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Autore: Jules_Weasley    15/08/2015    6 recensioni
Questo è l'incontro di due persone che non potrebbero provenire da ambienti più diversi, pur essendo entrambi nati nel mondo magico. Due persone che portano nomi non loro, i quali – nel bene e nel male – segnano la loro vita. La protagonista è Bellatrix Zabini – un personaggio inventato da me in Una strega in famiglia.
Perciò è uno spin-off con due dei personaggi della storia principale, che lì sono più o meno secondari. La OS si inserisce nello stesso periodo della mia long, verso la fine. Per la comprensione è consigliabile leggere la OS dopo l'ultimo capitolo ma prima dell'epilogo di Una strega in famiglia.
DAL TESTO:
«Hai ragione» disse Trixy, senza alcuna incertezza nella voce. Alice si stupì di quel brusco cambiamento, ma non accennò a riparlarne. Forse temeva di farla risprofondare in una crisi di coscienza. «Per un attimo mi stavo facendo traviare da quelle idee insane che hanno sempre provato ad inculcarmi: il dovere nei confronti della famiglia e altre stronzate».
«Abbiamo dei doveri anche verso noi stessi, tesoro. Primo tra tutti è quello di cercare la felicità» le rispose Alice con un sorriso aperto e sincero.
Buona lettura, e mi raccomando recensite!
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley Jr, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Nessun Incanto è pari alla tenerezza del cuore!'
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Questo è l'incontro di due persone che non potrebbero provenire da ambienti più diversi, pur essendo entrambi nati nel mondo magico. Due persone che portano nomi non loro, i quali – nel bene e nel male – segnano la loro vita. La protagonista è Bellatrix Zabini – un personaggio inventato da me in Una strega in famiglia.

Perciò è uno spin-off con due dei personaggi della storia principale, che lì sono più o meno secondari. La OS si inserisce nello stesso periodo della mia long, verso la fine. Prende le mosse dal capitolo 15 (di cui riporto un passaggio), poco tempo prima della partita di Quiddich contro Serpeverde, e si svolge parallelamente e poi indipendentemente (temporalmente va di poco oltre il capitolo ventesimo, anche se ovviamente prima dell'Epilogo).

Per la comprensione è consigliabile leggere prima la storia principale (sì, mi sto facendo bieca pubblicità). L'ideale è leggerla dopo l'ultimo capitolo, ma prima dell' Epilogo di "Una strega in famiglia".

Ah, l'ultima cosa: Buon Ferragosto a tutti/e :D


DAL TESTO:

«Hai ragione» disse Trixy, senza alcuna incertezza nella voce. Alice si stupì di quel brusco cambiamento, ma non accennò a riparlarne. Forse temeva di farla risprofondare in una crisi di coscienza. «Per un attimo mi stavo facendo traviare da quelle idee insane che hanno sempre provato ad inculcarmi: il dovere nei confronti della famiglia e altre stronzate».

«Abbiamo dei doveri anche verso noi stessi, tesoro. Primo tra tutti è quello di cercare la felicità» le rispose Alice con un sorriso aperto e sincero.






IL MATRIMONIO DI BELLATRIX


[Dal capitolo 15 di "Una strega in famiglia":


Penny stava per mangiare il dolce quando i gufi scesero in picchiata verso i tavoli, lasciando cadere pacchetti e lettere a molti studenti. Scorse la propria civetta Lara, che atterrò esattamente sul budino al cioccolato, sporcandosi tutte le zampe. Teneva nel becco una lettera del nonno, che le scriveva quasi quotidianamente. Prese la lettera e la scorse rapidamente, sorridendo. Adorava Arnold.

Quando sollevò lo sguardò notò che, di fronte a lei, Trixy mostrava un' espressione piuttosto turbata. La vide leggere rapidamente -sembrava più un telegramma che una vera lettera- e intascare la pergamena. Nessun'altro sembrava averlo notato.]



Trixy non riusciva a credere ai propri occhi. La lettera di sua madre, ammesso che quel telegramma si potesse definire tale, recava una notizia piuttosto allarmante.

Quando il gufo era atterrato era rimasta stupita: non riceveva quasi mai posta, dato che i suoi genitori evitavano ogni contatto con lei e viceversa. In fondo, ai loro occhi era solo una sudicia traditrice del proprio sangue, una Purosangue rinnegata.

