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Autore: imtheblackyoubetheorange    12/08/2015    2 recensioni
La storia di Alex e Piper nella serie TV "Orange is the new black" mi lascia affamata. Mi fa andare a letto pensando a loro, mi fa camminare per strada con le cuffie nelle orecchie pensando a cosa sarebbe successo "se". Così, aspettando il lontano giugno 2016, mangio e respiro Vause e Chapman. Quello che scrivo non toglie nulla alla serie TV, forse cerca di rendere quella tonta di Piper un po' meno stronza e ama immaginare i Missing Moments.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Alex Vause, Altri, Cal Chapman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Mi dispiace per la lunga attesa. Questo capitolo è una sorta di vicolo cieco, non c’è molto progresso ma avevo bisogno di questo capitolo per spiegare le situazione di Piper e Alex dopo l’incidente e costruire la strada per il prossimo, che sarà il mio preferito Missing Moment. E’ la mia fantasia preferita di Alex e Piper che ho sempre voluto scrivere e che mi ha fatto iniziare questa fanfiction. Quindi spero che mi perdoniate per questo capitolo di stallo e che possa rifarmi con voi con il prossimo! Nel frattempo, do da mangiare sia al mio che ai vostri cuori affamati di Vauseman con un piccolo flashback, spero vi piaccia!
 
Alex buttò la testa all’indietro sul letto e guardò Pipes. Teneva la bocca un po’ aperta e gli occhi chiusi mentre dormiva, e poggiava il mento sul cuscino di Alex, stretto forte contro il suo petto. Alex la guardò, sentendo il ritmo dell’aria che entrava dentro e usciva fuori dai suoi polmoni e pensò a quanto era fortunata di essersi innamorata di quella donna perfetta. Era perfetta persino mentre dormiva, circondata dalle sue onde di capelli dorati che la facevano assomigliare a un angelo. Si godette la vista di Piper per un altro po’, mentre un sorriso le incurvava le labbra verso l’alto senza che se ne accorgesse, poi le accarezzò i capelli. Era una domenica mattina e Alex era appena tornata dal suo viaggio d’affari a Lussemburgo, e Piper stava dormendo troppo, come era solita fare dopo che avevano passato la notte a fare l’amore.
“Pipes, tesoro” Alex le baciò la punta del naso. Piper tirò indietro la testa sorpresa, gli occhi ancora chiusi, mentre mormorava qualcosa e cominciava a muovere le dita addormentate. “E’ ora di svegliarti.” disse Alex.
Chiuse gli occhi e posò le sue labbra su quelle di Piper. Erano morbide e calde e così sottili che poteva avvolgerle del tutto con le sue... ma poi notò che Piper non rispondeva al bacio. Alex si ritrasse e aprì gli occhi per guardarla. Quello che vide la spinse a indietreggiare, togliendo la mano dalla guancia di Piper e alzandosi a sedere sui cuscini.
Il viso di Piper era così pallido e freddo da essere diventato quasi blu. Le sue labbra erano violacee e non si muoveva, mentre un filo di sangue le scivolava da un angolo della bocca, giù sulla guancia e a imbrattare il cuscino bianco.
“PIPER!” urlò, afferrandole le spalle e scuotendola. La testa di Piper ricadde all’indietro sul cuscino insieme al suo corpo privo di vita. “Piper, tesoro!”

“Svegliati, Vause!”
Alex si alzò a sedere subito, appoggiandosi sul gomito. Non appena sentì il tocco ruvido del cuscino, diverso da quello soffice del sogno, ricordò dove si trovava. Allungò il braccio dietro di sé e le sue dita rovistarono cercando gli occhiali. Non appena sentì il tocco freddo delle lenti li afferrò e li indossò. Ci mise un po’ per focalizzare lo sguardo sulla persona davanti a lei e si rese conto che era O’Neill che le puntava una torcia in faccia.
Alzò una mano a proteggersi dalla luce accecante e si accorse che le luci del dormitorio erano spente. Non era ancora mattina, e girando la testa ebbe una visione fugace della sua compagna di cella che dormiva beata.
“Cosa? Che ore sono?”
“Ti consiglio di muoverti e pisciare. Sei in trasferimento.”
