storia sia valsa il
tempo spesa a leggerla e di non aver portato il vostro picco glicemico
alle
stelle XD
Ah,
devo far presente di essermi
presa una piccola licenza poetica, facendo riconoscere a Steve il
Soldato
d'inverno prima di quello che il film ci mostra, ma Cap è un
ragazzo sveglio e
di sicuro qualche sospetto già l'aveva ;)
Ad
ogni modo, spero che questo non vi
abbia disturbato troppo e che la storia vi abbia regalato qualche bella
emozione.
Alla
prossima!
Lady
Realgar