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Autore: MaggieMary    13/08/2015    2 recensioni
« Sei tremendo. »
« Lo so. » concordò Sungjong, sorridendo insieme all'altro e sbottonandosi appena i primi due bottoni della camicia in modo da mettere in vista la sua pelle lattea a sufficienza.
Kim Myungsoo era dotato di un'incredibile razionalità e autocontrollo, mai si lasciava andare ai suoi impulsi o finiva per venire controllato da essi. Non avrebbe mai permesso di venire dominato dai suoi istinti, perdendo così la sua logica e il suo senno che lo caratterizzavano. Eppure c'erano delle eccezioni.
E Lee Sungjong era il protagonista di tutte quelle eccezioni.
[ MyungJong ]
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: L/Kim Myungsoo, Lee Sungjong
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Between Me and You

◎◎

 

I’m afraid, just like smoking as an old habit,

we were together, we were in love,

Love me more and more.

 

 

Kim Myungsoo era dotato di una straordinaria intelligenza. Fin dalla più giovane età era sempre stato ammirato dalle nuove e dalle mature generazioni per il suo intuito e per il suo talento nel mettere in fila una serie di parole perfettamente ordinate e sensate. Negli anni era cresciuto, si era fatto più alto e i suoi tratti si erano fatti più adulti e mascolini, era finito così per diventare un ragazzo estremamente eloquente la cui compagnia era gradita anche agli intellettuali di quella grande città. Kim Myungsoo non aveva mai fatto della sua saggezza un vanto, forse perché non la riteneva un pregio di così tanto valore, forse perché con essa ci era nata, o forse solamente perché alla fin fine conosceva anche i suoi limiti e sapeva ce ne fossero molti.

Così, in quell'inizio serata d'estate, il giovane - ancora nella sua ventina - Kim Myungsoo stava attentamente osservando la sua immagine che veniva riflessa nel grande specchio della sua camera. I begli occhi contornati da una leggera linea di eyeliner erano socchiusi appena, mentre le sopracciglia sottili erano strette una vicina all'altra in quella che doveva essere un'espressione davvero seria e concentrata. Kim Myungsoo era dotato di una straordinaria intelligenza ma, nonostante tutto, non aveva ancora imparato ad annodarsi la cravatta.

Con in mano quel pezzo di stoffa scuro, il ragazzo si domandava da che parte stesse sbagliando.

Forse alla fine va bene così, parlava con la sue mente.

Myungsoo cercava di convincersi di star facendo giusto, cercava di rassicurare se stesso, sorpreso in prima persona di non essere ancora riuscito ad imparare un simile gesto che per lui non sarebbe mai diventato abitudinario.

Forse alla fine è giusto che sia così storta, no? No?

Kim Myungsoo continuava a rigirarsi tra le mani quelle due estremità di seta scura, incapace di venire a capo di quell'intricato enigma. E così, come sempre accadeva, uno sbuffo provenne dalla porta aperta di quella camera, annunciando l'arrivo di una persona, una tanto attesa persona. Myungsoo si voltò verso la porta, allungando una mano verso la sua cravatta che si era trasformata in un imbarazzante fiocco, quasi a voler mostrare meglio il suo disastro a quel giovane appena arrivato. Quest'ultimo scosse la testa, arreso, mentre camminava in direzione dell'altro.

« Riuscirà mai ad imparare a farsi il nodo alla cravatta? » domandò il nuovo arrivato, in quella domanda che così formulata sembrava solamente un pensiero espresso ad alta voce.

« E tu riuscirai mai a smettere di darmi del lei? » lo beffeggiò di rimando Myungsoo, mentre il secondo ragazzo aveva preso a srotolare il pasticcio che aveva creato l'altro.

La stoffa liscia scivolava tra le sottili dita affusolate del più giovane tra i due, tornando a lisciarsi e riottenendo la sua naturale forma. Myungsoo osservava attentamente quei delicati ma veloci gesti da parte del ragazzo dai capelli ramati, cercando di memorizzarne le esatte mosse in vista della prossima volta in cui avrebbe dovuto indossare di nuovo una cravatta. Ma quella che era iniziata come una semplice osservazione a titolo informativo finì per disperdersi, scomparendo e cambiandone di significato. Gli occhi scuri di Myungsoo avevano precedentemente osservato i movimenti della cravatta ma ben presto ci avevano perso di interesse e avevano preso ad osservare la pelle lattea del giovane ragazzo. Come sempre accadeva, le buone intenzioni del moro di imparare ad annodarsi la cravatta finirono per svanire, più interessato ad altro e facendo passare in secondo piano quell'ennesima lezione che gli stava venendo gratuitamente fornita dal più giovane.

A Myungsoo era sempre piaciuto imparare cose nuove, cose diverse, cose che ancora non conosceva. Eppure c'erano volte in cui la sua attenzione sembrava venire attirata da tutt'altro e nemmeno lui era in grado di controllare la direzione dei suoi sguardi e la natura dei suoi pensieri. Così si perdeva ad osservare quelle belle mani che annodavano la sua cravatta, quella pelle bianca in netto contrasto con il blu scuro della cravatta di seta, quelle dita che abilmente facevano passare un lembo della cravatta sopra all'altro, ormai fin troppo abituate a quelle mosse, ormai fin troppo avvezze a quella situazione.

