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Autore: _wilia    10/08/2015    6 recensioni
[EdxLucy] [Incest]
I Pevensie, ormai ventenni, vivono a Londra, in una piccola casa in periferia. C'è crisi, e trovare lavoro sembra estremamente difficile. Mentre Peter ed Edmund lavorano per mantenere la famiglia, il più giovane dei fratelli diviene vittima del gioco d'azzardo nel disperato tentativo di riuscire ad azzerare i debiti, fallendo miseramente.
Quando nella vita si cede al male, a pagare le conseguenze per le proprie azioni sono spesso gli altri, e questo è il caso di Lucy, che diviene, a insaputa di Edmund, merce di scambio.
Dopo l'avvenimento, Lucy riesce a scappare a Narnia, non rispettando la promessa fatta ai fratelli: la terra magica è stata invasa ed è ancora sotto assedio.
Il mondo è andato avanti e loro sono rimasti indietro.
Una folle corsa contro il tempo ha inizio, per cercare di ingannare le antiche profezie e salvare Lucy dall'oscurità.
-
"Fuggì.
Il cavallo nitrì rumorosamente, protestando contro i calci decisi che la ragazza gli sferrava per indurlo a correre più veloce.
Il boato causato da uno sparo giunse alle sue orecchie, e la costrinse a chiudere gli occhi.
La fine era appena iniziata."
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Edmund Pevensie, Lucy Pevensie, Peter Pevensie, Susan Pevensie, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
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Il cacciatore di lupi bianchi

IV

Bianco

 

3 giorni prima

Susan si sistemò un leggero maglioncino di lino sulle spalle, mise a posto la sedia e si assicurò di aver preso tutto prima di avvicinarsi a Peter.

Lui era di spalle e stava parlando con un suo collega. Nella mano destra stringeva un bicchiere di spumante e, una volta arrivata davanti a lui, Susan vide che sorrideva.

La ragazza non sarebbe mai riuscita ad esprimere a parole la felicità che provava in quel momento e l'orgoglio che le riempiva il petto nel guardare suo fratello.

Li aveva salvati tutti dalla povertà, dalla fame e dalla disperazione : di questo, ovviamente, gli era estremamente grata.

Quando la vide, lui le sorrise appena e si rivolse al suo interlocutore.

“È stata una bella giornata, Josh”, gli disse, prima di porgergli la mano. Quello la strinse e ricambiò il sorriso, prima di voltarsi verso Susan e di fare un piccolo inchino davanti a lei.

La ragazza sorrise e non poté fare a meno di sentirsi un po' in imbarazzo : un tempo molta gente si era inchinata al suo cospetto, ma non perché indossava degli abiti carini come quella sera; l'avevano fatto perché era stata una regina.

La regina di un regno meraviglioso. Qualcosa le morì nel petto quando si ricordò che lei stessa aveva stabilito che nessuno dei Pevensie avrebbe dovuto anche solo portare la propria mente a Narnia; era un po' come se Susan si sentisse, in quel momento, la lama del coltello che si auto infligge delle ferite.

Scosse la testa e salutò il collega di Peter. “A presto, Josh. In bocca al lupo per la tua carriera!”, gli disse, e subito dopo lei e il fratello si avviarono verso l'uscita del ristorante.

“Cosa ne pensi?” le chiese lui, mentre spingeva la porta e lasciava che lei uscisse per prima. Susan abbozzò un sorriso.

“Penso che tu sia molto in gamba”, rispose e si voltò leggermente verso di lui, “E so fin troppo bene che ti piace sentirtelo dire”, aggiunse con un sorriso che lui ricambiò.

“Dov'è Lucy?”, chiese il maggiore, guardandosi attorno. Susan si liberò i capelli dall'elastico che aveva portato per tutta la giornata e si schiarì leggermente la voce.

“È uscita una mezz'oretta fa, credo abbia litigato di nuovo con Edmund”, rispose lei, riponendo l'elastico nella borsa.

Peter aggrottò le sopracciglia.

“Lucy? Dove sei?”, chiese ad alta voce, ma non riusciva a vedere sua sorella.

“Lucy?”, la chiamò a sua volta Susan, ma anche lei non ricevette alcuna risposta. I due si guardarono negli occhi per un breve istante, prima che Peter le desse le chiavi dell'auto di famiglia.

“Va' in macchina. Vado a cercare Lucy, potrebbe essere nel boschetto qua dietro”.

Susan non ebbe il tempo di rispondere perché lui aveva iniziato a dirigersi verso il retro del ristorante. Lei era stanca ed era certa che sua sorella stesse facendo una delle sue passeggiate e così aprì lo sportello dell'auto d'epoca che avevano e si sedette su un sedile in pelle.

Lasciò che la sua schiena aderisse perfettamente allo schienale e sospirò di piacere.

