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Autore: namelessire    10/08/2015    0 recensioni
l colore è il testo, l’occhio è il martelletto, l’anima è un pianoforte con molte corde; ad esempio il rosso risveglia in noi l’emozione del dolore per il suo suono interiore.
Così parlò Kandinskij e io ascoltai queste parole milioni di volte e il rosso mi faceva ogni volta più male.
Genere: Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nastasja’s Pov

La mano che impugnava la pistola mi sudava e tremava, ero già finita a terra una volta e mi ero spaventata a morte, ma stavolta Luke mi corresse la posizione e frenò il contraccolpo così che facemmo solo un passo all’indietro, sospirai rumorosamente e mi misi a ridere.

-Perchè stai ridendo?-

-Perchè è tutto assurdo- gli risposi, sembrò non capire.

-Guardami Luke, in una casa da milionari, vestita come una sguattera, spettinata, spaventata a morte e con una pistola in mano che probabilmente finirà per uccidermi- chiusi gli occhi in un tic nervoso e lasciai cadere di nuovo l’arma -se non mi uccideranno a livello fisico lo faranno a livello mentale, Luke- suonò quasi come una supplica, si voltò a raccogliere la pistola, tolse gli ultimi proiettili e se li mise in tasca così come la sua Beretta che sparì sotto alla felpa grigia, una felpa di Yale, quante cose di lui non conoscevo?

-Per stasera abbiamo finito?-

-Vai al College?-

-No- alzai un sopracciglio in direzione del capo d’abbigliamento

-Ho preso un anno sabbatico-

-Giurisprudenza immagino-

-Immagini bene- e calò il silenzio, percorremmo di nuovo il giardino, vidi per l’ennesima volta il campo da tennis e la piscina illuminata dai faretti subacquei e udii gli schiamazzi dei vicini.

 

-Lukey- una voce squillante mi svegliò dai miei tormenti, una mora altissima stava attraversando a grandi passi il vialetto di ingresso con un paio di jeans striminziti e un crop top, più crop che top; arrivò vicino a noi e gettò le braccia al collo a Luke che la strinse con discreto entusiasmo, gli orecchini di lei tintinnavano e l’anello di lui era contro la sua schiena nuda.

-Jamila- esclamò il biondo in un accesso di entusiasmo, lei poi si voltò verso di me e squittì

-Tu devi essere la nuova cameriera- 

-lei è Nastasja, una mia amica di New York- continuai a stare zitta -e lei è Jamila Carter la figlie del procuratore distrettuale- sorrisi e rimasi lì impalata, ricominciò lei a parlare

-Sto dando una festa vuoi venire?- chiese a Luke ignorando platealmente la mia presenza, tossì e gli lanciai uno sguardo eloquente che lui ignorò.

-Volentieri- lo odiai, e poco dopo li vidi allontanarsi a braccetto lungo il viale, un senso di fastidio mi invase, scossi la testa come se così riuscissi a scacciarlo e rientrai nella casa buia fatta eccezione per il salone, con il cassetto aperto e i fogli sparpagliati sul tappeto, mi avvicinai e iniziai a sistemare, erano tutti casi del padre di Luke, uno mi colpì particolarmente, dei clienti coreani, il caso risaliva al ’98, chiusi il cassetto ma lasciai accesa la luce e risalii nella mia camera, erano le una passate quando guardai la sveglia digitale sul comodino, sospirai, mi misi il pigiama e una volta distesa presi a guardare il soffitto, con i colpi di poco prima che ancora mi risuonavano in testa, mi addormentai che erano le due passate e nessuno dei ragazzi era ancora tornato.

 

4:00 a.m.

Fui svegliata una volta da passi sulle scale e risatine chiaramente femminili, aprii un poco la porta e spiai il corridoio, intravidi Max ma era da solo, lo chiamai e con le mani in tasca e la camicia mezza sbottonata mi raggiunse, segni di rossetto sul colletto, ridacchiai.

-Cosa ci fai ancora sveglia?-

-Mi avete svegliata voi- gli diedi una sberla sulla spalla -Dove siete stati?- chiesi sbadigliando e sedendomi alla fine del materasso.