Il ragazzo dai capelli ramati bofonchiò qualcosa probabilmente riguardo al nodo alla cravatta e alla serata che li aspettava, ma le sue parole arrivarono a Myungsoo solamente come un eco confuso e lontano che non comprendeva e che non aveva voglia di capire. Era più occupato a fare altro, era più occupato ad osservare le mani di quel giovane e ad ammirare quella vena sul suo polso di cui quasi riusciva a coglierne il colore e il rumore. Con gli occhi fissi e concentrati, Myungsoo quasi riusciva a percepire chiaramente lo scorrere di quella linfa vitale color rosso.

Spontaneamente, portò la lingua ad inumidirsi le labbra rosee, in quello che era per lui un tic naturale e abituale, di cui nemmeno più se ne accorgeva. Ma il ragazzo dai capelli ramati sapeva quale fosse la natura di quel gesto, sapeva che - per quanto Myungsoo lo volesse nascondere - quello non era solo un tic casuale.

Strette forte la cravatta intorno al collo sottile del ragazzo, prima di spostare la mano da quella stoffa liscia alla guancia di Myungsoo.

« Tutto bene? » gli domandò semplicemente, con il palmo appoggiato ancora alla sua faccia.

L'interpellato sembrò risvegliarsi da quel suo precedente stato di trance, tornando ad osservare il volto di quel giovane. Annuì appena, muovendo la testa su e giù un paio di volte e facendo così sfregare la sua guancia sotto il palmo morbido e fresco del giovane.

Gli occhi di quest'ultimo si fecero più sottili e seri mentre continuava a fissare quelli scuri di Myungsoo.

« Io vivo con lei - tornò a parlare il più giovane - So perfettamente che non è tutto a posto e so anche qual è il problema. »

Il moro socchiuse appena gli occhi delicatamente, arreso di fronte a quel ragazzo che lo conosceva meglio di lui stesso e che in ogni situazione sapeva leggergli dentro con una disarmante semplicità. O forse si conoscevano ormai da troppo tempo e avevano imparato a rintracciare l'uno nell'altro anche la più sottile traccia di cambiamento o malessere.

Il giovane dai capelli ramati piegò appena la testa di lato, prima di mordicchiarsi il labbro inferiore e tornare a parlare: « E' sicuro.. è sicuro che non vuole...? »

Quelle domande sconnesse sembravano non avere alcun senso, a un primo ascolto sembravano solo dei punti di domanda lasciati cadere senza una vera e propria ragione di fondo, ma Myungsoo sapeva che non fosse così, sapeva cosa gli stesse cercando di dire.

Piegando appena le labbra in un sorriso accennato tornò a parlare, sussurrando un'unica e semplice parola: « Jongie... »

Sungjong sobbalzò appena al suono del suo nome che veniva pronunciato dalle rosee labbra dell'altro ragazzo. Quel nome sussurrato che sembrava essere a metà tra una supplica e un ordine. Così obbedendogli, il giovane dai capelli ramati sbuffò, sbattendogli appena il palmo della mano contro la sua guancia in un timido schiaffo che non aveva alcuna intenzione di provocare un reale dolore.

« Veda almeno di resistere per tutta la serata allora. Stiamo uscendo. »

Myungsoo si portò una mano sulla guancia colpita che si era fatta appena più rossa, mentre osservava Sungjong che usciva dalla stanza a passo leggero ma deciso. Sapeva che fosse arrabbiato, sapeva che fosse infastidito dal fatto che il più grande non lo stesse mai ad ascoltare.

Ma cos'altro avrebbe potuto fare dopotutto?

 

 

Nonostante i ripetuti rimproveri, alla fine Myungsoo non aveva dato retta a Sungjong e aveva insistito per prendere parte alla cena programmata per quella serata. Non sarebbe stato nulla di eccessivamente formale, solamente un incontro con un paio di persone. Uno di quei classici incontri tra intellettuali che facevano partire la parlantina di Myungsoo e gli sbadigli di Sungjong.

Myungsoo non avrebbe mangiato in quella cena, fingendo un mal di pancia o qualche altro malumore come sempre faceva. Dopotutto, era interessato alla compagnia non di certo al cibo.

Alla fine però non era stato necessario fingere nessun malessere improvviso. Non ce n'era stato alcun bisogno perché - ancora prima di intraprendere un qualsiasi tipo di discorso - Myungsoo aveva finito per chiudere gli occhi.

 

-

 

In quella serata d'estate tirava un fresco vento che rinfrescava l'aria. Sungjong era seduto vicino a una finestra spalancata della hall, godendosi quegli attimi di dolce far nulla. Solitamente, durante quelle occasioni, il giovane dai capelli ramati se ne tornava a casa e prontamente ritornava a prendere Myungsoo l'istante esatto in cui l'ultimo discorso giungeva alla conclusione. Ma quella volta era diverso, quella volta preferiva annoiarsi in quella hall tanto lussuosa quanto noiosa piuttosto che sbrigare altre faccende a casa. Sungjong sapeva che Myungsoo non stava bene e sapeva anche perché, se no non avrebbe continuato a insistere per tutto il tragitto verso quel posto di ritornarsene indietro e rinunciare a quell'incontro. Ma il maggiore tra i due ragazzi sapeva essere estremamente testardo quando voleva.

E così, troppo preoccupato per fare altro, Sungjong se ne stava seduto in quella hall mentre un leggero venticello gli scompigliava i capelli tendenti all'arancione. Per ammazzare il tempo, il ragazzo tirò fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca del suo smoking, non trovando nient'altro di meglio da fare e volendo solamente pensare ad altro che a Myungsoo.

Basta che si muovano quegli intellettuali da strapazzo, parlava con la sua mente mentre appoggiava delicatamente una sigaretta sulle labbra rosee, O finirò per addormentarmi su questa poltrona...

