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Autore: arschlocher    07/08/2015    1 recensioni
Sebbene fosse tutto splendente e felice, ai miei occhi il mondo era diventato incolore e sarebbe stato così per il resto della mia vita.
Genere: Dark, Erotico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
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~~“Ti prego non farlo!”
“Io non voglio ucciderti, tesoro”. Quelle furono le sue ultime parole prima di prendermi per mano e portarmi via dalla cantina.
Mi strattonò e mi portò in un vicolo buio, senza uscita. Arrivati sul posto mi buttò per terra e mi legò le mano dietro la schiena con un panno bianco sporco di sangue e io ricominciai a piangere.
“Perchè piangi tesoro?” mi chiese lui chinandosi su di me.
Io non risposi. Non avevo il coraggio di farlo, avevo troppa paura di lui. Non lo conoscevo, era un uomo di circa venticinque anni; i capelli folti di un color nero sono l'unica cosa che mi ricordo del suo aspetto fisico oltre al fatto che era alto e muscoloso.
Quel giorno stavo tornando a casa da scuola, come tutti gli altri giorni, quando questo ragazzo mi prese per un braccio e mi trascinò nella sua macchina, una piccola panda bianca, mi mise nel baule e mi diede un sonnifero. Al mio risveglio mi trovai in una piccola stanza che sembrava una piccola cantina, in piedi, con le mani legate ad un tubo passante sul soffitto e in intimo. Lui davanti a me, seduto su una sedia con un coltello in mano. Iniziai a piangere e a chiedergli cosa voleva da me, ma lui non rispondeva, mi guardava e mi sorrideva in modo beffardo.
“Rispondi piccola troietta” mi disse.
Io rimasi in silenzio, piangevo in silenzio, avevo paura.
“Ti ho detto di rispondermi!” mi urlò poi lui contro.
Io continuai a non rispondere, ma spostai il mio sguardo dalle mie scarpe ai suoi occhi e dai suoi occhi al coltellino che era ben fermo nella sua mano. Lui notò questo spostamento e avvicinò alla mia faccia il coltello. Io smisi di respirare per qualche secondo.
“Ti do due possibilità: o ti togli da sola le mutandine o ti tolgo il collo.” detto questo mi taglio il panno che mi teneva immobili le mani ma si mise sopra di me. Con una mano teneva la mia testa ancorata al suolo, mentre con l'altra faceva passare il coltellino su tutto il mio corpo. Ero assolutamente inerme, non potevo fare assolutamente niente. In una frazione di secondo mi ritrovai il piccolo coltello sul collo. In quel momento mi passò davanti la mia breve vita, i miei diciassette anni mi passarono davanti in dieci secondi: la nascita di mia sorella, le elementari, le medie, il primo bacio, la morte dei miei nonni, le superiori che forse non avrei avuto l'opportunità di finire, e Nicholas, il mio ex ragazzo.
“Non ti vuoi togliere quelle cazzo di mutande da sola eh? Tua scelta, te le toglierò io con la forza allora” non appena udii quelle parole vidi le mie mutandine dall'altra parte del vicolo. Iniziai a dimenarmi, a urlare, a chiedere aiuto. Nessuno venne in mio aiuto.
“Stai zitta e ferma o giuro che ti ammazzo” mi minacciò lui premendo leggermente la piccola arma al mio collo. Mi arresi. Entrò velocemente dentro di me, io piangevo. Non sapevo cos'altro fare. Quel porco doveva davvero provare piacere nel violentare le adolescenti, provava piacere nel dolore, nel vedere le sue vittime spaventate a morte. Dopo qualche minuto sentii un dolore fortissimo alla coscia destra, al braccio destro, alla pancia e alla faccia. Alzai il braccio e vidi sangue, tanto sangue. Alzai lo sguardo e vidi l'uomo che correva via. Notai che lanciò nel campo alla sua destra il piccolo coltello sporco del mio sangue. Cercai di alzarmi e chiedere aiuto, anche se ero nuda, ma non appena alzai di più il capo, iniziai a vedere tutto sfuocato, in seguito nero e poi niente. Svenni.
Iniziai a riprendere i sensi, pian piano trovai la forza di aprire gli occhi e mi ritrovai in una sala completamente bianca, una piccola stanza con all'interno solo il mio letto al centro, alla mia destra un piccolo comodino anch'esso bianco e una grande finestra che dava su un grande parcheggio, alla mia sinistra una porta verde e alla sinistra del mio letto che mi teneva la mano c'era lui. Ero in ospedale e avrei riconosciuto quei capelli tra mille. Una donna sulla sessantina aprì la porta verde ed entrò nella sala. Non appena vide che ero sveglia si avvicinò.
“Come ti senti tesoro?” mi chiese dolcemente porgendomi un po' di caffè.
“Un po' intontita” le risposi io sorridendole e ringraziandola per il caffè.
“Ti sei fatta una bella dormita eh!” disse lei ridendo. Le rivolsi uno sguardo dubbioso.
“Oh mia cara sei stata in coma per quindici giorni, e questo bel giovanotto è rimasto in quella posizione per lo stesso tempo!” mi spiegò la donna. Mi girai verso di lui, Nick era rimasto al mio fianco dopo tutto quello che avevamo passato, era rimasto al mio fianco mentre io stavo male.
Mi scappò un sorriso.
La donna lo notò e mi sorrise. Mi sistemò la flebo e si diresse verso la porta.
Prima di uscire si voltò e mi disse: “Magari ai miei tempi un ragazzo avesse fatto una cosa del genere per me! Fossi in te me lo terrei stretto”.
“Lo farò” le risposi io facendole l'occhiolino e stringendo la mano di Nicholas.
Lei uscì e io dopo vari tentativi riuscii ad alzarmi.
Andai verso la finestra. Il cielo era azzurro, privo di nuvole, e il sole splendeva alto nel cielo. Le persone camminavano felici. Ma per me il mondo era grigio, freddo. Sebbene fosse tutto splendente e felice, ai miei occhi il mondo era diventato incolore e sarebbe stato così per il resto della mia vita.
   
 
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