Anime & Manga > Itazura na Kiss
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Autore: Alise13    09/08/2015    2 recensioni
E se Noaki fosse stato un genio ribelle? E se Kotoko si fosse innamorata di un tenebroso ragazzo con delle profonde ferite lasciatogli da un passato che non vuole abbandonarlo? Ce la farebbe lo stesso a lottare per questo suo amore? Riuscirebbe la piccola, ma ostinata Kotoko ad aggiustare un ragazzo rotto? Scopritelo in questa versione un po' dark di "Itazura na kiss"! Buona lettura e spero vi piaccia.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve!!! Questa è la prima ff che scrivo in questa sessione. Spero che questa strana versione di "Itazura na kiss" vi piaccia. Io ho amato questo manga/anime e mi piacerebbe per una volta provare a stravolgere un po' le cose, quindi abbiate pietà di me e della mia pazza idea XD che dire? Vi lascio al prologo che altro non è che un piccolo sprazzo della cerimonia di inizio anno in cui Kotoko vide per la prima volta Naoki. Buona lettura!!!


Due anni prima...

L’aria si era rinfrescata e la brezza mattutina entrava furtiva dalla finestra muovendo la tenda bianca; il tessuto s’increspava in piccole onde che, a tratti, facevano penetrare piccoli raggi tenui che illuminavano a sprazzi la stanza.
Mi rotolai qualche volta nel letto assaporando quella freschezza che tanto mi era mancata durante quell’estate afosa. Una mano si era intrufolata sotto il cuscino che sotto il peso della testa si era leggermente informicolata, una gamba era distesa quasi volesse raggiungere la fine del materasso, mentre l’altra era piegata stretta al petto. Ero in una fase di dormiveglia che mi appagava, riuscivo a cogliere quei piccoli dettagli e ad assaporarli rimanendo però con la testa sognante. Stavo facendo un sogno di cui non ricordavo già la trama, ma la sensazione che mi aveva lasciato era piacevole, tanto che, mi spingeva a richiudere gli occhi e a ricercarlo, ricrearlo, ma non ci riuscì.
Quella mattina avrei fatto fatica ad alzarsi lo sapevo bene, ma non volevo pensarci, avevo ancora qualche minuto di pace tutto per me.
Purtroppo o per fortuna l’estate era finita e da lì a poche ore sarei stata seduta sulla solita sedia di legno laccato pronta a percorrere il mio primo anno di liceo. Il pensiero della scuola mi fece fare una smorfia che m’increspò il labbro superiore e mi fece arricciare il naso. Da un lato non vedevo l’ora di rivedere le mie due migliori amiche, da un lato il pensiero di tornare a studiare mi face salire il magone. Il test avrebbe deciso la mia collocazione e visti i miei scarsi risultati nello studio, sapevo già che sarei finita nella sezione F, la sezione peggiore della scuola, quella in cui venivano raggruppati gli avanzi, così veniva chiamata. Stufa di quei pensieri con un colpo di gambe gettai via la coperta e con un colpo di addominali, un po’ impacciato per il poco sviluppo di questi, mi tirai su. Dopo essermi stropicciata gli occhi, ed essermi sgranchita la schiena, scesi dal letto un po’ barcollante.
Senza accorgermene mi ero persa nei miei pensieri ed ero tremendamente in ritardo. Mi preparai inciampando due o tre volte nei miei stessi piedi. Dopo qualche minuto e qualche livido riuscì nel mio intento. Mi presi due minuti per salutare la mia mamma che purtroppo era venuta a mancare qualche anno prima. Mi dispiaceva che non fosse presente in quel giorno così importante, ma non potevo fargliene una colpa. Aveva lottato così tanto contro la malattia, aveva sorpreso i medici ribaltando ogni previsione medica, ma alla fine il destino se la portò via. Una lacrima mi rigò il viso mentre accendevo un piccolo bastoncino d’incenso e lo posizionavo lì sul piccolo altarino. Congiunsi le mani e le chiesi di starmi vicino e con un sorriso le dissi ciao. Mio padre era la mia famiglia, tutto ciò che mi era rimasto. Aveva un piccolo ristorante e faceva il cuoco, era davvero bravo, ma lavorava tanto, troppo e purtroppo i nostri orari erano così diversi da farci incontrare poche ore alla settimana. In quel momento lo sentì russare profondamente e decisi di andare a scuola senza salutarlo per non svegliarlo. Corsi a perdifiato per le piccole vie finché non arrivai davanti al cancello della mia nuova scuola. Era grande e bella, il viale pieno di ciliegi in fiore. Le mie due amiche erano davanti al portone che mi aspettavano. Sorrisi e le salutai sventolando la mano in alto.
La cerimonia iniziò e l’aria di cui era intrisa la sala era solenne e carica di aspettative per tutte le nuove matricole come me, Jinko e Satomi. Jinko era un maschiaccio, con labbra carnose e un corpo formoso, Satomi invece sembrava la più impostata tra noi, capelli biondi sempre raccolti in una piccola coda e un fisico asciutto. Eravamo diverse tra noi, ma era questo che forse ci univa, ci compensavamo a vicenda. Come me loro erano avverse allo studio, quindi non fu una sorpresa quando scoprimmo di essere finite tutte e tre nella sezione F, per lo meno eravamo in classe insieme.
Jinko e Satomi cominciarono a parlare di un certo genio quindi cercai di ritornare alla realtà e ascoltare i loro discorsi.
«Di cosa state parlando?» Mi intromisi.
«Del ragazzo che farà il discorso d’apertura» disse Jinko quasi fosse ovvio.
«Non hai sentito i pettegolezzi vero?» Satomi aveva capito dalla mia espressione perplessa che non avevo sentito niente al riguardo.
«Dicono che alle medie fosse così bravo da essere stato per tre anni consecutivi il numero uno nella classica nazionale! Un genio!» squittì stupefatta da tanta intelligenza.
Un genio? Nella mia mente affiorò l’immagine di un piccolo ragazzo con occhiali troppo spessi e un taglio di capelli imbarazzante. Non fu facile trattenere le risate a quell’immagine, ma venni interrotta da una gomitata di Jinko che mi avvertiva che il discorso stava per cominciare.
Un ragazzo bellissimo salì sul palco. Aveva i capelli biondo cenere e gli occhi di una sfumatura di grigio particolare. Rimasi a bocca aperta mentre il mio cuore cominciò a battere ad un ritmo diverso da solito. Portai una mano al petto cercando di calmare i battiti, mentre la sua voce rimbombava nella sala piena di studenti rapiti dal suo discorso. Mi sarei immaginata tutto, ma non lui, Naoki Irie, il più bel ragazzo che avessi mai visto.
A quel tempo non sapevo che quell’amore sarebbe stata la mia rovina, ancora non sapevo quanto quel ragazzo mi avrebbe stravolto l’esistenza. Con lui avrei conosciuto la dipendenza, il dolore che solo lui riusciva ad infliggermi giorno dopo giorno.
   
 
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