 

-

 

Edmund infilò le chiavi nella serratura ed aprì la porta di casa. Entrò nel piccolo ingresso e se la richiuse pesantemente alle spalle.

Sciolse il nodo della cravatta e se la sfilò, insieme alla camicia bianca che aveva scelto per la giornata appena trascorsa.

Era molto sudato e avrebbe approfittato dell'assenza momentanea dei suoi fratelli per farsi una doccia; nessuno aveva utilizzato la caldaia, e il ragazzo pensò che, almeno per quella sera, avrebbe avuto accesso ad un po' di acqua calda.

Si tolse le scarpe e i pantaloni e gettò quest'ultimi su una sedia, prima di entrare in bagno e regolare la temperatura dell'acqua tramite le manopole.

Si era già bagnato i capelli quando il telefono fisso squillò.

 

-

 

Peter rimase pietrificato da quello che vide.

Sembrava che i suoi piedi fossero incollati al terriccio e lui non riusciva a muoversi.

La schiena di Lucy era poggiata contro un albero e sembrava che questo la sostenesse completamente. Aveva il volto graffiato e singhiozzava in silenzio.

Si era pulita le gambe ed il poco sangue che c'era era andato completamente via, per cui il fratello non sapeva con esattezza cosa fosse successo.

Quello che sapeva era che sua sorella aveva bisogno di aiuto, subito.

“Lucy!” la chiamò e le si avvicinò correndo. Lei sollevò la testa e incatenò il proprio sguardo a quello del maggiore. Peter si inginocchiò e le mise un braccio dietro la schiena e uno sotto le ginocchia piegate.

In quel lasso di tempo, la ragazza non si mosse. Era terrorizzata, scioccata, completamente intontita.

“Cosa ti è successo?”, le chiese il fratello con voce preoccupata, mentre si avviava verso la macchina con Lucy raggomitolata fra le braccia. Lei nascose il viso nella sua spalla e riprese a singhiozzare, questa volta con più violenza.

“Oh mio Dio”, sussurrò il fratello con un tono di voce quasi disperato. Non appena ebbe svoltato l'angolo, vide Susan uscire di scatto dalla macchina e correre da loro.

Tutti i presenti alla festa li videro ed alcuni di loro si avvicinarono ai ragazzi.

Susan aveva lo sguardo fisso sul viso ferito di sua sorella e Peter non faceva altro che abbracciarla e cercare di riscaldarla.

“Cosa è successo a questa ragazza?”, chiese un signore anziano ed il ragazzo lo guardò con occhi pieni di terrore e gli disse che non lo sapeva.

“Qualcuno vada dentro a chiamare un'ambulanza, per favore!”, chiese Susan ai presenti alla festa, che, per fortuna, non se lo fecero ripetere due volte.

“Lucy, Lucy”, mormorò Peter, e le baciò la fronte mentre le lacrime iniziavano a solcare anche le sue guance.

 

-

 

Il telefono fisso squillò per tre volte prima che Edmund alzasse la cornetta e rispondesse.

“Pronto?”, disse, e fu colto dalla solita, strana sensazione che provava ogni volta che doveva parlare al telefono : gli sembrava quasi che parlasse da solo.

La voce dall'altra parte, però, lo riportò bruscamente alla realtà.

“Pevensie”, rispose l'altro, e ad Edmund venne la pelle d'oca. Sentiva che un peso invisibile aveva appena iniziato a schiacciargli il petto. Marlon.

Il suo incubo. “Ti ho detto che domani avrai-”, iniziò a dire, ma l'altro lo interruppe prontamente.

“Ti ho chiamato per dirti che non devi più darmi alcun soldo”, ribatté, ed il ragazzo rimase in silenzio per alcuni secondi. Era sicuro che ci fosse qualcosa sotto.

“I bei momenti passati con tua sorella possono bastare, per questa volta”, asserì con voce viscida.

Edmund per poco non si strozzò con la sua stessa saliva e sentì le tempie riscaldarsi improvvisamente. “Che cosa?”, quasi urlò, ma l'altro aveva già riagganciato.

Gli mancò il respiro e cercò, inutilmente, di mantenere la calma.

Lasciò cadere la cornetta nel vuoto e, prima di rendersene conto, era già uscito di casa.

 

-

 

Fuori pioveva. Quella che in quel momento veniva giù dal cielo sembrava una vera e propria cascata d'acqua, fitta e incontrollabile, che allagava le strade ed impediva alla gente di vedere nitidamente.

Edmund corse destreggiandosi fra le macchine, tentando di evitarne quante più poteva, ma era difficile.

Era terribilmente difficile.

Con una mano spostò la cortina di capelli che gli copriva il viso e che, a causa dell'acqua, gli si era attaccata alla fronte. Attraversò la strada e chiese scusa con lo sguardo ad un signore che, dopo aver frenato bruscamente, iniziò ad imprecare contro di lui.

Non c'era tempo.