Purosangue: quanto odiava quella parola. Non aveva alcun senso, proprio nessuno; eppure le rovinava la vita da sedici anni. Il suo atteggiamento non incontrava l'approvazione di sua madre, perché non mostrava apprezzamento per quel nome da Mangiamorte che le aveva rifilato; nè quella di suo padre, che la considerava colpevole di essere una Grifondoro amica di Mezzosangue e Nati Babbani. Non che la loro approvazione contasse qualcosa per lei, anzi. Si sarebbe preoccupata se due persone del genere l'avessero anche solo lontanamente stimata: sarebbe stato un brutto segno. Ad ogni modo, quella lettera lapidaria che teneva tra le mani, la atterriva come non mai.

Diceva così:


Bella,

io e tuo padre siamo in trattative per un evento che cambierà radicalmente il tuo avvenire e che probabilmente si verificherà quando completerai la tua istruzione magica. Stiamo cercando di combinare un matrimonio tra te e un Purosangue, poichè come sai è molto importante preservare la purezza del sangue.

Tra non molto – quando avremo la certezza - saprai su chi è caduta la scelta.

Vogliamo che tu sappia che qualsiasi protesta solleverai, sarà inascoltata.

Pansy



L'aveva scorsa in fretta per poi toglierla di mezzo; non sapeva bene perché, ma non si sentiva pronta per parlarne alle altre. Doveva prima rifletterci, e annunciare quella sconvolgente notizia a qualcuno le dava l'impressione di renderla più vera, più reale. Voleva ritardare quel momento più a lungo possibile; non voleva scendere a patti con la realtà. Era consapevole del fatto che non c'era nulla che potesse fare per cambiare quello che sua madre Pansy le aveva scritto: avrebbe sposato un Purosangue, proprio come avevano deciso loro, o non avrebbe avuto pace. Doveva rompere i ponti con tutta la sua famiglia? Era di sicuro l'unico modo per evitare quell'evento che l'avrebbe resa totalmente infelice. In fondo avevano sempre Daniel: lui non si sarebbe opposto ad un matrimonio combinato. Da quanto aveva sempre detto, era onorato di preservare la purezza della razza – neanche fossero cavalli da corsa!

Potevano accontentarsi: Daniel avrebbe portato avanti quella buffonata, insieme al cognome Zabini. Era un compromesso ragionevole, ma in fondo sapeva che non avrebbero ceduto.

Si costrinse ad accantonare quella storia in un angolino della propria mente. In quei giorni doveva concentrarsi solo sulla partita contro Serpeverde, e non aveva tempo per pensare a sè. Non avrebbe più guardato quella lettera per un po', e poi – una volta vinto l'incontro – si sarebbe occupata di quel... problema.





Una settimana dopo...


Da circa mezz'ora era seduta sul proprio letto a fissare il muro, con Alice che le parlava di qualcosa mentre innaffiava la sua Mimbulus Mimbletonia. Ovviamente non aveva ascoltato una sola parola di quello che stava dicendo; non che non le interessasse, semplicemente non riusciva a pensare ad altro che non riguardasse il matrimonio. Penny era ormai uscita dall'infermeria ed era finalmente riuscita a mettersi con James, per il sollievo di tutti quanti.

Dunque, ora che la tensione era scemata e la preoccupazione svanita, era di nuovo sola coi propri pensieri. Con tutto quello che era successo, non aveva ancora detto a nessuno della lettera che le aveva mandato sua madre. Inoltre, sperava ancora in un miracolo.

Sperava che da un giorno all'altro atterrasse un gufo con una missiva che smentiva tutto: niente matrimonio forzato, l'accordo era saltato, il rampollo era gay o semplicemente non la voleva. Aspettava con trepidazione la seconda lettera dai suoi, quella che le avrebbe rivelato il nome del suo futuro marito. Le faceva ribrezzo solo pensarlo.

«Mi stai ascoltando?» chiese Alice, leggermente imbronciata.

«Sì, certo» mentì spudoratamente. «Però» aggiunse, «mi sono ricordata che ho una cosa da fare. Ci vediamo dopo in sala comune».

Alice avrebbe messo la mano sul fuoco sul fatto che l'amica non avesse sentito una parola, perché alla sua ultima – e ovviamente falsa – dichiarazione «sono rimasta incinta di otto gemelli e ho deciso di darli in adozione» non aveva battuto ciglio.

Decise comunque di lasciar stare Trixy, che si alzò in fretta dal letto e uscì dal dormitorio.

Solo quando varcò la soglia del ritratto, Bellatrix si concesse la possibilità di respirare. Avrebbe dovuto studiare quel pomeriggio, ma sapeva di non potersi concentrare, in quello stato. Optò per uscire a prendere una boccata d'aria in cortile: l'unica soluzione per non soffocare e per leccarsi un po' le ferite in solitudine.

