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Autore: Nivees    10/08/2015    1 recensioni
[ Raccolta di sette flashfic in onore alla Laven week! | Lavi/Allen ]
Tratto dalla terza flash:
Deglutisce e il sorriso si trasforma in una triste verità, quella della sua ossessione diventata amore. «E lo rifarò quando sparirai di nuovo.»
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Rabi/Lavi | Coppie: Rabi/Allen
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sempiternal

 

 

a song to the moon

Le lenzuola sembrano incandescenti, bruciano strusciando sulla pelle sudata e si appiccicano alla nuca insieme ai capelli. Lavi ci passa una mano infastidito, districando i nodi tra le dita e tirando quei ciuffi di fuoco, ma il suo sguardo non si stacca mai da quella figura bianca, quasi eterea che, forse pensando di non essere visto, pochi minuti prima si è alzato dal suo letto e si è rifugiato nella frescura della notte, appoggiandosi mollemente sul davanzale della finestra dove spifferi d'aria lo colpiscono e fanno danzare i capelli candidi, lasciati liberi da ogni restrinzione. Lavi nota che gli si sono allungati, che la prima volta che ha visto e toccato quei capelli erano molto più corti – quell'attimo di mille giorni fa che ha trascritto nella sua memoria come una pagina di diario, quel giorno dove l'ha visto indifeso e ferito steso su un letto e anche in quel momento, come in questi istanti immobili, ricorda di essere rimasto senza buone parole per potersi giustificare da quello che sente e che no, non gli è permesso sentire.
        Pensa ad una frase che spesso gli ritorna in mente, quando i suoi pensieri sono solo concentrati su di Allen. Deve averla letta da un libro, o forse l'ha sentita dire dalla bocca di qualche personaggio di quella vita che, stranamente, non ricorda – ma poco gli importa al momento.
        Quando l'amore non è ricambiato, si trasforma in ossessione.
      «Ti ho svegliato?» la sua voce è un sibilo in quella notte senza suono, e nel buio della stanza Lavi riesce a scorgere comunque i suoi occhi brillanti come fari puntarsi su di lui e sente una strana sensazione nelle viscere, spiacevole, che non gli piace, ma che continua a cercare. Come un masochista.
       Si alza, lo raggiunge a passi lenti e studiati, «Naah, fa solo caldo e non riesco a dormire.» dice. Si appoggia al muro accanto alla finestra, il lato opposto al suo in modo da poterlo osservare bene, ma senza rischiare di toccarlo, non di notte, non da soli e non in quello stato così instabile. «A cosa stavi pensando, Allen?» chiede, ed è curioso davvero. Lavi è sempre stato curioso, sa che lo sarà sempre, eppure sente che la curiosità che sente verso Allen è diversa. Più... ossessiva. E non gli sembra normale.
        Allen non risponde. Continua a precludergli i pensieri che cerca di decifrare dal primo sguardo posato sul quel corpicino tumefatto e maledetto. Ma anche Lavi non continua a far domande, e resta lì con lui tutta la notte, a respirare l'aria della luna che non c'è.
        Ma quando c'è un'ossessione senza amore, allora cos'è?

 

