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Autore: luckily_mellark    08/08/2015    6 recensioni
"ti prego non dirmi che sei gay e che vuoi baciarmi" faccio la finta faccia scioccata, una di quelle espressioni che metto su quando fingo che tutto vada bene ma nella realtà sto sprofondando in un baratro buio.
"stupido! Io sono serio per una buona volta quindi stammi bene a sentire" ripete Finnick
"ok parla" sbuffo
"quest'anno sarà diverso Fratello. All'ultimo anno cambiano sempre le cose! E anche tu riuscirai a parlarle senza che lei ti ringhi contro come un cane rabbioso." annuncia, sicuro di se.
Quanto vorrei avere la sua sicurezza. La mia popolarità in questa scuola è solo una facciata: non permetto a nessuno di conoscermi fino in fondo, non finchè non sono certo di potermi fidare, e per il momento, la storia della mia schifosa vita la sanno solo i miei due migliori amici, Johanna e Finnick. Per gli altri sono solo un ragazzo popolare e a quel che si dice ben dotato, viziato che ottiene sempre ciò che vuole.
Ma non è così.
[AU][lievemente OOC ] [Rating arancione/rosso]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Con un respiro profondo rientro e rovisto alla ricerca di un ombrello, ma l'unica cosa che trovo è un vecchio pezzo spesso di cartone e decido che andrà bene comunque.

Me lo porto sopra la testa ed esco, senza preoccuparmi di infilarmi qualcosa sopra la maglietta a maniche corte.

Quando la raggiungo sembra non essersi nemmeno accorta di me, così mi faccio sentire

ciao Katniss”

i suoi occhi grigi ora mi fissano spalancati ed enormi, ma in loro non trovo la solita ostilità.

 

 

 

 

Mi guarda dal basso, sotto le lunghe ciglia scure su cui scendono fastidiosamente alcune goccioline d'acqua. Il cartone è molliccio e pesante e a stento ci copre entrambi. Non ho nessuna voglia di starmene sotto il diluvio, quindi mi affretto a parlare, prima che lo faccia lei

“non so cosa tu ci faccia qui, ma rischi di prenderti un malanno. Vuoi entrare?” le indico la porta del laboratorio con la mano libera, poi la tendo verso di lei

“Mellark” borbotta, continuando stoicamente a fissarmi, standosene seduta sul marciapiede, senza nemmeno accennare a prendere la mia mano

“sei tutto sporco” mi fa notare, squadrandomi.

Alzo gli occhi al cielo e sbuffo esasperato

“e scommetto che l'acqua è bagnata, il sole è caldo, il cielo è azzurro e gli uccellini cinguettano” il sorriso beffardo sulle mie labbra è più evidente che mai “mi faresti il favore di tenere per te queste ovvietà e venire dentro ad asciugarti? Non mi fa che ti prendi un accidenti quando io ho la possibilità di fare qualcosa al riguardo” torno a tenderle la mano, sventolandogliela sotto il naso

“perchè dovrei? Che diavolo ti importa di me? Non entrerò li dentro per fare i tuoi porci comodi. Quante volte te lo devo spiegare?” grugnisce, poggiando il mento sulle ginocchia e facendo scorrere gli occhi grigi sull'asfalto

“non mi sembra il caso di tirare fuori ancora questa storia. Sto solo cercando di farti un favore. Non vuoi essere aiutata? ok. Me ne vado, sono fatti tuoi” le porgo il cartone che ci copriva e mi avvio verso la pasticceria. Sono a metà strada quando mi chiama

“Mellark” mi giro, la pioggia ha fatto aderire la maglietta al mio corpo come una seconda pelle e i ricci mi coprono il viso. La vedo comunque alzarsi e raggiungermi

“grazie” brontola, mentre le faccio strada “ma non ti devo proprio nulla. Sappilo”

scuoto la testa, ma decido di starmene zitto.

È la prima volta che abbiamo una pseudo-conversazione di durata superiore ai 5 secondi e non mi va proprio di rovinare tutto provocandola.

Mi chiudo la porta alle spalle, e la osservo guardarsi intorno, stringendosi le braccia sotto il seno. È carina, penso, anche da zuppa.