Sungjong non sapeva per quanto tempo ancora avrebbe dovuto aspettare. Un'ora? Due? O forse addirittura tre? Non aveva mai realmente calcolato la durata di quegli abituali incontri, si era sempre e solo accontentato di portare Myungsoo nel luogo prestabilito e venirlo a ritirare a serata conclusa, riuscendo sempre e comunque ad intuire il momento giusto. Non era mai nulla di programmato, il moro non chiamava mai per farsi venire a prendere perché Sungjong era sempre perfettamente in orario e lì ad aspettarlo quando era il momento di rincasare. Forse era una coincidenza, forse semplice e pura intuizione, forse ben altro.

Sungjong accese quella sigaretta, inspirando a pieni polmoni e ticchettando appena un piede sul pavimento per scacciare l'attesa. Erano arrivati lì solamente trenta minuti prima, l'attesa sarebbe sicuramente stata lunga.

O forse no?

Quasi a risposta delle sue domande, un forte rumore provenne da una delle stanza occupate seguito poi da un insieme di parole pronunciate ad alta voce, tutte cariche di stupore e spavento. Sungjong aveva appena acceso la sua prima sigaretta quando si ritrovò a scattare in piedi, abbandonando la cicca nel portacenere.

A quanto pare quella serata si sarebbe conclusa prima del previsto.

 

 

Myungsoo non sapeva bene cosa fosse accaduto ma quando, aprendo gli occhi, la prima cosa che vide fu il profilo di Sungjong, che guidava serio fissando la strada, sapeva che sarebbe stato nuovamente rimproverato. Il moro non era una persona che si faceva mettere facilmente i piedi in testa, tutt'altro invece. Seppur ancora giovane, Kim Myungsoo sapeva come farsi rispettare e così accadeva. Ad eccezione forse di una sola persona, quella persona che ora stava guidando in direzione del loro appartamento.

Seduto sul sedile posteriore, Myungsoo mosse un paio di volte le labbra, indeciso se aprire bocca o meno annunciando così il suo risveglio. All'ultimo però preferì tenere la bocca serrata, onde evitare di dover già sentire la ramanzina da parte di Sungjong.

Myungsoo non sapeva cosa fosse accaduto, come mai fosse seduto lì in macchina e non al suo incontro, e nemmeno era certo di quanto tempo fosse trascorso, eppure non si domandò nulla di tutto ciò e di conseguenza non ne ricercò nemmeno una risposta.

I suoi occhi finirono per appesantirsi nuovamente e cominciò a sbattere le palpebre, nella vana ricerca di tenersi sveglio fino all'arrivo a casa. Ma quello era un sonno impossibile da controllare e così osservando quel poco che vedeva del volto di Sungjong finì per addormentarsi.

 

 

Il sogno che fece Myungsoo in quella serata d'estate fu simile a un ricordo, a un lungo ricordo che in fondo da tempo voleva rivedere. Dietro alla palpebre chiuse e circondato da quel silenzio onirico, Myungsoo sognò di un incontro che era avvenuto molti anni prima, ai tempi in cui era ancora un bambino, in cui entrambi erano ancora solo due bambini. Erano passati moltissimi giorni da quel primo incontro di sguardi che aveva segnato l'inizio di una conoscenza, una conoscenza che all'inizio era nata solo per essere di breve durata, una manciata di anni a malapena, ma che invece si era trascinata molto più avanti.

Kim Myungsoo sognò del primo incontro con Lee Sungjong.

Il moro proveniva da una famiglia benestante e tale aveva sempre vissuto in una grande villa che per anni si erano tramandate le generazioni. Era una casa che, per quanto spaziosa e di grandi dimensioni non voleva dare eccessivamente nell'occhio e rimaneva di un modesto vanto. Proprio come la famiglia che lì ci viveva.

La famiglia Kim era conosciuta di fama, non per i soldi ma più che altro per i singoli componenti del nucleo familiare. Grandi medici, importanti ricercatori, uomini e donne dotate di una grandissima curiosità e saggezza. I Kim venivano ammirati e rispettati e ciò faceva anche la famiglia Lee, che per anni era stata accanto a quell'importate parentela, prendendosene cura, occupandosi degli affari, sostenendola con una profonda ammirazione nei loro confronti. Nulla in realtà legava profondamente le due famiglie se non forse una grande devozione reciproca, per quanto assurdo da dirsi; infatti se i Lee ammiravano i Kim per la loro grande intelligenza, quest'ultimi facevano di rimando con l'altra famiglia, contemplando la loro forza d'animo e il loro grande da farsi. Così negli anni si era stretta una profonda alleanza tra le due famiglie, senza mai spezzare quel formale rispetto che i Lee continuavano ad avere per i Kim.

Myungsoo e Sungjong appartenevano a queste due famiglie, ma avevano sempre vissuto in due mondi separati. Due realtà separate e profondamente diverse che però finivano per sfiorarsi ed entrare in contatto in maniere diverse.

I due ragazzi si erano incontrati in giovane età quando anche Sungjong era giunto nella residenza dei Kim per cominciare a curarne gli affari. Alla sola età di 11 anni, si era ritrovato catapultato in quella realtà a cui era stato destinato, a cui mai si era opposto, venendo a conoscenza di Myungsoo che a quel tempo aveva ancora 12 anni. I due bambini avevano fatto le reciproche conoscenze e avevano cominciato a condividere la vita insieme.

