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Autore: lumieredujour    12/08/2015    0 recensioni
L’aria inizia a mancarmi, i polmoni iniziano a bruciare, ma non voglio staccarmi. Ho paura di rompere l’incantesimo e ritornare alla realtà dove io e Castiel siamo solo amici ed io sono un disastro, un vaso ridotto in mille pezzi.
Ispirata dalla canzone di Ed Sheeran "I'm a mess".
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I'm a mess
 
Freddo. Il legno che sorregge la mia fronte è freddo. Gli occhi li tengo ben chiusi, perché la consapevolezza di dove sono e soprattutto in che stato sono mi colpisce al petto, come fosse un gancio ben assestato. Inspiro ed espiro lentamente mentre sento un dolore acuto attraversare le mie tempie e lo stomaco rivoltarsi come un calzino. Stringo i denti e piano piano la mia mente prende a funzionare, ogni ingranaggio sembra stridere mentre si rimette in moto, mentre torno cosciente un’altra volta per l’ennesima volta.
 
Quello che stringo nella mano destra è un bicchiere di vetro vuoto, ma che ho continuato a riempire per tutta la notte per non pensare al mondo che finisce, agli errori che non dovevo fare, alle persone che moriranno e sono morte per me, per il cretino che non riesce mai a fare la cosa giusta. Penso che se non mi alzo ora da questa sedia e se non stacco ora la testa da questo tavolo, non lo farò mai più. Stringo il pugno una volta, due volte e con uno sbuffo mi alzo pesantemente dalla sedia, facendola cadere a terra. La testa sembra per un attimo sgombra da ogni pensiero e, sempre per un attimo, sono felice e tranquillo. E anche leggermente nauseato.

Poi poso gli occhi sui due letti che occupano la stanza del motel: il primo è sfatto, le lenzuola sono attorcigliate e annodate per colpa mia, per colpa dei miei incubi che non mi lasciano in pace neanche da sveglio, in realtà; l’altro invece è occupato da Sam che dorme al di sopra delle coperte, le gambe accavallate ed un enorme libro che riposa sul suo petto, muovendosi con ritmo costante. La sua fronte è attraversata da una lunga ruga orizzontale, segno che si è addormentato mentre stava studiando il caso, mentre stava cercando di risolvere un enigma che apparentemente non ammette soluzioni.

In un attimo, è troppo. Ho bisogno di gridare, ma se lo facessi sveglierei Sam. Ho bisogno di sentire il vento che sbatte sul mio viso, di sfiancarmi prendendo a pugni il muro finché non sanguino, finché il dolore non è l’unica cosa a cui riesco a pensare. I miei occhi cercano freneticamente e trovano le chiavi della mia macchina, la mia mano le accarezza gentilmente prima di afferrarle con fermezza, così forte che le nocche sbiancano. Esco senza fare rumore, senza lasciare un biglietto perché non so dove andrò, ma so che tornerò prima che sia ora di colazione, rientrerò all’alba esausto e, svuotato, mi appoggerò sul letto per poche ore, prima di ricominciare tutto.

Notte, incubi, giorno, enigmi, notte, demoni, giorno, angeli, tutto che si sussegue in modo ordinato e metodico, come se fossimo su un’enorme ruota che porta tutti su prima di schiacciarci a terra, che fa ricominciare ogni giorno e finire ogni notte, che viaggia così veloce da finire la terra su cui poter rotolare e ucciderci tutti. Diavolo, ho davvero bisogno di non pensare.

Chiudo la portiera dell’auto ed esco dal parcheggio, dirigendomi verso la foresta che circonda la città. La musica ad alto volume inonda l’abitacolo e la radio manda questa canzone così ritmata e profonda, sembra quasi che la chitarra stia suonando con le stringhe del mio cuore, tanto sento che mi appartiene.

La strada è completamente sgombra e io sfreccio, attraverso la città che ancora dorme, attraverso l’asfalto bagnato che luccica e le insegne al neon che quasi mi accecano. Un momento prima, corro tra edifici fatiscenti e abbandonati, mentre l’attimo successivo sono in mezzo al nulla, immerso nel buio. Quasi sorrido. Sono solo e ora sono certo di non poter fare male a nessuno. Se diventassi un eremita, chi potrei ferire?

-Ciao Dean- sento accanto a me una presenza riempire l’abitacolo così improvvisamente che quasi sbando per la sorpresa.

Mi volto un solo secondo e mi basta: nel buio attorno a noi, gli occhi di Castiel sembrano quasi possedere luce propria, pronti a scrutare nella mia anima e a trovare chissà cosa. Sento il suo sguardo osservarmi attentamente, passare come un panno sulla alla mia figura, avvolgermi come solo lui sa fare. Arrossisco al solo pensiero. Mi rendo conto di non aver risposto al saluto, di essermi chiuso in un silenzio che non serve a niente.

-Dove vai?- la sua voce profonda chiede e, questa volta, sono pronto.