“cos'è questo posto?” si volta a guardarmi, attenta a non toccare nulla

“il forno dei miei genitori” spiego, sistemandomi i capelli per poter riprendere a lavorare.

“e che ci fai qui?”

sono tentato di risponderle che pettinavo i pappagalli, ma non mi pare che sia il tipo di ragazza pronta ad accettare di essere presa in giro. Quindi mi mordo la lingua, e cerco di essere sincero con lei, per questa volta

“stavo lavorando prima di vedere te” non rinuncio ad un pizzico di ironia “e nonostante tu abbia paura che ti salti addosso soltanto perchè sono un uomo, quello che ho intenzione di fare è semplicemente tornarmene a lavorare.”

le porgo una delle mie magliette pulite che tengo per quando aiuto papà. Si morde un labbro e mi guarda, sospettosa

“cosa dovrei farci?”

“sei tutta bagnata, quindi ti sto offrendo la possibilità di metterti almeno qualcosa di asciutto” con il mento le indico il bagno

“di la puoi cambiarti, se ti va”

la sua mano trema appena, ma afferra la t-shirt e se ne va “grazie”

 

quando esce io sono già pronto a mettermi all'opera. Con il pennello tra le dita traccio la prima linea del complicato arabesco che devo completare entro la mattina. I miei vestiti le stanno grandi e l'orlo le arriva quasi a metà coscia

“se ti va puoi mettere la tua roba ad asciugare vicino ai forni, saprà un po' di pane dopo, ma almeno potrai rimettertela”

lei obbedisce senza fiatare questa volta, e io ne sono sollevato. Non ho nessuna voglia di discutere.

“accomodati” le indico lo sgabello dall'altra parte del tavolo su cui sto lavorando e lei si siede, tornando ad incrociare le braccia al petto. Se ne sta zitta, così gli unici suoni che aleggiano per la stanza sono i nostri respiri e la radio che manda dei pezzi che non conosco. Nonostante io apprezzi davvero tanto il silenzio, decido di porre fine a questo imbarazzante momento

“cosa ci facevi la fuori?” le chiedo, prestando attenzione alla torta ma tendendo le orecchie verso di lei

“nulla” dice e io so perfettamente che sta mentendo

“dubito che tu te ne stessi la per divertimento, a meno che tu sia masochista, e non mi pari quel genere di persona” metto giù il pennello e la guardo tamburellare le dita sul piano di legno.

Alla mia sinistra il piatto di hotdog che mamma ha preparato comincia ad avere un aspetto invitante. Lo spingo tra noi, attirando i suoi occhi prima su di me, e poi sul cibo

“hai mangiato?” domando, spezzando a metà un panino. Lei scuote timidamente la testa. I capelli le dondolano sulle spalle mentre si muove

“serviti pure” spingo la mia cena ancora più vicino a lei, cercando di essere gentile.

“grazie” sussurra, afferrando un pezzo di hotdog e cominciando a mangiarlo. Io la imito.

Dopo il primo boccone però mi torna in mente che non ha risposto alla mia domanda

“allora vuoi dirmi che ci facevi la?”

Katniss sospira “ero con Gale. Poi lui ha trovato dei suoi amici ed è andato via con loro. E io sarei dovuta tornare a casa con lui, e invece stavo aspettando un autobus che non passava. E poi sei arrivato tu”

Gale. Possibile che sia sempre in mezzo a tutto ultimamente? Comincio a provare il bruciante desiderio di ucciderlo a mazzate.

“che fidanzato premuroso” ridacchio, evidentemente sarcastico. Ottenendo soltanto un suo sguardo di fuoco

“lui non è il mio fidanzato” ribatte, piccata.

La osservo, divertito, mentre fulminandomi ingolla una altro pezzo di pane

“e tu non sei la persona giusta per parlare di fidanzati premurosi” aggiunge “visto che non ti rendi conto che la tua ragazza ha qualcosa che non va ultimamente”

perdo un po' di tempo per cercare di capire di chi diavolo stia parlando

“io non ho una ragazza” specifico, guardandola con fare sospettoso. Si insomma, fino a poco tempo fa me la spassavo alla grande con il genere femminile, ma non credo che nessuna di quelle ragazze andrebbe seriamente a dire in giro che ci frequentiamo. Di solito metto le cose in chiaro fin dal principio.