Trasferimento? Alex si tolse la coperta di dosso e decise che era meglio seguire le istruzioni prima di svegliare altre detenute e attirare l’attenzione. Era in prigione, si ricordò, raccogliendo l’uniforme dalla sedia e seguendo O’Neill in pigiama. Aveva fatto un brutto sogno e si era svegliata prima che potesse cominciare a urlare, come succedeva spesso, quasi ogni notte da quando…Piper.
“Dov’è Piper?” quasi si aggrappò alle spalle di O’Neill, sperando che le avrebbe detto che cosa le era successo e se era viva.
Certo che è viva, stupida, si disse, spingendo via quell’altro pensiero che non riusciva a sopportare. Amava Piper così tanto da essere sicura che avrebbe in qualche modo sentito se Piper era…
“Non ne so niente.” La faccia di O’Neill rimase indifferente mentre la sua bocca si agitava sopra un chewing-gum. Vedendo l’espressione disperata di Alex però, sembrò ammorbidirsi e aggiunse: “Mi dispiace.”
Alex sentì le spalle caderle per la delusione. Nessuno sembrava sapere niente di lei e nessuno poteva dirle se stava bene. Più di un mese era passato dall’ultima volta che aveva visto Piper sdraiata in un bagno del suo stesso sangue, quella notte della vigilia di Natale, e l’unica cosa che le impediva di andare fuori di testa era l’instancabile speranza che Piper fosse viva.
Non poteva essere…scosse la testa. Non osava neppure sfiorare il pensiero. Piper era viva, lo sapeva, sentiva che la sua ragazza era là fuori e Alex doveva essere lì con lei.
Entrò nel bagno vuoto, si tolse il pigiama e infilò l’uniforme. Il pensiero di Piper lontana da lei, ferita o sofferente, le faceva venire voglia di lasciarsi andare al collasso che l’aveva aspettata dietro l’angolo per più di un mese ormai. E quei sogni orrendi che la facevano gridare e la svegliavano nel mezzo della notte piena di sudore? Non erano diversi dalla realtà. Alex non era riuscita a salvarla, né nella vita reale né nei sogni, e non c’era mai un modo per svegliarla o perché muovesse le labbra contro le sue o aprisse gli occhi. Quei sogni seguivano sempre quel copione inesorabile e la facevano sentire come un inutile pezzo di niente. Quello che era successo a Piper, era tutta colpa sua. Se solo Alex l’avesse ascoltata quando era venuta nel suo blocco, se solo non avesse esagerato e respinto Piper nulla di tutto questo sarebbe successo.
Le aveva promesso che niente di male le sarebbe mai successo e aveva fallito nel mantenere la promessa. Ascoltando il corso dei suoi pensieri gli occhi le si riempirono di lacrime, mentre seguiva O’Neill attraverso i corridoi illuminati da quella luce d’ospedale e poi fuori, nel vento ruvido di gennaio, dove un autobus la aspettava.
Tentò di chiedere ai vari agenti dove la stavano portando e se sapevano qualcosa di Piper Chapman, ma ottenne solo muri di silenzio, tutti si comportavano come se non fosse lì. Si rassegnò infine a sedersi al suo posto in fondo all’autobus, dietro un mucchio di detenute dalla faccia cattiva.
Aveva sempre saputo quanto vendicativo potesse essere il suo ex-capo, ma non aveva mai pensato che Kubra si sarebbe spinto fino al punto da assumere una detenuta di Litchfield per uccidere Piper. Non appena aveva saputo che Doggett era stata portata in massima sicurezza si era pentita di non averla uccisa con le sue stesse mani mentre ne aveva la possibilità, invece di mandarla KO e basta.
Dopo essere scesa dall’aereo la fecero salire su un altro autobus, e dagli edifici che riusciva a intravedere attraverso le finestre poteva intuire che si trovava a Chicago. Pochi giorni dopo essere arrivata nella nuova prigione, il suo avvocato la informò che Kubra era stato estradato dall’Europa e ora le toccava testimoniare contro di lui.
 

Piper era sdraiata sul letto, i suoi capelli biondi sparsi sui cuscini. Era mezzo addormentata e perlopiù sveglia, ma non si decideva ad aprire gli occhi. Un sorriso ebbro riposava sulle sue labbra, mentre rotolava tra le lenzuola inalando l’odore del suo comodo letto. Sentiva che se avesse aperto gli occhi quella sensazione di euforia che le scorreva dentro l’avrebbe abbandonata: era la sensazione che le restava addosso dopo aver passato la notte a cantare davanti a una folla di un centinaio di persone. Era stato il suo primo concerto ufficiale. Piper sorrise ricordandolo e nascose la faccia tra i cuscini. Era una cantante di successo e non poteva fare a meno di sentirsi fiera per questo. Oh, e c’era anche qualcos’altro, quella ragazza, Alex. L’aveva incontrata qualche settimana prima, si erano scambiate i numeri di telefono e avevano parlato attraverso SMS da allora.
