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Autore: GiulyHermi96    13/08/2015    1 recensioni
Cadmus Peverell ha appena ricevuto dalla Morte in persona una pietra per far resuscitare i morti. Sa esattamente chi vuole riportare in vita: la sua preziosa Armònia, la sua quasi moglie che morì tragicamente prima che si potessero sposare. Scoprirà a sue spese, purtroppo che la pietra della resurrezione non può davvero ridare la vita a chi è morto e questo gli sarà quantomai fatale.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cadmus Peverell, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, II guerra magica/Libri 5-7
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Colei che aveva sempre amato

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Questa storia partecipa al contest "Dieci novelle - di temi trame e avventure" di pasionbertotti.

Angolino autrice:
So che è un sacco che non mi faccio vedere e che dovrei continuare le mie long che tutti aspettano, ma spero davvero che vi piaccia questa storia perché ho amato alla follia scriverla.
Un abbraccio a tutti,
Giuly
Autore: GiulyHermi96
Nick per un eventuale banner: GiulyHermi96
Tema scelto: Amore infelice
Titolo: Colei che aveva sempre amato
Introduzione: Cadmus Peverell ha appena ricevuto dalla Morte in persona una pietra per far resuscitare i morti. Sa esattamente chi vuole riportare in vita: la sua preziosa Armònia, la sua quasi moglie che morì tragicamente prima che si potessero sposare. Scoprirà a sue spese, purtroppo che la pietra della resurrezione non può davvero ridare la vita a chi è morto e questo gli sarà quantomai fatale.
Coppie/Personaggi: Cadmus Peverell/nuovo personaggio (Armònia Thebae), Hermione Granger/Ron Weasley
Contesto: Altro contesto/ Durante la seconda guerra magica
Lunghezza storia: One Shot
Genere/i: Drammatico, Malinconico, Romantico
Avvertimenti: Nessuno
Nda: Avendo finito meno di due mesi fa il liceo classico, non ho potuto fare a meno di attenermi ai miei studi liceali per il nome della fidanzata di Cadmus. Il nome "Cadmo", infatti, è quello del nonno del dio Dioniso e di suo cugino Penteo, re di Tebe, dalla tragedia di Euripide "Le Baccanti". La moglie di Cadmo si chiamava Armònia, perciò ho voluto mantenere la coppia originale avendo dovuto studiare per tutto l'anno scolastico appena finito la suddetta tragedia. Inizialmente avevo preso in considerazione di trattare la coppia Remus/Tonks, ma ho successivamente cambiato idea in quanto la loro storia non fosse "infelice", ma piuttosto "sfortunata" per la sua durata così breve. Dopo aver preso in considerazione anche la coppia Lily/Severus (che però non apprezzo poiché a me piace di più la coppia James/Lily e ritengo che l'amore tra Lily e Sev sia unilaterale), ho deciso di uscire dagli schemi e utilizzare una coppia mai presa in considerazione (almeno dalla sottoscritta). Spero sia una lettura piacevole.
 
 
                        *      *      *
 
 
Cadmus Peverell era seduto in casa sua davanti al grande tavolo al centro dell'elegante sala da pranzo che si trovava esattamente nel cuore della maestosa villa.
Con un colpo di bacchetta accese le candele fissate sull'elaborato lampadario sopra la propria testa. Aveva passato gran parte della giornata seduto davanti al tavolo di quercia senza mangiare nulla e a pensare e pensare sul da farsi. Fino al giorno prima gli era sembrato di essere il più infelice degli uomini, il più solo di tutti. La sua amata era infatti venuta a mancare poco prima del loro matrimonio e lui non aveva potuto fare nulla per salvarla da quella malattia che le aveva portato via la vita in così poco tempo. Inoltre, benché l'uomo avesse ben due fratelli, li vedeva di rado e solo qualche tempo prima si erano riuniti dopo molti anni per compiere un viaggio verso la vecchia dimora dei genitori.
 
Durante il tragitto di ritorno dopo il tempo passato assieme ai loro parenti, avevano fatto un incontro al contempo inquietante e fortuito... Avendo attraversato con l'aiuto della magia un fiume particolarmente pericoloso, infatti, la Morte in persona gli si era presentata sul cammino e congratulandosi per il loro operato li aveva premiati uno per uno con tre doni particolarmente potenti di loro personale scelta.
Cadmus sorrise tra sé e sé continuando a osservare, senza però sfiorarla, la pietra nera che aveva lasciato sul tavolo e che continuava a levitare davanti ai suoi occhi.
Quel momento, quel preciso momento che aveva atteso per così tanti giorni, settimane, mesi, era finalmente arrivato. Eppure si sentiva terrorizzato all'idea di rivedere... Di rivedere finalmente la sua amata, amatissima Armònia.
Quanto aveva agognato di poterla stringere di nuovo a sé, di poterle accarezzare le morbide guance, di poter sentire nuovamente il suo profumo così fresco e dolce.
 