“qualcuno la pensa diversamente”

“chi?”

“la bionda” si passa la lingua sulle labbra e si sistema meglio sullo sgabello, accavallando le gambe

“Delly?” chiedo, e lei annuisce

“vi ho visto l'altro giorno in ospedale, e non sembrava che tu avessi qualcosa in contrario ad essere il suo ragazzo”

ah. bhe, questo è buffo. Ricordo vagamente di aver sentito dei passi mentre Delly mi baciava, ma che fosse lei...

“è stato tutto un malinteso” spiego, anche se non so bene perchè lo faccio. Lei non ha diritto a sapere nulla di me, eppure le sto mostrando un sacco di cose. Stupido Mellark. Ti rovinerà la vita.

“siamo amici da una vita e lei ha una cotta per me, ed io non mi sono accorto di nulla finchè non mi ha baciato” le parole escono senza che io abbia modo di filtrarle usando il cervello, quindi tanto vale raccontarle le cose come stanno

“è da un pezzo che lei ti guarda come se fossi il suo” fa una vocina stridula che vorrebbe somigliare a quella della mia forse ex migliore amica “fantastico Peeta”

“già, forse io non me ne sono accorto in tempo.” alzo le spalle e ricomincio a dipingere sulla pasta di zucchero, sotto i suoi enormi occhi grigi

“Hawthorne ti guarda allo stesso modo” sottolineo, prendendo un fiore e sistemandolo sulla torta

“lo so” ammette, rigirandosi tra le mani una briciola di torta. Il viso le si è asciugato e i capelli castani hanno preso una piega spettinata e voluminosa.

Annuisco, lasciando che il silenzio cada di nuovo tra noi. Parlare è stato facile, questa volta. E in realtà non so cosa sia cambiato tra di noi. Sicuramente qualche giorno fa non si sarebbe azzardata nemmeno a rivolgermi lo sguardo, figuriamoci rivolgermi la parola... eppure oggi sembra diversa. Manca quella sfumatura di sfida nelle sue movenze e per un po' ha smesso di sembrare sul punto di volermi picchiare. Cosa che tra l'altro ha già fatto alla grande il suo non-ragazzo.

Il primo piano della torta è pronto, quindi lo sistemo in frigo e tiro fuori il secondo. La cascata di fiori colorati mi attende sul bancone, pronta per essere sistemata

“sono begonie queste?” chiede, continuando a guardare le decorazioni

“dovrebbero perchè?”

“sono molto belle” dice, facendomi sorridere appena e questa volta è il mio turno di ringraziarla

“sei molto bravo” le sorrido e mi rimetto al lavoro, mentre lei si guarda in giro, un po' più rilassata e a suo agio. L'orologio a muro segna le dieci ormai.

“perchè oggi mi parli?” domando, deciso a sfruttare quel momento di loquacità.

Non sono sicuro che sia una buona mossa, ma al diavolo. O la va, o la spacca.

Si passa la lingua sulle labbra carnose per l'ennesima volta e con la mano si ravviva i capelli spettinati

“diciamo che ho deciso di darti la possibilità che volevi. Ti basti sapere che è merito di Prim” mi guarda negli occhi e per un momento vi vedo brillare la solita scintilla di sfida, che nel giro di qualche secondo scema fino a svanire. Qualcosa la sta turbando.

“e tu hai deciso di seguire un suo consiglio?” le domando, alzando un sopracciglio e mordendomi il labbro per non ridere

“se mi tocchi torniamo al punto di partenza. E lei è d'accordo” se un'occhiata potesse incenerire a quest'ora sarei un mucchietto di polvere sparso sul pavimento

“la ragazzina è intelligente” ridacchio

“più di quanto tu creda” il suo tono però è serio.

 

 

 

Per un po' ce ne rimaniamo in silenzio, e non so se sia la sua presenza, ma nel giro di un'ora ho finito anche il secondo piano della torta. Forse averla vicino mi rende più creativo, o forse voglio inconsciamente fare bella figura. Se tutto procede con questo ritmo, per mezzanotte potrei anche aver finito. Sorrido all'idea come un deficiente. In frigo, tra le torte finite e quelle che devono ancora essere decorate, campeggia un vassoio dorato con un post-it appiccicato sopra

 

Peeta. Vedi di non farti venire un indigestione. Mangiale con calma. Mamma”

 

con la coda dell'occhio, vedo Katniss scaldarsi vicino ai forni

“ti va il dolce?” domando, agguantando i pasticcini sistemandoli sul ripiano di legno. Lei li osserva, quasi studiandoli

“li hai fatti tu?”

