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Autore: ZoeLoveRock    09/08/2015    2 recensioni
Tutte Scuse. All Apologies. Nirvana. Kurt. Due ragazzi persi nella vita di quest'uomo.
Genere: Comico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AMERICAN NOISE

I’m not like them,
But I can pretend.
- Kurt, Dumb

 
 
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La sveglia suonò, e Paradise City si diffuse per la stanza. Zoe infilò la testa sotto il cuscino, tentando di soffocare il fischiettio che introduce la canzone. Quando però sopraggiunsero le urla della zia, la ragazza si tolse il piumone di dosso con una lentezza da far invidia a un bradipo, e appoggiò cautamente i piedi sul parqet. Lo specchio appeso alla porta sembrava urlarle “Hai una faccia da far invidia a Frankenstein, tornatene a letto!”. In effetti, però, l’oggetto aveva ragione: i capelli castani erano scompigliati, mentre delle profonde occhiaie contornavano gli occhi. Sbuffando scivolò fuori dalla stanza e scese le scale. “Zoe! Ancora un po’ e ti avrei direttamente buttata giù dal letto!” la ragazza lanciò alla donna un’occhiata fulminante, anche lei non sembrò farci caso. I capelli riccissimi le incorniciavano il viso, e la carnagione dorata faceva risaltare gli occhi verdi. Almeno quelli li ho ereditati… pensò Zoe, guardando con un pizzico d’invidia la bellissima donna che aveva davanti. Aveva una camicia azzurra, forse di una taglia più grande, con i polsini slacciati, che lasciava intravedere dei luminosissimi bracciali. Un paio di collant neri, e per finire delle decolté turchesi. Le fece un sorriso  -bianchissimo- e appoggiò sul tavolo un cesto pieno di muffins yogurt e more. Prendendoli in mano ci si accorgeva del calore che emanavano, e al primo morso un’esplosione agrodolce di sapori inebriò la bocca. “Solo uno” si disse. Ovviamente, ne mangiò quattro, completati da caffè nero e tè al limone. Tornò al piano superiore. In camera prese una maglia grigia ricoperta di pizzo nero,  una felpa dei Linkin Park  -nera anche quella-  e dei jeans grigi. Prima di andare in bagno fece passare la mano sinistra lungo il pianoforte a mezza coda che occupava buona parte della stanza. Si fece una doccia veloce, per poi passare l’asciugamano sui capelli umidi. Si vestì velocemente, una sottile linea di eyeliner e un filo di mascara. Prossima missione: uscire senza farsi vedere dalla zia. “Zoe! Dove pensi di andare conciata così?!” piano fallito. “Che ho fatto..?” mugolò la ragazza, aggrottando le sopracciglia. “E’ il tuo primo giorno di scuola! Adesso ti sistemo quelle occhiaie..” disse la donna, tirando fuori un tubetto non identificato. “E quella che roba è?” domandò Zoe. “B&B. E’ una stuccatura leggera…” rispose Jasmine con un occhiolino. “Guarda che non attacca… non mi metterò mai quella roba addosso!” sentenziò la ragazza, cercando di assumere la sua espressione seccata. Niente da fare, la zia la conosceva troppo bene. Sorrise pensando allo “zio Frank e zia Jack” che trasformavano Daniel in Mrs Doutbfire. Jasmine approfittò di un momento di distrazione della nipote e con un gesto fulmineo le fece passare le dita sotto gli occhi. “ZIA!” urlò la ragazza. “Beh, ormali è fatta! Sembra che tu ci tenga a fare una brutta impressione!”  “E’ la scuola a fare una brutta impressione, con quel nome del cazzo!” sentenziò Zoe, pensando al modulo d’iscrizione: Liceo privato Dolce Amoris” scritto con lettere rosate. L’esclamazione della ragazza alla vista di quel modulo non era stata esattamente tra le più raffinate. “Ecco fatto!” esclamò soddisfatta la zia, sorridendo. La giovane decise che era meglio non guardarsi allo specchio. Lo zaino giaceva sul divano. Se lo mise su una spalla, accidenti, quanto pesava!” le sarebbe venuta una scoliosi, di quel passo… si infilò le converse nere. Erano i primi di ottobre, ma comunque faceva decisamente freddo. Zoe fu contenta di aver preso una felpa così pesante. Alzò il cappuccio, sfidando il vento gelido che le sferzava il viso. La zia aveva bisogno della macchina, quindi sarebbe andata in autobus. Di tanto in tanto dei brividi le percorrevano il corpo. Il vento trasportava di tutto: foglie, spazzatura, lattine… spartiti? Aveva appena messo un piede su uno spartito! A Liverpool non era normale trovarne in giro.. “Ma qui non siamo a Liverpool… questa è Brooklyn!” si disse con un sorriso. Guardando meglio il foglio, però, si accorse che era scritto a mano. Sul retro c’erano anche degli accordi per chitarra… lo piegò in quattro e tenendolo saldamente corse verso la fermata dell’autobus. Dopo aver passato lo stesso incrocio tre volte si decise a chiedere aiuto. La scelta cadde su un ragazzo dai capelli azzurri e lo sguardo luminoso. “Scusa, sai dov’è la fermata dell’autobus?”  