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Autore: Ranyadel    15/08/2015    2 recensioni
Quando incrociò il mio sguardo, sembrò incassare leggermente la testa nelle spalle e sollevò un angolo della bocca in un minuscolo sorriso. Quanto poteva essere… cucciolo?!
Ecco, era un cucciolo. Avevo deciso.
***
“Oh, Coralie ha una capacità particolare. Sa leggere gli occhi come nessuno” disse Carol.
***
“So… so capire come sono fatte le persone solo guardandole negli occhi e osservando come si muovono” dissi a bassa voce. “Ti psicanalizza con uno sguardo” Fece Manuela ridacchiando. Luke mi guardò sorpreso. “Sarei curioso di provare.”
***
"Di solito le persone hanno paura."
"Di cosa?"
"Di sé stesse."
***
"Vieni con me."
"Eh?"
"Coco, vieni con me. Venite con me, tutte quante."
"Ma io non..."
"Ti ho promesso che ti sarei stato vicino, e ormai dovresti aver capito che mantengo sempre le mie promesse."
***
"È che ho troppi fantasmi alle mie spalle e mostri nella mia testa per poter essere davvero felice."
"Oh, ma li vedo."
***
Una ragazza particolare, che sa leggere gli occhi.
Coralie.
Un ragazzo speciale, con occhi che la catturano e la intrigano, così semplici da leggere e allo stesso tempo così complessi da capire.
Luke.
Un amore nato da sguardi e gesti.
***
trailer: https://www.youtube.com/watch?v=nPR1CdGLUV8
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The moment I knew. 


“Non saltiamo a conclusioni affrettate, va bene?!” fece Manuela. Io annuii, abbassando lo sguardo. Lei mi fissò, prima di dire: “Senti un po’, conosco quello sguardo, e tu stai decisamente saltando a conclusioni affrettate. Stai facendo bunjee jumping in un mare di ipotesi, salto con l’asta fra quelle peggiori, e tutte le altre discipline che comprendono un salto. Mi hai capito?” Questo mi fece scappare un mezzo sorriso. 

Io e Manuela eravamo rimaste fuori tutta la sera: non avevo voglia di vedere nessuno. Eravamo andate a mangiare in piazza, in una piadineria che era stata nostra alleata durante tutto il periodo scolastico: trovandosi di fianco alla biblioteca e a un tiro di schioppo dalla scuola, era il posto perfetto per mangiare fuori e poi mettersi a studiare. Eravamo sedute ad un tavolino rotondo molto in disparte, con le sedie arancioni che sprizzavano un’allegria che non avevo voglia di condividere. 

Avevo raccontato tutto a Manuela: dai miei sospetti, iniziati appena Diana era arrivata, alle voci, fino ad arrivare a quella telefonata. Lei non aveva detto molto durante tutto il racconto, ascoltandomi, come faceva sempre. Quando avevo finito, avevo ancora le lacrime agli occhi. 
Lei si sporse sul tavolino e mi prese le mani. “Coco, lo so che il doppio gioco può sembrare l’unica spiegazione, ma io davvero non riesco a credere che Luke si stia comportando così. Non è il tipo, capisci?” 

“Lo pensavo anche io.” 

“E non iniziare a parlare così, che se no ti raddrizzo il profilo a furia di sprangate sulle gengive. Che ne so, magari Diana è solo una stronzetta frustrata sessualmente che si inventa una storia del genere per far rodere d’invidia la sua migliore amica, anche lei frustrata.” 

“Tu lo faresti con me?” 

“Mai. Sei la mia migliore amica, non si fanno queste cose!” 

“Allora non riesco a capire come Diana sia davvero la migliore amica di questa Evie.”

“O forse è lei che ha frainteso tutto. Magari Luke è uscito con lei da amico, chi lo sa. Magari dovevano dirsi qualcosa di importante e privato.” 

“E allora perché inventarsi quella scusa?” chiesi io, sempre più avvilita. Manuela sospirò, cercando una soluzione. “Senti, io chiamo Lucian. Vediamo se Luke era davvero lì.” 

“Hai il numero?” 

“No, ma ce l’ha Calum. Me lo faccio inviare in un baleno.” 

Così fece, e in poco era al telefono con l’amico di Luke. Mise il vivavoce.  “Pronto?” 

“Ciao Lucian, sono Manuela.” 

“Manuela…?” 

“La ragazza di Michael Clifford, abbiamo cantato Sad Song alla tua festa.” 

“Ah, ecco! Scusami, conosco tante persone e i nomi non sono proprio il mio forte. Pensa che continuavo a sbagliare il nome della tua amica Corinne.” Io e Manuela ridacchiammo. “Sì, abbiamo notato che non sei esattamente un asso di memoria. Potresti farmi un piacere?” 

“Certo, di cosa si tratta?” 

“Potresti impiegare il tuo cervello smemorino in un relativamente immane sforzo mnemonico per ricordare se oggi Luke è passato da te?” 

"Ehi, quanti paroloni, mi metti in confusione. Comunque sì, è stato qui una mezz’oretta. Anzi, è appena andato via” fece lui, quasi… evasivo? 

“Quindi non era con te, oggi pomeriggio?” 

“No.” 

“D’accordo, grazie mille. Ah, ti saluta Coralie.” 

“Coralie?” 

“Corinne.” 

“Ah. Ops.” 

“Lasciamo perdere, guarda” feci io sogghignando. “Scusa!” disse lui, prima di salutarci e mettere giù. 

Io e Manuela ci guardammo. “E va bene, era con Diana” cedette lei. 