Aveva passato ore e ore davanti a quella pietra, ma oramai tutti i pensieri che gli erano sopraggiunti nella mente erano stati analizzati più e più volte ed era ora di tentare il tutto per tutto, di utilizzare quel dono così prezioso.
Con le mani che tremavano, Cadmus sollevò la pietra fluttuante davanti al suo viso e la fece girare tre volte nella propria mano.
Chiudendo gli occhi e respirando affannosamente, attese... Attese un grido, una parola, una brezza, un respiro.
Nulla attorno alla sua persona sembrava cambiato perciò, pensando di essere stato preso in giro, l'uomo alzò le palpebre scoraggiato e arrabbiato con se stesso per aver sperato in qualche cosa di impossibile.
 
Con rassegnazione, gli occhi di Cadmus recuperarono la vista e misero a fuoco non la tavola vuota che fino a pochissimi attimi prima aveva regnato sovrana al centro della sala, ma bensì una donna dai lunghi capelli corvini seduta sulla suddetta tavola in un abito bianco e sorridente come non mai.
Armònia era esattamente come quando Cadmus l'aveva seppellita: i morbidi capelli intrecciati con perline e fiori le scivolavano dietro la schiena fin sotto le scapole, il vestito nuziale bianco e avorio con le maniche larghe, il taglio sotto il seno, lungo fino ai piedi e interamente intarsiato con piccolissimi brillantini, le scivolava addosso con eleganza mentre un filo dorato le divideva a metà la fronte dalla pelle pallidissima quasi a mo' di aureola. Solo le labbra della ragazza ricordavano all'uomo della sua morte, poiché non erano rosse come quando la vita le scorreva nelle vene, ma erano pallide e violacee, proprio come quando avevano dovuto sigillare la bara dopo il triste funerale.
 
La giovane sorrideva e lo guardava con occhi pieni di quell'amore che riempiva ancora completamente il cuore di Cadmus.
"Mia amata..." Sussurrò l'uomo dopo essere riuscito a superare lo sbigottimento.
"Cadmus... Cadmus, mio amore infinito... Non pensavo ci saremmo mai rivisti."
Col cuore più leggero che mai, Cadmus sì alzò in piedi e porse la mano che non teneva la pietra a Armònia per aiutarla a scendere dal tavolo. La ragazza sorrise e prima che lui potesse raggiungerla scese da sola continuando a guardarlo negli occhi.
"Amor mio..." continuò lei: "Sono così felice di averti potuto rivedere, nella mia malattia non sono riuscita a dirti tante cose, cose che sembravano ovvie ma che sarebbero dovute essere dette ad alta voce. Ti ho amato dal primo momento in cui ti ho visto, mio caro Cadmus, e voglio che tu questo lo sappia..."
"Lo so mia cara Armònia." rispose lui: "Ricordo quel momento come fosse ieri, il momento in cui posai gli occhi su di te al parco durante un pomeriggio di sole primaverile. Indossavi un abito celeste e bianco e avevi i capelli tirati indietro da una coroncina di fiori piccoli e blu."
"Erano 'non-ti-scordar-di-me', mio amato e mia madre li aveva intrecciati tra i miei capelli proprio prima che mi vedessi." lei continuò a sorridere mentre parlava.
"Oh, che fiori indovinati furono, mia amata Armònia! Dopo quel momento non mi dimenticai più del tuo viso, dei tuoi occhi e del tuo sguardo quando mi scopristi a guardarti da lontano."
 