gli chiese, cercando di assumere un tono gentile. “Beh, ce n’è una vicino a Starbucks, dopo quella salita, oppure dall’altra parte della strada, poco più a destra. Tu dove abiti?”  “Vicino alla stazione… di fronte ad una pizzeria…”  “Non sei qui da molto vero? Se vuoi possiamo fare la strada insieme, però io vado a destra… vieni anche tu?” mi sono fatta un amico… pensò sarcasticamente. “Okay” rispose. “Io sono Alexy Dombrovsky… ho origini russe.”  sorrise, mentre le gote prendevano un leggero colore rosato. In quel momento Zoe provò una tale tenerezza per quel ragazzo che un sorriso  - del tutto involontario -  si fece largo sul suo volto. “Zoe Mitchell. Vengo da Liverpool.”  “Oh, siamo europei tutti e due!” esclamò il ragazzo mordendosi il labbro, per poi aprirsi in un sorriso a trentadue denti. “Andiamo? Il pullman mica aspetta noi!”  “Magari fosse così…” commentò la ragazza con un sospiro, ripensando alle corse forsennate che faceva per non perdere l’autobus. Si incamminarono. “Dove devi andare? Se vuoi ti do qualche dritta!”  “Se te lo dico scoppi a ridere…” rispose Zoe, pensando al ridicolo nome del suo nuovo liceo. “Sono sicuro di aver sentito di peggio”  “liceodoceris…”  “Sei tu che non volevi far capire o io che sono diventato sordo tutto d’un colpo? E dire che la nonna Ekatarina sosteneva che ad ascoltare la musica a volume alto poi non si sentiva più un tubo!”  “Ekatarina?” chiese Zoe, aggrottando le sopracciglia. Il ragazzo si sporse  verso di lei, in modo che i loro occhi fossero allo stesso livello. “Non tergiversare.. – piegò all’in su un angolo della bocca -  dove vai?”  “Se te lo dico ti allontani?”  “Tranquilla, non sei il mio tipo” fece lui, riprendendo a camminare. “Liceo Dolce Amoris” disse lei, in un sussurro. Il ragazzo si voltò di scatto. “Dolce Amoris? Cavolo, ci vado anche io!”  “Perfetto! Oh, ecco che arriva il pullman!”  “Non so come siano i pullman nel Regno Unito, ma qui quello è un camion della spazzatura.. quello, invece  - indicò un altro mezzo, giallo -  è il pullman.” Sorrisero entrambi per la gaffe di lei e presero l’autobus. “I pullman inglesi sembreranno anche camion della spazzatura, ma sono infinitamente più comodi!” esclamò Zoe non appena si fu appoggiata ad un sedile di plastica verde marcio. Solo allora si ricordò del foglietto che teneva ancora in mano. Lo aprì e guardò meglio le note. Immaginandoselo con il pianoforte la melodia era meravigliosa, forte, e si dispiacque di non poter fare lo stesso con la chitarra. Alexy distolse discretamente lo sguardo, fingendosi interessato al panorama fuori dal finestrino, anche se lo vedeva praticamente ogni giorno. La ragazza pensò che sarebbe stato educato parlare un po’, così mise nella tasca della felpa lo spartito e sorrise al suo accompagnatore. Decise che avrebbe riflettuto su quella composizione più tardi. “E così… ti sei trasferito quando eri piccolo?”  “E tu come lo sai?” chiese il ragazzo, sollevando le sopracciglia chiaramente stupito. “Hai accennato a tua nonna, quindi devi averla conosciuta; ma parli l’inglese molto bene, quindi devi essere qua da molto.”  “Anche tu non te la cavi male…”  “L’inglese e l’americano sono più simili di quanto pensassi… tipo italiano e spagnolo, hai presente?”  “rispose il ragazzo. “Sai l’italiano?”  “Siamo stati a Torino per qualche anno… ho anche un gemello, che si chiama Armin.” Sorrise, alzandosi. “La prossima è la nostra!”  “Com’è questo liceo?”   “Immagina… una mega bomboniera… schifosamente rosa!” e con questo Alexy fece una specie di bleeah! tirando fuori la lingua e roteando gli occhi. Zoe rise.
 
