Libri > Twilight
Ricorda la storia  |       
Autore: LyricalKris    06/08/2015    11 recensioni
Lei gli era costata tutti quelli che avesse mai amato. Di sicuro qualche mese di matrimonio non sarebbe stato un prezzo troppo alto da pagare, per lei, in cambio.
Dal testo: Lei non aveva assolutamente il diritto di essere felice ...
Lasciò che il suo fastidio e la sua rabbia lo guidassero, aggrappandosi a entrambe come se fossero le sue sole ancore di salvataggio, mentre saliva le scale su cui lei era arrancata ...
«Ma stai scherzando», disse Bella, e girò un’altra pagina del contratto, scuotendo la testa mentre continuava a leggere.
«In quale parte?» chiese lui avvicinandosi. Mise i palmi sulla superficie del tavolo, prima di toglierli in fretta e ripulirsi, facendo una smorfia.
Lei lanciò uno sguardo nella sua direzione. «Tutto quanto», disse lei con tono incredulo. «Non penserai onestamente che qualcuno ci crederà.»
Edward la guardò impassibile. «Perché no? Ti credevamo tutti, prima, te lo sei scordato?»
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Esme Cullen | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CONTRACTUALLY BOUND, è stato scritto in inglese da LyricalKris e tradotto in italiano da beate.

A questo indirizzo potrete trovare la versione originale.

https://www.fanfiction.net/s/9193694/1/Contractually-Bound

 

 

 

 

Capitolo  1

 

«Ordinazione pronta!»

Bella Swan si asciugò la fronte con la manica, la faccia arrossata dal calore della cucina. Sorrise alla cameriera che si avvicinava all’apertura passavivande con un altro foglietto in mano.

«Spero che tu abbia abbastanza cibo là dietro, Bella», disse Jessica roteando gli occhi. «Emmett MacCarty ha appena ordinato mezzo menu.»

«Ti ho sentita!» fu la chiassosa replica che arrivò dal tavolo d’angolo del ristorante, abbastanza forte da superare il normale chiacchiericcio.

Jessica passò il biglietto a Bella prima di mettere il cibo pronto sul vassoio. «Te lo giuro, deve dare a te la mancia, ordinando tutto questo cibo.»

«Ho sentito anche questo!»

«Oh, stai un po’ zitto!» rispose Jessica con un sorriso, la coda che le frustava le spalle mentre si allontanava per servire il tavolo due.

Bella ridacchiò mentre cominciava a preparare l’ordinazione successiva, poi rise di nuovo quando si rese conto che Jessica non aveva affatto esagerato. Emmett aveva ordinato abbastanza cibo per cinque persone.

Si mise al lavoro, cambiando posizione nella speranza di alleviare il suo mal di piedi. Era stata una giornata lunga e, dopo l’ondata della cena, poteva andarsene a casa. Un bel bagno caldo suonava giusto, per allora.

Canticchiando con la radio mentre cucinava, sorrise guardando fuori alla sala, affollata di persone che conosceva da quasi tutta la sua vita. C’era stato un tempo in cui non vedeva l’ora di andarsene dalla piccola città di Forks. Aveva sogni e obiettivi, pensava mentre rompeva un uovo in una scodella. Ed eccola ancora qui, nello stesso posto, a fare lo stesso lavoro che faceva quando era al liceo.

Sbatté l’uovo con una forchetta e sospirò. Per troppi anni aveva lasciato che la vita le passasse accanto, ma questo stava per finire. Stava per fare qualcosa della sua vita, qualcosa che avrebbe dovuto fare anni fa.

Uno scoppio di risa arrivò dalla sala e Bella guardò dall’apertura passavivande Jessica, che di nuovo prendeva in giro Emmett, e sua moglie Rosalie che aggiungeva di suo.

Bella scosse la testa e ridacchiò mentre suonava il campanello e gridava, «Ordinazione pronta!». Poteva anche non essere la sua grande ambizione lavorare nel ristorante di una piccola città, ma almeno di solito era divertente.