-Ad una festa qua poco più avanti- rispose vago mi distesi e lui fece lo stesso, non era la prima volta che dormiva con me, Tribeca poteva essere molto spaventosa di notte e comunque non era mai successo nulla di imbarazzante, entrambi avevamo chiarito le nostre posizioni a riguardo e così ormai alle quattro e mezza ci addormentammo, ma è come se avessi tenuto un occhio aperto tutto il tempo, i rumori continuavano e stavolta non c’entravano nulla con legno costoso e tacchi vertiginosi. Inquieta continuai a girarmi e rigirarmi attorcigliandomi anche nelle coperte, ma non ero l’unica ad avere il sonno disturbato perché quando decisi di alzarmi e guardare fuori dalla finestra vidi Luke seduto sul patio che guardava dritto davanti a sé, un suv grigio in lontananza, mi stropicciai gli occhi ma l’auto era ancora là, battei sul vetro per farmi vedere e non appena lui alzò la testa gli feci cenno di entrare lui mi rispose ridacchiando e scuotendo la testa, tornai a letto per l’ennesima volta e mi addormentai attaccata alla spalla di Max che era come entrato in coma

Sognai macchine che mi inseguivano in radure sperdute, pistole cariche puntate contro di me e opere d’arte macchiate di sangue, il mio.

La sveglia quella mattina non suonò e io e Max ci ritrovammo a doverci svegliare alle undici del mattino, intontiti dal sonno e dalla situazione, nessuno dei due aveva mai avuto il lusso di potersi alzare così tardi, ci guardammo confusi, aprii la finestra il sole illuminava i mobili bianchi e un filo di vento faceva muovere le tende inamidate.

-è meglio che io vada a farmi una doccia-

-vuoi anche dello struccante?- gli chiesi ridendo, mi guardò perplesso -il colletto della camicia Max- diventò rosso e mi fece una smorfia e se ne andò, sentii i saluti che porse a uno dei ragazzi lungo il corridoio; la sveglia con mio sommo piacere era anche una radio così la sintonizzai sulla mia frequenza preferita e rimanendo in pigiama tirai fuori il mio portatile e alcuni libri e mi misi al lavoro sul mio saggio aprendo anche alcune mail dell’Università.

 

“. Il punto è il primo nucleo del significato di una composizione, nasce quando il pittore tocca la tela; è statico. La linea è la traccia lasciata dal punto in movimento, per questo è dinamica. Può essere orizzontale, verticale, diagonale. Può essere spezzata, curva, mista. I singoli suoni possono essere mescolati tra loro; più la linea è variata, più cambiano le tensioni spirituali che suscita: drammatiche se è spezzata, più liriche se è curva. Anche lo spessore cambia: può essere sottile, marcato, spesso, variabile.

La superficie è il supporto materiale destinato a ricevere il contenuto dell'opera” battevo sulla tastiera del pc indisturbata con una piacevole canzone pop di sottofondo che poi lasciava il posto al notiziario locale, non me ne ero accorta ma erano quasi le due del pomeriggio e io non avevo ancora pranzato, tolsi il pigiama e indossai un vestito nero a maniche corte, raccolsi i capelli e scesi al piano di sotto dove stavolta trovai tutti i ragazzi riuniti nel salotto che guardavano un programma sportivo.

-Alla buon’ora principessa- mi canzonò Ashton che ricevette un’occhiataccia

-programma di spessore culturale- ridacchiai e Calum mi fece cenno di tacere, guardai Luke, aveva uno sguardo stralunato e i capelli in disordine, una maglietta nera con dei fori sul colletto e dei pantaloni grigi, non sembrava stare troppo bene, mi sorprese a guardarlo e girai di scatto il volto in una posizione poco naturale, guardai anche il famoso cassetto, chiuso a chiave stavolta.

La giornata non portò nulla di emozionante, rimanemmo quasi sempre nel campo da tennis e giocare dei doppi disastrosi e dei singoli ancor peggio, il sole picchiava senza remore e a Michael quasi colava la tinta dei capelli lungo le tempie, era la penultima sera negli Hamptons e i ragazzi stavolta non avrebbero accettato scuse; avevo portato con me solo un paio di vestiti eleganti, comprati nelle scorse vacanze d’inverno in Russia (una delle poche volte in cui mi ero potuta permettere il biglietto), avevo preso il primo appallottolato in valigia, un po’ sopra le ginocchia di un rosa pallido che avrebbe esaltato la mia abbronzatura acquisita a Times Square nelle file chilometriche per l’autobus, cadeva dritto a tubino, i capelli sciolti e un paio di orecchini importanti, due punti luce e due perle, mi avevano detto che era una serata raffinata e allora avevo fatto del mio meglio.

