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Autore: B Rabbit    08/08/2015    0 recensioni
{ Per il secondo giorno della Laven Week | Miracolo, è fluff! }
Scese dalla vettura e restò immobile, silenzioso, ad ammirare quei timidi fiori che impreziosivano l’aria con il loro profumo intenso; a sorridere a quell’albero ormai cresciuto che piantarono anni fa nel loro giardino per un giorno speciale.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Nuovo personaggio, Rabi/Lavi | Coppie: Rabi/Allen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Laven Week 2015'
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Papà




La prima cosa che colpì Allen, mentre svoltava l’ennesimo angolo, fu il bagliore dorato che si irradiava dalle finestre della loro piccola, gradevole casa.
Parcheggiò l’auto vicino al muretto, sotto i rami di magnolia punteggiati ancora da vari fiori bianchi, gli ultimi di quell’anno. Scese dalla vettura e restò immobile, silenzioso, ad ammirare quei timidi fiori che impreziosivano l’aria con il loro profumo intenso; a sorridere a quell’albero ormai cresciuto che piantarono anni fa nel loro giardino per un giorno speciale.
Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni alla ricerca delle chiavi, ma appena notò il cancelletto della proprietà leggermente aperto, smise di cercare e sorrise. Lo stavano aspettando.
Varcò l’entrata, oltrepassò il giardino lentamente, lo sguardo fisso sulla porta schiusa e il suono dei passi rubato via dalla brezza vespertina; voleva fare una sorpresa, Allen, aprire la soglia di casa e gridare estasiato il suo ritorno, ma appena adagiò la mano sul battente, questo si aprì, rivelando una figura alta e agile, sagomata da un aura di luce proveniente dal soggiorno.
«Non ho lasciato tutto aperto per negligenza, tranquillo» scherzò il fulvo, avvicinando l’altro a sé con il braccio destro. «Bentornato» mormorò poi con voce gutturale, dolce, e posò le labbra sulla sua fronte.
«Grazie» rispose lui, ma prima di poter solo restituire la coccola, qualcosa lo colpì debolmente al petto, attirando così il suo sguardo. E Allen sorrise quando i suoi occhi incontrarono quelli grandi, azzurri di un bambino, stretto al petto di Lavi. «Bentornato, papà» salutò allegro il piccino, allungando la manina paffuta verso il genitore – e lui la prese, saggiò il calore delle dita con le sue e si beò della morbidezza della pelle in cui affondò le labbra –. «Ciao, lupacchiotto» ricambiò il saluto, baciandogli la guancia rosea e tonda.
Il rosso indietreggiò appena, così da permettere al marito di chiudere la porta e potersi finalmente abbandonare nel tepore di casa. «Siete arrivati prima» osservò, sciogliendosi i capelli bianchi.
«Il signorino aveva fame» spiegò, sfregando il naso contro la testa scura del figlio, facendolo così ridere. «Non c’era più nessuno in libreria, tranquillo».
Allen annuì. «E tu? Com’è andata?» chiese poi con voce gioiosa e prese delicatamente la creatura dalle braccia del padre, accogliendolo affettuosamente nelle sue.
«Ho trovato un libro sulle stelle!» trillò subito, posando le manine sulle guance del genitore e fissando i suoi occhi perlacei, stanchi, ma sereni. «C’erano le… le…».
«Costellazioni» suggerì il più grande, scompigliando affettuosamente i capelli d’ombra del fanciullino.
«Sì! Ed erano scritti anche i loro nomi!» proseguì, estasiato. «Papà ha detto che questa notte me le indicherà e mi dirà come si chiamano!».
Il ragazzo dai capelli nivei finse un’espressione sbalordita ed emise un sospiro di meraviglia. «Che bello!» dichiarò e, avvicinando il viso a quello del bimbo, scosse piano la testa, sfiorandogli così più volte il suo nasino con il proprio. «Allora andiamo» e, dopo aver aperto l’ingresso, adagiò il bambino a terra, così da lasciarlo correre in giardino.
Lavi gli baciò la guancia. «Hai mangiato?» domandò, chiudendosi la porta alle spalle dopo essere uscito fuori insieme all’amante.
«Qualcosa per strada» affermò, vago. Il fulvo corrucciò le sopracciglia. «Non hai fame?».