Il sorriso le si allargò ricordando la scorsa notte. Alex era spuntata fuori dietro le quinte e le aveva augurato buona fortuna, prima di posarle un piccolo bacio sulla guancia. Piper sollevò la mano e toccò il punto dove le labbra di Alex erano state, sperando di trovare traccia del suo odore o rossetto.
Un’ombra attraversò il viso di Piper e rughe le incrostarono la fronte, mentre si sforzava di tenere gli occhi chiusi ancora un po’. Nonostante quello fosse stato il suo primo concerto e avesse visto realizzarsi l’unica cosa che aveva desiderato per tutta la sua vita, l’unica cosa a cui riusciva a pensare era Alex. Non era così che aveva fantasticato il sogno di una vita! Mentre cantava, non riusciva a fare a meno di pensare che la sua voce non fosse all’altezza e che Alex era lì, ignorando del tutto il resto della folla che pendeva dalle sue labbra.
Quella ragazza era entrata nella sua vita e non riusciva a smettere di pensarla. Quello che era successo la scorsa notte poteva significare che…Alex stava diventando più importante persino di cantare? Piper accarezzò il fantasma del bacio di Alex sulla sua guancia, portando ancora quel grosso sorriso in faccia. Infine aprì gli occhi e spalancò la bocca sconvolta guardando l’orologio sul comodino. 19:36? Si rese conto nauseata che aveva dormito tutto il giorno. Certo, c’era stata una grande festa dopo il concerto la sera prima e un sacco di festeggiamenti e non ricordava neppure come aveva fatto a tornare a casa, lo stesso…dormire tutto il giorno la riempiva di un senso di colpa.
Sedette sul margine del letto, strofinando via il sonno dagli occhi. Decise che avrebbe fatto una doccia per salvare quanto restava della giornata. Amava sentirsi pulita, e la doccia era il suo angolo di felicità.
Mentre il getto di acqua calda le scorreva addosso si abbandonò al pensiero di come sarebbe stato sentire la pelle di Alex contro la sua, stringerla stretta e lasciare scivolare le mani sul suo corpo nudo e sulle sue cosce sode e la sua schiena…
Piper spense il getto dell’acqua e rimase lì ferma e nuda, chiuse gli occhi. No, si disse. Piper Chapman, non puoi.
Si vergognava per quello che provava verso Alex. Si sentiva colpevole a pensare a lei come a più di un’amica. Non era solita avere strane fantasie in cui pensava a Polly sotto la doccia o a chiunque delle sue amiche, giusto? E Alex era solo un’amica. Ma non riusciva a scuotere via la sensazione che Alex fosse diversa.
Il silenzio rimbombò attraverso le mura del suo bagno, mentre usciva fuori dalla doccia e si arrotolava un asciugamano addosso. E ora? pensò. Non si era mai sentita a suo agio sotto i riflettori e non aveva mia pensato a se stessa come bisognosa d’attenzioni ma dopo l’esperienza della scorsa notte, ritrovarsi sola nel suo bagno con nient’altro che silenzio a farle compagnia la faceva sentire…vuota.
Camminò annoiata attraverso la casa finché atterrò sullo sgabello di fronte al pianoforte. Tolse la custodia di legno e fissò i tasti, che la guardarono in risposta come una pagina bianca che aspetti di essere riempita. Le sue dita caddero con naturalezza sui tasti giusti, come se avessero aspettato da sempre di essere lì. Suonò, dimenticandosi del tempo e di cena e del concerto e di Alex per un po’.
All’improvviso sentì uno strano rumore e quando si decise a uscire dalla sua trance si accorse che il campanello di casa stava suonando.
Dio, pensò precipitandosi sulla porta. Da quanto tempo stava suonando?
Quasi sbatté la testa contro la porta mentre la spalancava e si ritrovò a fissare una bottiglia di champagne, tenuta su da un braccio ricoperto da una giacca di pelle nera.