I ragazzi, in smoking, mi aspettavano alla fine della scala che io scesi lentamente, non per dar spettacolo ma per non ruzzolare dagli scalini, la pochette stretta nella mano destra, arrivata alla fine Luke mandò avanti gli altri e mi fece cenno di seguirlo, oltrepassammo varie anticamere, l’enorme biblioteca e giungemmo in una camera padronale, al centro un letto matrimoniale con candide lenzuola e cuscini azzurri, alla parete foto di un bambino biondo che sorrideva nella vasca da bagno, in una cornice di platino una foto di due ventenni convolati a nozze. Luke aprì la specchiera, appoggiò alla cassettiera un astuccio di velluto blu

-Aprilo- mi disse scostandosi di lato, mi avvicinai e feci schioccare la piccola apertura d’argento per poco non rimasi abbagliata, un collier di piccole pietre iridescenti brillava nel drappeggio della stoffa, portai la mano alla bocca per la sorpresa e mormorai “ma è bellissimo”

-indossalo-

-non posso-

-ho detto di indossarlo- lo presi e lo appoggiai sul collo nudo e gesticolai con la chiusura, Luke dietro di me mi fece scostare i capelli e in un batter d’occhio la chiuse, mi guardai allo specchio e sembravo quasi un’altra persona, più matura, più raffinata, lasciai di nuovo andare i capelli.

-mio padre lo regalò a mia madre quando erano fidanzati, negli anni ’80- sospirò

-poi la portò a Venezia e le chiese di sposarlo, adesso lei non la porta più perché pensa sia troppo giovanile ma io penso che sia il suo gioiello migliore-

-credo che il suo gioiello migliore sia tu- gli dissi guardandolo fisso negli occhi, distolse lui lo sguardo, spense la luce e mi diresse fuori senza dir nulla.

 

La proprietà che ospitava la festa era immersa nel verde, con putti poggiati su piccole fontane in tutto il parco che venivano illuminate dai faretti del prato, il tutto era molto fiabesco; entrai poggiata al braccio di Luke che salutò innumerevoli conoscenti, da lontano scorsi anche Jamila feci finta di nulla e mi concentrai sugli altri particolari, come la pistola di Luke ben nascosta dalla giacca di alta sartoria, “cosa te la sei portata a fare?” gli avevo chiesto, “la prudenza non è mai troppa” mi aveva risposto e la discussione era finita lì. Entrammo nel primo gazebo, i tavoli erano imbanditi e la gente chiacchierava amabilmente sorseggiando un costoso drink. Calum si mise subito a parlare con una ragazza bionda con uno scollatissimo vestito argento che di tanto in tanto invece ammiccava verso Ashton, scossi la testa e trattenni una risata, Luke mi presentava come “un’amica di New York” guardandosi sospettoso intorno il settanta per cento delle volte, io stringevo tutte le mani e sorridevo compiaciuta ad ogni complimento che ricevevo ma due ospiti mi inquietavano, dove eravamo noi c’erano anche loro, erano sempre di spalle, e nei paraggi spuntava la Carter che ci passava accanto come un felino.

-Devo andare alla toilette Luke-

-Ti accompagno-

-Non credo proprio-

-Ti aspetto fuori, mi sembrava ovvio- sbuffando oltrepassai la corte di One Million creata da tutti gli uomini, e mi misi in fila per il bagno delle signore, ogni tanto mi guardavo le unghie, sbattevo nervosamente il piede a terra fino a che non arrivò il mio turno.

Il bagno aveva le pareti fucsia e i lavandini rosa e accanto alla finestra avevano sistemato due composizioni floreali molto femministe, sorrisi e mi chiusi nel bagno; quando uscii non era rimasto più nessuno, spiai dalla porta ma le altre sembravano come sparite allora mi sistemai i capelli e mi lavai le mani, rimisi gli anelli ma con un tonfo la porta si chiuse mi avvicinai ma qualcuno l’aveva chiusa a chiave da fuori, tirai con tutte le mie forze, mollai calci e pugni ma nessuno rispondeva, dal bagno più in fondo uscì Jamila.