Ancora giovane, Myungsoo aveva deciso di seguire le orme della famiglia Kim e aveva iniziato ad avere voglia di conoscere sempre di più, sempre più cose, e in questo tragitto Sungjong era stato assegnato per stare al suo fianco fin quando non fosse cresciuto e diventato maturo. Eppure le cose non erano finite per andare come da piano e qualcosa nel corso della loro vita condivisa era cambiato.

Ed infatti, all'ormai superata età di 20 anni, Myungsoo e Sungjong ancora vivevano insieme i loro giorni.

 

C'era un segreto che la famiglia Kim si era sempre preoccupata di nascondere e di cui solo e unicamente la famiglia Lee era a conoscenza. Un segreto che li teneva un po' in un'ombra di mistero, ma che allo stesso tempo incuriosiva ancora di più le persone e li rendeva ancora più ammirabili e impossibili da raggiungere.

Come da programma, anche Sungjong era a conoscenza di questa notizia riservata e di ciò non ne aveva mai fatto un grande problema. O così era stato fin quando Myungsoo non era cresciuto e aveva cominciato ad acquisire un suo senso del giudizio. Da quel momento, quel segreto era stato più difficoltoso da gestire per il povero Lee Sungjong che aveva cominciato a fare i salti mortali per riuscire a far ragionare il ragazzo interessato. Più volte si era arrabbiato, più volte aveva discusso a voce alta con lui, ma nulla sembrava volerlo fare ragionare davvero, nemmeno la più razionale e scontata delle motivazioni.

E, per colpa di quella incoerente irrazionalità di Myungsoo, anche per quella sera un ennesimo incontro si era concluso prima del previsto.

 

-

 

Sbattendo le palpebre e strofinandosi appena il pugno di una mano contro gli occhi, Myungsoo si svegliò sdraiato nel suo letto. Le luci erano spente e solo un'abat-jour illuminava per poco quella grande stanza spaziosa. In fondo alla stanza, vicino alla finestra socchiusa se ne stava Sungjong seduto alla scrivania, tutto impegnato a non sporcare di cenere quella serie di fogli che stava velocemente passando in rassegna. Myungsoo si mise a sedere su quel letto, preoccupandosi di non far togliere quell'ago sottile impiantato nel suo braccio.

« Dovresti smetterla... - annunciò il suo risveglio il moro - Lo sai che non ti fa bene. » lo ammonì per l'ennesima volta riferendosi alla sigaretta tra le mani di Sungjong.

Quest'ultimo scosse delicatamente la testa, sospirando e lasciando perdere ciò che aveva fatto fino a quell'istante per concentrarsi invece sul ragazzo.

« Non sono io quello che è svenuto ancora prima dell'inizio della cena. » lo beffeggiò Sungjong, lasciando andare la sigaretta nel portacenere e alzandosi in direzione del letto.

Senza dire più nulla, il giovane dai capelli ramati staccò delicatamente la flebo dal braccio di Myungsoo, quella flebo collegata a un piccolo sacchetto il cui contenuto era ormai vuoto e consumato. Sungjong gli sistemò la manica della camicia bianca, prima di cominciare a fissarlo a braccia incrociate.

« Allora? » lo canzonò il più giovane, fissandolo dritto in volto con i capelli arancioni che gli ricadevano delicati sulla fronte.

« Allora? » ripeté Myungsoo, del tutto conscio di dove volesse andare a parare Sungjong ma allo stesso tempo troppo sadico per dargli anche solo quella semplice soddisfazione.

Il ragazzo in piedi si morse l'interno delle guance con i suoi denti bianchi, chiudendo gli occhi e stringendo i pugni a sé per evitare di tirarne uno dritto nel volto soddisfatto e canzonatorio di Myungsoo. Sedendosi di fianco a lui, sul bordo del letto coperto solamente dal sottile lenzuolo, Sungjong tornò a parlare:

« Quando smetterà di fare l'idiota? »

Myungsoo sorrise: « E' divertente sentire come mi apostrofi in modo così formale e poi finisci per insultarmi con così tanta naturalezza. »

« Io non ci trovo nulla di divertente. »

« Perché devi fare così il serio? » si lamentò il moro mettendo su un broncio improvvisato.

« Perché é una questione seria. »

Myungsoo storse il naso, cominciando a guardare altrove e lasciando solamente parlare Sungjong: « Quante volte si dovrà ancora ripetere questa stessa identica situazione? Lo capisce che è una tortura sia per lei che per me? »

« Lo capirei meglio se cominciassi a parlarmi in modo meno formale. »

Sungjong si accigliò, facendo una brutta espressione e piantando le sue unghie nei suoi pugni chiusi.

« Ho così voglia di tirarle un pugno in questo momento... »

« E perché non lo fai? »

« Cosa ci guadagnerei nel farlo? »

« La soddisfazione di avermi tirato un pugno? »

« La soddisfazione di averle tirato un pugno, già. »

Il silenzio calò per qualche istante in quella spaziosa stanza. Il vento entrava delicato dalla finestra socchiusa e la mente di Sungjong stava realmente pensando alla possibilità di fare come gli era stato detto, tirando dunque un pugno all'altro ragazzo. Eppure non lo avrebbe fatto, non lo avrebbe davvero mai fatto.

« Lei è un ragazzo estremamente intelligente che conosce i suoi limiti e ricava saggezza da ciò. Allora perché continuare a comportarsi in questo modo? »

« La fai troppo facile tu... »

« E' lei che la fa troppo difficile. Ne è della sua natura, perché non assecondarla? »

« Lo sai anche tu che non è quello il problema. »

« Il problema è che lei è ottuso, estremamente ottuso e testardo. »

« Cosa vorresti che facessi allora? »

« Di sicuro non svenire ad ogni santissima uscita! »

I due ragazzi si fissarono negli occhi, Sungjong con il volto arrabbiato e Myungsoo impotente di fronte a quello.