a song to the fire

Quei capelli bagnano il cuscino, sono lingue di fuoco che si protendono verso l'alto come per magia e gli solleticano il naso senza bruciare. Lavi gli dà le spalle, l'unica cosa che vede è la sua schiena mossa dal respiro cadenzato e addormentato, e la nuca molle coperta dal rosso dei suoi capelli. Allen freme, tocca le sue braccia coperte dalle lenzuola e gli sembra quasi di vedere la sua pelle raggrinzirsi in una pelle d'oca causata da un freddo che non c'è. Rabbrividisce anche lui, nei suoi occhi spalancati rivive ancora scene di quelle battaglie perse e vinte che non hanno portato né vincitori né vinti, ma solo perdite.
        Apre la bocca, sussurra così impercettibilmente con la paura di poter svegliare gli altri esorcisti che riposano nell'infermeria, ma fa così piano che stesso lui non riesce a sentirsi. «Cosa farai da grande, Lavi?» Allen sa già la risposta che non sarebbe arrivata dal dormiente. Un Bookman. Si inumidisce le labbra e cerca di farsi più vicino, sentendo l'odore dei suoi capelli arrivargli fin dentro la mente e annebbiargli i sensi, «Ed io, cosa farò da grande?»
      Lavi si muove, si gira e lo fronteggia, facendo illuminare un sorriso che quasi contagia lui stesso, se non si fosse sentito così stupido da averlo creduto addormentato, quando era sgattaiolato nel suo lettino. «Non so cosa farai, Allen, ma so che in futuro, prima o poi, ti vedrò con un anello al dito.» Lo spinge con leggerezza, entrambi non hanno le forze di fare di più, e Allen ride cristallino, piano e leggero, con una risata quasi inestistente e la luce della luna batte sulle piccole lacrime che nascono agli angoli degli occhi. «Ma non ho detto che te lo metterò io
        La risata si spegne, e Allen sente di nuovo la pelle freddarsi. «Beh, tutti sanno che non potresti, anche se volessi.» mormora con voce impastata, l'acido tra i denti che preme per uscire e la nausea di un qualcosa che avrebbe preferito non sentire che gli tira lo stomaco. «E non vuoi, quindi il problema non nasce nemmeno. Facile
        Lavi non risponde alle sue parole così amare – tanto amare da sentirne il sapore dalle labbra – e gli dà un bacio sulla fronte, per scusarsi o forse per non rischiare di dire qualcos'altro che potrebbe solo aggiungere altro male a quel che già ha.
         Resta in silenzio, ed Allen gli è quasi grato per questo, mentre chiude gli occhi e si lascia cullare. Quasi.

 

a song to the water

Singhiozzi mal trattenuti tagliano l'aria silente, sono lamenti nati dalla gola che crescono insieme a spasmi incontrollati del petto, e volano via dalle labbra umide e socchiuse come boccioli sotto una pioggia primaverile. Lavi ascolta quei suoni che gli arrivano dritto al cuore che non c'è – che non dovrebbe esserci – e beve quei respiri spezzati di un Allen che ormai sembra rotto, distrutto e incurabile. È scappato da tutti, Allen. Sono giorni che lo fa, non vuole farsi vedere in quello stato da quando l'Ordine è stato attaccato e Lavi si chiede cosa abbia visto, cosa abbia provato e cosa sente in quel momento, con le piccole dita avvinghiate alle braccia intorno alle gambe, come se volesse abbracciarsi e darsi un conforto che non sente di meritare, e il viso affondato nelle ginocchia e nascosto dai capelli impazziti.
        Lavi lo accarezza, cerca le guance macchiate di lacrime tra le pieghe dei vestiti e della cascata argentea dei capelli. Le trova e gli alza il viso, che si mostra come una pietra preziosa affondata nell'ambrosia, i suoi occhi due perle splendenti senza alcuna incrinatura apparente, arrossati e circondati dalle lunghe ciglia chiare che intrappolano perline d'acqua e non le lasciano scappare.
       «Allen.» Al suo richiamo lo guarda, costringe quelle gemme lacrimose nel suo sguardo e tenta di sorridergli, cerca altro contatto con il viso con le mani che ancora lo tengono e i pollici spazzano via quelle gocce che stanno per cadere giù dal cielo plumbeo dei suoi occhi. Struscia il naso con il suo, si bagna delle sue stesse lacrime. «Sai quando ho pianto allo stesso modo che stai facendo tu adesso?», quando lui scuote il capo, si dedica pochi secondi a quelle labbra umide e gonfie dai morsi che Allen continua a darsi per non scoppiare a piangere e lo bacia, giusto un momento, per bloccare il suo tremolìo e farlo sciogliere tra le sue braccia, «Quando tu sei sparito, quando tutti ti credevano morto, io ho pianto così tanto che anche adesso, se ripenso a come sono stato a pezzi, sento il naso pizzicare e la gola chiudersi.» Deglutisce e il sorriso si trasforma in una triste verità, quella della sua ossessione diventata amore. «E lo rifarò quando sparirai di nuovo.»
        «Chi te lo dice che lo rifarò? Non era niente di voluto.»
        «Lo so e basta, io so tutto.»
      Allen abbassa lo sguardo ed è più calmo, gli occhi fanno sgorgare le ultime stille di lacrime e si appoggia con la fronte alla sua spalla, la punta del naso nei capelli e la bocca poggiata sulla pelle che però non bacia.
       «Stavolta ti ho fatto un po' male io, vero?»