Bella salutò tutti prima di andarsene. La porta si richiuse mentre lei si stirava, poi salì stancamente i gradini dietro l’edificio che portavano al suo appartamento, sopra il ristorante. Era sfinita dal lungo turno e non vedeva l’ora di cambiarsi quei vestiti unti, farsi una lunga doccia calda e poi rilassarsi nel suo pigiama per il resto della serata.

 

***

 

Entrò nel suo appartamento, buttando le chiavi sullo scaffale di laminato. Il posto era piccolo, ma andava bene per lei. Il piccolo soggiorno non aveva molta luce, per via delle finestre troppo piccole, ma lei non stava spesso a casa di giorno, quindi andava bene. Gli unici mobili erano il sofà che aveva preso da Good Will, lo scaffale e, in un angolo, un piccolo tavolo con due sedie che usava come zona pranzo. C’era una cucinetta stretta, il bagno, ed era tutto. Niente camera da letto, il divano fungeva da letto. Non era molto, ma era pulito … se uno sorvolava sul velo di grasso che sembrava sempre indugiare, per quanto strofinasse: il risultato di vivere sopra un ristorante.

Bella sospirò. Okay, il suo appartamento era buio e squallido, ma quando se n’era andata da casa di Charlie, determinata a stare in piedi con le sue gambe, era tutto quello che poteva permettersi. Forse, se fosse arrivato il suo contributo finanziario, avrebbe potuto prendere un posto migliore in autunno. Alla sua età, avrebbe preferito un appartamento a un dormitorio ma, del resto, anche una sola stanza in un dormitorio sarebbe stata meglio di questo posto.

L’eccitazione le schizzò nella spina dorsale pensando a quello che i mesi futuri avevano in serbo per lei. Le ci era voluto così tanto per trovare il coraggio di inviare la sua domanda all’Università di Washington. Era una scuola pubblica statale, quindi non c’era in realtà la preoccupazione di non essere accettata, ma lo stesso, lei era ancora uno straccio. Era stata una lotta quotidiana cercare di non pensare all’ultima volta che aveva aspettato di essere ammessa, ma aveva provato a mettere da parte i ricordi dolorosi. Finalmente, dopo settimane di nervosa anticipazione, la lettera di ammissione alla U-Dub era arrivata, il pomeriggio scorso.

La sua vita stava per cambiare. E una volta tanto, sarebbe stato per il meglio.

Forse, pensò mentre prendeva una bottiglia d’acqua dal frigo, solo forse, poteva rimettere in sesto la sua vita. Aveva fatto alcuni terribili errori, il suo cuore si stringeva ancora al pensiero del suo più grande rimpianto, ma questo era il passato. Non avrebbe mai dimenticato, ma sarebbe potuta andare oltre. Era tempo di andare avanti e dare a se stessa la possibilità di una nuova vita.

Posò la bottiglia sul bancone e stava per andare in bagno quando sentì bussare alla porta.

Bella si accigliò, chiedendosi chi potesse fermarsi al suo appartamento, nessuno l’aveva mai fatto prima. Be’, a parte Charlie, e lui stava lavorando. Esitò quando sentì bussare di nuovo, con più insistenza, ma si avvicinò alla porta.

«Chi è?» chiese. Suo padre era un poliziotto, non c’era nessuna possibilità che lei aprisse la porta senza sapere chi c’era dall’altra parte, anche a Forks.

Ci fu una pausa, e poi lei gelò quando sentì attraverso la porta una voce che pensava di non sentire mai più.

«Sono Edward. Edward Cullen.»