Fino a quell'istante non si erano toccati, ma nel ricordare ciò che aveva visto, Cadmus aveva mosso le mani e si era pericolosamente avvicinato alla ragazza. Non l'aveva comunque ancora toccata veramente, forse per paura di sgualcire quella visione così perfetta ed eterea.
"Ho agognato così a lungo il nostro matrimonio, mio amato... Così a lungo ti ho aspettato. Nella morte non mi sono mai perdonata di essere deceduta prima che tu mi potessi vedere all'altare. Avrei voluto essere la signora Peverell più di ogni altra cosa, mio amore... Ma quella febbre tremenda mi ha vinta in pochissimi giorni." sussurrò infine sconsolata Armònia: "Ma non importa... Non importa mio caro... Mio carissimo Cadmus, l'importante è che ho potuto rivederti, ho potuto guardare i tuoi bellissimi occhi, ho potuto sorriderti ancora una volta." disse Armònia sorridendo nuovamente.
"Ancora una volta? Ma Armònia, mio amore, da ora in poi potremo stare per sempre insieme. Ho truccato la Morte in persona, l'ho giocata e le ho chiesto questa pietra in dono." esclamò Cadmus con la suddetta pietra in mano: "Ti ho riportata in questo mondo e non ti lascerò mai più andare, mai più."
L'uomo si avvicinò alla ragazza che con espressione sbigottita si allontanò indietreggiando di un passo.
 
"Cadmus..." cominciò Armònia cercando di essere ragionevole: "Cadmus io non posso restare... Non appartengo più al mondo dei vivi. Dei maghi come te e me dovrebbero saperlo. Non è possibile riportare in vita ciò che è morto... Non è possibile. Io non appartengo più, mio malgrado, a questo posto e per quanto rimanere con te sarebbe il mio sogno più grande, non c'è modo perché io ti possa raggiungere da quella parte, non c'é." spiegò lei risoluta.
Cadmus, però, sembrò sordo a quelle spiegazioni, nulla di ciò che lei gli avesse detto fermò le sue convinzioni e cogliendola di sorpresa tentò di stringerla a sé riuscendo a chiudere le braccia solo intorno al suo stesso petto.
Scioccato da quella scoperta, il cuore di Cadmus fu preda di molti e diversi sentimenti contemporaneamente: la sorpresa fu la prima sensazione a raggiungere il suo cuore, seguita dalla disperazione più nera per non essere riuscito a riportare in vita il suo amore e infine la rabbia per non essere riuscito a giocare la Morte e soprattutto per essere stato lui stesso preso in giro da quella.
"Amore... Amor mio... Non essere triste, purtroppo non sono che una proiezione di ciò che ero e non posso rimanere qui con te, insieme a te. Anche se lo facessi potrei solo parlarti. Ma non posso rimanere qui. Non sarei mai parte di questo mondo come lo ero prima." Ripeté Armònia: "Salutami un'ultima volta mio amato, e lasciami tornare al luogo cui appartengo ora." Disse con le lacrime agli occhi.
 
Cadmus non l'ascoltava. L'uomo si era perso tra i propri pensieri e le proprie sensazioni. La tristezza si era impossessata della sua mente e Cadmus avrebbe giurato di non essersi sentito mai così disperato in tutta la sua vita.
"Cadmus... Cadmus mio amato... Te ne prego... Lasciami andare, lasciami tornare a dove ero, non rendere tutto più doloroso."
Armònia tentava con tutte le sue forze di farlo ragionare, di fargli capire che lei non sarebbe potuta tornare veramente insieme a lui.
All'improvviso, però, qualcosa cambiò nell'uomo. Una luce per lui così simile alla speranza ma che a lei, che la vedeva da fuori, parve così inquietante, balenò negli occhi del secondo fratello Peverell.
Cadmus si voltò e guardò nuovamente Armònia con le sopracciglia inarcate e uno strano ghigno sulle labbra.
"Hai ragione mia amata..." disse con sguardo trionfante: "Non c'è modo perché tu torni a vivere, ma abbiamo ancora una possibilità, possiamo ancora tornare ad essere insieme nello stesso mondo, nella stessa condizione..."
Armònia non capì. Cercò di comprendere le intenzioni di quell'uomo una volta così affascinante e ora così strano e inquietante, con le borse sotto gli occhi e il sorriso ghignante.
"Cadmus... Te l'ho detto, non c'è modo." Ripeté lei spaventata. Voleva solo tornare nel mondo dei morti. Lì invece, con Cadmus vivo di fianco a lei si sentiva fuori luogo, temeva che il suo cuore si sarebbe spezzato nuovamente, e così quello del suo amato.
 
