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Autore: Birra fredda    13/08/2015    0 recensioni
Era cominciata così, con Alan che aveva avuto un attacco di panico, Austin che si era innervosito e Tino che aveva afferrato una felpa di Aaron all’ultimo secondo e menomale che lo aveva fatto altrimenti il freddo dell’alba avrebbe ucciso il chitarrista di ipotermia.
Era entrato così Ian nelle loro vite.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I personaggi di questa storia (purtroppo) non mi appartengono e bla bla bla lo sapete già.






Tino stava sognando un pozzo infinito, di quelli che si guardano dal basso e sembrano per davvero interminabili, in un modo assurdo sembrano sconfinare direttamente nello sprazzo di cielo che si ha il privilegio di vedere. Assurdo.
Nel sogno udì un rantolo sommesso così si voltò di scatto, ma nel buio non vide nessuno. Poi accadde. Qualcuno cominciò a respirare affannosamente, come se l’ossigeno nel pozzo non fosse abbastanza per tutti e due, come se lui si stesse prendendo tutta l’aria disponibile privando qualcun altro di tale beneficio.
Il batterista si svegliò di soprassalto e si mise a sedere sbattendo la testa contro la rete del materasso di Phil che dormiva sopra di lui. Gli succedeva spesso di dimenticarsi di non essere nel suo letto ma nel tourbus, così sbatteva la testa quasi ogni mattina.
Si rese conto che il respiro affannoso del suo sogno continuava nella realtà e si alzò velocemente in piedi in mezzo al corridoio seguendo quell’assordante rumore che, si rese velocemente conto, proveniva dalla cuccetta di Alan.
“Hey” mormorò Tino aprendo le tende del chitarrista, che se ne stava steso a pancia in su sul materasso con gli occhi spalancati, le mani premute sulla gola, la bocca aperta e tremante, il respiro affannoso e disperato come se l’aria non gli bastasse.
“Alan che hai?” provò a chiedergli posandogli una mano sulla guancia per farsi guardare, ma il rosso non si mosse.
“Che succede?” domandò la voce impastata di sonno di Austin alle spalle del batterista, che si voltò di scatto e trovò il viso del cantante a pochissimi centimetri di distanza dal suo.
“Aria” biascicò il più piccolo dei tre con un soffio.
In un attimo Austin balzò giù dalla sua cuccetta e, aiutato da Tino, tirò giù Alan dalla sua e lo sostenne fino a che non si ritrovarono all’aria aperta.
Tino ebbe il buonsenso di afferrare la prima felpa che gli capitò sottomano (appartenente ad Aaron) e portarsela dietro. Alan, infatti, aveva da sempre l’abitudine di dormire soltanto in boxer e calzini o, d’inverno, con dei pantaloncini e una canottiera, e il batterista non voleva vedere il suo amico morire assiderato.
Né Austin né Tino avevano mai visto una cosa del genere: qualcuno cominciare a respirare con forza, tirando fuori l’aria come se dentro di sé, nei polmoni, ce ne fosse troppa a premere contro la gabbia toracica, e inspirando come se fuori di sé non ce ne fosse abbastanza per la sua sopravvivenza.
Alan a un certo punto percepì solo l’assenza di gravità. Un momento Austin lo sosteneva e il momento dopo si ritrovò con le ginocchia a terra ansimante più di prima.
“Alan!” esalò il cantante.
Qualcuno gli posò una felpa sulle spalle e qualcun altro disse: “Gli state troppo addosso, l’attacco di panico deve fare il suo corso.”
Una voce da ragazzino, minuta, innocente, la voce di chi è indifeso nei confronti della brutalità del mondo attorno a lui.
Austin fu il primo a dare un volto a quella voce. Il ragazzo alzò lo sguardo e proprio dietro la ruota del loro tourbus vide un adolescente minuto e dai capelli biondissimi che li osservava steso a terra con la testa poggiata su uno zaino.
“Alan non soffre di attacchi di panico” asserì con forza il cantante.
“C’è una prima volta per tutto” ribatté il ragazzino alzandosi in piedi. “Riconosco gli attacchi di panico perché il mio migliore amico ne soffre” continuò avvicinandosi ai tre e al povero malcapitato che, nel mentre, stava un po’ meglio.
“Ma tu chi diavolo sei?”
 
Era cominciata così, con Alan che aveva avuto un attacco di panico, Austin che si era innervosito e Tino che aveva afferrato una felpa di Aaron all’ultimo secondo e menomale che lo aveva fatto altrimenti il freddo dell’alba avrebbe ucciso il chitarrista di asfissia.
Era entrato così Ian nelle loro vite.




































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Eccomi tornata con una nuova long! Spero vi intrighi anche se questo è solo un minimo assaggio, domani avrete il primo capitolo,
Echelon_Sun
  
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