Stringo leggermente più forte il volante e rallento, prima di rispondergli che non so dove sto andando, non so neanche cosa diavolo ci fa lui qui.

-Avevi bisogno di vedermi- mi risponde, con quel tono criptico e monocorde che mi manda in bestia, quel maledetto tono che lo allontana da me, che lo rende più Angelo che amico, più divino che umano, più superiore e irraggiungibile; lo usa soltanto quando vuole farmi innervosire.

E ci riesce sempre, maledizione.

-Non ti ho chiamato- “non stasera” vorrei aggiungere, ma non lo faccio perché ammettere che così tante volte ho allungato la mano verso di lui ed afferrato il vuoto sarebbe come gettare del sale su una ferita.

-Non importa,- aggiunge – ora fermati e parliamone-

Rido amaramente, ma faccio ciò che mi dice. Sarebbe capace di spegnere questa macchina in uno schiocco di dita, ma lo sa quanto ci tenga io a quella parvenza di controllo che ancora mi è rimasta, a quella sottile patina che ricopre la mia vita e che mi trattiene dall’esplosione.

-Hai bevuto-

Non è una domanda, ma sento nel suo tono quanto sia affranto, quanta pena provi per me. Mi viene da vomitare solo a sentirlo parlarmi in quel modo, così attacco.

-Wow Castiel, quanti neuroni hai dovuto spremere per partorire questa tua deduzione? Sherlock Holmes sarebbe molto fiero di te- cerco di modulare la mia voce, voglio che sembri annoiata e pedante, ma esce quasi come un sospiro leggermente più rumoroso e mi do dello stupido.

-Smettila Dean- sento un brivido scendere lento lungo la mia schiena, quasi stessi camminando su un filo e avessi un baratro pronto ad afferrarmi alla minima folata di vento.

Guardo lo spiazzo dove siamo finiti io e l’Angelo, con gli alberi che ci circondano minacciosi e penso che devo smetterla di giocare con Castiel e aprirmi, liberarmi dai pesi che mi porto sul petto e che stanno per uccidermi.

-La smetterò quando sarò morto- affermo in un tono davvero lugubre, afferrando il volante un’altra volta.

Passano i minuti dove solo il tenue canto delle cicale si frammezza fra di noi. Azzardo uno sguardo verso di lui. E’ seduto in maniera ritta, come un soldato sull’attenti, ma la sua testa è leggermente spostata di lato. I suoi occhi incontrano i miei e sento che il sarcasmo stasera non funzionerà, non riuscirà a distrarlo. Questa sera si scoprono le carte in tavola e non sono sicuro che ne uscirò intero.

-Ormai sei morto un paio di volte, eppure non la smetti mai- mi sorride ora, il bastardo. Ha imparato a rispondermi a tono e io, più scioccato che ferito, scoppio a ridere –a cosa stai pensando?-

Non riesco a staccare gli occhi dalla sua figura, dalla bocca piegata in una linea dura o dalle mani posate sulle sue ginocchia.

-Penso al fatto che il mondo era migliore quando sapevo distinguere il bene dal male. Fantasmi? Cattivi. Cacciatori come me e Sammy? Buoni. Ora…- passo una mano sulla bocca, sento il sapore amaro della verità sulle labbra – ora mi sembra di vivere in un limbo. Non so neanche che sto facendo con la mia vita-

-Stai aiutando il mondo, lo stai salvando.- l’Angelo poggia una sua mano sulla mia spalla e sento il mio stomaco annodarsi –lo so che credi che il mondo cadrà in rovina se non ci sei tu a portartelo sulle spalle, ma non è così. Il tuo mondo ha conosciuto momenti bui e momenti prosperi, ma niente è mai definitivo-

Annuisco frettolosamente e mi sistemo meglio sul sedile, ma la mano di Castiel rimane ancorata alla mia spalla. La tiene stretta e per un attimo penso che potrebbe infondermi un po’ di quel pazzo ottimismo che possiede Cas.

-Tutto va a rotoli, Cas e io devo fare qualcosa. Non posso rimanere fermo mentre ogni cosa va in malora per colpa mia- ammetto, abbassando la testa e guardandomi le mani piene di calli e cicatrici.

-Hai bisogno di ritrovare la giusta strada, hai bisogno di tornare a casa Dean- mi risponde l’Angelo, afferrando l’altra spalla e ruotandomi leggermente verso di lui.

Sento il cuore accelerare e una strana attesa che riempie l’aria, come se dovesse succedere qualcosa di incredibile da un momento all’altro. Se le ali di Castiel si aprissero ora e ci portassero in Paradiso, non ne sarei sconvolto.

Invece leggo nei suoi occhi che sta a me fare qualcosa, smuovere la situazione ed io, preso dal panico, lascio che sia il mio istinto a guidarmi.
E lo bacio.