Quel giorno Castiel si era degnato di presentarsi alle lezioni. Non sapeva il perché, ma quella mattina si era svegliato, ed era andato a scuola…Per la prima volta da.. per la prima volta in vita sua, in realtà, si sentiva come una calamita che stesse cercando il suo polo d’attrazione, a scuola. Entrò in classe, e rimase deluso. Non sapeva dire cosa si sarebbe aspettato, forse Jen Ledger, o Janis Joplin…O qualcosa di più. Di meglio.
Qualcosa che poteva soltanto vagamente presagire nella sua potenza, non immaginare nella sua sostanza. Tanto meno nominare nella sua forma.
E invece no. Un giorno uguale a tutti gli altri.
Nulla in accordo al suo presentimento. Tutto riconfermava la dolorosa normalità di sempre.
 Il povero professor Fraize guardava impotente la classe che non dava segno di essersi accorta della sua presenza. Chi chiacchierava, chi ascoltava la musica, chi ultimava i compiti… Ambra, Charlotte e Lin  - probabilmente, se avesse avuto un machete, sarebbero state le prime sulla lunga lista delle persone da colpire-  si stavano ammazzando per ultimare il loro maquillage.
Il ragazzo preferì amalgamarsi alla classe prendendo posto e accendendo l’ iPod. “Ragazzi!!” una voce stridula fuoriuscì dall’impianto che permetteva alla preside di parlare con le classi. “Pesti della 4° D, ascoltate quello che il professor Fraize ha da dirvi –perché so che non lo state facendo!- ed è importante!” dopodiché un ronzio segnalò che la donna aveva chiuso la comunicazione. Castiel sorrise. La sua classe, in effetti, era conosciuta perché popolata dai soggetti peggiori in circolazione, così come la 5°F.  Forse era quella  notizia la strana sensazione di attrazione. Si tolse addirittura gli auricolari dalle orecchie quando l’uomo si alzò in piedi. “Oggi avrete una nuova compagna di classe: si chiama Zoe Mitchell, e viene da Liverpool. Vi chiedo per favore di essere educati con lei, almeno il primo gior…” lo sfortunato professore venne interrotto da dei colpi delicati alla porta. “Avanti…” mormorò desolato. Anziché la nuova alunna, entrò Alexy, che lanciò un’ occhiata fugace alla sua migliore amica: Rosalya, nonché compagna di banco. La ragazza, senza di lui, si stava annoiando, e non faceva nulla per nasconderlo: aveva il mento sostenuto da una mano, come se da un momento all’altro la testa potesse rotolare via a fare i tanto bramati “cazzi suoi” mentre giocherellava con delle candide ciocche di capelli. Appena nel suo campo visivo entrò la sagoma del ragazzo sembrò distaccarsi dallo stato di apatia in cui si avvolgeva di tanto in tanto.
 
                                          