“non tutti” ammetto “di solito di queste cose se ne occupa mio padre, ma alcuni, come questo” le indico una muosse alla menta e cioccolato “ sono esclusivamente di mia competenza”

lei si acciglia, rigirandosi un bignè al cioccolato tra le dita, sporcandosele di glassa

“tranquilla. Nessuno ci ha messo il cianuro dentro” sogghigno, mentre, ancora poco convinta, da il primo, piccolissimo, morso.

“allora?” domando “ti piace?”

per tutta risposta, lo mette in bocca in un'unica volta, e scuote la testa “no” borbotta, con la bocca piena e l'angolo delle labbra sporco di cioccolato.

Il mio cuore perde, uno, due, tre battiti, e sento i pantaloni stringersi di colpo alla sola, malsana, idea di quello che sto per fare. Una parte non troppo piccola di me vorrebbe fermarsi, ma quella altrettanto non assolutamente piccola comandata dal mio inguine ha la meglio. Spero non si accorga di nulla, continuando a specchiare i suoi occhi grigi nei miei. Con la mano le sollevo delicatamente il mento, avvicinando piano il mio viso al suo. Vorrei toglierle la crema passandoci la lingua, assaggiando piano quelle labbra piene che sembrano così invitanti. L'istinto primordiale mi suggerisce di colmare quella distanza immediatamente, in modo che la nostra pelle possa entrare in contatto, ora, subito. Non respira, ed è tesa, e forse , per un millesimo di secondo, il mio centro di comando si sposta e torna dove dovrebbe stare, ai piani alti. Lei non lo vuole. Me lo ha ripetuto un miliardo di volte.

Baciandola ora farei solo l'ennesimo casino che non posso permettermi. La trovo attraente, con i miei vestiti addosso, sporca e profumata di pane al tempo stesso. Torno a pensare di voler mettere le mani su di lei. Di percorrere il suo corpo con la lingua, di assaggiare la pelle scoperta del collo.

Ma quando deglutisce, il mio cervello da gallina torna a comandare il mio corpo da spudorato idiota. Che diavolo stavo facendo? Lei nemmeno mi interessa!

Cercando di fare come se nulla fosse successo, le passo il pollice sull'angolo della bocca, facendole l'occhiolino.

Mi sento uno stupido. Che diavolo mi è preso?! Era da un pezzo che non cercavo di baciare una ragazza in un modo così dolce. Perchè il mio corpo si è risvegliato proprio con lei? Nella migliore delle ipotesi è solo una crisi di astinenza da sesso e il mio testosterone è fuori controllo. O così spero.

Voltandole le spalle cerco di dare una sistemata al bancone.

Ho bisogno di stare da solo. Ho una folle necessità di sbollire la tensione del momento. Ed è ora che la porti a casa, perchè devo finire il mio lavoro.

“andiamo” sospiro “ti riaccompagno a casa”

per un lungo istante nella pasticceria regna una quiete elettrica. Katniss se ne sta immobile dove l'ho lasciata, le guance rosse e le spalle tese. Spero solo di non aver rovinato troppo la serata.

“devo ridarti la maglia” mormora

“non serve, me la ridarai un'altra volta” frugo alla ricerca delle chiavi dell'auto nella tasca dello zaino e mi infilo il portafogli nella tasca posteriore dei pantaloni. Con un gesto rapido raccatta le sue cose e filiamo fuori dalla porta, dove da poco ha smesso di piovere

“posso andare da sola. Posso prendere un autobus” dice, guardandomi prima di salire in auto. Io mi limito a scuotere la testa

“non lascio che una ragazza se ne vada in giro da sola a quest'ora”

“so cavarmela” mi fa notare, mentre apre la portiera e si tuffa sul sedile del passeggero. Io la imito

“non ne dubito”

 

 

il viaggio in auto non è lungo, ma decido di andare comunque piano, godendomi il silenzio dell'abitacolo e la voce del dejay che fa passare qualche canzone noiosa da piano bar. A quest'ora non fanno molto, ma non ho nessuna voglia di mettere su un cd.

