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Autore: AlexEinfall    08/08/2015    2 recensioni
Dicono che mescolare finzione e realtà sia pericoloso, e dicono che la mente dell'uomo sia fragile quanto il suo corpo.
Chi è davvero Tom? Un assassino, un amante, un profeta, un saggio o solo un'illusione?
[Dal testo: Dunque, il suo nome è Tom. A questo punto della sua vita, lui non crede sia il suo vero nome. A volte lo assale il dubbio che in realtà Tom non sia mai esistito. Qualcuno, dotato di più fede di lui nella spiritualità, potrebbe arrivare a dire che Tom sia in realtà non una persona in carne e ossa, ma un'idea, la metafora di qualcosa. Di cosa, poi, lui non ne ha ancora idea.
Poi ricorda il battito del suo cuore, così forte, così reale da sembrare stretto tra le sue dita.]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rating: Arancione
Coppia: Slash
Genere: Noir, Introspettivo
Avvertimenti: Nessuno
Introduzione: Dicono che mescolare finzione e realtà sia pericoloso, e dicono che la mente dell'uomo sia fragile quanto il suo corpo.
Chi è davvero Tom? Un assassino, un amante, un profeta, un saggio o solo un'illusione?

[Dal testo: Dunque, il suo nome è Tom. A questo punto della sua vita, lui non crede sia il suo vero nome. A volte lo assale il dubbio che in realtà Tom non sia mai esistito. Qualcuno, dotato di più fede di lui nella spiritualità, potrebbe arrivare a dire che Tom sia in realtà non una persona in carne e ossa, ma un'idea, la metafora di qualcosa. Di cosa, poi, lui non ne ha ancora idea.

Poi ricorda il battito del suo cuore, così forte, così reale da sembrare stretto tra le sue dita.]




Chi è davvero Tom?

Bisogna stare attenti con la finzione perché può diventare realtà,
così come la realtà ama diventare finzione.
Ian McEwan



"Senti, mi dispiace okay? Ti dovrei scrivere chissà cosa, ma non ne sono capace.
Solo, mi dispiace... Non funziona tra noi, ci ho provato. È finita. Non cercarmi più."
Inviato il 18/03/2015
00:31


Le persone dimenticano spesso le cose più importanti. Non le date dei compleanni o gli anniversari, ma i dettagli sono quelli che davvero contano. Come contano i minuti trascorsi nel silenzio, guardandosi negli occhi, e contano le pause tra le parole, i vuoti tra i rumori della vita.

Lui non è mai stato capace di dimenticare, anche se gli sembra di avere nella mente solo buchi neri.


Il suo nome lui non può dimenticarlo.
A volte si stende sul pavimento freddo e chiude gli occhi, rigirando nella mente quelle tre lettere. Immagina che esse si arrotolino intorno alla lingua, consumate a tal punto da perdere ogni significato. Batte contro il palato la t, e il fiato esce in una o, subito seguita da quel bacio lieve che porta a una m. Queste lettere, separate e denudate di ogni nesso, per lui non hanno alcun senso. Ma basta metterle insieme in una sequenza breve, per rimandarlo al giorno in cui le ha udite per la prima volta.



Dunque, il suo nome è Tom. A questo punto della sua vita, lui non crede sia il suo vero nome. A volte lo assale il dubbio che in realtà Tom non sia mai esistito. Qualcuno, dotato di più fede di lui nella spiritualità, potrebbe arrivare a dire che Tom sia in realtà non una persona in carne e ossa, ma un'idea, la metafora di qualcosa. Di cosa, poi, lui non ne ha ancora idea.
Poi ricorda il battito del suo cuore, così forte, così reale da sembrare stretto tra le sue dita.


Ricorda di quando era piccolo, e di sua madre seduta sulla poltrona che era stata della madre, e della madre della madre prima di lei. Lui amava quell'elemento d'arredo così antico, che ora i ragazzi chiamerebbero vintage. Il cuoio consunto odorava di vecchio, come la stanza di sua nonna quando lei morì, come la pelle di sua madre mentre la malattia la consumava.
Sua madre era di una bellezza selvaggia, con lunghi boccoli mori e nessun trucco a nascondere il pallore del volto. La sera gli carezzava il collo e gli diceva di quanto avrebbe voluto lasciare qualcosa al mondo. Diceva che suo marito era stato un chirurgo di grande prestigio, prima di svanire nel nulla. Lui seppe, anni dopo, che era stato un chirurgo mediocre e che era fuggito con un'infermiera, per alimentare la sua dipendenza dalla morfina.
Allora, era bello ascoltare le storie della madre e vedere in esse una grandiosità umana inesistente. Il sorriso di lei era caldo, sincero. L'ultimo sorriso che gli rivolse fu anche l'ultimo gesto d'amore della sua vita. Lasciò un buco vuoto che divenne col tempo insensibile.
Fino al giorno in cui incontrò Tom.