Aveva sbagliato tutto, ancora una volta. Sapeva bene di cosa era capace Marlon ed era sicuramente al corrente di quanto fosse spregevole.

Il solo pensiero di quell'animale che si avvicinava a sua sorella riusciva a mandarlo in bestia.

Finalmente, dopo alcuni minuti, scorse un taxi, ed iniziò ad agitare le braccia nella speranza di essere visto. Per fortuna sembrò che le sue richieste, per una volta, venissero ascoltate.

“Dove la porto?”, gli chiese il tassista con voce roca.

“In ospedale”, rispose lui mentre si sfilava la giacca fradicia.

L'uomo seduto al posto del guidatore si girò a guardarlo con aria stralunata.

“Lei sa che siamo a Londra e che ci sono molti ospedali?”

Il ragazzo lo guardò in cagnesco.

“Mi porti a quello più vicino”, disse solamente, e l'auto ripartì.

Edmund rimase solo con se stesso.

 

-

 

Lucy aprì gli occhi ed osservò le pareti bianche che la circondavano. Era un ambiente asettico, molto diverso da quello che si sarebbe aspettata di trovare al suo risveglio.

L'odore di disinfettante e i rumori che sentiva erano riconducibili ad un solo luogo : l'ospedale. Sorrise amaramente nel vedere che era sola, sola come quando tutto aveva avuto inizio, sola come quando quell'uomo l'aveva trascinata tra gli alberi.

Sola come quando quell'uomo le aveva detto del tradimento di Edmund.

Si portò una mano al viso e percepì il fastidio dell'ago infilato nel suo braccio. Non poteva alzarsi né fare movimenti bruschi. La cosa più sensata da fare era rimanere buona lì, in attesa che almeno uno dei suoi fratelli si facesse vivo.

Molti minuti passarono prima che qualcuno bussasse alla porta.

Era lui. Edmund. Edmund, la persona che l'aveva inconsapevolmente gettata in quella terribile situazione, ora si trovava davanti a lei, zuppo e con gli occhi che parlavano.

Lucy sentì un groppo in gola che le impediva di respirare liberamente.

Dopo alcuni istanti in cui entrambi si guardarono lui le si avvicinò e si sedette su una sedia che si trovava accanto al letto.

Lei rimase a guardarlo in silenzio.

“Come... come ti senti?”, le chiese lui con tono fermo e lei alzò le spalle con un sorriso amareggiato dipinto in viso.

“Sola”, sussurrò lei semplicemente e la lacrima che da tempo minacciava di uscire trovò la propria strada sulla sua guancia. Edmund deglutì e distolse lo sguardo da sua sorella, puntandolo, subito dopo, sulle proprie mani.

Non sapeva cosa fare, cosa dire, come comportarsi davanti a sua sorella in lacrime per colpa sua. Lui non era stato in grado di pagare per i propri errori e qualcun altro aveva dovuto soffrire a causa sua.

Lucy, dal canto suo, non ci voleva credere. Sperava che lui dicesse qualcosa che avrebbe smentito le parole dell'uomo che sembravano, alle sue orecchie, esagerate.

Ma i minuti passarono e suo fratello non disse una parola.

“Io... mi dispiace, Lucy”, fu tutto ciò che disse, e fu in quel momento che lei capì.

Capì di non conoscere Edmund.

Capì che lui l'aveva veramente tradita come si può tradire solo un nemico e sicuramente non la persona con cui hai condiviso la tua intera vita.

“Allora è vero”, gli rispose, allontanandosi dall'altro nel vedere che lui cercava di avvicinarsi a lei. “Non mi toccare”, continuò, e quelle parole fecero male.

Colpirono Edmund in pieno petto e lo costrinsero a fermarsi lì dov'era.

“Sapevi tutto e hai permesso che accadesse”, bisbigliò Lucy.

Il ragazzo provò ad avvicinarsi a lei che però, di punto in bianco, si mise ad urlare.

“Peter! Susan! Venite qui!”

Edmund si gelò sul posto. “Lucy, ti prego, devi credermi”, la implorò, con la paura che gli si dipingeva in viso. “Non ne sapevo niente, non avrei mai permesso che ti accadesse una cosa del genere”, provò a spiegarle, ma la sorella non ne volle sapere.

Dopo pochi secondi, Peter e Susan entrarono nella stanza con l'aria di chi aveva corso.

“Che succede, Lucy?”, le chiese Peter, avvicinandosi a lei e accarezzandole la testa.

La sorella maggiore nel frattempo era rimasta vicino alla porta, troppo sconvolta per poter parlare.

“Fatelo uscire”, rispose lei, lapidaria, mentre i singhiozzi ancora la scuotevano.

Fu in quel preciso istante che un'altra, ennesima crepa si aggiunse a quelle che già tormentavano la famiglia Pevensie.

E le cose sarebbero velocemente precipitate. 

  
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