Il più giovane indicò la sacca trasparente della flebo: « Quella miscela artificiale non servirà a nulla, non la terrà in vita. »

« E allora vorrà dire che morirò. »

« Non dirlo nemmeno per scherzo. »

Myungsoo sobbalzò di fronte a quell'improvvisa e inaspettata perdita di formalità da parte di Sungjong, che ora lo fissava con un espressione più amara, più dura ma allo stesso tempo estremamente debole. A Myungsoo non piaceva quell'espressione, non era mai piaciuta e ogni volta giurava a se stesso di non permettere più che una simile faccia venisse a crearsi di nuovo. Eppure ancora accadeva, ancora era artefice di quel fragile volto.

Myungsoo e Sungjong erano cresciuti insieme. Il più giovane era sempre stato al fianco dell'altro, prendendosene cura e sostenendolo al meglio delle sue forze, e allo stesso tempo anche Myungsoo aveva aiutato Sungjong. Sorreggendosi a vicenda erano cresciuti e maturati, erano diventati i due giovani adulti di cui ora le due famiglie andavano più che fieri. Come due rose profumate, i due ragazzi erano cresciuti insieme, ma inevitabilmente si erano formate anche delle spine, delle spine sempre più grandi e pungenti.

Myungsoo e Sungjong erano sempre stati il reciproco sostegno ma alla fine erano diventati anche la debolezza l'uno dell'altro.

Il più giovane non aveva potuto abbandonare il fianco dell'altro e aveva continuato ad occuparsi scrupolosamente di lui, addossandosene colpe e problemi, condividendo sofferenze e paure; il più grande si era lasciato cullare dalla figura rassicurante dell'altro, accogliendolo nel suo mondo e rendendolo partecipe della sua esistenza, ma alla fine non aveva più potuto fare a meno di lui. Inutili erano stati gli sforzi, inutili erano stati i tentativi: alla fine cercava sempre lui, alla fine aveva sempre e solo bisogno di lui. Ormai più nient'altro accontentava e placava la sua mente e il suo corpo. Per questo era finito a ridursi a quel modo, sperando di potersi accontentare di ridicoli surrogati artificiali pur di non fare del male a Sungjong, ma con l'unica conseguenza di diventare un peso ancora più grande per l'altro ragazzo.

Cosa avrebbe dovuto fare?

Myungsoo non sapeva davvero più a chi dare ragione.

Sungjong tornò ad aprire bocca: « Sappiamo entrambi qual è l'unico modo per placare la sua fame. »

« Non chiamarla "fame" - obiettò l'altro - Mi fai sentire come una sorta di bestia disumana. »

« La chiami pure come vuole, basta che la smetta di fare il cocciuto e mi dia ragione per una buona e ultima volta. »

Myungsoo sospirò pesantemente, tornando a guardare negli occhi Sungjong:

« Non voglio vederti soffrire. »

« E io non voglio vederti morire. »

I due ragazzi tornarono a fissarsi seri, in quella lotta di sguardi che sembrava non voler avere un vincitore e un perdente. Ma anche quella volta, fu Sungjong ad avere la meglio, come sempre dopotutto. Il più giovane conosceva troppo bene l'altro ragazzo e ormai sapeva sfruttare tutti i trucchi possibili per fargli fare ciò che era in suo volere, passando abilmente da una formalità a una familiarità.

« Sei tremendo. »

« Lo so. » concordò Sungjong, sorridendo insieme all'altro e sbottonandosi appena i primi due bottoni della camicia in modo da mettere in vista la sua pelle lattea a sufficienza.

Kim Myungsoo era dotato di un'incredibile razionalità e autocontrollo, mai si lasciava andare ai suoi impulsi o finiva per venire controllato da essi. Non avrebbe mai permesso di venire dominato dai suoi istinti, perdendo così la sua logica e il suo senno che lo caratterizzavano. Eppure c'erano delle eccezioni.

E Lee Sungjong era il protagonista di tutte quelle eccezioni.

Proprio com'era successo qualche ora prima, gli occhi di Myungsoo finirono per cadere sulla pelle di quel giovane dai capelli ramati, venendone intrappolati, cadendone succubi. Il ragazzo strinse i pugni lungo i suoi fianchi, mentre la sua lingua passava ad inumidire inevitabilmente le sue labbra. Sungjong spostò appena il colletto della camicia sottile, in modo da mettere meglio in mostra il suo collo e partendo poi ad osservare Myungsoo, guardandolo con le sopracciglia alzate come a volergli silenziosamente domandare "Cosa fai? Non vieni?".

Myungsoo voleva arrabbiarsi, arrabbiarsi con Sungjong che conosceva i suoi punti deboli e finiva sempre con lo sfruttarli a suo favore. Ma come fare ad arrabbiarsi in una simile situazione?

Quella pelle, quel corpo, quella persona erano lì davanti a lui, come poteva pensare di volersi anche solo lontanamente arrabbiare con lui?

Con la mente annebbiata e gli occhi impossibili da spostare, Myungsoo non poté far altro che fare la cosa più irrazionale in assoluto.

E così i suoi denti finirono per affondare nel morbido e profumato collo di Sungjong.

Quest'ultimo sobbalzò appena indietro quando il corpo di Myungsoo finì per scaraventarsi contro di lui, sorreggendosi un attimo con le due braccia appoggiate sul materasso.