***

Tornammo dopo un’ora. Manuela continuava a lanciare occhiate tese al cellulare, armeggiava un attimo e lo rimetteva in tasca; ormai lo aveva fatto una trentina di volte, prima di decidere che era ora di tornare a casa. Non avevo assolutamente voglia di affrontare la realtà, ma Manuela mi aveva costretta, minacciando di correre a casa e bruciare tutti i miei libri. A partire da Harry Potter e Raccontami di un giorno perfetto. Eh no, accidenti. 

Entrammo in casa che erano le dieci. I ragazzi erano seduti sul divano e guardavano una partita di calcio. “Wow, guardate chi si fa vivo! Non pensavo di rivedervi oggi!” fece Calum sarcastico. “E io che speravo di non rivedere il tuo muso fino a domani, pensa” fece Manuela con lo stesso tono. Calum ci rimase male e tornò a guardare la partita, mentre Manuela gli scompigliava i capelli. “Sto scherzando, amico” disse ridendo. “Luke è in doccia se ti interessa, Coco. È tornato poco dopo che ve ne siete andate” fece Michael. Io annuii e Manuela mi lanciò uno sguardo, indicando poi con un gesto il piano di sopra. 

Non andare. 

Ignorai quella vocina fastidiosa e, anzi, mi ripromisi di chiamare Emmaline più tardi, come le avevo promesso di fare nel caso l'avessi sentita ancora. 

Davvero credi che questa sia la priorità, mentre il ragazzo di cui sei innamorata ti tradisce con la sua migliore amica, che è mille volte meglio di te? 

Sentii un peso allo stomaco, mentre ero costretta a dargli ragione. Salii le scale lentamente, quasi stessi andando al patibolo, e arrivai in camera mia. Luke era appena uscito dal bagno, con un asciugamano attorno alla vita, mentre si asciugava i capelli con un altro. Mi vide dallo specchio e si voltò sorridendomi. “Ehi, piccola, eccoti! Dov’eri finita?” 

Se si fosse preoccupato di chiamarti, lo avrebbe saputo. 

“Avevi lasciato qui il cellulare, lo sapevi?” mi disse. 

Avrebbe potuto chiamarti su quello di Manuela. 

“Non potevi chiamare su quello di Manuela?” 

“Ci ho provato, ma continuava a darmi segreteria telefonica. Sembrava quasi che rifiutasse la chiamata ogni volta. Ho tentato una cosa come trenta volte, stavo iniziando a preoccuparmi” disse lui. Improvvisamente capii il motivo delle occhiate furtive di Manu al cellulare: stava rifiutando le chiamate di Luke. La voce nella mia mente non disse nulla, chiaramente sconfitta, e la cosa mi diede sollievo. 

Luke si avvicinò a me e mi stampò un bacio sulle labbra, allegro. “A cosa devo tutta questa spensieratezza?” chiesi con un mezzo sorriso. Lui fece spallucce. “Una bella giornata” disse, vago e sorridente. Ah, già. 

Chissà come si è divertito con Diana. 

“Basta, ti prego…” sussurrai, mentre Luke tornava in bagno. “Hai detto qualcosa, piccola?” mi chiese. “No” dissi subito. Non volevo che sapesse delle voci, anche se forse parlarne con lui sarebbe stata la cosa giusta. 

Lui ha i suoi segreti, tu tieniti stretti i tuoi. 

Non potei che dar loro ragione. 

***

Il mattino dopo, mi svegliai che erano le undici. Non avevo dormito bene, nemmeno un po'. Aprii gli occhi e sentii il braccio di Luke attorno ai miei fianchi. In un mattino normale, quel tocco mi avrebbe fatta sorridere, ma in quel momento no. Sapevo che era tutta una bugia. Mi chiesi quanto a lungo mi avesse preso in giro, mentre mi sentivo soffocare da quella stretta. Gli presi il braccio e lo spostai piano, per non svegliarlo, prima di alzarmi e andare in bagno. Mi stavo lavando la faccia, quando sentii delle mani sui miei fianchi. Sussultai, mentre Luke sussurrava alle mie spalle: "Buongiorno, piccola." 

"Giorno" dissi io, laconica. 

Si diverte a prenderti in giro. 

"Posso proporti una cosa?" mi chiese lui. Io annuii, senza guardarlo in faccia, concentrandomi invece sull'acqua che c'era ancora nel lavandino. "Stasera, io e te, cena fuori. Da soli. Ti porto alla Rosa dei Venti. Ti piace l'idea?" mi chiese lui, abbracciandomi da dietro.  

Non accettare, è un inganno. 

"Ne devo parlare con Manuela" dissi io. Lui mi guardò sorpreso: era la prima volta che non accettavo un suo invito all'istante. "Perché?" 

"Ieri mi ha chiesto di mangiare fuori con lei stasera, sai... Voleva andare a trovare sua sorella Teagan" mentii. Lui fece una faccia confusa. "Ma Manuela è figlia unica" disse. Azz. "Cugina, volevo dire cugina." 

"Va bene. Se vuoi glielo chiedo io. Non ti avrà stasera, sei mia" disse con un sorriso, lasciandomi un bacio sul collo. 

"Manuela è un osso duro. Non cederà." 

"Fidati, sfodero gli occhi dolci. È un overkill." 

"Overche cosa?" 

"Overkill. Significa fare più di quel che serve per sconfiggere l'avversario, fino a sfiorare l'umiliazione." 

"E sei sicuro che con gli occhi dolci puoi sconfiggerla?" 