Il grosso portone di legno di quercia fu il punto di rottura tra il tepore della scuola e il vento gelido dell'esterno. Faceva freddo e non era ben coperta, ma era l'ultimo dei suoi problemi. Andò a rannicchiarsi in un angolino dietro una colonna, portandosi le ginocchia al petto e cullandosi nel proprio dispiacere. Le dispiaceva di trovarsi in quella situazione, le dispiaceva di non aver detto niente alle sue amiche e le dispiaceva di non poter far nulla per cambiare il proprio futuro.

«Trixy...» la chiamò piano una voce gentile.

Alzò la testa di scatto per vedere a chi appartenesse e solo allora, vedendo l'espressione dell'altro, si rese conto che stava silenziosamente piangendo tutte le proprie lacrime.

«Va-va tutto bene?» balbettò lui, incerto. Sì, certo. Tutto a meraviglia.

«No, Fred, non va tutto bene» ammise. Fred Weasley Junior mise su un'espressione quasi triste; era buffo con quella montagna di capelli rossi. Non ci aveva mai riflettuto prima di allora: la carnagione di lui era come quella del padre. Sarebbe stato normale se fosse stato scuro, vista la carnagione di sua madre, invece era bianco e roscio. Trixy – pur avendo una madre color mozzarella avariata - era venuta fuori con lo stesso colore di suo padre Blaise.

Misteri della genetica, pensò la ragazza.

«Problemi in famiglia?» chiese aggrottando la fronte. Sembrava stesse combattendo una battaglia interiore tra il farsi gli affari propri o aiutarla a sfogarsi.

«Più o meno» rispose restìa.

«Ne vuoi parlare?» domandò senza alcuna nota di insistenza. Non sembrava neanche curioso, solo dispiaciuto. Devo fare proprio pena, pensò lei.

«Di solito soffro in silenzio» disse con un sorriso amaro.

«Ah» osservò lui, molto acutamente. «E... perché?» chiese con naturalezza.

«Ci sono abituata, credo» replicò con un'alzata di spalle.

«Capisco» disse annuendo. «Ne hai parlato almeno con Rose, Penny e Alice?».

Facendo il nome di Penelope non mostrò nemmeno la più piccola traccia di risentimento o rimpianto; eppure doveva aver saputo che stava con James.

«Credevo fossi arrabbiato con Penny» osservò, senza seguire il filo logico del discorso.

Lui sorrise e si strinse nelle spalle; sembrava quasi divertito.

«Lo sono stato per poco» rispose senza scomporsi. «Non sono un tipo rancoroso».

«Perché non le parli più allora?» chiese.

Perché non ti fai un pacco di cavoli tuoi?, si rispose da sola.

«Mh...» mugugnò riflettendoci. «Per un po' volevo fargliela pagare; e un po' non ho avuto occasione. Sto' studiando come un forsennato per i M.A.G.O. e inoltre mi sembra che sia più lei che vuole evitare me».

«Capisco».

«Insomma, ci siamo baciati – immagino tu lo sappia – ma non è che stavamo insieme o cose del genere. Sarebbe eccessivo restare incazzati per troppo tempo, ti pare?» chiese conferma con un sorrisetto. Lei annuì; era esattamente quello che aveva detto a Penelope: il dispiacere di lui non era durato molto. Aveva avuto ragione, tranne per l'ipotesi che avrebbe affogato la delusione nelle pinte di Burrobirra. «So che ora sta con James» continuò tranquillamente. «Mi aspettavo qualcosa del genere... nel senso che quando mi ha dato quel due di picche si vedeva che aveva altro per la testa».

«Be'... sono contenta che tu non ci sia rimasto male» disse. «Lo sarebbe anche lei».

«Se ti fa stare più tranquilla vedrò di dirglielo» rispose sorridendole.

«Ora» aggiunse, «io sono stato sincero con te. Che ne dici di ricambiare il favore?».

Bellatrix sospirò energicamente, chiedendosi se fosse giusto o meno nei confronti delle sue amiche. Non aveva parlato con loro e stava per aprire la mente a Fred Weasley? Era quantomeno... bizzarro, benchè sentisse che era giusto farlo. Si morse il labbro inferiore, ancora leggermente incerta, e poi rispose:

«Non lo sanno».

«Dovresti dirlo a qualcuno, sfogarti».

«Lo sto dicendo a te».