“Quindi sei a casa. Ho sentito suonare e ho pensato…” disse Alex e subito dopo sembrò misurare Piper dalla punta dei piedi fino all’alto della sua fronte, con un sorriso incuriosito sulle labbra.
Piper guardò la sua giacca di pelle nera e il modo in cui le ciocche blu le ricadevano sul petto e pensò che avrebbe potuto abituarsi a vedere quella ragazza per il resto della sua vita.
“Scusa, stavo…” aggrottò le sopracciglia. “Aspetta, sai dove vivo?”
“Mi hai dato il tuo indirizzo, ricordi? Pensavo di scusarmi per non essere stata alla festa di ieri sera” sollevò la bottiglia di champagne e la sistemò accanto alla sua faccia sorridente. “Hai intenzione di tenermi qui fuori tutta la notte?”
Piper si accorse che stava scivolando in quella trance di nuovo. Guardare Alex e sentire il suo profumo dolce le faceva girare la testa. Era come quella trance al pianoforte in cui era stata poco prima, solo che questa era molto meglio, perché Alex era lì in carne e ossa.
“Scusa” si scostò dalla porta per farla passare. “Entra.”
Il viso di Alex sembrò arrestarsi di colpo quando lasciò cadere gli occhi sulle gambe scoperte di Piper e sugli addominali sexy sopra la sua pancia piatta. Alex deglutì, temeva che Piper avrebbe notato il modo in cui la fissava, ma non riusciva a spostare gli occhi dal suo corpo quasi nudo.
“Cosa?”
“Mmh. Non che mi lamenti se non indossi molti vestiti. Mi piace in una donna.” lanciò a Piper un sorriso malizioso. “Ma ti prenderai un raffreddore.”
Entrò nell’appartamento di Piper e si ritrovò a pochi centimetri da lei. Piper si guardò in basso e arrossì imbarazzata vedendo i suoi capelli bagnati ricaderle sulla pelle nuda. Indossava solo un paio di pantaloncini neri e un reggiseno e aveva i capelli bagnati. Al diavolo, pensò. Aveva dimenticato di indossare vestiti dopo essere uscita dalla doccia.
“Oddio, scusa. Ho dimenticato…”
“E’ OK, sciocca” Alex rise.
Piper sentì il respiro di Alex sul proprio viso e sollevò gli occhi a guardarla. Lo sguardo le cadde sulle labbra di Alex, così vicine a lei, ma si sforzò di concentrarsi sui suoi occhi. Alex poteva sentire il calore emanato dalla pelle nuda di Piper e lottò l’impulso di toccarla.
“Quindi” disse Piper, indietreggiando per chiudere la porta e pentendosi subito di essersi allontanata da lei. “Cosa si festeggia?”
 

“No che non sono ubriaca!” gridò Piper più tardi e scacciò via dalla sua faccia la mano di Alex che la tormentava. Alex rise e si lasciò ricadere all’indietro sui cuscini. “E no, la scorsa notte non c’è stato niente di meraviglioso.”
“Si, invece, tu eri meravigliosa.” Alex la guardò con un’espressione seria in volto, poi allungò il braccio attraverso il letto e strinse le dita di Piper.
Piper sorrise, pensando che stanotte avrebbe avuto il profumo di Alex e l’odore dei suoi capelli sul suo cuscino. Be, forse non proprio stanotte. Guardò l’orologio sul comodino e vide i numeri rossi segnare le 01:42. Avevano parlato senza interruzione e bevuto champagne sul letto di Piper per più di quattro ore di fila ormai. Piper aveva avuto modo di scoprire qualcosa in più sul passato di Alex, incluso l’immenso amore che quella donna portava verso sua madre Diane. Piper le aveva detto di come aveva sempre desiderato avere una madre come Diane, e di come la sua madre l’aveva costretta ad andare al college e conseguire una laurea che Piper non era neppure sicura di volere. Non si era mai sentita così aperta e onesta verso qualcuno, addirittura ammettendo cose che non avrebbe mai pensato di confessare.
Alex le aveva detto che lavorare per un cartello internazionale di droga era il migliore lavoro che avesse mai avuto. Piper si sentiva OK al riguardo, e non era solo l’effetto dello champagne che le stava dando alla testa. Finché Alex amava quello che faceva, anche Piper pensava di riuscire a farselo piacere, anche se dentro era più che preoccupata per Alex.