 

***

 

Era rimasto seduto nel parcheggio del ristorante per quasi due ore, attirando gli sguardi di più di un cliente mentre tamburellava nervosamente le dita sul volante. Da dove era seduto aveva una visuale perfetta, vedeva molti dei tavoli e il bancone del bar. Più importante, comunque, era che poteva vedere la piccola donna nella cucina, i capelli bruni raccolti in una coda, un grembiule blu, armata di spatola. Più di una volta aveva considerato di entrare nel piccolo ristorante, ma questa non era una visita di cortesia, non c’era niente di piacevole nell’incontro che aveva pianificato. Edward non aveva chiesto a nessuno apertamente dove poteva trovare Bella o cosa stesse facendo, ma quando si era trasferito sulla Costa Ovest, un mese fa, aveva silenziosamente ascoltato quando Renee era venuta tre settimane prima a far visita a Esme, e aveva dato notizie di Bella.

Edward era rimasto scioccato e arrabbiato quando aveva scoperto che Bella lavorava come cuoca nel piccolo ristorante di Forks. Aveva avuto l’opportunità di fare qualcosa di se stessa, e invece stava sprecando la sua vita e il suo potenziale in questa città dimenticata da dio. Sì, si era arrabbiato quando aveva sentito questo, ma adesso, seduto nella sua macchina, mentre la guardava in quella cucina a servire cibo unto e ridere mentre parlava con quelli intorno a lei, era diventato furioso.

Lei non aveva assolutamente il diritto di essere felice.

Poco dopo le sette, la luce dietro il ristorante si era accesa e lui guardò mentre si apriva la porta sul retro. Si era tolta il grembiule, e indossava una semplice maglietta rossa e dei jeans. Le nocche di Edward divennero bianche mentre stringeva il volante quando notò una striscia sottile di pelle che era diventata visibile, perfino dal suo punto di osservazione, mentre alzava le braccia, inarcava la schiena e si stirava.

Gli ci vollero diversi minuti per calmarsi e scendere dalla macchina. Lasciò che il suo fastidio e la sua rabbia lo guidassero, aggrappandosi a entrambe come se fossero le sue sole ancore di salvataggio, mentre saliva le scale su cui lei era arrancata.

In piedi fuori dalla porta di legno scuro, guardò un’ultima volta le carte che aveva strette nella mano sinistra. Avrebbe dovuto portarle in una ventiquattrore. Edward Cullen usava sempre una ventiquattrore; gli dava potere. L’immagine era tutto nel suo mondo, e lui sapeva che il semplice clic mentre apriva e poi chiudeva la sua ventiquattrore avrebbe intimidito più delle parole che si era ripetuto in testa cento volte negli ultimi giorni.

Clic. Clic.

La sua mano si strinse ancora di più intorno ai documenti, stropicciandoli un po’, mentre considerava la sua stupidità per aver permesso a se stesso di essersi lasciato prendere tanto dai sentimenti da non separare la sua parte professionale da quella, normalmente repressa, emotiva. Sperava di riuscire a controllarsi davanti a lei. Erano passati otto anni, e a quanto pareva aveva ancora una presa su di lui che non aveva rivali. Sembrava che quando aveva a che fare con Bella Swan aveva ancora l’abitudine di perdere lucidità e fare cose stupide. Il piccolo pezzo di metallo che aveva in tasca era la prova di questo.

Dio, quanto la odiava.

Quel pensiero da solo alimentò la sua rabbia che era lentamente rifluita mentre stava davanti alla porta. Ma non poteva permettere che niente interferisse con la sua missione.

Con un altro respiro profondo e una riconfermata determinazione, Edward alzò la mano e bussò alla porta.

 

***

 

Faceva avanti e indietro nel piccolo soggiorno, quattro passi dal piccolo tavolo allo scaffale e indietro di nuovo. Si passava la mano tra i capelli e alternativamente di pizzicava la radice del naso, entrambi segni chiari di irritazione e frustrazione. Starsene in mezzo al suo soggiorno dopo tutti questi anni era davvero l’ultima cosa che aveva voglia di fare. Fino a un mese fa, era l’ultima cosa che pensava di fare. Non voleva rivederla. Non voleva tornare a Forks. E sicuro come l’inferno, non si voleva presentare a lei con questa proposta.