Lui strabuzzò gli occhi, preso in contropiede da quella risposta inaspettata – inaspettata anche per Trixy, a dire il vero.

«Davvero? » domandò.

«Davvero» confermò, «ma per favore...».

«Tranquilla, non uscirà dalla mia bocca» la anticipò, mettendosi una mano sul cuore.

Lei lo guardò riconoscente; prese una bella boccata d'ossigeno, e poi disse:

«Mi sposo».



«Come scusa?» chiese per l'ennesima volta. Sbatteva le palpebre e ripeteva le stesse due parole da un minuto.

«Fred, ti prego, non farmelo ripetere ancora» sospirò lei. «E' già abbastanza difficile dirlo una sola volta».

Il roscio la fissava come se non l'avesse mai vista prima, come se non avesse proprio mai visto un essere umano. Era semplicemente sconcertato da quella rivelazione.

«Come sarebbe mi sposo?» domandò ancora.

«Sarebbe che i miei genitori – che detesto cordialmente – mi hanno scritto per annunciarmi che mi stanno combinando un'unione con non so che rampollo Purosangue».

«Ah, non sai neanche chi è lui?» domandò, sempre più sconcertato. Lei scosse la testa.

«Pansy ha detto che me lo faranno sapere». Non se la sentiva di chiamarla "mamma".

«Gentile da parte loro...» commentò lui ironicamente.

«Già... i fottuti Purosangue ragionano così, non lo sai?» fece con un sorriso tirato.

«Anche io sono un Purosangue» sputò fuori come se si sentisse disgustato di condividere quel titolo con gente come Blaise e Pansy Zabini.

«Oh, andiamo, Fred!» sbottò lei. «Sai bene che non si possono paragonare i Weasley alla mia famiglia. I tuoi se ne fregano della purezza del sangue!» gli fece presente, con una punta di invidia. «I miei be'... puoi capire che persone siano e come ragionino dal nome che porto, no?» disse; nel tono c'era tutto il disprezzo che provava per loro.

«Non fingerò che tu abbia torto Trix» mormorò lui. Sembrava dispiaciuto di doverle dire quelle parole. «Non mi fa piacere parlare male della tua famiglia, ma sono la peggior specie di Serpeverde che ci sia. Erano a scuola con i miei, quindi so quello che dico. Certo... sono i tuoi genitori, ma penso che dovresti opporti a questo matrimonio. È assurdo farti sposare uno sconosciuto solo perché possiate procreare altri puledri di razza pura!».

«Tu non capisci... non mi lasceranno mai sposare un Mezzosangue, nè un Nato Babbano. Per non parlare del fatto che potrei proprio non volermi sposare; il che - per quei due miserabili dementi– sarebbe come perdere la possibilità di partorire un altro bel bambino Purosangue, possibilmente maschio».

«Giusto».

«Ormai siamo pochi; i matrimoni combinati sono l'unica soluzione. Non capisco perché non possano accontentarsi di Daniel: sarà felicissimo di sposare la donna che sceglieranno per lui».

«Sul serio tuo fratello è contento?» domandò basito.

«Daniel è come loro, Fred» disse amareggiata. «Sono io quella sbagliata, quella storta; e loro stanno cercando di raddrizzarmi».

«No» replicò lui con voce ferma. «Semmai tu sei quella giusta, e non c'è proprio niente di sbagliato da correggere. Non hai niente che non vada».

«Sei gentile».

«Sono sincero: è diverso».




Due settimane dopo...


Ormai erano trascorse tre settimane dal giorno in cui aveva ricevuto quella dannata lettera. In quei giorni nevicava: spesso uscivano a tirarsi palle di neve, a ridere, a giocare; e lei fingeva di stare bene. Fingeva che tutto andasse alla grande, come se quella lettera non le fosse mai giunta. Più il tempo passava e più non riusciva ad aprire bocca. Ogni sera provava a parlare con le sue compagne di stanza, e ogni sera falliva. Tutte le volte si ripeteva la stessa storia: era lì lì per vuotare il sacco, doveva farlo; ma le labbra le restavano incollate e la salivazione si riduceva a zero. Alla fine – ogni volta – ci rinunciava. Glielo dirò domani. Ma alla fine non lo faceva.

L'unico con cui ne parlava era Fred Weasley Jr. Ogni tanto spariva per andarlo a trovare nei dormitori maschili e fare quattro chiacchiere, o andavano fuori a fare una passeggiata.

Alice, Rose e Penny erano perfino arrivate a credere che frequentasse qualcuno. Anche se – ovviamente – non era così. Cioè, passava del tempo con Fred, ma non in quel senso.