 

a song to our life

Un sospiro, due sospiri, tre sospiri. Un quarto non arriva e Allen si limita ad alzare gli occhi al cielo e alle punte degli alberi pieni e gonfi del sole estivo, in quel tramonto all'orizzonte. La luce striata d'arancio abbatte le foglie e i suoi occhi – lo accecano e glieli fanno socchiudere, nonostante cerchi in tutti i modi di non chiuderli mai, perché ha paura che non sarà più lui a riaprirli.
        Il vento, nonostante il caldo, è tagliente. Ferisce l'epidermide poco esposta e appiccicaticcia e lui ripensa a quel giorno di mesi, anni, secoli fa – quanto tempo è passato da quando si sono separati? – e alle loro ultime parole. Gli ha fatto giurare di tornare, non importa come né quando, ma solo di tornare da lui. Lavi gli ha fatto promettere la stessa cosa, anche se ha sempre avuto sulle labbra un sorriso quasi derisorio, come se sapesse che, questa volta, sarebbe stato lui a non mantenere la loro promessa.
        Che buffo. Allen ride, e la sua risata non è più chiara come l'alba – come gli ha ripetuto spesso Lavi, ogni volta che è riuscito a strappargli quelle risa genuine e delicate – ma molto più simile ad un tramonto morente, e pensa che la vita è sempre stata molto buffa con lui. Come un clown, un pagliaccio che prende in giro tutti, ma che alla fine è solo lui a cadere dalla palla dove sta ritto in uno scarso equilibrio.
       Quando la risata gli muore tra le labbra coralline, il sole è ormai sparito. L'erba sotto di lui gli solletica il viso e solo allora si decide a chiudere gli occhi, pensando ancora a come tutti si fossero fatti beffe di lui.
        Lavi prima di tutti. Non sa e non avrebbe mai saputo se Lavi sarebbe tornato dal suo viaggio, ma sa per certo che ha avuto ragione fin dall'inizio.
          Allen non sarebbe tornato, questa volta.

 

a song to the stars

«Ciao, mi chiamo Ace e da oggi sarò il vostro nuovo compagno di classe! Ho otto anni, ma dato che i miei genitori hanno viaggiato molto prima di sistemarsi, non ho potuto frequentare la scuola e mi tocca ricominciare dalla prima elementare. Ma non mi lamento! Mi piace tanto leggere e disegnare, giocare con gli areoplanini di carta e tirare l'unico ciuffo di capelli che mio nonno ha ancora in testa mentre...» si ferma solo quando vide una manina che, un po' timida, si erge verso l'alto.
        Ace avrebbe continuato per ancora una mezz'ora buona – conosce la pigrizia dei bambini nello stare attenti a scuola e sa bene che sarebbero stati contenti di perdere la lezione in sole e misere chiacchiere. Nonostante la sua mamma gli abbia detto spesso di non parlare troppo e di lasciar qualche parola disponibile anche ai suoi compagni di classe, Ace non riesce mai a contenersi, soprattutto quando sta vivendo un'esperienza nuova come quella ed è carico di entusiasmo e adrenalina come in quel momento.
       Porta lo sguardo vispo sul bambino che l'ha interrotto, notando come spicchi rispetto agli altri presenti nella stanza. I corti capelli bianchi sono la prima cosa che vede, lo accecano perché sembra che assorbino tutta la luce dell'aula, ma la cosa che lo cattura di più sono senza alcun dubbio gli occhi. Sono grandi, luminosi e chiari, del colore del mercurio che spesso ha visto e letto nei libri troppo complessi del suo papà. Si appunta mentalmente, fin da subito, di diventare amico di quel bambino, perché il suo sguardo gli piace tanto, da impazzire.
      La maestra, rimasta in silenzio fino a quel momento, guarda il piccolo al primo banco e gli sorride, «Cosa vuoi chiedere al tuo nuovo compagno di classe, Allen?»
       «Signora maestra, quel bambino è un bugiardo, non si chiama Ace!»
      Ace registra il suo nome e cerca di imprimere nella mente il tono e il colore della sua voce, tanto concentrato da non accorgersi subito di quello che dice. Quando realizza, sbatte le palpebre e lo guarda aggrottando le sopracciglia. «Non è vero, io mi chiamo Ace, la mia mamma mi ha chiamato così perché è la prima carta del mazzo e secondo lei...»
      «Non è vero, sei un bugiardo.» Allen gonfia le guance, lo interrompe di nuovo e quasi sembra che sbatta i piedi, «Tu ti chiami Lavi, non Ace!»
      Ace si gratta la nuca, mentre la maestra cerca di far ragionare Allen che, indignato, protesta ancora sulla presunta menzogna che ha appena raccontato alla classe. Ci pensa realmente, Ace. Pensa alla sua mamma e al suo papà, e pensa al suo nome che, ne è certo, è Ace. Ma non l'ha mai sentito suo davvero.
      Lavi gli dona molto di più.
    «Va bene! Mi scusi signora maestra, ricomincio da capo, okay?» Sorride ad Allen, guardando in quegli occhioni che sembra conoscere stranamente da una vita, e ricomincia con la sua presentazione. «Buongiorno! Mi chiamo Lavi, ho otto anni e sono appena diventato il migliore amico di Allen