Be’, almeno la stava inquadrando come proposta. Anche se non si sarebbe sorpreso se lei si fosse riferita a questo come coercizione o manipolazione. Edward Cullen sapeva esattamente cosa stava facendo.

Il rumore si pagine sfogliate riportarono la sua attenzione alla donna seduta al tavolo della cucina. Un gomito sul tavolo, la mano alla fronte, sfogliava le pagine cercando di capire tutti gli aspetti legali … tutte le sue richieste. Era ovvio per Edward che lei temeva che lui tentasse di approfittare di lei.

«Ma stai scherzando», disse Bella, e girò un’altra pagina del contratto, scuotendo la testa mentre continuava a leggere.

«In quale parte?» chiese lui avvicinandosi. Mise i palmi sulla superficie del tavolo, prima di toglierli in fretta e ripulirsi, facendo una smorfia.

Lei lanciò uno sguardo nella sua direzione. «Tutto quanto», disse lei con tono incredulo. «Non penserai onestamente che qualcuno ci crederà.»

Edward la guardò impassibile. «Perché no? Ti credevamo tutti, prima, te lo sei scordato?»

Si godette lo sguardo di shock che attraversò i tratti di lei, ma lei riguadagnò subito la sua compostezza e riportò lo sguardo sui fogli, senza dire nulla.

Allontanandosi dal tavolo, Edward ricominciò a fare avanti e indietro. Questa volta però cominciò a guardare quell’appartamento della misura di un francobollo. Quel soggiorno era grande come la sua prima stanza al dormitorio del college. C’erano due finestre piccole, ognuna della misura di una scatola da pizza, con tende pesanti che bloccavano quasi tutta la luce. Il soffitto, un tempo bianco, aveva grosse macchie gialle dove ovviamente l’acqua era penetrata dal tetto, e anche se era pulito, quel posto puzzava di unto del ristorante appena sotto. Avrebbe dovuto ringraziarlo per portarla fuori da quel buco del cavolo. D’altra parte, pensò mentre notava l’aspetto cencioso di lei, lei aveva lo stesso aspetto del suo appartamento.

Per un attimo brevissimo, si chiese cosa le fosse successo. Questa non era la stessa ragazza che aveva conosciuto tanti anni fa. La Bella che conosceva non avrebbe mai fatto questo a se stessa. Non avrebbe mai sprecato la sua vita nascondendosi in quella stessa piccola città che aveva giurato di odiare mentre cresceva. Non avrebbe mai lasciato il college per lavorare in un ristorante. Diavolo, la Bella che conosceva aveva il sogno dell’università, del matrimonio e dei figli e …

Edward si guardò di nuovo intorno, nella piccola, desolata, deprimente stanzetta, e rabbrividì, lei aveva dei sogni. Chiudendo gli occhi e pizzicandosi la radice del naso, Edward ricordò a se stesso che non gli importava.

Ancora pagine sfogliate e la sua attenzione tornò su di lei. La guardò mentre prendeva la penna rosicchiata che stava sul tavolo e scriveva il suo nome con quell’orribile calligrafia per cui la prendeva sempre in giro quando crescevano.

Aveva firmato.

La soddisfazione lo invase e tirò un sospiro di sollievo prima di fare qualche passo, chinarsi e riprendersi il contratto. Infilando la mano in tasca tirò fuori l’ultima e più importante parte del suo piano. Edward non poteva più neanche guardarlo.

L’anello tintinnò leggermente colpendo il tavolo e saltellò verso di lei.

Lei occhieggiò l’offensivo monile con circospezione, completamente ignara del vero significato che c’era dietro. Lui ghignò, mentre lei non riusciva neanche a prenderlo in mano per osservarlo più da vicino. Edward era ben consapevole che vedersi tirare un anello con completo disprezzo dei suoi pensieri o dei suoi desideri non era la comune fantasia romantica di una ragazza, ma non gli aveva detto proprio lui tante volte che lei era tutto tranne che comune? Quel sentimento lo nauseava, ora, ma serviva a convincerlo che lei stava avendo niente di meno di ciò che meritava.