Sollevò un angolo della bocca, rincuorato dal fatto che - anche per quella volta - Myungsoo avesse finito per dargli ragione e arrendersi di fronte all'evidenza. Cosa avrebbe potuto fare altrimenti? Quello era l'unico modo, l'unica condizione per rimanere in vita. E Sungjong non voleva perderlo, non voleva davvero.

Dopo molti, moltissimi anni di conoscenza, Sungjong aveva ormai compreso che la presenza dell'altro nella sua vita non fosse solamente casuale e facilmente sostituibile, per quanto dura sarebbe potuta diventare quella situazione non l'avrebbe mai abbandonato. Non avrebbe mai lasciato quella realtà che gli dava la possibilità di vivere al fianco di Myungsoo.

Quest'ultimo continuava a stargli attaccato, affondando quei denti bianchi nella sua pelle, quelle spine di una rosa che premevano sul collo di Sungjong. Il ragazzo dai capelli ramati alzò una mano in direzione della testa di Myungsoo, cominciando così a passargli le dita tra i capelli scuri in quella delicata carezza, come una madre che coccola il proprio figlio mentre se ne prende cura e lo mantiene in vita.

I gesti dei due ragazzi erano in netto contrasto tra di loro e se Sungjong lo trattava con delicatezza, quasi avesse paura di romperlo o scheggiarlo, Myungsoo era colto in un suo momento di estrema irrazionalità e senza mezze parole continuava a starsene attaccato all'altro ragazzo, senza nemmeno preoccuparsi del peso del suo corpo che stava appoggiandogli addosso.

Il vento ancora entrava dalla finestra socchiusa, raggiungendo i due ragazzi seduti su quel letto. Il silenzio era ben presente in quella stanza e si udiva solo un leggero succhiare e il rilassato respiro di Sungjong, ormai fin troppo abituato a tutto quello, tanto assuefatto quanto a fare la cravatta a Myungsoo quotidianamente.

Sungjong era nato conoscendo il segreto della famiglia Kim e per questo non ne aveva mai fatto una particolare scenata, reputandolo invece come qualcosa di semplicemente comune. Tra le due famiglie però esisteva un patto, un patto di rispetto reciproco che mai si sarebbe dovuto rompere e mai si sarebbe dovuto concludere. Il rapporto tra i due nuclei familiari poteva avvicinarsi molto a quello che vigeva tra re e cavalieri: entrambe le due parti si sostenevano a vicenda, anche se in modi e misure diverse, e alla base di quella relazione c'era una grande devozione e stima. Rispettandosi a vicenda, i Kim non avevano mai usufruito dei Lee per mantenersi in vita e mai lo avrebbero fatto, accontentandosi invece di miscele artificiali a cui ormai le loro papille erano abituate.

Eppure nelle due famiglie erano finiti per nascere due figli maschi, separati da un solo e trascurabile anno di differenza. A Sungjong era stato ordinato di stare al fianco di Myungsoo, prendendosene cura, viziandolo e rispettando i suoi ordini. Ma il primogenito della famiglia Kim non aveva mai dato alcun ordine all'altro ragazzo e la loro relazione era finita per crescere separata da quel patto che si era sempre tramandato per generazioni.

Perché la loro relazione non si fondava solo e unicamente sulla stima reciproco, un sentimento ben più profondo e per nulla irrilevante li univa o forse li aveva sempre uniti ancora prima di conoscersi.

Non rispettando le regole non scritte che univano quelle due famiglie, i due giovani avevano finito per trascurare il divieto alla base di tutto.

E così, a distanza di anni, Myungsoo continuava ad affondare i suoi denti nella carne di Sungjong, ormai cresciuto dipendente da lui.

Come una rosa che ormai ha bisogno di un solo tipo specifico di acqua per sopravvivere.

Le spine avrebbero finito per ferire entrambi, oppure inconsciamente avevano già iniziato a farlo e loro non volevano ammetterlo. Forse, semplicemente, stavano trascurando le punture delle spine.

Perché Sungjong mai lo avrebbe lasciato o se ne sarebbe scappato, gli avrebbe sempre perdonato tutto, comprese le sue debolezze. Gli lasciava perdere tutto, anche la più infantile delle richieste e dei comportamenti. O magari... non proprio tutto. C'era qualcosa che faceva infastidire Sungjong   e quella cosa si sarebbe presto presentata nuovamente.

Myungsoo continuava a stargli attaccato, senza preoccuparsi del tempo che trascorreva e della quantità di linfa vitale che continuava ad assorbire. E dunque, così preso dal suo fare, finì nuovamente per diventare avaro, necessitando di più, sempre di più. Appoggiò una mano sul collo della camicia bianca di Sungjong, prima di cominciare a tirare senza mezze maniere quel tessuto delicato, nel tentativo di sbottonare di più quell'indumento che era solamente d'intralcio in quel momento. Tirando la sua mano verso il basso, Myungsoo riuscì nell'impresa, facendo però staccare la prima serie di bottoni.

Sungjong scattò al suono di quel filo che veniva malamente tirato e di quelle chiusure che stavano volando via. Era un suono che conosceva e che come sempre tornava a infastidirlo. Con le sopracciglia aggrottate, il giovane si stacco Myungsoo via di dosso, il quale finì per sdraiarsi all'indietro sul materasso morbido.

« Ma che fai-- » cercò di domandargli il moro, più che preoccupato di aver potuto ferire il ragazzo staccandosi senza preavviso da lui, che infastidito di aver perso il suo "bottino".