“Cosa stavamo dicendo?” Piper inclinò la testa sulla spalla e sorrise, guardando Alex sdraiata sul suo letto. Sentiva di continuo il bisogno di raggiungerla e toccarla o sdraiarsi accanto a quella ragazza che le stava invadendo la vita e ora il letto.
Alex si alzò a sedere all’improvviso, imitando la posizione di Piper, e sedette a gambe incrociate davanti a lei.
“I bastardi.”
“Giusto.” Piper ridacchiò. “Sai, vengono anche a me. Per la maggior parte sono biondi e morbidi, ma ogni tanto ne arriva uno grosso e nero e appuntito e se non lo prendi in tempo, all’improvviso è lungo mezzo metro e ti spunta dritto dalla faccia, come una barba gigante. L’ho chiamato Spike.”
“Spike?” Alex rise e la guardò con la bocca socchiusa e le sopracciglia sollevate.
“Sì, ne ho uno proprio qui, guarda.”
Alzò il mento e cominciò a tastare la pelle con l’indice, avvicinandosi ad Alex finché le sue labbra furono quasi a contatto con il suo mento.
“Smettila! Non c’è niente.”
“Sì, invece, ce n’è uno” Piper continuò a fissare la luce sul soffitto palpandosi la pelle sotto il mento. Dopo un po’ si accorse di avere di nuovo quella sensazione di eccitazione, con Alex così vicina a lei da sentirle il respiro sul collo mentre le loro ginocchia si toccavano. Quando abbassò gli occhi vide che Alex le stava fissando le labbra con un’espressione seria.
“Suona sexy, però.” disse Alex.
“Cosa? Spike?”
“Sai no, la barba folta e ruvida che le donne amano negli uomini.”
“Ew! Che schifo! Non mi piacciono.”
“I peli o gli uomini?” Alex la guardò con uno sguardo provocatorio inclinando la testa da un lato.
“Non lo so, credo…” le parole di Piper rallentarono, mentre sentiva la tensione che attirava il suo corpo verso quello di Alex. I suoi stessi occhi continuavano a scivolare dalle labbra di Alex ai suoi occhi e non riusciva a evitarlo.
“Non sai cosa ti piace?” Alex sussurrò con voce roca.
Piper sentiva questo bisogno bruciante dentro il corpo e il petto, e perché si ostinava a combatterlo? Le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, chiuse gli occhi e avvolse il viso di Alex tra le sue mani, la trascinò verso di sé e la baciò.
Le sue labbra erano morbide e fresche, ma non appena Alex cominciò a muoverle contro le sue sentì il cuore batterle così forte da farle girare la testa. C’era questa sensazione dentro di lei che non poteva descrivere meglio se non con la parola “dolce”. Baciare Alex Vause era dolce e naturale.
Poi si baciarono con avidità, respirando l’una il sapore dell’altra come se stessero cercando di rimediare per tutto il tempo che avevano perso prima di conoscersi e per tutta quell’attrazione chimica che le aveva tormentate fin dal primo incontro. Quando le loro labbra cominciarono a muoversi più rapide e voraci Piper sentì un calore crescerle dentro –e sì, anche laggiù nel suo centro, anche se si sarebbe vergognata di farlo capire ad Alex. Aveva bisogno di sentire il corpo di Alex premerle addosso, così la afferrò dalla vita e la trascinò verso di sé, ma non appena il loro seni si incontrarono il naso di Piper sbatté contro gli occhiali di Alex e smisero di baciarsi.
“Scusa.” Piper si tirò indietro con il respiro affannato e tolse le mani dal volto di Alex.
“Non scusarti.” In quel momento furono le mani di Alex ad avvolgerle le guance. Le lanciò un sorriso rassicurante, cercando di recuperare il respiro e appoggiò la propria fronte contro quella di Piper. Piper ebbe la sensazione che Alex stesse sorridendo e ridendo di sollievo, e tenne gli occhi chiusi. Le sue e le labbra di Alex erano rosse, portavano i segni di dove le loro bocche erano state.
“Ti ho baciata.” disse Piper, ostinandosi a non aprire gli occhi.
“L’hai fatto.”
Rimasero in silenzio, inginocchiate sul letto di Piper, mentre Alex riposava la propria fronte contro quella di Piper.
“Pipes. E’ tutto OK. Apri gli occhi.”
“No.”
“Perché no?”
“Perché sento che se lo faccio,” Piper si morse il labbro, gli occhi ancora serrati. “potrei sapere cosa mi piace.”