"Al centouno per cento." 

Chissà quanta altra gente ha sconfitto con i suoi occhi dolci... Chissà con quante persone li sfodera... 

"Le parlo io, ad ogni modo" decisi. Lui scosse la testa e scappò. "Vedrai!" fece. Io rimasi paralizzata. Sperai che Manuela capisse al volo.  

***

"Coco, posso parlarti? Riguardo alla visita a Teagan" disse Manuela dopo venti minuti. Io annuii e Manuela chiuse a chiave la porta, lasciandoci sole in camera mia. "Solo una domanda: chi è Teagan?" mi chiese ridendo. "Ho dovuto improvvisare!" mi giustificai. Lei si sedette accanto a me. "So come ti senti. Cioè, non lo so, lo immagino. Però prendi questa cena come un bivio: se va bene, non dovrai temere nulla. Se invece va male... Beh, forse due domande inizierei a farmele." 

"Cosa intendi per 'andare male'?" 

"Che so, lui che parla spesso di Diana, lui che sembra distratto, lui sempre al telefono... Dai, hai capito." 

"Sì, sì, ho capito." 

"Ci andrai?" 

"Non lo so." 

"Perché?" 

"Ho paura, Manu. Ho paura che possa andare male. Se... Se fosse distante, se fosse sempre al telefono, se non si presentasse nemmeno... Significherebbe che davvero non gli interessa, e che mi ha presa in giro. E io non sono pronta a sopportare un'altra beffa." Manuela mi abbracciò. “Andrà tutto bene, Coco. Vedrai che è solo un grande malinteso. E se qualcosa va male, c’è la vecchia Manu che ti difende, va bene? Se davvero va male, si pentirà di aver anche solo pensato al doppio gioco.” Io ridacchiai mentre la mia vista si appannava per via delle lacrime. Nonostante sapessi che qualcosa non andava, e che Luke mi tradiva con Diana, non riuscivo a fare a meno di aver bisogno di lui. 

Patetica. 

***

Durante il primo pomeriggio non sembrava essere cambiato nulla e, anzi, facevo fatica a credere di aver scoperto davvero il segreto di Diana e Luke. Alla fine, avevo accettato la cena con lui, che mi era sembrato piuttosto entusiasta. 

Eravamo seduti sul divano a guardare un film, quando sentimmo un urlo dal piano di sopra. “Carol?!” chiamò Ashton, allarmato, dato che la sua ragazza era l’unica a non guardare il film con noi. “L’ho visto mille volte, devo mettere a posto camera mia” si era giustificata. 
La vedemmo correre giù per le scale con una scatola in mano, trafelata. “Ragazzi, guardate cosa ho trovato!” disse esaltata, mostrandoci la confezione del Twister. “Dov’era?! Pensavo lo avessi perso!” fece Manuela. “Era nell’armadietto di fianco alla scrivania, quello che non apro mai!” spiegò Carol. “Ci giochiamo? Vi prego!” aggiunse poi. “Fra cinque minuti finisce il film!” disse Calum. Carol si voltò. “Muoiono tutti” disse solo. “Ma è una commedia romantica!” protestò lui, sconvolto. “Muoiono tutti lo stesso.” 

“Spero tu stia scherzando.” 

“Forse sì, forse no, la verità io la so e tu no” cantilenò lei. “È una frase di Koda fratello orso 2?” 

“Forse sì, forse no, la verità io la so e tu no.” 

“Sì, è una frase di quel cartone, la dice un procione” disse Ashton ridendo. “La prociona qui presente vuole giocare! Possiamo? Per favore!” 

“Ci lasci finire il film?!” 

“Uff, va bene” fece Carol con il broncio. Ashton – che era di fianco a me, e teneva un braccio attorno alle mie spalle – le porse una mano. “Vieni qui, prociona” disse ridacchiando. Lei obbedì e si sedette sulle sue gambe, accoccolandosi contro di lui e lasciando la scatola a terra. Lui le circondò la vita con un braccio, le stampò un bacio sulla fronte e appoggiò il mento sulla sua testa. 
Appena il film finì, Carol balzò in piedi, sbattendo contro il naso di Ashton, che gemette. “Scusa!” fece subito, mentre lui si portava le mani sul viso. “Mi sciono morscio la lingua, ascidenti!” esclamò dolorante. “E come va il naso?” 

“Fa male pure quello.” 

“Scusami tanto!” disse Carol mortificata. Quando Ashton si riprese, lei tornò a farci vedere la scatola del Twister. “Ora giochiamo, per favore?” fece impaziente e trepidante come una bambina. 

Mezz’ora dopo, eravamo in sei su un tappeto per quattro. Io e Manuela eravamo una cosa sola, non si capiva più dove iniziava una finiva l’altra. Dal groviglio, sbucava una mano o una gamba, e nessuno avrebbe saputo dire a chi appartenessero. Michael era il più tranquillo di tutti: piede sinistro sul blu, piede destro sul verde, mani staccate; in poche parole, era in piedi a braccia incrociate e ci guardava divertito, mentre io e Manuela cercavamo di non cadere. Diana era relativamente comoda, appoggiata di fianco a me su tutti e quattro gli arti e a pancia in su. Calum aveva una gamba che scivolava sotto la schiena di lei e la mano da qualche parte sotto di noi: nemmeno lui se la stava passando bene. Carol, la più furba, si era messa in un angolo, così da non venirci addosso, ed era in equilibrio su due mani e un piede. Ashton, Madison – che era stata eliminata - e Luke si godevano la scena dal divano, mentre il bandanaro girava l’ago sul tabellone. “Ashton, muoviti, non mi sento più la gamba” disse Carol sofferente. “E perché? È così bello vedere l’ago che gira!” 

