Storie originali > Avventura
Segui la storia  |       
Autore: Noah Jayden Vati    13/08/2015    0 recensioni
A causa di alcune revisioni vi consiglio vivamente di saltare il Prologo e passare direttamente al Capitolo 1.
( Aggiungerò un disegno alla fine di ogni testo, a partire dal Capitolo 1 :) )
Quella che voglio raccontare non è la mia storia, purtroppo non ho mai avuto i requisiti giusti per essere considerato un protagonista interessante. Non so nemmeno da dove cominciare in effetti, non sono mai stato bravo neanche in questo. Sono però un buon osservatore, e di cose da narrare, credetemi, ne ho viste tante.
Ebbene sì, mi sono impuntato su questa cosa, ed anche se so di non essere mai stato bravo con le parole, io ho intenzione di raccontare. Raccontare di una guerra senza schieramenti o fazioni, combattuta da uomini che si nascondevano dietro la parola
Ideali , ma che di indeali proprio non ne avevano. Voglio parlare di una battaglia che con la potenza di un vortice è riuscita a risucchiare dentro di sé decine di vite, compresa la mia.
Io voglio raccontare le vicende di una di queste vite. Voglio raccontare una storia di cui non ho mai voluto far parte.
N.J.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 2 - Come educare un ragazzo distratto. Pt. 2.

Non ci rivolgemmo la parola neanche una volta. Non avevo niente da dirgli, lui nemmeno. Mi lanciò qualche occhiata curiosa, questo sì, ma niente di più. Non duravano più di un secondo.
Justin era un ragazzo intelligente. Non di quella intelligenza che si mostra a scuola e che predilige solo un piccolo numero di studenti. Era ben diversa. Ed andava ben oltre quella del "piccolo numero di studenti" che non riuscivano a vedere più avanti del loro libro di storia.
Credete a me, quelle povere persone che non riescono a capire che la vera intelligenza non si nasconde dietro un voto alto, sono solo soggetti da evitare.
Justin aveva intuito che mi ero accorto dei suoi sguardi e che nonostante tutto facevo finta di niente.
Come faccio a saperlo? Non ci sarebbe alcun gusto a dirlo adesso!
Avrebbe voluto aprir bocca, lui, per chiedermi qualsiasi cosa, per vedere la mia reazione, o per sapere se ero straniero. Aveva imparato un po' di francese a scuola e si vantava di saperlo parlare abbastanza bene, tanto che non vedeva l'ora di poterlo sperimentare con qualche madrelingua.
Ah, no no, io non sono francese.
Nonostante tutto non disse niente, e si alzò. Mi lanciò un'ultima occhiata, veloce, per assicurarsi di non avermi già visto a scuola e poi si allontanò, strattonando il cane per il guinzaglio.
La strada del ritorno fu dura, sotto il sole. Era arrivato quasi a metà strada, quando cominciò a maledirsi per non aver bevuto un po' anche lui alla fontana della piazza. Non lontano da lui però, oltre il parcheggio all'aperto, si ergeva come un miraggio un piccolo bar, famoso per le agguerrite battaglie di Burraco svolte al suo interno e per le caramelle acide vendute che riuscivano a tingere la lingua di blu.
Justin non ci si avviò subito. Prima si controllò le tasche piene di cianfrusaglie per essere sicuro di avere qualche spicciolo con sé. Aveva delle dita ormai molto abili a muoversi in mezzo a tutta quella confusione, e appena i polpastrelli riconobbero la forma delle monetine, le tirò subito fuori per contarle.
La concentrazione riservata al calcolo del denaro non gli permise di accorgersi del ragazzo che stava correndo verso la sua direzione.
Lo scontro tra i due fu inevitabile. E un po' doloroso. Justin mollò la presa sul guinzaglio e sulle monetine, che toccarono il suolo con un sonoro tintinnio.