Lui la spronava a parlarne anche con loro, cercando di convincerla a superare la morsa che le attanagliava lo stomaco ogni volta che ci andava vicina.

«È inutile Fred!» gli disse un giorno mentre passeggiavano in mezzo alla neve. «Tutti i miei tentativi sono andati a vuoto».

«Miseriaccia Trixy!» replicò brusco. «I tuoi tentativi vanno a vuoto perché tu vuoi che sia così». Era maledettamente sincero, quel Weasley.

«Lo so» mormorò.

«Non piangere» la consolò, ammorbidendo la voce.

«Non sto piangendo» protestò.

«E quella cos'è?» disse poggiando il pollice sulla sua guancia destra. Inizialmente lei si ritrasse d'istinto a quel tocco inaspettato; e poi comprese. Sul polpastrello di Fred poteva vodere una stilla umida. Stava piangendo di nuovo, e – di nuovo – non se ne era neanche accorta.

«Scusami» mormorò asciugandosi le guance con la manica della felpa.

«Ti scusi perché stai piangendo?» fece sollevando un sopracciglio.

In effetti non aveva molto senso scusarsi per le lacrime.

«Sì, hai ragione. Scusa» disse lei.

«Ti sei di nuovo scusata!» le fece notare, sbuffando infastidito. «Smettila di farlo e smetti di piangere» le intimò. «Non lo sopporto».

«Non sopporti che mi scusi o che pianga?» gli chiese sorridendo.

«Entrambe le cose» borbottò lui. «Allora» riprese, «che vuoi fare con loro? Glielo dirai un giorno?» domandò.

«Ma certo: dovrò invitarle al mio matrimonio, no?» cercò di sdrammatizzare, mentre in realtà avrebbe tanto voluto strillare e piangere a dirotto, senza ritegno.

Fred smise di camminare e la costrinse a fermarsi; la guardava tra l'allibito e l'irritato. Pensava che l'avrebbe piantata lì e sarebbe tornato indietro. Invece rise apertamente.

«Adoro il fatto che ironizzi su tutto» fece il roscio. «Quando sono con te è come se mi guardassi allo specchio» aggiunse, senza pensarci.

Si somigliavano più di quanto Bellatrix avrebbe mai potuto supporre. Aveva sempre pensato che Fred fosse alla mano e divertente, ma mai che stando con lui ci si potesse sentire così bene. Era una sensazione intensa e positiva, che non aveva mai provato prima. Non avrebbe saputo come classificarla, ma sicuramente era piacevole.

Gli sorrise di rimando, senza parlare. Temeva di dire qualche idiozia, rovinando il momento.

«Questa dote non mi sarà molto utile, per quanto riguarda il mio destino imminente» osservò volgendo nuovamente il pensiero a quel matrimonio che stava diventando la sua ossessione. Fred fece schioccare la lingua, spazientito.

«Ti dico una cosa: il tuo nome fa schifo» iniziò. Che diavolo c'entra adesso?, si chiese lei. Lo guardò inarcando un sopracciglio, incerta se lasciarlo parlare o preoccuparsi per la sua salute mentale.

«E' il nome di una donna orribile e tua madre è stata ancora più orribile a volertelo affibbiare» continuò. Ok, forse dovrei chiamare il San Mungo, si disse Trixy.

«Però è il nome di una bellissima costellazione» il suo tono ora era addolcito. «E significa "guerriera"». Lei stava per ribattere che la cosa non la consolava affatto, ma lui fu più veloce. «Lo so: la tua omonima era una tizia piuttosto bellicosa e raccapricciante, ma non è questo il significato che voglio dargli per te» disse guardandola fisso negli occhi e leggendovi la totale confusione che regnava nella testa della ragazza.

«Quello che intendo dire» spiegò, «è che nel tuo nome – come nel tuo carattere – c'è un aspetto battagliero che non stai tirando fuori in questa situazione. Invece devi farlo, devi combattere per la tua libertà. Vuoi davvero passare la vita con un uomo che non ami?».

Per la prima volta Trixy si sentì meno in imbarazzo con il proprio nome. Durò solo un istante – certo – ma fu comunque piacevole; non le era mai accaduto in sedici anni.

«Ci hai provato Fred!» scherzò. «Ma il mio nome mi fa ancora schifo». Lui alzò gli occhi al cielo, esasperato dai suoi tentativi di sviare il discorso.

«Sai che non era quello il punto – tu per me sei Trixy, non Bellatrix. Il punto è ciò che ho detto dopo, e devi rispondere» disse perentorio.