La nuova alunna sta arrivando. Nathaniel le sta dando… beh, qualcosa che non mi ricordo.”   "Dio Alexy, sembri Lysandre!"  esclamò qualcuno dal fondo. La classe scoppiò a ridere, mentre Rosalya tentava di avvicinare l’amico, che con un’alzata di spalle raggiunse il suo posto, davanti a Castiel. “Ragazzi, vi prego!” cercò di imporsi il prof. La porta si aprì nuovamente, ma questa volta fece il suo ingresso una figura sconosciuta. Ventidue occhi si puntarono su di lei. In una classe normale lo avrebbero fatto perché non aveva bussato, ma nella 4° D la curiosità aveva il sopravvento su qualunque forma di educazione. In effetti, tutto lì aveva il sopravvento su qualunque forma di educazione… “Zoe Mitchell” si presentò. Buffo, pensando al nome Zoe pensi automaticamente alla classica ragazza californiana, in rosa e la faccia da oca. Invece Zoe era bella. Era decisamente bella. Non una bellezza classica, ma comunque il tipo di bellezza che ti faceva voltare per strada. Aveva un sorriso sghembo e divertito, da perenne piantagrane. Sul viso era disegnata un’espressione scaltra e ribelle. Un’ottima avversaria, o alleata, che dir si voglia. Indossava una felpa dei Linkin Park e dei jeans grigi… felpa dei Linkin Park? Castiel sollevò le sopracciglia, chiedendosi se la indossasse per moda o perché apprezzasse davvero quel genere di musica. “Ciao Zoe! Io sono il professor Fraize, e insegno storia. Puoi metterti nell’ultimo banco a sinistra, vicino alla finestra. Castiel, tu starai verso il corridoio.” Ecco, arriva una ragazza nuova, carina, che potrebbe forse ascoltare musica decente… e lei gli fotte il posto. Zoe invece fu contenta di quella sistemazione, perché avrebbe avuto davanti Alexy. “Prof, mi oppongo!” decretò Castiel. La ragazza fece scorrere lo sguardo sul ragazzo che aveva parlato. Capelli rosso amaranto, che superavano di pochi centimetri le spalle, occhi grigi, espressione spavalda. Qualcosa, in quel ragazzo, sembrava familiare. Rimase lì a fissarlo, un po’ cercando di capire chi le ricordasse, un po’ aspettando la risposta del professore. “No Keaton, non se ne parla! Tu ti sposterai di lì!” disse il prof con una voce ferma che non era abituato ad usare. Di malavoglia il rosso fece scivolare il libro di storia  -chiuso-  sull’altro e si trascinò sulla sedia accanto. Allora Zoe si avviò verso quello che sarebbe diventato il suo nuovo posto, posò per terra lo zaino nero e tirò fuori un astuccio e un raccoglitore, su cui aveva incollato le foto dei gruppi che più amava. Castiel notò, con un certo stupore, che erano molto simili a quelli che conosceva anche lui. Fraize, contento che il nuovo arrivo avesse messo a tacere quella chiassosissima classe, cominciò a spiegare. Zoe ne approfittò per prendere lo spartito che teneva ancora in tasca e studiarlo con più attenzione. Il rosso, che fino a quel momento aveva seguito con relativa attenzione i movimenti della compagna, focalizzò l’attenzione sul foglietto che teneva in mano. “Ehi, quello è mio!” esclamò, riconoscendone le note. “L’ho calpestato mentre venivo a scuola, quindi non credo che te ne freghi molto..” commentò acida la ragazza, continuando a scrutare i pentagrammi. “Grazie al cazzo, sono due giorni che impazzisco a cercarlo! Non è che butti giù una composizione così!” ribatté l’altro. “L’hai scritto tu?” lo stupore sul viso della nuova era evidente, e nei suoi occhi c’era anche una buona dose di malcelata ammirazione. “Esatto. E se ora non ti dispiace, me lo riprendo.” Detto questo sfilò il foglio dalle mani della mora, ma nel farlo il bordo della carta le ferì il palmo sinistro, da cui uscì un rivolo di sangue. “’Fanculo…” gli sussurrò, e cercò di tamponare il taglio con un fazzoletto di carta. Prese un pezzo di stoffa dalla cartella e se lo avvolse sulla mano. “Dici che lì dentro posso trovarci anche una caffettiera?” chiese beffardo il rosso. “Buona fortuna.” disse lei, mettendogli la borsa di Mary Poppins in grembo. “Sul serio, perché ti porti della stoffa dietro?”  “Sapevo che prima o poi un emerito idiota mi avrebbe brutalmente ferita, così ,mi sono attrezzata.” Ironizzò lei, aggiungendo uno sguardo assassino e un mezzo sorriso: una piccola vittoria. Non una di più. Più Zoe osservava quel ragazzo, più le sembrava familiare. Si disse però, che, se avesse incontrato un pomodoro, metal, perennemente mestruato, con un certo talento per fare musica e un’intelligenza probabilmente inferiore  -pari, nel migliore dei casi- a quella di uno struzzo… se lo sarebbe sicuramente ricordato.  
 
*note dell'autrice*
No, mi spiace. LiaLoveCat non è morta (anche se sta progettando di cambiare nome in MaLiArt. Comunque, questa è la mia nuova ff... spero vi piaccia... se ci sono errori ditemelo, che rimedio! (Ringrazio la mia Senpai,
RandomWriter, per l'aiuto. :3)
Ho introdotto l'intuito spiccato della protagonista che sarà fondamentale tra alcuni capitoli. Dato che ho circa... beh, tutti i compiti da fare e starò via due settimane, pubblicherò il secondo capitolo tra un mesetto circa. SALUTI PANTELLIANI A TUTTI!
   
 
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