“Datti una mossa, o ti infilo le bacchette tu sai dove e te le faccio uscire dalla bocca” lo minacciò, con la solita grazia, Manuela, che aveva appoggiato la testa sul mio ginocchio, stremata. “Carol, mannaggia a te e alla tua idea di giocare a Twister” disse. “Ti vuoi ritirare, tesoro?” 

“Io?! Ma sei matta?! Col cavolo che lascio vincere te!” 

“Allora risparmia fiato e energie, ne hai bisogno a quanto vedo.” 

“Giuro che prima o poi ti ammazzo nel sonno.” 

“Coco – le interruppe Ashton, divertito – Mano sinistra sul rosso.” Io mi guardai intorno. “Sono tutti occupati!” mi lamentai. “Ce n’è uno libero dietro di me!” disse Diana. Io presi un gran respiro per farmi forza, districai la mano sinistra dal groviglio di corpi che eravamo io e Manu e scavalcai Diana, che si abbassò per permettermi di fare meno fatica. “Ahi, la gamba!” disse Calum. Fu un attimo: lui ritrasse in fretta la gamba, nello slancio andò a sbattere contro Manuela, lei travolse Carol e me e io crollai su Diana, assestandole una gomitata in pancia. 

In mezzo alle risate generali e all’esultare di Michael, che aveva vinto, vidi Luke venirmi incontro. Gli rivolsi uno sguardo felice… prima che lui mi scavalcasse e raggiungesse Diana. Il mio sorriso morì all’istante. 

Che ti aspettavi? Non sei più la sua priorità. Hai fatto male alla ragazza di cui è innamorato. La ragazza con cui ti tradisce. 

“Stai bene?” lo sentii chiedere a bassa voce. “Mi fa male” rispose Diana. Non potevo vederla, era nascosta dietro Luke, ma sentii allarme nella sua voce. Ci fu un istante di silenzio, poi: “Vieni” fece lui, aiutandola ad alzarsi e portandola in cucina, nel silenzio attonito di tutti quanti. Io avevo lo sguardo perso nel vuoto. Improvvisamente, una mano pallida, con un tatuaggio a X sul dito medio, occupò la mia visuale. “Ti sei fatta male?” mi chiese Michael. Io scossi la testa e afferrai la sua mano, mentre lui mi issava. “Ma che succede fra quei due, si può sapere?” chiese Calum, confuso. 

Origlia. Fatti ancora del male. 

No. Non lo volevo sapere. 

Forse avevo fatto davvero male a Diana, chissà. Magari aveva una rara malattia alla pancia di cui solo Luke era a conoscenza, e così si era preoccupato subito. Questione di priorità, no? La salute viene prima di tutto, giusto? 

Ma chi vuoi prendere in giro? Sei patetica. 

Già. 

“Mettiamo via, ragazzi” disse Madison a bassa voce. Noi obbedimmo e Calum e Ashton si misero a piegare il tappeto colorato, mentre Carol porgeva a Manuela la scatola. In meno di trenta secondi, eravamo tutti seduti sul divano, tesi, con il Twister sul tavolino. Poco meno di un minuto dopo, i due uscirono dalla cucina, frettolosi. Diana si diresse al piano di sopra, mentre Luke prendeva il giubbotto dall’appendiabiti e diceva: “Ragazzi, esco un attimo, ho una commissione da fare.” Commissione? Cosa doveva fare a quell’ora? 

Non ti vuole vedere, genio. 

Non riuscii a trattenermi: mi alzai e lo raggiunsi in anticamera, dove non eravamo visibili da tutti gli altri. “Ho fatto qualcosa di male? Sei arrabbiato con me?” chiesi insicura. Lui mi rivolse un sorriso visibilmente forzato. “No, piccina, no. Tranquilla. Non sono arrabbiato. Perché dovrei?” Io non dissi nulla, poi guardai il giubbotto che si stava infilando. 

Guardalo, come scappa! Metterà un bel po’ di chilometri fra di voi. Tutto pur di non esserci stasera. 

La cena! Me ne ero quasi dimenticata… sperai che la vocina nella mia mente si sbagliasse. “Stasera… Stasera ci sarai, vero?” chiesi titubante. Lui mi sorrise e mi stampò un bacio sulla fronte. “Tranquilla, piccola – mi disse – ci sarò. Non so a che ora torno, okay? Però ti vengo a prendere alle otto qui. Ho prenotato per le otto e mezza a La rosa dei venti. Se alle otto non arrivo, inizia ad andare lì. Ti prometto che ti raggiungerò” Fece con lo sguardo fisso nei miei occhi. “Ci conto, eh?” scherzai. Lui ridacchiò e annuì. “Tranquilla, tranquilla. Verrò. Non permetterò a nulla di mettersi fra me e questa cena.” 

È una bugia. 

***

Erano passate quattro ore, di nuovo, e ormai erano le otto. Io ero pronta da mezz’ora, ormai: mi ero messa un vestito nero senza maniche e con la gonna che arrivava fin poco sopra il ginocchio, un paio di parigine nere, un paio di stivaletti che arrivavano alla caviglia, un cappello e un giaccone, tutto rigorosamente nero. Continuavo a giocherellare con la mia collana, una chiave dorata appesa ad una lunga catenella dello stesso colore. Carol era sdraiata di fianco a me, sul divano. “Sono le otto, Coco. Ti porto lì, va bene?” disse guardando l’orologio. Io annuii, con le lacrime agli occhi. Fino all’ultimo avevo sperato che si presentasse alla porta, scusandosi dell’attesa. Carol mi guardò e mi abbracciò. “Coco, stai tranquilla. Andrà tutto bene.” 