«Ovvio che no: non voglio passare la mia vita con un viziato e odioso Purosangue!» sbottò lei. Finalmente lui sembrò soddisfatto: l'aveva fatta uscire dal guscio.

«E allora lotta, maledizione! Fa qualcosa!» la spronò.

«Se mi rifiuto ci saranno delle conseguenze, Fred!» fece con una nota di panico nella voce. «Dovrei rompere coi miei!» .

L'idea la spaventava decisamente: non aveva altri parenti. Solo Pansy, Blaise, Daniel e sua nonna – la vedova nera che aveva partorito suo padre – che la odiava. Non che le importasse dell'odio di una donna i cui sette mariti erano morti in circostanze poco chiare, ma – oh Godric! - era sua nonna!

«Per Merlino, sì! Qualsiasi cosa, piuttosto che farti incastrare in un matrimonio combinato» ribattè, stavolta con tono deciso.

«Per te è facile dirlo: una famiglia che ti copre le spalle ce l'hai. Ottomila cugini, zii, parenti vari e anche una sorella. Io ho solo un maledetto gemello Serpeverde che fa parte della cricca di Malfoy» protestò, quasi gridando.

«Quella sarebbe anche la tua famiglia, se lo volessi» ribattè lui.

«Come scusa?» chiese lei confusa e incerta. Fred divenne rosso per quelle parole inopportune che gli erano uscite di bocca.

«Ehm... io non intendevo niente di strano, solo...» farfugliò, «nel senso che i Weasley sarebbero felici di darti una mano, come del resto i Paciock, i Potter, e anche gli Shane» si riprese. Per un momento con quel commento idiota aveva rischiato di compromettersi e rovinare la loro passeggiata. Non era pronto per dirle quello che provava.

A dire il vero, Fred non sapeva bene cosa provasse per la Zabini.

Gli piaceva da matti stare con Trixy; in ogni momento libero si sorprendeva a pensare a lei. Inizialmente si era detto che era a causa della preoccupazione: voleva aiutarla con la faccenda del matrimonio. Ma poi si era accorto che non era solo quello: c'era di più.

Era divertente, allegra, spiritosa, intelligente e – soprattutto – si capivano al volo. Gli era sempe andata a genio, ma non erano mai stati davvero amici. Non aveva avuto il piacere di conoscerla fino in fondo, e ora che questo piacere l'aveva ottenuto, non riusciva più a starle lontano. Ci provava, soprattutto per ottenere la sensazione di euforia che sentiva quando era lei a venirlo a cercare. Gli illuminava le giornate. Perciò non sapeva più cosa pensare di quel rapporto che stava sbocciando, ma di certo non voleva rovinarlo. No – no – no.

«Mh... sì... capisco cosa vuoi dire: che potrei contare sull'appoggio e la protezione dei miei amici e delle loro famiglie». Lui annuì deciso.

«Vero, ma dovrei chiedere loro di impegnarsi a sostenermi anche qualora i miei dovessero "farmela pagare».

«E come?».

«Magari impedendomi di trovare lavoro al Ministero – dove sono pieni di contatti – o magari spargendo voci ignominiose su di me nell'alta società. Ricadrebbe tutto sulla famiglia che mi ospita» espose le sue perplessità.

Fred scosse la testa e sorrise, dicendo con tono dolce:

«Dopotutto qualche ragionamento alla Zabini lo fai ancora; sul serio pensi che possa importare a me o ai miei famigliari del giudizio di quattro snob anti-babbani? Se è così mi deludi: significa che non hai capito la famiglia Weasley!» la rimbrottò. Lei si sentì quasi in colpa per quanto aveva detto, finchè lui non sciolse il dubbio di averlo offeso con un sorriso che fu particolarmente gradito in quel frangente. Senza sapere bene come, si ritrovò ad abbracciarlo, mormorando:

«Grazie, Fred».



Sei giorni dopo...


Con il cuore in gola, Trixy prese la lettera che le veniva porta da un gufo zompettante davanti a lei. Sembrava avesse fretta di beccare qualcosa da mangiare e scappare via da quella gabbia di matti che era la Sala Grande durante la cena.

La lettera – come temeva – era di suo padre, e non recava buone notizie.



Cara Bella,

tua madre mi prega di scriverti per confermare quanto detto nella lettera precedente. Il matrimonio si farà, è gia quasi tutto deciso. Si tratta di aspettare due, massimo tre anni e poi convolerai a nozze. La famiglia che è stata scelta è tra le più degne che ci siano in circolazione tra i Purosangue – e non quella feccia che frequenti tu – e avrete tempo per "frequentarvi" prima del matrimonio. Restano da definire gli ultimi accordi e poi saprai anche tu la Casata alla quale ti unirai.


