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Autore: AleDic    08/08/2015    3 recensioni
[5x22 ǀ Sam!Centric ǀ 1.958 parole]
“Chi sei tu, Sam?”
Avanti, rispondi.
È tutto qui.
Lo sai, l’hai sempre saputo.
Tra tutte le domande che ti sei fatto e che potrai mai farti, fra tutte le cose da fare, da sistemare, da salvare, l’unica vera questione che devi affrontare è quella.

“Chi sei tu, Sam?”
È l’unica cosa che conti davvero, l’unica risposta che ti serve, l’unica che devi trovare.
È, lo sai, l’unica cosa che può salvarti, che può salvare tutti.
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quinta stagione
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Autore: AleDic
Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Generi: Sovrannaturale, Introspettivo
Avvertimenti: Spoiler!5x22, molto molto straziante. 
Rating: Giallo
N/A - Note dell'Autrice: sì, lo so che è periodo di vacanze, che fa caldo, che questa shot è qualcosa di terribile, ma sono riuscita a finirla – non so come, ma ci sono riuscita – e mi sembrava giusto pubblicarla. È un tributo a Sam che da quanto mi è parso di vedere è abbastanza messo da parte e non va bene. Certo, non vanno bene neanche queste cose strappacuore, ma mi è uscita così, scusate – spero solo che Sam non risulti OOC, i Winchester (i personaggi di SPN in generale, in realtà) sono personaggi difficili. Non mi resta che augurarvi buona lettura, grazie a tutti in anticipo – in particolare a chi avrà la premura (se ancora vivo) di lasciarmi anche un piccolo commento.

Vostra,

Ale

 

What you are is what you have always been



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http://i60.tinypic.com/syazis.jpg
 
 

 



“So what's it all add up to?
It's hard to say. But me, I'd say this was a test... for Sam and Dean.
And I think they did all right.
Up against, Good, Evil, angels, devils, Destiny, and God himself, they made their own choice.
They chose family. And, well... isn't that kinda the whole point?
No doubt - endings are hard. But then again... nothing ever really ends, does it?”

(Supernatural, 5x22, Swan Song, Chuck)

 

 



“Chi sei tu, Sam?” 

È quello che ti chiedi da sempre, quello che hai cercato di scoprire in tutti i modi. La grande domanda. Ti tormenta ogni giorno, ti tiene sveglio ogni notte. Pensavi che fosse colpa di come fossi cresciuto, del modo in cui tuo padre ti aveva allevato.
Il tuo non sentirti normale, l’essere strano, diverso.
L’essere un Cacciatore.
Te n’eri andato, allora, avevi provato a lasciarti tutto alle spalle, a cercare di dimenticare il passato, come se non fosse mai esistito.
Come se non avessi più un padre.
L’avevi odiato, per quello che ti aveva fatto, per averti coinvolto nella sua personale crociata, fregandosene di te, di quello che desideravi, di quello che provavi.
Non si era mai preoccupato del fatto che fossi soltanto un bambino, che potessi avere paura – di tutte quelle dannate notti passate al buio e nel buio, pregando che quei mostri che avevano preso tua madre non riuscissero ad arrivare a te, in cui non ti sentivi mai al sicuro, mai a casa, mai un posto che ti rassicurasse che non ti sarebbe accaduto niente di male (il male che vedevi ovunque, soprattutto in quelle notti di bambino, troppo buie a volte, che ti tenevano sveglio col terrore che potesse essere l’ultima).
Ma poi era accaduto.
Jessica era stata uccisa.
E tu l’avevi sognato giorni prima.
E tutto quello che avevi costruito, tutto quello che avevi fatto, era stato ridotto in cenere.
Allora avevi capito, finalmente, avevi capito che cosa si celasse nell’animo di tuo padre. Il dolore che aveva provato e che aveva portato con sé, come una seconda pelle, anno dopo anno, e tu avevi capito, finalmente.
John aveva fatto del suo meglio.
Aveva affrontato una situazione impossibile e l’aveva gestita al meglio delle sue possibilità.
Ed era rimasto con voi, cercando di proteggervi dai mali del mondo.
Così che poi voi foste pronti a proteggervi da soli.
E aveva dato la sua vita per questo.

“Chi sei tu, Sam?”

Perché eri così diverso? Cos’erano quelle strane abilità che possedevi?
Più andavi avanti nel cercare risposte e più domande si aggiungevano alla lista.
Più la tua sete di sapere aumentava.
Ma quello che hai scoperto non ha fatto altro che confonderti sempre di più.
Avevi sangue di demone dentro di te.
Ecco che cosa c’era di sbagliato.
Ecco cos’è che non andava.
Ecco perché nella tua famiglia, tra i tuoi amici, ovunque, in qualunque caso, non riuscivi a sentirti a tuo agio.
Perché non riuscivi a sentirti parte di qualcosa. A sentirti a casa.
Perché continuavi a scappare.
A cercare.
A non trovare.
Perché non c’era niente, là fuori per te, Sam, non c’era niente come te.
Niente a cui tu appartenessi.
E anche tutte le tue certezze – poche, è vero, ma pur sempre certezze – si sgretolarono sotto i tuoi occhi, come terra tra le mani.