« Che accidenti combini!? - gli sbraitò contro Sungjong guardandosi la camicia - Quante volte ti devo ripetere di non farmi a brandelli i vestiti?! Ora dovrò ricucire tutti i bottoni, razza di idiota! »

Myungsoo fece una smorfia, sbuffando mentre si metteva a sedere e si passava una mano sulla bocca per asciugarsela, sporcando inevitabilmente la manica della sua chiara camicia. Il giovane dai capelli ramati si allungò verso di lui, staccandogli la mano dalle labbra:

« E ora mi toccherà anche smacchiare chissà quante volte questa camicia! Ma ne vuoi fare una giusta o no!? » lo ammonì tirandogli un pugno in testa.

Myungsoo mugugnò qualcosa di sconnesso, infastidito dal fatto che quel ragazzo continuasse a prendere troppo seriamente qualsiasi situazione, ma ben presto dimenticandosi completamente della sua precedente arrabbiatura. Per via delle sue mosse irrequiete, la ferita sul collo di Sungjong non aveva fatto in tempo a rimarginarsi con la stessa velocità che invece con cui avrebbe fatto di solito. E sempre per colpa delle sue mosse azzardate, un rivolo di energia vitale color rosso scivolò sul petto di Sungjong.

Myungsoo strabuzzò forte gli occhi, in quella mossa che quasi gli provocò dolore. L'altro ragazzo continuava ad osservarsi la camicia ora quasi del tutto aperta, mentre la sua bocca continuava a produrre lamenti tutti indirizzati all'altro ragazzo, ma Myungsoo aveva ben altro da fare più che pensare a quella "sgridata", finendo così per gettarsi nuovamente addosso al corpo di Sungjong. Spaventato di poter perdere quel filo di sangue, la lingua del ragazzo attraversò l'intero petto di quel giovane, che rabbrividì a quell'umido contatto inaspettato. Percorrendo quel tratto di pelle dal basso verso l'alto, Myungsoo ritornò al punto di partenza con quel dolce sapore alla bocca. Quel dolce sapore che era l'unica cosa in grado di fargli perdere completamente la ragione.

O forse non era solo quella la causa della sua irrazionalità? Forse c'era anche qualcos'altro che lo rendeva completamente instabile al punto di non ragionare più?

Di fronte a quel collo, Myungsoo sfiorò con la lingua quelle delle punture lasciate dalle sue spine, in modo che la ferita potesse rimarginarsi nel più breve tempo possibile, provocando però l'ennesimo brivido a Sungjong. Il ragazzo in questione mosse nervosamente le gambe, cominciando a mordersi le labbra in quel tic irrequieto ma finendo così per farsi sanguinare la bocca. Al richiamo di ciò, Myungsoo si staccò dal suo collo, rimettendosi a sedere e fissando il volto di quella persona che continua a torturarsi le labbra con i suoi denti bianchi e lucidi. Quella persona che aveva finito per indossare un espressione totalmente diversa dalle precedenti. Un espressione che solamente Myungsoo aveva il permesso di vedere.

Allungandosi verso quel viso, la lingua del moro leccò il labbro insanguinato di Sungjong, inumidendo ancora di più quella superficie morbida e mischiando quelle salive.

E mentre il vento smetteva di entrare dalla finestra, Myungsoo baciò Sungjong.

Myungsoo odiava bere il sangue di Sungjong e non solamente per il semplice motivo di poterlo ferire o arrecargli dolore. I suoi denti erano come spine che accarezzavano quella pelle bianca, intrappolandosi in essa, nel suo profumo, nella sua sostanza, nel suo essere. Myungsoo ormai riusciva solo a saziarsi con la linfa vitale di Sungjong, ormai totalmente dipendente da essa. Ormai totalmente dipendente da essa e da lui. Perché ciò che odiava di più era perdere il controllo.

Attirato da quel colore e da quell'odore, Myungsoo finiva sempre per perdere se stesso e questo lo spaventava. Si ripeteva di essere una persona razionale, si ripeteva di doversi dare un contegno, ma tutte le volte finiva allo stesso modo e tutte le volte finiva per baciare le labbra di Sungjong, intrappolandosi in quella rosa. Quel ragazzo a prima vista non sembrava avere spine, il suo gambo sembrava essere liscio e senza pericoli, eppure Myungsoo era in grado di percepire un dolore, era in grado di percepire quelle spine che sembravano non esistere. Ubriacandosi tra le labbra di Sungjong, ancora una volta finiva per perdere il controllo, ancora una volta cadeva succube del ragazzo che ormai era diventato la sua debolezza. La sua debolezza più grande.

In quella situazione al limite, Myungsoo provava una serie di emozioni contrastanti, in bilico tra la fame e l'eccitazione. Quei due bisogni che finivano per comparire all'unisono, rincorrendosi, mordendosi la coda quasi fossero cane e gatto. Erano due istinti primari che non sarebbero dovuti coesistere insieme, eppure finivamo sempre per presentarsi in coppia, confondendo il ragazzo, annebbiando la sua mente, cancellando le sue certezze e le sue premure. Myungsoo trattava sempre Sungjong come una rosa delicata, un fiore da dover solamente osservare nemmeno sfiorare. Eppure poi quello accadeva e il suo tatto finiva per scomparire lasciando spazio all'insensatezza.

In quell'enorme contraddizione, Myungsoo non era in grado di controllare la sua mente e il suo corpo, confondendo la necessità di mantenersi in vita con l'esaltazione dei suoi sensi. Il ragazzo aveva paura, aveva paura di poter ferire quel ragazzo oppure fargli qualcosa contro il suo volere. Eppure Sungjong non si ritirava o si staccava da lui, intrappolato in quella morsa, confuso allo stesso modo.