“E cosa ti piace?”
Piper spalancò gli occhi di un blu cristallino e li lasciò cadere sulle labbra di Alex. Afferrò gli occhiali di Alex e li tolse con delicatezza, scompigliando un paio di ciocche nere sulla sua fronte.
“Mi piaci tu. E mi piace baciarti.”
Trascinò il viso di Alex contro il suo e le loro labbra si fusero insieme.
“Ah si?” Alex si separò dal bacio dopo un po’. “Perché c’è una cosa che piacerebbe anche a me. Quel cazzo di Spike mi ha distratto.” Sollevò il mento di Piper tenendolo tra l’indice e il pollice e si piegò in avanti.
Non appena le sue labbra fredde toccarono la pelle sul suo collo, Piper spalancò gli occhi e si lasciò sfuggire un gemito.
 

L’infermiera entrò e disse “Buongiorno, Chapman.” Era un altro, ennesimo giorno e Piper era sveglia ma non riusciva a svegliarsi o aprire gli occhi. Non era sicura di aver dormito, in quello stato a metà tra la veglia e il sonno in cui si trovava. Da quanto tempo era così? Si concentrò sul proprio corpo e provò la sensazione di un migliaio di formiche che la stavano usando come un ponte per attraversarla dalla testa ai piedi. Poteva sentire quella fastidiosa luce sopra la sua testa ad occhi chiusi. Un ritmico “beep” metallico continuava a rimbombare accanto a lei, e quando si concentrò sul pollice e cercò di muoverlo si accorse di avere una sorta di pinza e un filo attaccati. Poi si accorse del costante soffio di vento che la accompagnava ogni volta che il suo petto si abbassava per buttare fuori l’aria. Quindi la buona notizia era che era viva. La brutta notizia era che il suo corpo era connesso a strani macchinari e non sapeva come svegliarsi o muovere le dita.
C’era una cosa di cui era sicura, però. Aveva visto quel ricordo del primo bacio tra lei e Alex. I ricordi di lei e Alex erano l’unica cosa a farle compagnia in quel sonno interminabile in cui si trovava da così tanto tempo.
Svegliati tesoro, ti prego svegliati
Piper si concentrò e sentì che poteva farcela. Aprì gli occhi e mise fine al suo mese di coma. Fissò le piastrelle bianche sul soffitto e abbassò gli occhi verso la donna che aveva pensato essere un’infermiera e che le aveva fatto compagnia durante il suo coma. Si rese conto che era un’agente del carcere in uniforme blu, che le camminava incontro con un paio di manette tra le mani.
“Bentornata, Chapman.”
 
Non appena riuscì a camminare la misero su un autobus e la portarono via dall’ospedale della prigione, anche se aveva un aspetto peggiore del fantasma di quella che una volta era stata Piper Chapman. Non sapeva dove stesse andando ed era troppo debole per chiedere. In più, gli anestetici che le avevano dato la facevano sentire strana e le facevano venire voglia di buttare la testa indietro sul sedile e basta. Fissò le sue mani ammanettate e non poté fare a meno di rabbrividire per il disgusto guardando le ferite sulle braccia. Sembrava avere dei buchi di un colore giallognolo e viola, dovevano essercene parecchi sul resto del suo corpo e si chiese se aveva cicatrici anche in faccia. Ricordava l’attacco, ma i dottori le avevano mormorato qualcosa prima di lasciarla andare. Da quello che la sua testa drogata aveva potuto capire aveva subito danni cerebrali multipli di lieve entità causati da un oggetto che le aveva ripetutamente colpito la testa, con conseguente perdita temporaria della memoria a lungo termine.
Piper girò la testa giusto in tempo per vedere un edificio familiare attraverso la finestra. La parola “isolamento” le venne in mente. La stavano portando in un posto chiamato isolamento. Non aveva perso la memoria, solo…le cose erano un po’ in disordine nella sua testa. Si ricordava di Alex, però.
Perse la cognizione del tempo e si ritrovò seduta su una sedia sotto la luce fredda di una lampada sul soffitto, i suoi polsi ammanettati appoggiati su un tavolo di metallo. Mentre si guardava attorno la testa le girava e si rese conto che quella doveva essere una sorta di cella di prigione. Era meglio della sua solita cella dell’isolamento con la porta rossa e non c’erano detenute che urlavano. Aggrottò le palpebre e sobbalzò sulla sedia quando si accorse che un uomo era seduto davanti a lei dall’altra parte del tavolo. Aveva una faccia paffuta e rugosa, ma un’aria seria che incuteva timore mentre la guardava. Piper fissò la sua cravatta nera e il suo completo marrone e si sforzò di ricordare che cosa c’era di familiare in lui.
