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Autore: Fatelfay    11/08/2015    4 recensioni
Si è sempre disposti a tutto per realizzare i propri desideri. Non importa quante volte si fallisce, ci si riprova sempre, nella speranza di riuscirci.
Corri. Corri! Se sapessi un qualsiasi turpiloquio, lo userei adesso, accanto ai continui “Corri!” che mi rimbombano in testa.
Corri! Uno sguardo alle mie spalle e li vedo. Lì, ansimano, sbavano, nella smania di raggiungermi. Ma non capiscono quanto sia importante per me? Perché non mi lasciano stare?
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Corri



Corri. Corri! Se sapessi un qualsiasi turpiloquio, lo userei adesso, accanto ai continui “Corri!” che mi rimbombano in testa.
Corri! Uno sguardo alle mie spalle e li vedo. Lì, ansimano, sbavano, nella smania di raggiungermi. Ma non capiscono quanto sia importante per me? Perché non mi lasciano stare?
Corri! Il cuore batte forte, colpendo le costole con forza facendole dolere. Il petto mi si alza e abbassa ad un ritmo frenetico, stirando i muscoli e la pelle. Sembra quasi impossibile che io sia ancora in piedi, eppure corro, corro e corro ancora.
Corri! Sono allo stremo delle forze, le gambe si muovono nonostante siano rigide come blocchi di marmo. Fra poco i crampi mi bloccheranno qualsiasi movimento. Le braccia pesano e bruciano mentre tagliano l’aria gelida. È come se mille aghi mi aprissero la pelle e scivolassero nei muscoli e nelle vene.
Corri! Ogni muscolo è come in trance, incapace di fermarsi e smettere di compiere l’azione in corso, anche se urla di smetterla perché non arriverò alla fine se continuo in questo modo. Ma loro sono ancora dietro di me e si stanno avvicinando.
Corri! La meta è vicina, oltre l’arco formato da due alberi ritorti. Lo so, anche se non la vedo ancora. È lì, mi basterebbe oltrepassare l’arco e la vedrei, brillante, una piccola promessa a qualche passo di distanza.
Corri! Ho paura che mi raggiungano, che mi prendano, ma la voglia di raggiungere la mia meta, quella piccola luce è più forte di tutto. Voglio vedere cosa c’è là, oltre l’arco. Quindi continuo a correre anche se mi sento male e loro sono ancora alle mie calcagna.
Corri! È buio pesto ma non è un problema, non per me. Vedo l’arco, le contorsioni dei tronchi, le radici che arpionano la terra, i rami tesi e ritorti gli uni verso gli altri. Manca così poco. Non ricordo di averlo mai visto così da vicino. È a pochi passi ormai. E finalmente la vedo: la mia meta, la piccola fiammella pochi passi oltre l’arco.
Corri! Vederla mi dà più energie, più forze e il cuore mi batterebbe più forte nel petto se solo potesse. Sto sbavando e la saliva mi cola sul mento e sul collo ma non mi fermo. L’arco è così vicino. Mi basterebbe allungare una mano per toccarlo. Ma devo oltrepassarlo per raggiungere la luce oltre di esso.
Corri! Li sento, sono così vicini, sento il loro respiro schiumante di saliva alle mie spalle. Mi basterebbe superare l’arco e loro non sarebbero più un problema. Ci sono quasi. Una mano è già oltre.
Corri! L’impatto con il terreno mi mozza il fiato, mentre l’onda d’urto si propaga per tutto il mio corpo dolorosamente. Ansimo e non riesco a muovermi. Un peso mi schiaccia immobile nella terra dura. Ho un braccio teso in avanti, la mano oltre l’arco. Ma non è abbastanza. Vedo ancora la mia meta luminosa. Ma ormai è irraggiungibile. Sento i denti afferrarmi le membra immobili e sollevarmi. Riesco a malapena a respirare, ho oltrepassato i miei limiti e non posso più fare nulla. E non è comunque servito a nulla. Mi rovesciano e stringono la loro presa ferrea su di me, senza farmi male. È solo fastidioso. Mi portano via, trascinandomi a qualche centimetro dal suolo, la testa rovesciata all’indietro, gli occhi spalancati sul cielo nero come tutto il resto.

Giaccio immobile sul mio giaciglio. È freddo e duro, ma qualcosa lo rende comodo. Mi hanno lasciato lì, dopo avermi riportato nella mia prigione nera come tutto il resto. Non riesco ancora a muovermi. Passeranno giorni, prima che riesca anche solo a fare un pensiero più lungo di uno dei miei respiri accelerati. Intanto loro saranno di sicuro andati ad avvisarLa che ho tentato di nuovo la fuga. Anche se ho fallito di nuovo. Per Lei deve essere un sollievo. Vorrà parlarmi dopo, appena starò meglio e potrò uscire dalla mia camera. Se “camera” si può chiamare questa stanza. Il termine più corretto sarebbe prigione. Non riesco neppure a dormire.

Sto meglio, sono quasi a posto. Siedo su una sedia di pietra con lo schienale alto e i braccioli. Anche se volessi, non potrei andarmene, né alzarmi se Lei non vuole.
- Hai provato di nuovo a fuggire.- Comincia la conversazione. Lei è in piedi, appoggiata alla balaustra sottile del balcone dove siamo, e mi dà le spalle. Guarda i Suoi giardini, neri come Lei e come ogni cosa qui. Non c’è luce, né mai ne arriverà a rischiarare debolmente il Suo regno.
- Perché?- Chiede. Sospiro. È la stessa chiacchierata ogni volta che provo a scappare.
- Là non c’è niente per te.- La Sua voce è atona, piatta, non tradisce alcuna emozione. Esattamente quello che ci sia aspetta da Lei. Provo di nuovo a spiegarmi, a farLe capire perché voglio andare oltre.
- Come fai a saperlo? Si parla di me, non di Te. Io voglio… voglio… solo sapere cosa c’è oltre. Oltre l’arco ci sono cose che qui non ho mai visto. C’è una luce.- Lei si volta e so che è furiosa. Come ogni volta che arriviamo a questo punto, cosa che accade sempre prima.
- Non è un posto adatto a te. Tu non fai parte di quel mondo.-
- E Tu che ne sai? Questa è la mia vita!- Il mondo trema violentemente e Lei è all’improvviso a due centimetri dal mio viso. Non credo di averLa mai vista così alterata, potente e indecifrabile.
- Questo è il Regno di cui sono Sovrana assoluta: il Regno dei Morti. La luce che vedi oltre quello che tu chiami “arco” è il Regno dei Vivi ed è di Vita.- Parla con la Sua solita voce pacata, ma il mondo continua a tremare, pronto a mutare secondo il volere della sua Regina. Fa una pausa per lasciarmi il tempo di assimilare il concetto.
- Tu appartieni a questo mondo, appartieni a Me. Non hai mai avuto una vita né mai l’avrai. Il Regno dei Vivi non fa per te.- È immobile, la pelle tirata sulle ossa dai lineamenti indefinibili sotto il cappuccio del Suo mantello leggero. La Sua voce è rimasta pacata come sempre, ma so che c’è qualcosa che si agita in Lei. Mi fissa ancora per assicurarsi che abbia recepito il messaggio e dedotto le conseguenze. Poi si allontana e torna alla balaustra. Mi alzo dallo scranno e corro via, sapendo di non poter fuggire mai.
Se solo potessi capirLa, saprei che il Suo viso è rigato di lacrime per me.
  
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