 

a song to a sunflower

Mezzogiorno è passato da un po', e Allen sorride, guarda quelle labbra tirate in una smorfia buffa e un po' bambina che nasce sempre sul viso di Lavi, prima di alzarsi da un'altalena cigolante e arrugginita, e metterglisi davanti, incrociando le mani dietro la schiena e piegando il busto fino alla sua altezza, ancora seduto.
       «Buon compleanno, Lavi.» mormora nel silenzio del parco, l'eco delle ultime sillabe che risuona nella forte luce diurna. «Mi dispiace essere sempre l'ultimo a farti gli auguri.»
       «Perché hai la memoria troppo corta, mio caro. L'hai sempre avuta.» Lo sfotte, si diverte a farlo ma quel giorno – solo quello, almeno – Allen decide di lasciarlo fare, un po' per farsi perdonare, un po' perché sa bene che non sta dicendo qualcosa di falso.
        «E tu sei sempre stato un maleducato. Di solito si risponde grazie, quando qualcuno ti fa gli auguri.» Deve ammettere a se stesso di non essere mai stato molto coerente, ma scrollò le spalle, e aggiunse «E comunque ho ancora solo vaghi ricordi, non posso confermarlo.»
        Lavi ride, ride come al solito un po' sguaiato, ma che ad Allen è sempre piaciuto tanto e non gli serve ricordarsi di una vita passata per saperlo con certezza. «Allen, questo lo conferma!» singhiozza tra le risate e lacrime salate nascono ai lati degli occhi. Non lo lascia controbattere e lo prende per un polso, trascinandoselo sulle ginocchia e abbracciandogli poi stretta la vita. Suda, fa un caldo terribile, ma porta lo stesso il mento nell'incavo del collo e lo avvicina di più e Allen non può far altro che lasciarsi andare tra le sue braccia, respirando il suo stesso respiro, nonostante l'afa e il sole che picchia cattivo sulle loro teste.
        Lavi somiglia ad un girasole, vivace e dai colori caldi. Segue il sole da ormai diciotto anni quel giorno, e da dieci Allen lo rincorre insieme a lui. Sente che forse è da molto più tempo, ma non vuole pensare con caldo a ciò che ancora non ricorda – sapendo che un giorno, lo sa, proprio come Lavi saprà tutto ciò che hanno vissuto insieme e ne rideranno e piangeranno su.
      «Un giorno ricorderai.» Lavi lo sussurra, poggia le labbra sulla pelle tesa del collo e sale piano sempre un po' su, raccoglie con tocchi leggeri di lingua perline di sudore che colano dall'attaccatura dei capelli e si ferma all'angolo della bocca. Con le mani, tocca l'indice sinistro e graffia l'anello fatto con la carta di una caramella mangiata fin troppi anni fa, che Allen ancora conserva e indossa, e il sorriso si dilata contro le sue labbra. «E grazie, amore mio.»

 