Tom che riempie tutti i suoi vuoti senza far rumore.



Tom.


Era giugno inoltrato, ma se anche fosse stato novembre per lui non avrebbe fatto alcuna differenza. Era annoiato, avviluppato nel senso di vuoto che assale l'uomo dopo una lunga fatica. L'ultimo esame del secondo anno di Medicina era stato fonte di stress, malumore e lunghe notti insonni. Lui non era affatto contento di scoprire che, anche dopo averlo superato, non si sentiva affatto sollevato. Non aveva un lavoro o molti amici con i quali uscire, né tantomeno la voglia di passare le ore seduto al tavolo di un pub o, peggio, in discoteca. Nessuna serie TV lo interessava al momento, neanche quelle che durante le ore di preparazione all'esame aveva trovato allettanti. Non riusciva a trovare abbastanza pace e concentrazione per guardare uno dei troppi film nella sua lista.
In sostanza, passava i giorni nella noia, aspettando il giorno in cui avrebbe riscattato l'ultimo desiderio di sua madre: lasciare un segno.

Tutta quell'energia repressa doveva essere sfogata.
Tom era la catarsi perfetta.

A pensarci ora, Tom era inevitabile, come una pioggia dopo la lunga siccità.




Quel giorno di Giugno, camminava lungo la strada, schivando i passanti e cercando di concentrarsi sulla sua lista mentale della spesa. Doveva comprare cinque cose, ma la quinta gli sfuggiva. Fu girando l'angolo di un edificio che una voce attraversò la nebbia della sua noia.
"Lo sai che ti ho già visto?"
Si fermò, congelato dalla strana sensazione di trasalimento. Guardò alla sua destra e vide Tom. Allora non sapeva il suo nome, ma quando il ragazzo allungò la mano e sorrise, presentandosi, gli parve che lui dovesse essere un Tom. Come se quel nome, in effetti, fosse parte della sua persona, allo stesso modo dei capelli neri e ricci, degli occhi nocciola e delle ciglia lunghe.
Strinse la mano di riflesso.
Quello fu l'inizio di ogni fine.


A volte si chiede cosa sarebbe successo se non avesse stretto la mano di Tom, risposto al sorriso di Tom o accettato l'invito a uscire di Tom.
Dove lo avesse già visto, lui non lo ha mai scoperto. Ora non crede fosse vero. Comunque, non avrebbe importanza.
Era inevitabile.





"Prima dei faraoni, in Egitto, quando uno moriva i figli si dividevano gli organi e li mangiavano. Così portavano sempre con sé chi amavano" diceva Tom, mentre guardava la lama del coltello.
Il modo in cui affettava il pollo, prima di poggiarlo sulla piastra, aveva il sentore di un rito.
Seduto al tavolo della cucina, lui lo guardava e annuiva in silenzio. Di quella storia ne aveva sentito parlare nei libri di Anne Rice, ma dirlo gli sembrava da stupidi, così non disse nulla.
Tom aveva mille cose da raccontare, tutte con lo stesso sapore di scoperta; con il tempo lui smise di rispondere, a tal punto che le uniche parole a uscire dalle sue labbra erano versi di approvazione.
Quando lui parlava con se stesso, nella sua mente era la voce di Tom a rispondergli.

Non è normale, si dice, che il pensiero di Tom nudo lo ecciti ancora. La verità è che non riesce a provare davvero vergogna nel ricordare le notti con lui. Il sesso con Tom aveva una qualità diversa da quello con chiunque altro.




"Abbiamo imparato a vergognarci della nostra nudità" disse Tom, carezzandogli la gamba.
Le lenzuola scivolavano lungo i suoi fianchi, rivelando alla luce della luna ogni curva del suo corpo.
"Questa è una delle eredità più pesanti della nostra civiltà, della cultura, del costume umano. Non c'è nulla di più sincero del sesso. Ci collega a chi siamo."
Avrebbe voluto chiedere chi siamo?
Ma non fu necessario.
Tom conosceva sempre i suoi desideri prima di se stesso.
Lo baciò e sospirò sulle sue labbra: "Siamo animali, e lo sai. Non saranno un paio di mutande a nascondere la nostra natura."
C'era qualcosa di sbagliato nel ragionamento, lui lo sentiva. Se siamo animali, diceva a se stesso, allora possiamo uccidere e cibarci dei nostri simili senza rimorso, perché è l'uomo ad aver inventato il senso di colpa. È sbagliato, si diceva. E nella sua testa la voce di Tom sussurrava perché dovrebbe essere sbagliato?