"Un modo c'é... Un modo c'é..." disse lui due volte, come a convincersi dell'idea pazza che gli era passata per la mente qualche momento prima.
Fu allora, fu con quelle parole e quello sguardo, fu in quel momento che Armònia capì.
"No... No Cadmus! Non farlo! Ti prego! Non è la cosa giusta da fare!"
Lacrime rigavano le guance pallide della ragazza, la paura le aveva attanagliato le vene ormai prive di vita, gli occhi erano spalancati e la voce sempre più alta e squillante.
Cadmus intanto si era voltato e aveva spostato il pesante tavolo di quercia, in modo da lasciare spazio nella stanza e in modo da poter posizionare una delle sedie esattamente sotto l'imponente lampadario.
"No! No mio amato! No!" nella disperazione Armònia tentò di afferrarlo, di prendergli le mani, di non fargli andare a prendere ciò che temeva avrebbe cercato e appeso al lampadario.
Non fermato da quell'inutile attacco e accecato dalle sue intenzioni, Cadmus guardò un'ultima volta la sua amata Armònia e sorridendo nella sua pazzia la salutò: "Arrivederci mio amore, ci vedremo tra pochi istanti." E non sentendo l'ultimo urlo della disperata ragazza, lasciò la pietra su una credenza della stanza lì accanto dove teneva gli oggetti da caccia. Scrisse un biglietto dove dichiarò che avrebbe lasciato tutto ciò che possedeva ai propri genitori e a dei lontani parenti e, dopo aver aperto la suddetta credenza, ne tirò fuori una delle corde che usava quando andava a caccia e doveva legare le prede.
 
Non preoccuparti mia dolce Armònia, saremo presto insieme... Pensò l'uomo ormai pazzo per il grande dolore sopportato in quei mesi e negli ultimi minuti.
Senza alcuna paura, Cadmus Peverell salì sulla sedia e si infilò il cappio attorno al collo e con lo stesso ghigno che poco prima aveva inquietato tanto la dolce Armònia, alzò un piede per saltare giù dall'appoggio che aveva sotto di sé.
                        *       *      *
Con un urlo Hermione Granger si svegliò di soprassalto, il libro delle "Fiabe di Beda il Bardo" ancora aperto di fianco a sé, gli occhi affaticati sia per la stanchezza che per i lunghi pianti dei giorni precedenti.
Confusa per un momento, dovette sforzarsi per ricordare dove fosse.
 
"Hermione va tutto bene?" Chiese una voce che proveniva dall'esterno della tenda.
Riuscendo a ricordare di essere nella grande tenda dove ormai stava da mesi, riconobbe la voce di Harry che era fuori a fare la guardia.
"Tutto a posto..." mentì lei. Si sentiva tutto meno che bene, ma non voleva pesare sull'amico altrettanto debole dopo gli avvenimenti a Godric's Hollow: "Un incubo da nulla..." spiegò quando la testa di Harry sbucò all'entrata della tenda. Lui annuì pensando che dopo ciò che avevano visto pochi giorni prima, gli incubi fossero all'ordine del giorno anche per la sua migliore amica, quindi lasciò perdere.
 
Hermione, invece, cercando di ricordare bene cosa avesse sognato riuscì a tornare con la mente a quegli avvenimenti così inquietanti. Si rese presto conto che non si ricordava nemmeno il nome dell'uomo che aveva sognato. Aveva capito che fosse uno dei fratelli della storia di Beda il Bardo e sapeva solo che sentiva la sua disperazione per la perdita della sua amata come fosse stata sua.
 
Cercando di pensare logicamente, Hermione arrivò alla conclusione che probabilmente era così. Poche ore prima quando Harry si era risvegliato, aveva detto per la prima volta dopo molto, moltissimo tempo il nome di... Di Ron.
Quanto le mancava. Sapeva che l'horcrux avesse parlato per lui settimane prima, ma il ricordo del ragazzo che correva via sotto la pioggia e si smaterializzava davanti a lei... Il ricordo della sua figura alta e slanciata che spariva nel nulla, la distruggeva ancora.
Nuove lacrime cominciarono a scorrere sulle guance di Hermione.
Quel Ron pasticcione e spesso fuori luogo che però sapeva sempre tirarla su di morale. Quel Ron con cui aveva litigato così spesso e che ora le mancava tremendamente.
"Ma guardati..." Pensò Hermione ad alta voce: "Sei in una tenda nel bel mezzo del nulla a piangere di nuovo per lui. È andato... Ormai è andato per sempre e non è stato succube degli eventi come quella ragazza... Ha scelto di andarsene. Non ti ama, non ti vuole bene... Se ne è andato..."
 
E col cuore infranto, Hermione Jean Granger si riaddormentò, con gli occhi pieni di lacrime in un sonno pieno di incubi su Ron che si allontanava da lei, senza sapere che il vero Ron Weasley fosse fuori dalla loro tenda nella foresta e stesse tentando di ritrovare, come Cadmus Peverell, colei che aveva sempre amato.
   
 
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