a song in sempiternal

I raggi del sole colpiscono forte il banco scheggiato, riscaldano il legno e le matite incurantemente sparse sul foglio colorato solo a metà, e Lavi non può fare a meno di guardare quella mano candida cercare di fermare le pagine del libro di storia, che svolazzano aiutate dal venticello estivo che entra in aula dagli spifferi della finestra, rotta da qualche studente durante qualche scherzo andato male a quelli più piccoli.
        Allen sbuffa e non può fare niente, se non arrancare con stanchezza dopo un'intera giornata di studio di recupero, chiuso in quelle quattro mura troppo calde e afose per concentrarsi. Persino Lavi stesso non può biasimarlo – lui è stato trascinato lì contro la sua volontà solo per sopportare il caldo insieme e a distrarsi in compagnia. Fa da solo, non vuole alcun aiuto nello studio di quella materia, Allen è orgoglioso e sa bene che può farcela con le sue sole forze e resiste, però Lavi resta lì con lui, a dargli forza e ad esserci quando lo vedrà un po' più in difficoltà.
        Non lo lascerà mai più da solo, e resterà sempre con lui.
        «Che ne dici di Jean?» dice, batte le mani sul banco di fronte a quello del compagno su cui è seduto e sorride, «Buongiorno! Oggi sono Jean, amo l'arte ma di solito la metto sempre da parte, amo i libri di storia anche se so che sono terribilmente noiosi e amo Allen Walker anche se è un inguaribile rompiscatole.»
        «Primo,» Allen sbuffa di nuovo e lo guarda in tralice, con l'ombra di un sorriso sotto i baffi che nasce sempre ogni volta che Lavi dice la parola amore, parola che in una vita passata non è stata mai pronunciata dalle sue labbra e ancora se ne pente. «il rompiscatole sei tu qui, perché sto cercando di studiare e mi distrai peggio del caldo che fa. Secondo,» lo sguardo si addolcisce e il sorriso spunta fuori, arricciando le guance e incurvando gli occhi, «se ti ripresenti così, non puoi essere semplicemente di nuovo Lavi?»
       «Ma non è un po' noioso? Sono stato Lavi ieri, e il giorno prima, e il giorno prima ancora... Insomma, per quasi un mese! Io che ho quarantanove nomi, non posso sempre usare lo stesso!»
       «Ne hai cinquanta
      «Lascia perdere il cinquantesimo.» Guarda fuori dalla finestra e il sole è ancora alto nel cielo, sente persino bambini e ragazzi di ogni età giocare nei giardini di fronte, spruzzandosi l'acqua e rinfrescandosi. Lavi inizia a desiderare di essere lì, e magari bagnare Allen, considerando che veste di bianco anche quel giorno, ma poi si ricorda improvvisamente della sua gelosia ossessiva e lascia perdere. «L'ho avuto quando sei morto, quindi quello non ero io
       «Un altro buon motivo per restare Lavi, gli altri che vengono prima non li ho mai conosciuti, sai.» Lo sguardo di zucchero di Allen si punta nel suo, lo fa vacillare e si perde in quelle fattezze angeliche di cui mai ne avrà abbastanza.
      «Mh. Ci hai provato ma... che divertimento c'è, alla fine? Torniamo a noi.» Si ricompone, apre di nuovo il palmo della mano e conta con le dita, mentre Allen sbuffa per l'ennesima volta, sembrando un treno a vapore. «Se non Jean, ti piace Helis? Aspetta, come potrebbe essere la presentazione con Helis...»
      Ma era del tutto inutile, perché entrambi già sanno che Lavi sarebbe rimasto sempre e solo Lavi, in questa vita come nella prossima, e non avrebbe mai più lasciato il fianco di Allen.
        In sempiterno.




 


BUON DIECI DI AGOSTO! Stavolta sono stata puntuale come un orologio svizzero e mi meraviglio di me, ma non poi così tanto dato che sta raccolta era pronta da... ieri, non tantissimo. Buona Laven week a tutti! E... buon compleanno del coniglio preferito disperso che amiamo a tutti. Considerando che non mi sono persa la week dell'anno scorso, non potevo perdermi anche quella di quest'anno, quindi ahivoi, mi riavete tra i piedi con questa cosa che non so bene cosa sia, metà angstosa e metà reincarnation!AU dove io mi ci perdo in nottate insonni - con tanto di matrimonio e luna di miele Laven coffcoff.
Puntualizzo pochissime cosine e poi me ne vado a nanna perché sono stanchissima: il nome Ace non è scritto da nessuna parte, ma è frutto della mente geniale di una mia amica (B Rabbit) e di un suo headcanon che ho amabilmente rubato in prestito (?) se può interessare darò delucidazioni del perché il "primo" nome di Lavi è proprio quello. Gli altri li ho inventati io di sana pianta e sono totalmente random, ecco. Inoltre, la quarta flash è un po' un mistero - Allen qui sta semplicemente cedendo il corpo a Neah, non sta proprio morendo, ma ecco non tornerà mai più dal suo amato nonostante le promesse *sigh*
Okay mi fermo qui. Per scriverle ho usato come prompt quelli che ci sono su tumblr nella week che potete trovare qui con tanto amore e coniglietti. Buon tutto quello che ho detto prima ancora e stanotte godetevi tante stelle cadenti perché io non posso, dato che da me pioverà tutto il santo giorno. Adiosss, Niv.

  
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