Quando le lezioni ricominciarono, quell'ottobre uguale a tutti gli altri, c'era qualcosa di diverso in lui. Durante una lezione sulle tecniche di chirurgia vascolare, una voce nella sua testa chiese perché salvare un uomo dalla sua morte?
A cosa serviva la medicina, quando si fondava sul principio che salvare vite fosse giusto? Giusto e sbagliato, diceva Tom, non avevano alcun senso, poiché non erano concetti naturali.
Quel giorno scoprì che tutte le voci nella sua testa, ormai, erano di Tom.

Potrebbe credere che Tom non sia più nella sua vita, ma non può mentire a se stesso. In fondo, c'è un motivo per cui ora è nudo, steso sul suo pavimento. Soprattutto, senza alcuna vergogna.
Aspetta che ritorni a casa. Forse ha un crollo mentale, come lo ebbe sua madre poco prima di morire. Forse è per questo che da un'ora Tom non si fa vivo. Per lui sembra passato un anno.


"Puoi farlo, io credo in te."
Guardò Tom, accovacciato accanto a lui dietro la siepe. Si voltò a scrutare oltre essa, imprimendosi nella mente ogni dettaglio del ragazzo seduto sul prato. Aspettava qualcuno, era chiaro; tutti hanno una vita, qualcuno da incontrare, qualcosa da fare. Era un pensiero sul quale non poteva concentrarsi.
"Un solo colpo, e nascerai a nuova vita. Tu passi il tempo a studiare per un lavoro in cui non credi, per salvare vite il cui valore non riesci a capire. Se fai questo, sarà la cosa più sincera che avrai mai fatto."
Chiuse gli occhi, cercando di credere a quelle parole con tutto se stesso. Avevano un fascino innegabile, che catturava la sua mente e la trascinava in luoghi lontani, fantastici. Verdeggianti prati in cui il passato non esisteva, in cui un fiume scorreva senza memoria. Lì non riusciva a ricordare il sorriso di sua madre, il dialetto schietto di sua nonna o il sentore della barba di suo padre sulla guancia.
Prima di poter prendere una decisione, scoprì che qualcosa di caldo e liquido colava lungo il suo braccio. Aprì gli occhi e vide la figura stesa ai suoi piedi. Nell'erba del parco, scura e sporca, giaceva il corpo di un ragazzo. La gola era squarciata, con precisione chirurgica. La lama del coltello, che lui impugnava ancora, aveva reciso l'aorta. Il sangue aveva smesso di zampillare e già impregnava, con il suo nauseabondo odore, la terra brulla.
"Come ti senti?"
Il corpo di Tom lo raggiunse, con il suo calore e odore, ancor prima della sua voce. Lui sorrise, perché per la prima volta sentiva i pensieri di Tom come suoi. Era nel prato verde e fresco, era senza memoria e senza dolore.
Da quel giorno parlare non fu più necessario. Poteva comunicare con Tom ogni volta che voleva, bastava chiudere fuori il mondo e pensare a lui.


Tutti i giornali parlarono del ragazzo morto nel campus, in piena notte. Le ipotesi correvano di bocca in bocca; nessuno capì mai che i moventi sono solo per gli uomini. Lui, ormai, non si considerava più tale. La voglia di rifarlo arrivò il mattino dopo, e alla terza vittima non aveva più esitazioni. L'attesa del senso di appagamento era sufficiente a occludere ogni ragione; lui voleva solo tornare nel prato, sulle sponde dell'immemore fiume. Continuava a studiare medicina, ma ora poteva vedere in ogni illustrazione nuovi modi di uccidere.


Il corpo umano è così fragile.





Apre gli occhi e si alza da terra. Qualcuno bussa alla sua porta.
Quando apre ai visitatori, lo accolgono divise e visi truci. La violenza è esagerata per un ragazzo che non oppone alcuna resistenza, ma lui immagina che questi agenti lo vedano come un animale selvatico, che potrebbe morderli in ogni istante. Nudo e inerme, viene spinto a terra e ammanettato. Divise sferragliano tutt'intorno, perlustrando il suo appartamento. Lui sorride, pensando alle armi che troveranno. Non le ha né nascoste né pulite, perché certo Tom non l'avrebbe fatto. Non prova senso di colpa, né vergogna, né alcuna umana emozione.
È solo stanco e non sa perché dovrebbe evitare di arrendersi alla sua fine. Era inevitabile che prima o poi venisse catturato; in fondo tutti i predatori fronteggiano la possibilità di divenire prede.
Purtroppo l'umanità è un virus che non può davvero debellare, ed è per questo che mentre lo issano non lotta, perché è troppo attaccato alla sua vita per rischiare di perderla.
"Lei è in arresto per l'omicidio di Tommaso Aquiloni, Giulio Ascari, Vincenzo-"
Tommaso?



Tommaso.

Crack.