“Perché non riesco mai a tenere vicino a me le persone a cui tengo?” chiesi con voce tremante. “Non dire cretinate, Coco. È solo un periodo no. State insieme da quasi un anno, avresti dovuto sapere che prima o poi sarebbe arrivato un momento difficile. Passerà.” 

“Parla quella che al primo litigio è stata mollata” dissi fredda. Mi accorsi solo dopo di quello che avevo detto, solo quando Carol mi lasciò andare e mi guardò ferita. “Scusami, io… non so cosa mi sia preso. Ti chiedo scusa” dissi mortificata. Non capivo, era come se le voci nella mia mente avessero parlato al posto mio… non avrei mai detto una cosa del genere, men che meno a Carol… 

Lei annuì, assente. “Senti, ti dispiace se chiedo ad Asthon di accompagnarti?” fece poi con voce flebile. Fu come una porta in faccia, sapere di averle fatto tanto male. 

Visto? Nessuno ti vuole con sé. Sei buona solo a far male alle persone. Presto rimarrai da sola. 

***

Ashton mi lasciò all’ingresso dell’isola pedonale, stampandomi un bacio sulla guancia. “Chiamami se qualcosa va storto, va bene? Lo conosco da una vita, non ho problemi a prenderlo a pugni.” Io ridacchiai e lo ringraziai per il passaggio. Lo guardai ripartire e mi incamminai verso il ristorante, al centro dell’isola pedonale. “Andiamo, Luke… dove sei?” mi chiesi. 

***

Ero seduta al tavolo che aveva prenotato Luke quella mattina, da sola. Mi chiedevo dove fosse lui. Gli avevo inviato già tanti messaggi… 

8.10: “Luke, io sono fuori dal ristorante. Non arrivavi a casa, quindi ho pensato che magari fossi già qui. Sei dentro?” 

8.12: “No, non sei dentro. Beh, ti aspetto qui davanti.” 

8.40: “Luke, sono dentro, avevo troppo freddo. Dove sei finito? Avevi detto che saresti stato qui dieci minuti fa…” 

8.55: “Luke… puoi rispondermi al telefono?” 

8.59: “Guarda che se non volevi venire bastava dirmelo, anziché farmi stare qui tanto tempo…” 

9.01: “Luke, mi stai facendo preoccupare… dove sei finito? Perché non rispondi?” 

Li rilessi tutti, mentre sentivo gli occhi farsi lucidi. “Avevi detto che saresti venuto” sussurrai, come se potesse sentirmi. 

Aveva detto che ci sarebbe stato. Mi sentivo così stupida, lì, da sola, seduta a un tavolo per due, con il cameriere che mi lanciava occhiate scocciate ad ogni mio: “Aspetto ancora un pochino.” Speravo che arrivasse. 

You should’ve been here, 

Should’ve burst through the door with that “Baby, I’m right here” smile 

And it would’ve felt like a million little shining stars that just aligned 

And I would have been so happy... 

Christmas lights glisten 

I’ve got my eye on the door, just waiting for you to walk in, 

But the time is ticking, people ask me how I’ve been 

As I come back through my memory 

How you said you’d be here, 

You said you’d be here… 

Lanciai un’ultima occhiata al cellulare. Intanto, il cameriere si avvicinò a me. “Signorina, devo chiederle di andarsene. Non può occupare il tavolo senza ordinare” fece. Io abbassai lo sguardo e mi alzai. “Mi scusi per il disturbo” dissi con voce tremante, mentre uscivo dal ristorante. Il vento freddo di inizio inverno mi investì e io mi strinsi nelle spalle, mentre mi infilavo il giubbotto lungo e nero. Cercai di stringermi il più possibile nel tessuto pesante, mentre le mie gambe rabbrividivano, coperte solo da parigine nere. Inviai l’ultimo messaggio a Luke: 

9.03: “Luke, sono qui fuori. Mi hanno fatta uscire dal ristorante. Ho freddo. Starò qui ancora dieci minuti, poi tornerò a casa.” 

Ci pensai un attimo, indecisa se sbilanciarmi o no, poi aggiunsi: 

9.04: “Ti prego, vieni. O almeno scrivimi, o chiamami. Vanno bene anche i segnali di fumo. Qualsiasi cosa. Ti prego.” 

Mi sedetti sul marciapiede di fronte al ristorante, dato che non c’erano panchine. La gelida roccia mi fece rabbrividire, ma strinsi i denti. Ancora dieci minuti, mi dissi. 

And it was like slow motion 

Standing there in my party dress, 

In red lipstick, and with one to impress… 

And they’re all laughing as I’m looking around the room 

But there’s one thing missing… 

And that was the moment I knew. 

***

Venti minuti dopo… 

Sentii una lacrima scivolare sul mio viso, lasciando una riga gelata. La asciugai in fretta e mi alzai. Di Luke, ancora nessuna traccia. Scrissi l’ultimo – stavolta per davvero – messaggio: 

9.22: “Me ne vado. Grazie della serata.” 