Blaise



Era semplicemente assurdo! Le diceva che gli accordi erano quasi tutti presi ma non si degnava neanche di dirle il nome dell'uomo con il quale avrebbe dovuto condividere il letto! Doveva assolutamente sfogarsi – parlare con qualcuno – o sarebbe esplosa sul posto. Intascò la lettera sperando che nessuno avesse colto l'espressione del suo viso.

Al ciarlava con Alice di quando sarebbe diventato Guaritore al San Mungo; Rose parlava di Lorcan; Penny del corso che avrebbe dovuto affrontare per diventare Auror. Tutto sommato era possibile che nessuno avesse fatto caso a lei. D'impulso voltò la testa più in là, verso qualcuno che la stava guardando con aria apprensiva. Lui se ne era accorto. Lui aveva visto il gufo atterrare sul suo piatto – e schizzare porridge ovunque. Lui sapeva.

Dopo la cena, mentre uscivano dalla sala grande, Fred la intercettò e la bloccò nella Sala d'Ingresso. Aveva capito dal suo sguardo che c'era qualche problema e le rivelò di aver visto arrivare la lettera. Trixy non negò: aveva bisogno di parlare con lui e lo disse chiaro e tondo.

«Senti, in Sala Comune ci sono troppe orecchie. Potremmo andare in un'aula in disuso senza farci beccare da Gazza» propose lui. Lei mugugnò, poco convinta.

«Nel dormitorio maschile io posso entrare, siete voi che venite buttati fuori dal nostro. Sempre ammesso che la tua stanza sia vuota e che siano tutti in Sala Comune».

«Giusto, è meno rischioso che uscire fuori orario» rispose convinto.

Era meno rischioso in che senso? Nel senso che Gazza non li avrebbe beccati a fare qualcosa di illecito, ma per lui era rischiosissimo. Visto come – ultimamente – aveva iniziato a guardare Trixy, non era sicuro che fosse una buona idea quella di stendersi su un letto con lei. Gli piaceva un po' troppo passare il tempo insieme. Era qualcosa che non aveva mai sperimentato; nè con Penny, nè con altre ragazze prima di lei.

Quando fu sicura che tutti i compagni di stanza di Fred – James compreso – si trovassero fuori di lì, Trixy si intrufolò nel dormitorio maschile dei grifoni. Se le sue amiche avessero saputo che andava a confidarsi con Weasley anzichè farlo con loro l'avrebbero sgozzata, ma non le importava. Le veniva naturale agire in quel modo, come se parlarne a Fred fosse l'unico modo di alleviare le proprie sofferenze.

Bussò pianissimo alla porta scura in legno di noce; sperava solo che Fred avesse sentito.

«Chi diavolo è?» si sentì dire da dietro la porta. Un secondo dopo un ragazzo dai capelli rossi la guardava sbalordito, facendo capolino dalla porta.

«Trixy! Dovevi venire tra mezz'ora!». Lei guardò l'orologio, e in effetti aveva ragione lui: aveva mezz'ora di anticipo. Ma perché faceva capolino senza aprire la porta? Che fosse con una ragazza? Quel pensiero – lo doveva ammettere – le dava un certo fastidio; ma non ci badò.

«Vuoi che me ne vada?».

«No!» si affrettò a rispondere lui, spalancando la porta. «Aspetta solo un secondo».

Ops, momento sbagliato, pensò la ragazza.

Fred era coperto da un asciugamano intorno alla vita, i capelli bagnati gocciolavano acqua sul viso e sulle spalle. Già di solito su di lei esercitava un certo fascino, che si sforzava di ignorare – ma così era davvero difficile nasconderlo. Distolse educatamente lo sguardo da quello spettacolo.

«P-puoi vestirti?» farfugliò imbarazzata.

Lui si avvicinò all'armadio e Trixy si girò dall'altra parte. Era coperto dall'anta dell'armadio, ma la prudenza non è mai troppa. Non era il caso di vederlo nudo.

«Allora, come mai quella faccia?» le disse una volta che si fu vestito.

Trixy, ancora un po' accaldata, decise di sedersi sul letto. Finalmente poteva guardarlo senza acquisire il colore di un peperone.