-Buonasera Nastasja- non risposi e indietreggiai fino alla porta

-Cosa vuoi?- domandai spaventata, la finestra si spalancò e un uomo che indossava un’elaborata mascara si aggiunse a noi

-Se farai la brava ci guadagneremo tutti- continuai a non rispondere ma lei evidentemente si innervosì e mi mollò un ceffone talmente forte che per poco non volò via uno degli orecchini iniziai a gridare aiuto a squarciagola ma non feci altro che peggiorare la situazione, l’uomo estrasse una rivoltella e fece partire un colpo che ruppe lo specchio in mille pezzi, urlai e allora Jamila mi bloccò con le spalle al muro.

-Vogliamo il Fontana-

-Non ce l’ho-

-Menzogne- urlò isterica -sei complice di Hemmings-

-Io non ne so niente di questa storia, vi prego- supplicai vedendo la stanza improvvisamente girare, pregai mentalmente Luke di venirmi a cercare ma nessuno saltò eroicamente la finestra di quel dannato bagno; l’uomo aveva lasciato cadere la pistola per schivare le schegge di vetro che lo avevano ferito alle mani, diedi una gomitata a Jamila che si accasciò al dolore mugugnando un “troia”, pestai con i tacchi il vetro e con le guance che mi sanguinavano dall’esplosione di poco prima afferrai l’arma e la puntai dritta davanti a me.

-Fermi o giuro che vi faccio saltare il cervello- le mani mi tremavano e la mia voce era impastata dalle lacrime

-Se spari non sopravviverai nemmeno altre ventiquattro ore, adesso dicci dove sono i Tagli- 

-Non lo so-

-Ragazzina-

-Ti ho detto che non lo so- urlai per l’ennesima volta, due braccia mi afferrarono e mi chiusero in una morsa inespugnabile ma stringevo ancora la pistola e mi muovevo come un’ossessa per liberarmi, lasciai partire un colpo che oltrepassò la gamba del mio aguzzino che si accasciò a terra lasciandomi libera, mi tolsi le scarpe e le lanciai a tutta velocità contro Jamila che per ripararsi cadde tra i vetri, afferrai le sbarre laterali della finestra e mi tirai su, Jamila mugolava dal dolore e varie pozze di sangue si erano formate nel lucido pavimento color confetto, corsi a perdifiato per il prato ferita ovunque, con una pistola in mano e senza scarpe.

-Luke, Luke- chiamavo compulsivamente come una radio rotta, la corsa era diventata un camminare incespicante e sconsolato, non potevo tornare alla festa in quelle condizioni, mi accasciai a terra in ginocchio e piansi tutte le mie lacrime -Luke, ti prego- le lacrime salate facevano bruciare le ferite del mio viso e quelle delle mie mani sfregavano sulle mie ginocchia, delle gocce di sangue erano cadute sul collier.

-Nastasja- alzai la testa, confusa e come un miraggio Hemmings era davanti a me, lasciai cadere l’arma e lo abbracciai, mi attaccai al suo collo e piansi di nuovo, macchiando di sangue la camicia e il papillon, dopo un attimo di confusione strinse le sue braccia intorno a me.

-Mi dispiace- mormorò tra i miei capelli spettinati

-è tutta colpa mia- dissi quando mi staccai, lui sbiancò visibilmente e mi porto una mano vicino al viso, e poi controllò le mani e il collo, da bianco passò a rosso, si strappò il papillon e per poco non prese a pugni un albero dalla rabbia.

-Smettila, ti prego- gli intimai.

-Mi ero allontanato solo per parlare con il padre di Jamila, cristo- ripeté come se fosse un mantra, passandosi le mani sui capelli quasi tirandoseli.

-Mi ha aggredita lei- smise di fare il matto e si avvicinò di nuovo a me.

-Ti giuro che per questo verrà versato altro sangue e diamine, non sarà il tuo-

 

Buonasera! Non c’è molto da dire su questo capitolo credo proprio si commenti da solo, spero solo che vi piaccia e comunque come sempre fatemi sapere i vostri pareri nelle recensioni, e se non vi piace o non vi convince ditemelo, come dico sempre accetto tutte le critiche sempre che siano fatte con educazione, quindi aspetto vostre recensioni!

Spero che non troviate errori e se li trovate ditemelo senza problemi perché sono andata un po’ di fretta!

  
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