atto I. fallere

Non sa come − perché − il suo sguardo guizzi sempre verso di lei, non sa cosa trovi di tanto significativo o importante o particolare. Lei non è particolare. Ma la luce che le brilla negli occhi, forse quella, sì, gliela rende insostituibile. E di ciò non si capacita.
E Yuma glielo dice. Sei strano, mio Re, accompagnato dalla sua espressione sempre posata. All'inizio lui non si preoccupa, ingenuamente. Ma quando comincia a notare degli insoliti comportamenti in se stesso non può fare a meno di chiedersi perché tutta la pazienza, il lavoro, tutto ciò che ha costruito e il se stesso che ha reinventato siano sul bilico di un baratro. Per cosa, per chi, tutto ciò in cui ha infuso impegno e costanza decade.
Una donna.

atto II. veneratio

Ishwari è un'amante da soddisfare con cura.
Pensa a tutto quello che è stato e ad ogni singola sfumatura dei suoi occhi di tenebra mentre lo chiamava fra i baci, e gli manca il respiro.
Ma, alla fine, fra le note di quella melodia stonata, fra le parole di Yuma che gli dicono di lasciar perdere, che lo accusano di essere diventato un debole, sa che ne vale davvero la pena.
E quando Ishwari, fra le lenzuola del suo letto, che lui ha scalciato giù e che lei sta abbracciando, si gira con la schiena rivolta verso di lui, può ammirare le sue spalle forti e i fianchi larghi, quella pelle dello stesso colore della terra del Kyrat, e i lunghi capelli, scuri, sempre intrecciati, che ha stretto sciolti fra le sue cosce e i suoi sospiri.
La donna del sud − così la chiamano gli altri − è un'amante da soddisfare con cura.
Ma gli altri adesso non ci sono, e fra le sue braccia è solo Ishwari e nient'altro.
Ishwari: passerebbe il tempo a scandire e studiare ogni singola lettera di quel nome così oscuro, nascosto in intricate e ordite trame di bugie, da pronunciare con il viso nell'incavo del suo collo e il naso ad inspirarne l'odore penetrante.
Ishwari, così ricco di ombre e sfumature e sfaccettature e segreti.
Perché Pagan sa che è una spia, un nemico, architetto di inganni, la femmina di Mohan Ghale, ma quando gli dice che lo ama, lui sa che è così, e sa che ne vale la pena.

Anche se probabilmente lo distruggerà, quando se la lascerà alle spalle.

Ma fu lei ad abbandonarlo per prima, insieme alla creatura nata da quell'amore che lo aveva fatto ammalare. E il suo cuore divenne polvere.

atto III. casus

La follia prende e scaglia via qualsiasi cosa gli si pari davanti.
E dopo che ciò che è rimasto di lui è bruciato, brucia con lui anche la reggia.
La carta prende fuoco e incendia le tende, i tappeti, si anneriscono le pareti, aleggia nell'aria denso fumo grigio.
Muore la sua casa e muoiono le ore che hanno passato insieme, muoiono le notti insonni e i baci sulla bocca fino all'alba, muoiono le occhiate veloci e gli sguardi d'intesa, lacrime che appannano la vista e dita che seguono il contorno delle sue labbra, desideri, passione selvaggia, quella felicità che ti spezza il respiro, muore la sua risata e muore la consapevolezza di lei, e con quelle crollano anche le solide mura − quelle del suo cuore.
Fuori, Pagan osserva le sue certezze cadere in pezzi e schiantarsi al suolo.
Strano come ciò che si costruisce con tanta dedizione e cura, pazienza, possa infine scomparire in un attimo. A volte quando scompare fa rumore, altre volte è quel dolore che ti fa ribollire e agitare l'animo − che ti spacca le ossa e ti rende cieco, sordo, muto −, ma concludere non è mai facile come cominciare.
E quando Yuma arriva, tutto quello che trova sono le macerie di un uomo distrutto.