I due non caddero a terra, ma ci mancò davvero poco. D'altronde il corpo dell'altro ragazzo era troppo minuto per provocare chissà quale danno.
Justin si affrettò subito ad afferrare il guinzaglio e gli spiccioli sparsi ovunque sul terreno, non aveva proprio voglia di mettersi a litigare con chiunque gli fosse venuto incontro, neanche lo guardò in faccia.
"Oh grazie al cielo, Justin!" esclamò il ragazzino, stranamente felice di essergli andato addosso. Sembrava quasi volesse abbracciarlo, ma si limitò ad afferrargli una spalla con la mano scheletrica non appena l'altro si rialzò. "Mi devi aiutare! Subito, subito, subito!" disse a denti stretti e spalancando gli occhi, mentre la mano libera si muoveva in gesti meccanici, come se avesse voluto fendere l'aria in orizzontale. "È una cosa importante, Jus!"
Justin finalmente riconobbe il volto amico e diresse incuriosito lo sguardo oltre la spalla del ragazzo, che spesso si voltava a guardare dietro di sé come se una bestia inferocita lo stesse inseguendo. Ma ovviamente non c'era nessuno là.
"Che succede, Mortimer...?"
Il carattere ansioso e paranoico di Morty era ormai noto a tutti a scuola ma così non aveva mai reagito, o almeno Justin proprio non si ricordava che lo avesse fatto.
"Ho fatto un casino con Blake!"
"Che hai fatto?" Sembrava piuttosto improbabile che un ragazzo mingherlino come lui potesse combinare chissà cosa di grave. "Gli hai sgualcito il cappello?" disse sarcastico.
"No, gli ho tirato un pugno!"
"Un pugno..?!" Lo guardò un po' come si guarda un condannato a morte di fronte al patibolo. "Perché?!"
"Aveva chiamato mia madre lurida p-"
"Ho capito, ho capito." Alzò le mani per fermarlo. Non voleva sentire altro.
"Non mi sono neanche accorto di averlo attaccato! È ovvio che quando mi sono reso conto della situazione ho cominciato a correre..."
"E quindi adesso lui ti sta-"
"Sì, mi sta cercando."
E lo avrebbe trovato presto se Mortimer non si fosse dato una mossa a trovarsi un buon posto in cui nascondersi. Possibilmente per tutta la vita.
Morty era un ragazzo magrolino, con un caschetto biondo che gli incorniciava il volto e nascondeva le sopracciglia. Aveva ancora i lineamenti di un bambino e due grandi occhi chiarissimi sempre all'erta.Sembrava un cerbiatto spaurito. Guardandolo si poteva facilmente pensare che i suoi genitori si fossero divertiti a tenerlo chiuso in una stanza senza cibo né acqua per anni, tanto era fragile e pallido. Blake, invece, era il solito bulletto della scuola. Era un ragazzo di carnagione nera, più grande di Justin e Morty di due anni ed assai più muscoloso. Portava spesso un berretto rosso da cui da dietro sbucavano alcune ciocche rasta che arrivavano quasi fino alle spalle e un paio di anelli argentati sugli anulari. Una cosa su di lui era sicura: era un ragazzo di poche parole, e quando non utilizzava quelle per discutere, non si faceva scrupoli ad usare le mani.
Indovinate un po' chi avrebbe vinto in uno scontro corpo a corpo?
"Justin!" Cominciò a battere freneticamente un piede a terra. "Che devo fare?"
"E lo vieni a chiedere a me?" In quel momento Justin aveva solo voglia di scappare il più lontano possibile da lì. Gli sarebbe bastato seminare Mortimer per allontanarsi anche da Blake. Ma una vocina dietro di lui gli impediva di farlo.
"Sei l'unico qui che può aiutarmi!"
Justin esitò.
"Per favoreee?" chiese in una disperata dupplica, con una tale ansia addosso da sembrare quasi opprimerlo fisicamente, come un grosso peso che gravava sulla sua gracile schiena.
"Ok, ok." Sospirò. Sapeva bene che se Blake avesse scoperto che lo stava aiutando, Mortimer non sarebbe stato l'unico a ritrovarsi con qualche osso rotto, ma non poteva certamente lasciarlo lì.