Le labbra di Castiel bruciano e sono serrate all’inizio, ma appena si schiudono sento che mi appartengono. Sento che il sapore dei suoi baci lo conoscevo già, che lo avevo assaggiato in un’altra vita e che aveva lasciato una voglia sulle mie labbra, una voglia che non ero mai riuscito a soddisfare prima d’ora.

L’Angelo mi avvicina a sé, mi tiene stretto come se dovessi cadere, ma io sto precipitando già. Non so più dove sia il sopra e il sotto, non so niente se non che le labbra di Cas sono la cosa più dolce e morbida che io abbia mai assaggiato e che non ne posso fare a meno.

L’aria inizia a mancarmi, i polmoni iniziano a bruciare, ma non voglio staccarmi. Ho paura di rompere l’incantesimo e ritornare alla realtà dove io e Castiel siamo solo amici ed io sono un disastro, un vaso ridotto in mille pezzi.

Mi spinge leggermente e sento le nostre labbra schioccare un’ultima volta prima di dividersi. I nostri respiri sono pesanti e i suoi occhi ardono, sono di un blu così profondo che li sento emanare luce e scaldarmi il viso, come fiamme che mi avvolgono e mi sciolgono.

-Non dovremmo continuare- mi sforzo di dire, ma una smorfia contrariata sfugge dal mio controllo –non sarebbe giusto nei tuoi confronti-

-Che stai dicendo?- mi chiede Castiel, guardandomi come se fossi impazzito.

-Non voglio illudermi o illudere te, semplicemente non possiamo- è la mia debole scusa, ma gli occhi vengono attratti di nuovo dalle sue labbra che alla luce della luna sembrano ancora più belle.

Castiel non mi risponde, ma avvicina il suo viso al mio e il suo odore rischia di farmi cedere. A pochi centimetri dal mio viso, sussurra:

-Solo per stanotte, sii mio- sembra quasi una supplica e sento il mio cuore sprofondare e darmi la spinta giusta per racchiudere il suo viso tra le mie mani.

-Forse sono un bugiardo, ma stanotte voglio amarti e fidarmi- è quello che riesco a dire prima di ritornare a baciarlo.

La frenesia mi colpisce, sento il mio cuore che batte impazzito e le mie mani che tremano mentre accarezzano Cas, i suoi capelli e le sue guance.

Queste mani, che lo scoprono centimetro dopo centimetro e che lo vogliono stringere per tutto il resto della vita, che sembrano esistere solo per avere lui, per toccare lui. Mi sento un ragazzino, colpito da una frenesia che non provavo da chissà quanto tempo.
Anche Cas ricambia il tocco e, ogni volta che le sue dita si avventurano sotto la mia maglia, giuro di sentirmi alle stelle. Sembra che sia qui per ridisegnarmi, per ridare una forma a ciò che sono diventato una volta per tutte. Sento che tutti i cocci stanno ritornando al loro posto, che sto ritornando intero.

La notte se ne va così senza nemmeno che me ne accorga, tra sensi che si risvegliano e sensazioni che non sapevo potessi provare ancora. La macchina è stretta, ma io e Cas siamo troppo avviluppati per dargli peso. Sarebbe riduttivo dire che ci siamo uniti in un unico corpo: era una sensazione nuova, che portava le nostre stesse anime a toccarsi, a rimescolarsi così bene da uscirne completamente diverse e nuove..

L’impronta di una mano, non so se la mia o quella di Cas, è impressa sul vetro del finestrino e io ne traccio i contorni senza rendermene conto sulla spalla dell’Angelo.

La sua testa riposa sul mio petto e mi sembra di sentirlo su di me, dentro di me, dappertutto. Respiro lentamente e con più leggerezza, accarezzando i suoi capelli.

Sta iniziando ad albeggiare, ma non m’interessa. Non voglio rompere l’incantesimo, non voglio andare avanti, non ora che ho trovato dove e come voglio spendere il resto della mia vita.

-Non possiamo essere egoisti- commenta Castiel in un sussurro roco.

Capisco immediatamente cosa vuole dire: essere egoisti significherebbe rimanere lì per chissà quanto tempo, stretti l’un l’altro. Saremmo egoisti se pensassimo soltanto a noi e alla nostra fiamma.

-No, non possiamo- gli rispondo, perché è vero, ma non mi muovo.

Lo so che non possiamo permetterci il lusso di essere felici come ora, ma voglio solo apprezzare che questo momento è esistito.

Ed è stato come il Paradiso.

Rimaniamo qualche momento in sospeso, entrambi in silenzio ad ascoltare i battiti dei nostri cuori, poi con un battito di ali Cas sparisce, lasciandomi solo.

Sento freddo senza di lui che mi avvolge, perciò mi rivesto frettolosamente e senza permettere alla mia mente di rimettersi in moto, accendo l’auto e mi dirigo verso il motel, dove Sam starà dormendo e dove il tempo ricomincerà a scorrere, lasciando questa notte sospesa come una piccola parentesi di luce nell’oscurità.
 

 
  
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