“Chi sei tu, Sam?”

Avanti, rispondi.
È tutto qui.
Lo sai, l’hai sempre saputo.
Tra tutte le domande che ti sei fatto e che potrai mai farti, fra tutte le cose da fare, da sistemare, da salvare, l’unica vera questione che devi affrontare è quella.

“Chi sei tu, Sam?”
È l’unica cosa che conti davvero, l’unica risposta che ti serve, l’unica che devi trovare.
È, lo sai, l’unica cosa che può salvarti, che può salvare tutti. 

“Chi sei tu, Sam?”

Le parole di tuo padre, le sue ultime parole, quelle che Dean ti ha riferito, sono state per te.
Ha detto a Dean di salvarti, di cercare di farlo a tutti i costi.
E se non ci fosse riuscito, allora – solo allora – avrebbe dovuto ucciderti.
E per quasi due anni ti sei chiesto perché, perché vostro padre, tuo padre, avrebbe detto una cosa simile.
Forse anche lui aveva realizzato che probabilmente non c’era speranza per te, che eri condannato, eri quello che sei e non saresti potuto cambiare.
Oppure.
Eppure.
John conosceva la verità su di te, sapeva chi eri, ma te l’ha sempre tenuto nascosto, non te l’ha mai rivelato – perché non l’hai fatto? Eh, papà? Perché mi hai tenuto all’oscuro, perché mi hai lasciato qui, sapendo quello che sarei potuto diventare?
Eppure.
Oppure.
John non te l’ha mai detto perché sapeva, sì, sapeva che niente e nessuno avrebbe potuto rispondere a quella domanda per te, niente e nessuno, sapeva, poteva dirti chi tu sia, Sam.
Sapeva, tuo padre, sapeva che nemmeno lui poteva.
Dipende tutto da te, Sam.
Ed è così che ti ha dato quello che desideravi anche più della verità, ti ha dato la possibilità che gli hai sempre chiesto di avere per tutta la vita: la libertà di scegliere chi essere.
La tua speranza di salvezza. 

“Chi sei tu, Sam?”

È qual è stata la tua scelta, Sam? Chi hai scelto di essere?
Hai scelto la vendetta prima della giustizia. Hai scelto di combattere la tenebre con le tenebre. Hai scelto di mentire a tuo fratello. Hai scelto un demone invece della tua famiglia.
Hai scelto.
E che cosa ti hanno reso le tue scelte?
Ogni decisione che hai preso ti ha portato esattamente dove voleva Azazel. Ogni tua singola libera azione ti ha condotto al destino che tutti, tu per primo, avevano cercato di eludere.
Hai scelto.
E cosa hai scelto di essere, Sam?
Un mostro, un mostro, sei un mostro, Sam, un mostro.   


 (“È finita, dunque? Sono condannato, non c’è salvezza?”).

 “Chi sei tu, Sam?”


 (“Ho fallito, mamma. Ti ho delusa. Te, papà, Dean. Voi avete dato tutto, avete dato le vostre vite per me e io ho fatto un casino. Ho distrutto il mondo. Ho condannato tutti, non solo me.
Che cosa c’è dentro di me, mamma? È… è il Male.
Lo so. Lo sento. E se fosse più forte di me?
Che cosa posso fare?
Mamma?”).

 
“Chi sei tu, Sam?”


 (“Neanche tu credi più in me, Dean?
Anche tu mi consideri un mostro?
È davvero questo che sono, dunque?
È questa la risposta che stavo cercando?
Non sono ormai più niente, a parte questo?
Non c’è modo di rimediare a quello che ho fatto?
 Ed è per questo che vuoi arrenderti, vuoi consegnarti a loro?
Davvero pensi che sia finita?”).

 
No.
No.
Non è così che andrà, non è così che deve andare.
Sei un guerriero, Sam, un saldato e non è finita finché sei ancora vivo e puoi combattere, non è mai finita.
È colpa tua tutto questo, lo sai, è colpa tua, ma sistemerai le cose - non è finita.
Ma c’è solo un modo per farlo.


 (“Mi dispiace Dean, per tutto. Avrei dovuto ascoltarti. Avrei dovuto fidarmi di te.
Ma lo faccio adesso. Lo faccio e ti prometto che non smetterò più, non smetterò mai di credere in te.
Tu che mi sei sempre stato accanto.
Io sono cresciuto attraverso te.
Mio fratello maggiore.
È tempo per me di fare le mie scelte, quelle giuste, questa volta.
È tempo di crescere”).

 

“Chi sei tu, Sam?”

Rimettere Lucifero nella Gabbia, usare gli anelli dei Cavalieri, stringere un patto con Morte, allearsi con Crowley. Sai che tutto questo non basterà, che non sarà abbastanza per fermarlo.
Tu e lui, siete legati – tu e il Diavolo - due facce della stessa medaglia, non può essere fermato senza fermare anche te.
Non gli puoi sopravvivere.
E tocca a te mettere la parola fine – tu lo hai liberato, tu solo puoi rinchiuderlo, una volta per tutte, è compito tuo.