“Mellark”

“Peeta” chiarisco, passando la mano sulla leva del cambio

“Peeta” si corregge, asciugandosi le mani sui jeans stropicciati “grazie per...” sembra pensarci su, così la lascio fare

“bhe, grazie per quello che hai fatto” sul momento sembra riferirsi a questa sera, ma poi l'idea che il ringraziamento sia più esteso mi balugina in mente

“a cosa ti riferisci?” indago, cercando di fugare i miei dubbi

“a tutto” Katniss fissa la strada scorrere veloce davanti a noi, così per un attimo la guardo, di profilo. Il naso piccolo e gli zigomi alti sono men proporzionati tra loro, ma la sua caratteristica migliore sono gli occhi pericolosamente profondi.

Con un respiro profondo torno a concentrarmi sulla strada.

“non c'è di che” borbotto, fermando l'auto all'ennesimo semaforo rosso, e grattandomi la nuca.

“non voglio essere in debito con te però. Quindi chiedi quello che ti pare”

la sua ossessione per i debiti comincia ad irritarmi, ma da stronzo quale sono, cerco di sfruttarla a mio favore. Sbuffo divertito e stringo le dita sul volante, facendolo scricchiolare. L'idea di chiederle qualcosa di personale mi stuzzica parecchio

“bene” annuncio “dimmi perchè Hawthorne ti sta sempre addosso. Perchè sai che lui ti guarda come Delly guarda me?”

per un istante sembra allarmata, ma l'attimo dopo la sua espressione torna quella seria e dura di sempre. Proprio come qualche ora fa. Forse la domanda è troppo intima e personale, ma non mi pento di avergliela posta. E ora aspetto una risposta.

Dopo una lunga pausa, in cui penso si sia studiata cosa dirmi parola per parola, per non svelare ne troppo, ne troppo poco, si decide a darmi spiegazioni

“io gli piaccio”

“questo lo sapevo” affermo, perchè non mi piacciono le ovvietà “ma per prendermi a pugni, il suo deve essere un desiderio morboso” le faccio notare.

Katniss abbassa la testa, trovando improvvisamente interessanti le unghie corte delle mani

“Gale è geloso e pensa che io lo stia rifiutando solo perchè non voglio ammettere a me stessa di amarlo”

“e invece?”

sospira, gettando la testa indietro contro il sedile

“è il mio migliore ed unico amico. Non ho intenzione di mettermi con lui, perchè per lui provo dei sentimenti controversi. Ma ora basta” si acciglia “ti ho già detto abbastanza”

 

una vocina prende a ronzarmi nella testa. Fastidiosa, insistente, strascicata, quasi fosse sbronza : “trova un interesse comune”

 

parcheggio sotto casa sua e spengo la macchina, cogliendola di sorpresa

“vuoi liberarti di lui?” la mia è più una richiesta che una domanda fatta per curiosità .

“vuoi che smetta di insistere perchè vi mettiate assieme?” insisto, trattenendola per un polso. Lei non cerca di liberarsi dalla mia presa, ma sento il suo battito accelerare

“non voglio perdere il mio migliore amico” sottolinea nuovamente, guardandomi con un'intensità tale da farmi sprofondare nel sedile. Ma tutto d'un tratto le parole di Haymitch hanno un senso.

E forse, per quanto malato, perverso e sbagliato sia, ho trovato il nostro interesse in comune. E non posso lasciarmi sfuggire questa occasione.

“mettiti con me”

 

 

 

 

 

è come se avessi sganciato una bomba. Lei si irrigidisce, e cerca con la mano libera la maniglia della portiera. Le mie parole mi rimbombano nelle orecchie, ed è quasi assordante.