«A loro cosa diciamo?» chiese lei piano.

«Nel giro di due settimane ti porterò a cena e ti dirò come, ora che ci siamo ritrovati, non posso più lasciarti andare.» Edward dovette ingoiare la bile mentre sputava la sua bugia attentamente pianificata.

«Perché mi stai dando questo adesso?»

Lui si chinò verso di lei, le mani di nuovo appoggiate sul tavolo appiccicoso, ma provò a ignorarlo. Questo era importante, e voleva essere certo che fosse ben chiaro. Aspettò finché Bella alzò gli occhi dalla fascetta d’oro per incontrare il suo sguardo. «Perché non voglio che ci sia confusione, Bella. Questo è un accordo, un contratto, niente di più. Questa è una piccola città e noi dovremo farci vedere in pubblico perché sia credibile, per non parlare dei pranzi in famiglia e così via. Ma voglio che sia chiaro …» si avvicinò ancora e con la mano destra le afferrò il mento, «che tu non significhi assolutamente nulla per me.»

Lasciando cadere la mano e rialzandosi, si avviò alla porta. Con la testa bassa, afferrò la maniglia e disse, «Sarò qui domenica alle tre per portarti a casa dai miei.»

Non aspettò la risposta, aprì la porta e se la sbatté dietro. Non voleva restare un secondo di più.

 

***

 

Bella rimase al tavolo della cucina per ore, l’anello davanti a lei, come se, toccandolo, si sarebbe bruciata. Era completamente impreparata a vedere lui di nuovo, aveva sperato che non succedesse mai. Adesso era tornato, proprio quando cominciava a prendere il controllo della propria vita, e stava per rovinare tutto. L’ottimismo che provava poche ore prima non c’era più, lasciandola più desolata di quanto fosse mai stata prima. Di tutti i momenti per rientrare nella sua vita, doveva scegliere proprio questo

Spietatamente, mise da parte i suoi pensieri egoisti, ricordò che c’erano cose più importanti da considerare, che non l’influenza che avrebbe avuto sulla sua vita. Questo non aveva importanza Lei non aveva importanza. Aveva accettato il piano di Edward per una sola e unica ragione: Esme.

Gli occhi le si riempirono di lacrime pensando alla donna che un tempo era stata come una seconda madre per lei, ma si rifiutò di versarle. Non si meritava la liberazione che le avrebbero concesso le lacrime.

Lei aveva provocato tutto questo. Lui era stato così duro, così rabbioso. Così diverso dal ragazzo che conosceva un tempo. Il senso di colpa che l’aveva rosa per otto anni ritornò come una vendetta. Accettare le sue richieste, date le circostanze, era il minimo che poteva fare. E forse, solo forse, poteva in qualche modo fare ammenda per tutto il dolore che aveva causato.

Con dolorosa lentezza, allungò la mano verso l’anello. Lo prese con attenzione, le dita tremanti, ammirò il diamante solitario con occhio distaccato. La pietra era un singolo diamante taglio cuscino; se avesse dovuto indovinare, avrebbe detto che era non meno di mezzo carato. Non troppo grande, ma abbastanza grande da essere visto facilmente. La fascetta era di oro bianco con inciso un delicato disegno di un rampicante tutto intorno. Lei ci passò sopra il dito, le labbra piegate in un sorriso lieve ai fini dettagli. Ma le si mozzò il respiro mentre il pollice scivolava all’interno della fascetta e sentì che c’era qualcosa inciso dentro. Deglutì, e le sue mani tremavano mentre girava l’anello per guardare all’interno.

Sempre & Per sempre.

La diga che tratteneva le sue emozioni esplose, e l’enormità di quello che aveva fatto la sommerse. Stavolta, non riuscì a trattenere le lacrime.

 

   
 
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: LyricalKris