Mi stavo incamminando, quando il cellulare squillò. Era lui. Rifiutai la chiamata, ma pochi istanti dopo il cellulare squillò ancora. Andammo avanti così per qualche secondo, fino a quando non mi decisi a rispondere. Non dissi nulla, avvicinai solo la cornetta all’orecchio. Lui, però, dovette capire che ero in ascolto. “Coralie, grazie al cielo hai risposto… Ti prego, perdonami, mi dispiace tantissimo, è che… È successo un casino assurdo, il cellulare era morto, la macchina era in panne…” 

“Con chi eri?” 

“Eh?” 

“Ti ho chiesto con chi eri. Con che macchina eri?” 

“Con Diana, ma…” 

“Mi basta sapere questo.” 

“No, Coralie, aspetta! Te lo giuro, sto arrivando…” 

“Ho aspettato più di un’ora, Luke. È tardi.” 

“Ma…” 

“A domani.” 

“No, Coco, ti prego…” 

“Non venire nemmeno. S-sto tornando a casa.” 

“Coralie, piccola… ti prego, non piangere…” 

“Te l’ho detto, è tardi.” 

Così dicendo, mentre le lacrime rigavano il mio viso, interruppi la chiamata. Il telefono squillò di nuovo, subito dopo, così tolsi la batteria. “Mi basta così” sussurrai, facendola scivolare in tasca, mentre camminavo lentamente lungo il viale alberato verso casa. 

Avevo fatto poco più di cento metri, quando sentii un clacson suonare all’impazzata poco lontano da me. Mi voltai e vidi la macchina di Ashton fermarsi in mezzo alla strada. Come aveva fatto ad arrivare fino a lì? Era un’isola pedonale… 

Mi voltai di nuovo e affrettai il passo, mentre sentivo la voce di Luke chiamarmi. Lo ignorai fino a che lui non mi fermò, parandosi davanti a me. Aveva il fiatone e i capelli arruffati, sembrava che avesse corso una maratona. Notai che era a maniche corte e il mio primo pensiero fu quello di dirgli di tornare in macchina per non prendersi un accidente, ma dalle mie labbra serrate non uscì nulla, mentre gli occhi tornavano a riempirsi di lacrime. “Coco, piccola, mi dispiace così tanto di non essere riuscito ad arrivare…” 

“Dispiace anche a me” dissi amaramente, tirando su col naso. 

“Ti giuro che non volevo lasciarti qui…” 

“Avresti potuto chiamarmi.” 

“Avevo il cellulare scarico, e anche Diana!” 

“Spero almeno vi siate divertiti.” 

“Ma che… Coco, io non…” 

“Lasciami sola, per favore.” 

“No.” 

“Per favore, Luke.” 

“No. Non ti lascio qui.” 

“Arrivi solo ora con questi pensieri galanti, eh? Ripeto, è troppo tardi.” 

“Ma che cosa ti prende, Coco? Era solo una cena!” 

Gli rivolsi un’occhiata che lo fece ammutolire. Perché, per me, quella non era solo una cena. E forse, non avrei avuto quella reazione, se avessi saputo che era da solo; però era con Diana. 

Era quello che faceva male. 

“Come ci si sente, secondo te, ad aspettare una persona, e sapere che quella non verrà?” chiesi duramente. Lui non fece in tempo a rispondere, che io continuai: “E come ci si sente, secondo te, a sapere che l’unica persona con cui vorresti sfogarti, che vorresti stringere, che vorresti di fianco, è proprio la persona che non si è presentata?” 

“Coralie, puoi sfogarti con me, lo sai…” 

“Non capiresti.” 

“Ma…” 

“Ti ho detto che non capiresti, va bene?! Non capisco nemmeno io. Non so cosa stia succedendo nella mia testa, non so perché stia reagendo così male. Tanto era solo una cena, no? Forse ho sbagliato io ad aspettarti così tanto. Forse ho sbagliato io a sperarci fino alla fine. Forse sono stata io a sbagliare a considerarla un’occasione importante. Era solo una cena. Avremo tanto tempo per farne un’altra, no? Oh, aspetta, dimenticavo: fra undici giorni sarai su un aereo. Scusa se speravo di stare un po’ con te. Scusa se so che mi mancherai da morire. Scusa se so che starò male senza di te. Scusa se sono così debole, così dalla lacrima facile. Scusa se do importanza alle piccole cose. È colpa mia. Come sempre.” Mentre dicevo questo, le lacrime tornarono a solcare il mio volto. Vidi che anche Luke stava piangendo silenzioso e questo mi fece stare ancora peggio. 

“N-Non è colpa tua, Coralie. Non devi dire così, va bene? Non è colpa tua. Ho sbagliato io. Sono stato stupido a non presentarmi, e ti giuro che sarei venuto. Era importante anche per me, sai? Era fottutamente importante. Ci tenevo davvero ad essere lì. Accidenti, da stamattina non vedevo l’ora. Continuavo a pensare a come fare per non sfigurare di fianco a te, perché non te l’ho ancora detto, ma sei bellissima. Anche mentre piangi. E ci tenevo così tanto ad essere qui, a fare questa cosa insieme a te… Mi dispiace, Coralie, mi dispiace. Sono un idiota. Ti prego, scusami” fece con voce rotta. 

And the hours pass by, now I just wanna be alone 

But your close friends always seem to know when there’s something really wrong 

So they follow me down the hall 

And there in the bathroom, I try not to fall apart 

And the sinking feeling starts 

As I say hopelessly “He said he’d be here…” 

Scossi la testa lentamente. “Voglio solo andare a casa, ora. Va bene? Ne parleremo domani” feci. Lui abbassò lo sguardo. “Va bene. Però torna a casa con noi.” 

“No. Preferisco fare la strada da sola.” 