«Papà, non devi saltare i pasti!» urlò il piccolo, seduto vicino all’albero di magnolia.
Ad Allen sfuggì una risata argentina, limpida come la serenità e l’amore che aleggiavano nel suo petto; si avvicinò al bambino e, scoprendolo ammaliato dalle foglie e dalle bianchissime corolle della magnolia – l’albero che aveva sempre studiato anche nelle sue prime settimane di vita, e che aveva la sua stessa, brevissima età – lo sollevò all’improvviso, strappandogli un gridolino sorpreso – Lavi stette immobile, udì le loro risate mescolarsi armoniosamente fra loro e sorrise quando Allen strinse a sé il corpicino esile del loro bambino, baciandogli ripetutamente il visino roseo per donargli l’affetto che, al suo tempo, lui non assaporò nella tenera età –.
Accennò qualche passo sul mattonato e immerse i piedi nell’erba tagliata qualche giorno fa. «Si vede Cassiopea» proferì, avvolgendo fra le braccia la sua famiglia, il nucleo della sua vita.
«Dov’è?» gridò il moretto, viaggiando per tutta la volta con i suoi occhioni lucenti.
«È lì, in alto» e il fulvo alzò il braccio, puntando l’indice verso nord-est. «Vedi quella specie di tre?».
Il fanciullo aggrottò la fronte e scrutò pensieroso il cielo scuro. Sbarrò gli occhi appena localizzò cinque piccoli puntini nella direzione indicatagli dal padre e un verso di gioia si levò dalla sua boccuccia. «L’ho trovata! Eccola, eccola!» e sollevò le braccia finché ne fu in grado, quasi volesse toccare, acchiappare e così analizzare la costellazione fra le sue piccole mani.
Allen percepì il fulvo stringerlo maggiormente a sé – sorrise amabilmente appena l’altro posò il mento sulla sua spalla, e gli scoccò un bacio fra le ciocche color rame –.
«Vedo una croce!» li richiamò entrambi il piccino, indicando un punto imprecisato del firmamento.
«È il Cigno» rispose Allen, zittendo così il rosso con un sorrisetto divertito. «Vedi quella stella incredibilmente luminosa? Si chiama Vega».
La creatura fissò il padre con gli occhioni traboccanti di sorpresa e ammirazione. «Anche tu le conosci, papà?» sussurrò, facendo suonare le parole d’innocenza e curiosità.
Il citato gli baciò la fronte. «Sì».
«Gliele ho insegnate io, le costellazioni» si intrufolò Lavi, ottenendo in risposta uno sguardo stizzito dal compagno.
«Davvero?».
Allen sospirò. «Sì» ammise, osservando il cielo azzurro racchiuso nelle iridi del figlioletto. «Eravamo sul balcone dell’appartamento di tuo padre».
«Stavamo mangiando due ghiaccioli» aggiunse l’altro, strusciando la guancia contro quella del marito che, presto, si colorò d’imbarazzo.
«Vi volevate già bene?» chiese candidamente lui con la curiosità che, a volte, dominava le parole dei bambini quando indagavano sul passato dei genitori.
Lavi posò la mano sulla sua testa e gli carezzò i capelli d’inchiostro. «Sì…».
«Come adesso?».
«No» rispose Allen, le labbra increspate da un amabile e caldo sorriso. «Voglio bene a tuo padre ogni giorno di più».
Il fanciullo annuì con segni veloci del capo. «Anche io…» sussurrò, stringendo fra le piccole dita la maglietta del genitore e abbandonandosi contro il suo petto caldo che sapeva rasserenarlo in qualsiasi istante. «Anche io vi voglio bene ogni giorno di più».
Allen sgranò gli occhi – percepì il corpo dell’amante irrigidirsi all’istante e tremare leggermente come le sue mani –. «È la stessa cosa anche per noi…» mormorò, abbassando il capo e stringendo il suo tesoro a sé, nascondendolo quasi fra le braccia. Sentì le labbra di Lavi scoccargli baci gentili sulla guancia, sulla tempia pulsante, come il giorno in cui poterono finalmente avere il loro cucciolo per il resto del tempo.
Allen sorrise. «Ti vogliamo bene, Neal».

















Eeeeeeeeeed eccomi qui, con la seconda Laven della settimana e, gioite, è fluff! Oddio! cxc
E quindi eccovi un Lavi e Allen genitori con un bambino adorabile di nome Neal – per un secondo stavo per chiamarlo Mana, ma poi ho pensato che era un po’ scontato e quindi niente –.
Spero che vi sia piaciuta e, di nuovo, buona Laven a tutti :3

Vi voglio bene,
Cloud~

  
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