Strano che ora la sua testa giri vorticosa, mentre le sirene urlano fuori dall'abitacolo.
Tom è morto?
Questo davvero non lo ricorda.
Scrolla le spalle e chiude gli occhi.
Non sono morto, lo sai. Sono con te. Sempre.
Sorride, perché Tom è tornato. Spera che Tom non lo abbandoni mai, perché senza di lui sarebbe perso. Non vuole ritrovarsi solo con la propria umanità.
Io ti perdono e ti venero per avermi dato una nuova vita, qui con te.
Per sempre.

Se è amore ciò che prova a quelle parole, non ne è certo. Ma sente che potrebbe morire adesso e non avere alcun rimpianto.
Con me per sempre.





Gli dicono che Tom è morto molto prima che lui ricordi di averlo conosciuto.
"Lei e Tommaso eravate partner?"
Guarda annoiato l'agente, che è chiaramente in imbarazzo riguardo l'argomento. Il suo collega, invece, sembra avere una precisa posizione a riguardo. Il suo volto è contorto nel disgusto.
"Hai ucciso Tommaso perché voleva lasciarti" dice convinto. "Gli amici della vittima dicono che litigavate spesso e all'università andava male. Non hai retto la pressione e lo hai ucciso, e ora ci vieni a dire che non sai neanche chi sia? Dopo di lui ne hai uccisi altri quattro. Abbiamo le prove."
L'altro agente sospira, forse deve essere il buono.
"Tre ore fa abbiamo ricevuto una chiamata dal suo cellulare. Ha chiesto che qualcuno venisse ad arrestarla, perché aveva ucciso ancora. Lo ricorda?"
Ora comincia a sentirsi confuso.
Chi ha chiamato la polizia? Possibile che Tom lo abbia fatto per lui? No...deve essere stata la propria debolezza; la sua umanità ha bussato alle porte della sua mente, portandolo a quell'estrema confessione, ed è per questo che Tom si è allontanato.
Ma Tom è tornato, lo sente. Tom lo perdona e lo assolve da ogni peccato.
"Cosa ci dici?"
Nulla.
Ricorda un sorriso caldo, quello di Tom, nel bel mezzo di Marzo. Tom che non mangiava carne perché era omicidio, Tom che credeva fermamente in Dio e nella sacralità della vita. Era un Tom diverso, quello di Marzo. Era pieno di vita e contraddizioni, ma era il Tom che lui amava.

Tommy, il bambino dell'altra classe quando era alle elementari, sempre atletico, sempre simpatico.
Tommy con il quale era cresciuto, che aveva agognato e sperato di essere.
Tommy che una notte di Marzo gli aveva confessato il suo amore, facendogli contorcere il cuore.

Tommy e... È finita. Non cercarmi più.

No...lui ha conosciuto Tom a Giugno, mentre andava a fare spesa.
Com'è possibile?
"Dov'è Tom?" chiede ai due agenti.
Si scambiano uno sguardo.
"Tommaso Aquiloni è morto. Lo ha ucciso lei."
"No...no, Tom. Io l'ho conosciuto tre mesi fa!"
"Stai cercando di prenderci in giro, ragazzo? Tommaso Aquiloni era tuo amico di infanzia e sembra anche amante. Lo hai ucciso con tredici coltellate all'addome. Hai dimenticato anche questo? Questo Tom di cui parli non esiste, te lo sei inventato. Ora magari ci vuoi far credere che hai uno sdoppiamento della personalità o stronzate simili?"
Stanno mentendo, non li ascoltare. Io sono reale, sono vivo, qui con te.
Tom ha ragione, deve averla, perché tutto questo è merito suo.
"Lascialo stare, non lo vedi che è fuori di testa."
Non sei pazzo, questo è la tua normalità e loro non possono capirti.
"Se vuoi farci credere che sei pazzo per scampartela, hai visto troppi film."
Ho davvero fatto quello che dicono? Ho davvero ucciso l'amore della mia vita?
chiede a Tom.

Non teme la punizione eterna per l'omicidio, ma questo assassinio è peggiore di ogni peccato riesca a immaginare.
Non avrei dovuto, vero? Non avrei dovuto ucciderti, Tom.
Non mi hai ucciso, mi hai sublimato. Sono qui con te, lo vedi?
"Passerai la vita chiuso in una stanza, ed è meglio così."
Escono e lo lasciano solo. Ma lui non conoscerà mai più la solitudine nella quale è cresciuto. Lui non sarà mai più solo.
Come potrebbe essere infelice?
Chiuso in una stanza con me, potrai essere ovunque vuoi.

Con me per sempre.











Note:
Hi! Ho scritto questo pezzo sotto l'influsso di una strana ispirazione, quindi per me ora è difficile capire come sia davvero il risultato finale. Questa è una sorta di sperimentazione, quindi... su su fatemi sapere cosa ne pensate.
A chiunque lasci il suo parere e anche la sua critica, tanti tanti ringraziamenti platonici.
A presto,
Ax.

  
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