“Piper” disse, guardandola dritto dentro gli occhi. Allacciò le dita sopra una cartella aperta davanti a lui sul tavolo. Da quanto tempo la stava fissando?
“Sono contento di vederti. Sono qui come tuo avvocato. Capisci quello che sto dicendo?”
Aspettò con pazienza che Piper mandasse giù le sue parole. Piper si passò la lingua sulle labbra secche e si lasciò uscire un lamento rauco, aveva dimenticato come fare uscire le parole dopo così tanto tempo.
“Ti ho già visto. Tu sei…”
“Il padre di Larry. Il tuo ex-fidanzato, ricordi?” aggiunse, vedendo che Piper non dava segni di aver capito. “I dottori avevano ragione quando dicevano che sei…in cattiva forma. Non importa. Limitiamoci al tuo caso. La buona notizia è che Kubra Balik, il pesce grosso nel tuo giro di droga, è stato estradato da…”
“Dov’è Alex?” Piper si sentiva girare la testa e l’immagine dell’uomo seduto davanti a lei cominciava ad sembrarle appannata.
“Alex Vause?” parlava come se qualcosa l’avesse colpito.
Seguì silenzio. Piper pensò di aver detto “Sì, voglio sapere dov’è e se sta bene” ma forse quello era solo successo nella sua testa. Non si sentiva molto cosciente di quello che le usciva di bocca e aveva la lingua intorpidita.
L’uomo che diceva di essere il padre del suo ex-fidanzata e il suo avvocato chiuse la cartella sul tavolo, la spinse da parte e la guardò, stringendo le mani a pugni.
“Ascolta, Piper. So che sei stata in come per più di un mese ormai, ma pensavo che ti avessero in qualche modo informata…” prese un respiro profondo e il petto gli si gonfiò come quello di un tacchino. “Mi dispiace doverti dare questa notizia. Alex è stata liberata. Ha testimoniato contro Kubra e l’hanno fatta uscire in anticipo. Kubra è stato arrestato. Il processo…l’hai perso.”
“L’ho perso?”
“Eri in coma. Nessuno sapeva quando ti saresti svegliata, e se lo avessi fatto, se saresti stata in grado di sederti davanti a un giudice e testimoniare contro Kubra. Avendo mancato il processo, dovrai scontare il tuo tempo in prigione fino alla fine della tua sentenza.”
Prese una pausa, poi afferrò la cartella e una penna e all’improvviso sembrava troppo occupato a sfogliare  documenti per guardarla negli occhi. “Passerai le prossime due settimane in isolamento. E’ la procedura di sicurezza. Poi ti lasceranno andare per un permesso di tre giorni. Hai bisogno di accertamenti medici viste le tue condizioni, e potrai anche vedere tua nonna.” Le lanciò un sorriso che avrebbe dovuto essere rassicurante, ma che non fece altro che confonderla di più.
Piper chiuse gli occhi, sentì la stanza girarle intorno…Che cosa stava dicendo?
“Mia nonna? Che cosa c’entra mia nonna con tutto questo?”
“Giusto. Non lo sai.” Il sorriso svanì mentre ancora una volta chiudeva il fascicolo e lo spingeva via, poi allungò una mano sul tavolo e strinse i pugni ammanettati di Piper, in un improvviso moto di tenerezza verso quella fragile ragazza. “I tuoi genitori hanno chiesto un permesso speciale, date le tue condizioni di salute dopo l’incidente.” Prese un altro respiro profondo, quell’uomo prendeva così tanti respiri profondi che Piper pensò sarebbe esploso. “E tua nonna sta morendo. Mi dispiace.”



Spero di non avervi delusi troppo e so che il coma di Piper è descritto in maniera un po’ frettolosa, ma avevo voglia di scorrere per farle incontrare il prima possibile. La seconda stagione è uno dei momenti che amo di più nell'evoluzione di Piper, diventa dura dopo quello che le è successo e quando si guarda attorno ha uno sguardo di ghiaccio. Nei prossimi capitoli mi orienterò in questa direzione, fatemi sapere cosa ne pensate. Grazie!
   
 
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