“Ma, Coralie, fa freddo…” 

“Ho passato fuori un sacco di tempo, sopravvivrò ancora mezz’oretta.” 

Lui rimase in silenzio un attimo, prima di dire: “So che non vuoi stare con me, ora, e ti capisco. Nemmeno io vorrei stare con me stesso. Vai tu con Ashton. Vi raggiungo a casa.” 

“Ma…” 

“Ti prego, Coco. Sono stato abbastanza pessimo, per oggi, per permetterti di fare tutta quella strada da sola” fece risoluto, con quella tranquilla determinazione che arriva dopo le lacrime e grida lontano un miglio che non hai nulla da perdere. Io non risposi più, e lui prese il mio silenzio per un consenso. Così, lui mi riaccompagnò all’auto, da Ashton, che aspettava paziente. Ci fermammo davanti alla portiera del sedile del passeggero e Luke, prima che potessi fare altro, mi abbracciò. Mi strinse a sé più forte che poteva e lo sentii singhiozzare. E anche nel calore che mi offriva il suo corpo, quello fu l’abbraccio più gelido che condivisi. 

What do you say when tears are streaming down your face 

In front of everyone you know? 

And what do you do when the one who means the most to you 

Is the one who didn’t show? 

“Coco, ti amo. Ti amo con tutto me stesso. Lo sai, vero?” chiese con voce tremante. Io annuii solamente e lui mi lasciò un bacio sulla fronte. Non si spinse oltre e in qualche modo gliene fui grata. “Ci vediamo dopo, va bene?” fece. Annuii di nuovo, mentre lui mi apriva la portiera e io entravo in macchina. Quando la richiuse, Ashton aspettò che anche Luke salisse, ma l’altro gli fece cenno di andare. Ci fu una muta conversazione di sguardi, e alla fine, Ashton, sospirando, aprì la portiera. Si tolse il giubbotto che aveva addosso e lo lanciò a Luke, che lo ringraziò a bassa voce. Ashton gli fece un mezzo sorriso, prima di tornare in macchina e mettere in moto. Prima di partire, mi prese una mano e la strinse forte. Gli fui grata per quel gesto, mentre le lacrime tornavano a rigare le mie guance. “È come se lo stessi perdendo, Ash” dissi solo a bassa voce. Lui sospirò. “O forse è lui che sta perdendo te” sussurrò, guardandomi qualche istante. Io non risposi e guardai fuori dal finestrino, nello specchietto retrovisore, la figura di Luke che si faceva più piccola mano a mano che ci allontanavamo. 

You call me later, and say “I’m sorry I didn’t make it”, 

And I say “I’m sorry too”. 

And that was the moment I knew… 

***

“Non so più cosa pensare, Coralie” mi disse mesta Manuela. Io scossi la testa. Eravamo sul letto in camera sua; Michael se n’era andato appena mi aveva vista con le lacrime agli occhi sulla soglia della porta. 

“Senti, parlagli. Non fare come al solito. Se sta succedendo qualcosa, è giusto che tu lo sappia da lui. Parlagli ora, appena arriva a casa. Vedrai che si risolverà tutto, va bene?” aggiunse la mia migliore amica. 

Non è vero. 

“Va bene, gli parlerò” dissi solo. Manuela mi catturò in uno dei suoi abbracci spacca-ossa, che quasi riuscì a tirarmi su il morale, come se, stringendomi così, riuscisse a tenere insieme i pezzi che si stavano sfaldando poco a poco. 

Fummo interrotte da Calum, che entrò in camera. “Ragazze, avete sentito Diana, per caso? Non si fa vedere da tutto il pomeriggio” disse. Io mi irrigidii e Manuela se ne accorse. “No, non l’abbiamo vista, né sentita” disse frettolosa. “Va bene” fece Calum dubbioso, prima di volatilizzarsi. Lo sentii comunque dire: “Adesso è sparito pure Luke…” 

Sono insieme, cosa ti aspettavi? Sei stata tu a spingerlo fra le sue braccia. L’hai rifiutato stasera, e lui si è rifugiato dalla sua migliore amica. È colpa tua. 

Cercai di ignorare quel pensiero, nonostante fosse l’unica cosa a cui riuscivo a pensare. “Senti, vado in camera mia. Lo aspetto lì, va bene?” dissi, sciogliendomi dall’abbraccio. Lei mi squadrò un secondo, prima di annuire e lasciarmi andare. “Arriverà, Coco” mi disse con fare rassicurante. 

No, non arriverà. 

“Basta…” feci, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime. Entrai in camera mia e mi cambiai, infilandomi nel mio solito pigiama, ovvero la maglietta di Luke. Sentivo un peso sullo stomaco, ma mi costrinsi ad ignorarlo. Mi sdraiai sul letto, preparandomi un discorso nella mente e aspettando che Luke tornasse. 

Aspettai così tanto, che alla fine mi addormentai. 

***

Stavo camminando in un corridoio. Non era casa mia, ma era comunque conosciuta. Riconobbi i quadri appesi alla parete e cercai di fermarmi, capendo dove avevo già visto quella scena. Doveva essere un sogno, lo era per forza. “Dai, svegliati” pensai, sapendo che non avrei retto la vista di ciò che sarebbe successo dopo. Avevo già vissuto tutto quello, e mi era bastato per cento vite. 

Passai davanti ad uno specchio e vidi il mio riflesso di quando avevo sedici anni, quasi diciassette. Non ero cambiata molto, nessuno avrebbe potuto indovinare la differenza; ma io sapevo bene quando quella scena si era svolta. 