“Chi sei tu, Sam?”

Sai che Dean non è d’accordo – anche se ti ha detto di sì (l’ha fatto, l’ha fatto, ha creduto in te, ancora, per l’ultima volta forse) - sai che questo lo distruggerà. Ma sai anche che qualcosa è cambiata in lui. Come è cambiata in te. Non siete più gli stessi di quando avete cominciato il viaggio, siete cresciuti entrambi. E sai che ora Dean desidera una vita normale – o giù di lì – una famiglia, e sai anche quale – perché conosci tuo fratello meglio di chiunque altro e lo sai quello che prova per Lisa e Ben, sai che vorrebbe essere con loro.

 

(“Promettimelo, Dean. Una volta chiusa, la Gabbia non potrà più essere riaperta. È troppo pericoloso anche solo provarci.
Perciò, promettimelo.
Promettimi che non cercherai di riportarmi indietro.
Promettimi che piangerai e ti arrabbierai e farai esplodere il dolore, che lo sentirai tutto, fino in fondo.
E poi promettimi che lo lascerai andare.
Che permetterai alle persone che ti amano di aiutarti a guarire.
E io ti prometto che succederà.
Che ti sveglierai un giorno e non farà più così male.
E lo capirai, lo sentirai.
Che andrà tutto bene”).

 
“Chi sei tu, Sam?”

Una mossa sola.
Solo un passo.
È tutto quello che serve per vincere, tutto quello che serve per salvare tutti.
Per salvare Dean.
Dean che è ancora lì, che non ti ha lasciato anche adesso che sembra tutto perduto, che a te sembra tutto solo un eco lontano e indistinto, che Lucifero ha ancora il controllo del tuo corpo e lo sta usando per colpire tuo fratello - ancora e ancora

“Chi sei tu, Sam?”

 

«Sammy? Sam? Va tutto bene va tutto bene sono qui sono qui non ti abbandonerò non ti abbandonerò».

 

La voce di Dean, sì, deve essere la voce di Dean quella che stai sentendo – ma è tutto così buio adesso, così buio e lontano (“Dean, sei tu?”). È un vorticare confuso di rumori e suoni e immagini sfocate, ed è solo nella tua testa forse tutto quel caos – ma quello, cos’è quello? Sta luccicando qualcosa, cos’è?

Un soldatino di plastica incastrato nel posacenere dell’Impala.

 (“Dean, giochiamo con i soldatini? Il mio si chiama Ryan ed è rimasto intrappolato in territorio nemico e il suo comandante viene a salvarlo!”).

Pezzi di lego negli aeratori.

(“Dean, sicuro che papà non si arrabbia poi? Mettili là dentro, così non li vedrà!”).

 Due incisioni sull’interno del cofano.

 (“Dean, mettiamo i nostri nomi sull’auto. E così che si fa quando si ha qualcosa, me l’ha spiegato la maestra oggi, ci si mette il proprio nome. Così non corri mai il rischio di perderla”).

Una serie di immagini confuse e veloci, ricordi di una vita, tutti lì adesso, che ti scorrono davanti, che ti scorrono dentro come se li stessi rivivendo ora, tutti in una volta. Ricordi – ricordi, adesso, Sam? La risposta l’hai sempre avuta con te, la ricordi, adesso?

“Chi sei tu, Sam?”

Un attimo è quanto basta, un attimo può equivalere a una vita – una vita in cui sei sempre stato te stesso senza mai dovertelo chiedere. Un attimo e sei di nuovo tu.

 

«Va tutto bene, Dean. Andrà tutto bene. C’è l’ho in pugno».

 

Un passo.
Solo un passo.
E sarà tutto finito.

E allora volgi lo sguardo verso tuo fratello. Lui che ti ha sempre permesso di sapere chi eri. Lui che ti ha appena ricordato chi sei. Chi sei sempre stato. Chi sarai sempre. Chi vorrai sempre essere.

 (“È finita, adesso, Dean. È davvero finita. Ho un po’ paura, è vero, sull’orlo di quest’abisso, ma non mi tirerò indietro. Andrò fino in fondo. Fallo anche tu, ricorda che me l’hai promesso. Non tirarti indietro dal dolore, ma soprattutto – Dean, soprattutto – non tirarti indietro dall’amore.
Sii felice, fratello”).

È così che lo saluti, forse per l’ultima volta, Dean, Dean che ti sta guardando adesso – quanto tempo è passato da quando ti ha guardato in quel modo, non lo sai, Sam, sai solo che quello sguardo è l’ultima cosa che vedrai e allora ringrazi, non sai chi di preciso, ma ringrazi – ti sta guardando come se ti avesse appena riconosciuto, come se te lo stesse domandando con gli occhi.

Chi sei tu, Sam?

Sono tuo fratello.

 

   
 
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