Continuando a tenere le labbra incollate, continuando a far rincorrere le loro lingue, Sungjong alzò le sue braccia, aggrappando le sue mani alla camicia che copriva la schiena di Myungsoo curva su di lui.

Il patto che li univa sarebbe dovuto svanire da tempo: i due ragazzi erano cresciuti e ormai erano in grado di badare a se stessi in modo autonomo. Ma Myungsoo e Sungjong erano finiti per maturare dipendenti l'uno dall'altro, come potere allora separare quei due gambi intrecciati tra di loro?

Quando i due giovani si erano resi conto della situazione in cui erano incappati, avevano avuto paura. La prima volta che si erano baciati - ai tempi in cui ancora studiavano seduti ai loro banchi - erano finiti per scappare via in direzioni separate. La prima volta che Myungsoo aveva affondato i suoi denti nella carne di Sungjong, entrambi avevano pianto. Eppure, a distanza di anni ancora erano lì, a distanza di tempo quella situazione continuava a ripetersi in modo inesorabile e impossibile da bloccare, in quel gioco pericoloso di botta e risposta.

Myungsoo lo baciava, Sungjong gli affondava le unghie nella schiena. Myungsoo giocava col suo petto, Sungjong inarcava la schiena. Myungsoo si sdraiava su di lui, Sungjong si mordeva la lingua. Myungsoo lo spogliava, Sungjong gli toglieva i vestiti.

Intrappolati in quel circolo vizioso, i due ragazzi non si ricordavano quando fossero entrati in quel labirinto, labirinto da cui non avevano alcuna voglia di uscire. Non avevano voglia di abbandonare l'altro, non avevano voglia di separarsi anche solo di qualche metro. Continuando a sudare, continuando a gemere, Myungsoo e Sungjong cadevano di nuovo in balia l'uno dell'altro, cadevano di nuovo sconfitti dalla loro irrazionalità.

Myungsoo ancora lo stava baciando, ancora lo stava toccando quando Sungjong finì per staccarsi, circondandogli il collo con le mani e trascinandolo vicino a sé. Dandosi la spinta necessaria, riuscì a raggiungere quella parte di pelle che aveva bramato da lontano e aprendo la bocca, affondò i suoi denti nella pelle di Myungsoo. Sungjong non aveva le sue stesse spine, per Sungjong quel gesto non era significato di alcuna sopravvivenza per il suo essere, eppure anche lui in quanto rosa aveva i suoi aculei. Il ragazzo morse il collo di Myungsoo fino a imprimere la forma della sua dentatura su quello spazio di pelle. Il sangue pulsava vivo sotto quei segni rossi.

Ora i due ragazzi erano uguali.

Entrambi erano stati punti da una rosa.

La loro rosa preferita.

 

 

The love between you and me,

the passing memories, inside of my head

Smoke those beautifully, I’ll flow those to you my dear.

 

 


 

Note dell'autrice

Maggie è qui~ Che al posto di scrivere il capitolo "extra" (?) di 5,5 finisce per scrivere cose nonsense e pubblicarle a un orario indecente ~(‾▿‾)~

Buona sera / notte  ♡。

Questa one shot è nata in un momento di delirio - come sempre dopotutto - in cui io e la mia unnie Inspirit stavamo sclerando dietro a un fanvideo che vedeva gli Infinite come protagonisti in versione vampiresca.. and so... et voilà. (?) Avevo davvero voglia di scrivere una Myungjong soprannaturale e avevo questa idea da una vita quindi ne ho approfittato, anche se alla fine è venuta una cosa davvero.. strana? Non è una classica storia di vampiri e per di più l'idea della Myungjong alle prese con sangue e canini mi faceva tanto pensare a un porno e basta (....). Ma io so scrivere solo cose dolcine e fluffine (magari nemmeno quelle) e quindi ecco una one shot nonsense, con una fine troppo aperta, piena di metafore e parti "poetiche" che fanno intuire cose (o non fanno  intuire proprio nulla). Mia sorella ha riso dietro a questa storia tutto il tempo, facendomi perdere ancora di più la voglia di pubblicarla (...) però alla fine ha detto che era carina quindi l'ho preso come un ok per suicidarmi. /?

Questa one shot sarebbe dedicata alla mia bellissima unnie che mi ha praticamente costretto a scriverla ma dato che alla fine è venuta fuori una cosa senza senso mi dispiace dedicargliela (...) (ti voglio bene, lasciati spupazzare e perdonami per questo nonsense, so scrivere anche cose normali quando mai).

Grazie anche a tutti voi per aver letto. Mi viene da chiedere scusa anche a voi...

Mi farò perdonare presto o tardi.

 

Buona notte (?) e grazie di tutto, miei bellissimi pandashippers;

 

A presto ♡。

 

Love you,

Maggie

 

Ps. Non volevo usare termini troppo brutali come azzannare o sangue o che so io, quindi sono diventata una cosa sola con la Treccani. Shippateci. Ora penso di sapere tutti i sinonimi di questo mondo in merito.. E si, ancora una volta parlo di fiori e rose, chiedo venia. E le citazioni sono di "Between Me and You" per l'appunto, quella meraviglia di canzone degli Infinite (unnie ti penso (?)).

PPs. Che cos'è la foto iniziale? Non lo so, era carina. Penso sia un qualche doujinshi di Kuroko no Basket, forse, boh, è irrilevante.

   
 
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