Justin lo trascinò fino alle poste, che si trovavano proprio lì a due passi. Jackson non poté entrare, quindi fu legato ad un albero di fronte all'entrata, e ne approfittò per dormire.

Dentro, le poste erano piene di persone indaffarate a correre dappertutto, c'era chi si spintonava e chi teneva stretto il proprio numerino come se fosse stato fatto d'oro e diamanti, chi aveva fretta di uscire e chi si prendeva tutto il tempo che voleva.
I due ragazzini si sedettero ad una panchina libera, la prima che riuscirono a trovare.
"Qui non verrà a cercarti."
"Certo che no." disse Mortimer fissandosi le ginocchia "Ma prima o poi dovrò uscire, non credi?"
"Rimarremo qui solo per il tempo che mi serve per dirti una cosa."
"...Cosa devi dirmi?" domandò lui, trovando il coraggio di alzare lo sguardo.
"Secondo me tu saresti più che capace di fargliela pagare."
"Ah sì? E come?" Rise imbarazzato. Poi tirò su il suo braccio e lo piegò a formare un angolo di novanta gradi per mostrarne il debole muscolo, chiudendo la mano in un pugno. "Con questo?"
"No, non con le mani." Disse Justin afferrando il polso di Mortimer e trascinandolo verso il basso.
"E con cosa?" Poi sembrò intuire all'improvviso. "Ah."
"Non sai quanto ti invidio, Mort." sospirò lui appoggiando la schiena contro la sedia. "Davvero, non sai quanto."
"Nah, lo dici solo perché non sai cosa si prova."
"Intendi che non so cosa si prova ad essere dannatamente fighi??"
Mortimer si lasciò scappare una debole ma sincera risata "Ma no! Intendo dire che spesso noi siamo svantaggiati."
"Ma riuscite a fare un sacco di cose fantastiche! Cose che io non mi sognerei neanche!"
L'altro fece spallucce. "Non siamo mica così diversi."
"Mah...se lo dici tu." disse Justin inarcando un sopracciglio. Mortimer era uno dei pochi ragazzi con cui riusciva ad andare d'accordo senza problemi. Era una cosa che lo faceva sentire bene. "Ma se io fosse in te-"
"Tu non sei me Justin." il suo tono si fece subito serio. "Sai che non posso farlo."
"Sì che puoi!"
Il ragazzo non rispose. Si limitò a lanciargli un'occhiata inespressiva.
"Preferisci essere preso a pugni?"
Mortimer sospirò. Poi, dopo alcuni secondi di riflessione che sembrarono ore aprì bocca, "Mi prenderò le mie responsabilità." Non disse altro. Sorrise a Justin e si alzò dalla panchina per avviarsi verso l'uscita, stando attento alle persone che sfrecciavano come auto in tutto quel trambusto. Justin lo seguì e si fermò a pochi passi da lui, che intanto se ne stava uscendo.
"Io torno a casa. Tu augurami di non incontrare Blake per strada."
"Beh te lo auguro." disse, ma il ragazzo intanto aveva già richiuso la porta dietro di sé.
"Al diavolo!" pensò Justin. Con una foga che neanche lui si aspettava si precipitò fuori dalle poste. "Aspetta!"
A Mortimer quasi venne un infarto, tanto era spaventato di trovarsi Blake davanti da un momento all'altro.
"Ti accompagno io, ti accompagno."
"Non c'è bisogno, Jus." sorrise sollevato.
"Dai, dai." disse dirigendosi verso l'albero a cui era legato il suo cane.
"Tanto abbiamo Jackson con noi, no?" E diede un leggero colpetto all'animale che pigramente aprì un occhio.
"Basta dirgli Attacca e lui..."
"Attacca?"
"No, per carità! Ma è una parola che spaventa l'avversario!"
"Se lo dici tu."
"Alle poste,eh?" una voce roca si aggiunge alla discussione. "Prevedibile. I luoghi affollati sono sempre i preferiti dai vigliacchi."
Mortimer diventò ancora più pallido di quanto già non lo fosse e tentò inutilmente di far uscire qualche parola di bocca che prontamente gli morì in gola. Lanciò quindi qualche occhiata disperata a Justin, del tipo: "Parlaci tu, dai!" per farsi aiutare in qualche modo.
E che poteva fare Justin? Prenderle per lui?
Ci provò comunque.
"...Hey Blake."
"E tu che diavolo vuoi?" ringhiò verso di lui con le braccia incrociate al petto.
"Non potresti lasciar perdere per una volta?"
"Wow!" Blake stavolta rivolse lo sguardo dritto verso Mortimer. "Ti sei trovato la guardia del corpo! Ma guardatelo! Non riesce neanche a parlare, poverino." Gli rise in faccia. "Non ce la fai, a parlare? Cos'è quel muso, vuoi piangere?"
"...Blake." Cercò di insistere Justin, ma il ragazzo sembrò non averlo sentito.
Le parole che che diceva non sembravano che dei suoni indistinti alle orecchie di Mortimer. La paura che risiedeva dentro di lui lasciò lentamente spazio alla rabbia. Essa cominciò a ribollire, nutrendosi di ogni memoria negativa che custodiva riguardante il suo bullo.
Crebbe, ad ogni sillaba che lui gli stava sputando davanti. Il suo corpo infine, non riuscì più a contenerla, e lui dovette rigettarne fuori una parte. E lo insultò.
Ci mise un secondo, Blake. Non si lasciò scappare l'occasione e gli mollò un pugno dritto in pancia.
Mortimer si strinse lo stomaco in preda al dolore lancinante e si lasciò cadere a terra senza fiato, ma il bullo ancora non era soddisfatto. "Quello era per prima!" sibilò guardando in basso verso il suo avversario indifeso. "Questo, invece, è per l'insulto!" Caricò un calcio che colpì con potenza la spalla del ragazzo, facendolo voltare a pancia in su. Alzò, poi, un piede dal suolo e lo tenne sospeso sopra la faccia di Mortimer, a pochi centimetri dal suo naso "E questo è per farti ricordare una lezione importante."
A quel punto Justin intervenne.
Prese la rincorsa verso Blake e con un balzo gli fu addosso per placcarlo.
I due caddero sonoramente a terra e Justin colse l'occasione per tenere fermo l'avversario al suolo.
Cinse una mano attorno al suo collo, esercitando una certa pressione, mentre l'altro braccio era proteso all'indietro per caricare un pugno. Ma Blake cominciò a gridare di dolore ancora prima che il colpo potesse partire.
Strinse con forza le sue dita attorno al polso di Justin per allontanare la mano dal suo collo. Solo in quel momento Justin notò con estrema sorpresa che dai suoi polpastrelli sembrava stessero uscendo dei deboli fili di fumo. Mollò subito la presa rivelando delle piccole ustioni sul collo di Blake, come se fosse stato corroso.
"Anche tu!" Gli gridò in faccia massaggiandosi la zona ferita, cercando di nascondere la paura che stava crescendo in lui "Sei una lurida bestia come loro!"

-----------

Questo è Mortimer. Blake... Lo aggiungerò quando avrò voglia.
N.J.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: Noah Jayden Vati