Scuote la testa, gli occhi sgranati e il respiro frenetico. Prima che possa aprire la porta, schiaccio la serratura e le blocco l'unica via di fuga

“stammi a sentire Katniss” comincio facendole risalire la mano fino alla spalla

“se noi fingiamo di stare assieme, sia Delly che Gale si daranno per vinti. E la smetteranno di credere che siamo interessati a loro in quel modo. Saranno costretti a starci accanto, essendo i nostri migliori amici, ma capiranno che noi non ricambiamo i loro sentimenti”

si morde il labbro, ma perlomeno smette di cercare di scappare

“non mi metterò con te” snocciola le poche sillabe sottolineandole con cura una ad una

“è solo finzione” chiarisco “nulla sarà vero. Dovremmo solo fare la parte dei due innamorati. Fingeremo di frequentarci, fingeremo di metterci assieme, fingeremo una relazione e fingeremo di lasciarci quando sarà ora. Solo in pubblico. Non sarai costretta a vedermi fuori da scuola, a meno che non saremo invitati da qualche amico, non dovrai baciarmi se non poche volte in pubblico, non dovrai darmi spiegazioni di nulla. Al di fuori della scuola, le nostre vite si separano, come al solito”

“so come vanno a finire queste cose” mi guarda in cagnesco, socchiudendo gli occhi “so dove vuoi arrivare”

scuoto la testa, sconsolato e incazzato “non hai capito. Tu non mi interessi. Voglio solo liberarmi dell'idea sbagliata che la mia migliore amica si è fatta su di me. E tu vuoi la stessa cosa”

è una bugia, lo so io, il mio cervello, e il mio amichetto in subbuglio li sotto. Lei mi interessa eccome. Per il suo corpo, al momento.

Il problema è che ha tutto quello che serve al posto giusto, e faccio fatica a rimanere indifferente a certe cose ormai.

“con queste cose alla fine le ragazze si innamorano sempre dei ragazzi. Ma io non mi innamorerò di te. Il tuo subdolo piano è inutile” mi ringhia contro, così gioco la mia carta migliore

“visto che non ti innamorerai di me allora il piano è perfetto. Non sei il mio tipo Everdeen. Ed io non sono il tuo. Lo hai detto tu”

“non funzionerà. Sappilo” scende dall'auto ed io con lei, poggiandomi al cofano ancora caldo

“il mio piano funzionerà, se ti comporti come previsto. E poi l'hai detto tu, che non ho effetto su di te. Dovresti starci”

forse la sto confondendo, perchè dalla sua fronte corrugata si capisce che ci sta pensando

“ok” mormora, le guance le si sono tinte di rosso acceso. Deve essere imbarazzata perchè l'ho messa alle strette.

“bene”

 

l'idea mi balza alla mente con una perfidia tale da stupire anche me stesso. Ma devo accertarmi che le cose vadano come devono andare. Sia per lei, che per me. Se questo piano fallisce, entrambi passeremo dei guai belli grossi. E le ho promesso che non ci sarebbero state ripercussioni oltre a quelle stabilite.

Allungando il braccio le afferro la mano e la avvicino a me, guardandola negli occhi grigio tempesta. Intorno a noi nelle aiuole friniscono i grilli, immersi nel buio quasi totale. La poca luce proviene dal lampione sopra di noi

A pochi millimetri dal suo viso ancora riesco a parlare “dimostrami che non sei attratta da me” nella mia testa la mia voce ha assunto una nota languida

lei annuisce “non lo sono minimamente” il suo fiato caldo si infrange sulla mia pelle.

questa volta il cervello si spegne definitivamente, dandomi il via libera per premere le mie labbra sulle sue.

Lascio che una parte di me si perda in quel contatto, per cercare di farlo sembrare vero. L'altra parte però, è ben attenta a non esagerare. Io non dovrei provare nulla.

Quando si stacca da me, la mia bocca formicola, come se fosse stata scottata.

Scuoto la testa e lei con me. Alza le spalle

“niente”

incrocio le braccia al petto, dandole l'impressione di soppesare la cosa

“niente” confermo “sabato sera. Vieni al falò in spiaggia con me.”

“scordatelo Mellark” si volta, incamminandosi verso il portone

“ti passo a prendere alle 21” salgo in macchina senza aspettare la risposta e mi permetto di buttarmi di peso sullo schienale soltanto quando Katniss è sparita dalla visuale.

La realtà è che in quel bacio non c'era assolutamente nulla su cui rimuginare.

I pantaloni stretti sull'inguine e il cuore a mille non sono esattamente il mio concetto di nulla.

Sono fottuto. Cazzo.

 

 

   
 
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