“No, no, ti prego” pensai, mentre il panico mi invadeva. Sapevo bene cosa avrei visto: sarei entrata in camera mia, in camera nostra, e lo avrei visto nel letto insieme ad una ragazza. Non volevo rivederlo. 

Eppure non riuscivo a fermarmi. 

Entrai in stanza e li vidi: erano sotto le coperte, lei a cavalcioni di lui, con i capelli ricci e neri attaccati alla schiena e le mani di lui sui suoi fianchi, mentre lui la incitava a fare più in fretta. Lui, che mi aveva segnata, che in quel momento aveva i capelli tinti davanti agli occhi, appiccicati alla pelle dal sudore. Sentii le lacrime agli occhi. Era esattamente uguale a ciò che avevo già visto. 

Appena pensai quelle parole, però, qualcosa cambiò. I capelli di lei sembrarono farsi lisci, di un rosso ciliegia, mentre la sua pelle diventava diafana e lattea. Sotto di lei, i capelli rossicci di Matt divennero biondi e si alzarono dal suo viso, fino a creare un ciuffo disordinato. Davanti a me, ora, c’erano Diana e Luke. Lui mi guardò con lo stesso sguardo di Matt, vedendo le mie lacrime. E si mise a ridere. “Oh, andiamo, non dirmi che non te lo aspettavi!” disse solo. 

***

Mi svegliai di soprassalto e mi scoprii in lacrime. Non riuscii a trattenere un singhiozzo: mi portai una mano alla bocca, per soffocarlo, e non svegliare Luke. Eppure, era stato così vero, così reale, che avevo bisogno di sentirgli dire, come faceva sempre, che era solo un brutto sogno. Avevo bisogno che lui mi dicesse che non era vero. Così, mi voltai verso di lui. 

E non lo trovai. 

Le coperte erano ancora tirate sopra il cuscino ed erano fredde; non ci aveva dormito nessuno. 

Ricordai con estrema precisione tutto ciò che era successo quella sera. Forse non era ancora arrivato, forse si era perso. Ogni scusa per me era buona. Mi voltai verso il comodino e diedi un’occhiata alla sveglia. Erano le 4:17. 

Non verrà, che ti avevo detto? 

Sentii altre lacrime scorrermi lungo il viso e tornai a sdraiarmi. Mi chiesi dove fosse. 

È con lei, stupida. Esattamente come in quel sogno. 

Speravo ardentemente di sbagliarmi. 

Hai sempre saputo di non essere nulla in confronto a lei. 

Tirai su col naso. Volevo ignorare quella voce, ma non ci riuscivo. 

Andiamo, lo sapevi. Nemmeno tu ti sceglieresti, tanto. 

E aveva ragione. 






*Angolo autrice* 

Ecco qui l’inizio della fine, signore e signori. Ecco a voi il nuovo personaggio: le voci nella testa di Coco. Non se ne andranno mai più, sapete? E non è un bluff, lo giuro. Cosa ne pensate?? 

Vi prego, fatemelo sapere. Ditemi cosa ne pensate. Vi prego. 

Una cosa devo dirla, mi è piaciuto un sacco scrivere questa parte: 

“Ehi, piccola, eccoti! Dov’eri finita?”

Se si fosse preoccupato di chiamarti, lo avrebbe saputo.

“Avevi lasciato qui il cellulare, lo sapevi?” mi disse.

Avrebbe potuto chiamarti su quello di Manuela.

“Non potevi chiamare su quello di Manuela?”

“Ci ho provato, ma continuava a darmi segreteria telefonica. Sembrava quasi che rifiutasse la chiamata ogni volta. L’ho chiamata una cosa come trenta volte, stavo iniziando a preoccuparmi” disse lui. Improvvisamente capii il motivo delle occhiate furtive al cellulare: stava rifiutando le chiamate di Luke. La voce nella mia mente non disse nulla, chiaramente sconfitta, e la cosa mi diede sollievo.

È stato fantastico fargli azzittire quelle voci. Facevo il tifo per lui. Quasi mi vedo la faccia delle voci, una cosa tipo: “Ah.” Il disappunto. Buahahahah. 

Comunque Luke è il cretino che è, perché per colpa di un suo errore sta succedendo tutto questo. Uff. 

Okay, facciamo un gioco. Scrivetemi ciò che fareste se foste in una stanza da soli con: 

-          1. Coco 

-          2. Manu (personalmente le farei una statua, anche per come si comporterà nei prossimi capitoli) 

-          3. Diana 

-          4. Luke 

-          5. Le voci (facciamo finta che abbiano un corpo e che questo non sia in relazione con quello di Coralie) 

Sono curiosa, duh. 

Momento spoiler? Ma sì, non fa mai male. 

Fra qualche capitolo entrerà in gioco un altro personaggio (una ragazza) ma ci rimarrà per davvero poco, e non combinerà nulla di male, ANZI. E poi, si faranno vedere e rivedere due personaggi già citati (un maschio e una femmina). Si aprono le scommesse. RAELEEN E MISS ONE DIRECTION, NO SPOILER PER FAVORE, VOI LO SAPETE GIÀ. SAPETE TUTTO. Scommetto che la femmina non la indovina nessuno, eheh. 

Momento spoiler due? Ma sì. 

Luke le prende. Indovinate da chi. 

Vi prego, ho bisogno di sapere il vostro parere. Ne ho bisogno fisico. 

Dopo questa... Ehm... Supplica, vi saluto, alla prossima! Ciauu 

Ranya

  
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