«Mio padre ha scritto» annunciò. «Prima che tu lo chieda: dice che massimo due o tre anni e sarò sposata, che lui è di una delle migliori e più antiche famiglie Purosangue, e che è già tutto fatto» riassumette, il tono spento.

«Sì, ma chi è?» fece lui sbuffando. Lei scosse la testa e scrollò le spalle. <>.

«Pensa se non me lo dicono» aggiunse, «ti immagini che imbarazzo la prima notte di nozze?» stava... ridendo. Fred non riuscì a sorridere di quella battuta, pur ammirando la sua capacità di scherzare (sarebbe andata a genio anche a suo padre).

Quella situazione gli creava una innaturale sensazione di fastidio e – se lei gli avesse dato il permesso – avrebbe volentieri picchiato uno ad uno i membri della famiglia Zabini. E anche il fantomatico futuro marito. All'improvviso lei smise di ridere, e ricadde nello sconforto. Fred si sedette sul letto accanto a lei, col cuore che batteva più forte del solito. Calde e limpide lacrime iniziarono a sgorgare silenziosamente e a rigare le gote di lei. Trixy stavolta se ne rese conto, ma non fece nulla per bloccarle o per farle sparire dalla vista di lui. Le sembava che non avesse senso nascondere quello che era il segno della propria frustrazione, visto tutto quello che si erano detti e tutto quello che sapeva di lei. Non provava più vergogna a piangere davanti a quel ragazzo, che tanto l'aveva aiutata nell'ultimo periodo.

Lui le circondò le spalle in un abbraccio e lasciò che si sfogasse così, esplodendo a volte in singulti disperati. Non disse niente per farla smettere: odiava vederla piangere, ma in quel caso comprese che doveva permetterle di farlo fino in fondo.

La strinse più forte, per farle sapere che lui era lì per lei. O almeno questa era la motivazione ufficiale. La verità era che la stringeva forte perché ultimamente avevano passato così tanto tempo insieme che la sua assenza gli era intollerabile. Il vero motivo era che voleva starle il più vicino possibile. Metaforicamente e fisicamente. Il vero motivo era che voleva entrare in contatto con il calore della pelle di lei.

Trixy singhiozzava sulla sua spalla e lui non poteva fare altro che accarezzarle i capelli e rassicurarla sussurrandole che sarebbe andato tutto bene.

«Non fare così; troveremo una soluzione». Lei sollevò la testa e lo guardò – occhi nerissimi e profondi – come se avesse detto qualcosa di insensato. Era così frustrante star lì a piangere davanti a qualcun altro, senza trovare la forza di smettere. Tutta quella storia era assurda.

«Troveremo?» gli chiese. «Troverò! Ti ho già coinvolto abbastanza: non sei obbligato a darmi una mano per sbrogliare questa matassa».

«Certo che non lo sono, ma voglio farlo» la rassicurò poggiando una mano sulla sua in un gesto spontaneo. La spostò subito dopo, pensando di averla infastidita, anche se lei non si era ritratta. «Abbiamo ancora due anni per pensarci, no? Può succedere di tutto in due o tre anni» la consolò.

«Per ora devo fare come dicono Fred: sono minorenne e sarebbero capaci di ritirarmi da Hogwarts» gli spiegò lasciandolo ancora una volta stupito da quanto fossero ottusi.

«Per ora» sibilò piano. «Se ti crederanno in loro potere, avrai quache possibilità di escogitare un piano» riflettè ad alta voce.

«Ma sarò comunque costretta a rompere con loro; e avrò contro di me sia la mia famiglia che quella del ragazzo che rifiuterò: non sarà una passeggiata. Hanno ancora influenza nella società magica». Fred sbuffò rumososamente.

«Tu non sarai sola, te l'ho detto» ripetè con convinzione. «Male che ti vada hai sempre me. Meglio di una Pasticca Vomitosa, no?».


Cinque giorni dopo...


Trixy corse per il cortile, oltrepassò il grande portone finemente intagliato nella quercia, schivò un gruppo di bambini del primo anno e ignorò la provocazione di una ragazza di Serpeverde. Continuò a correre come una forsennata, imboccò le scale e arrivò alla Torre. Quando ebbe attraversato il buco che dava sulla Sala Comune si sentì persino rincuorata: lì non c'era traccia dell'angoscia che provava. La stanza circolare era festosa, e il fuoco scoppiettava caldo e accogliente nel caminetto. Come se niente fosse, come se la sua vita non fosse stata appena rovinata. Era passato quasi un mese dall'arrivo di quella lettera, e Fred era ancora l'unico a sapere della sua esistenza: doveva parlargli subito. Ormai passavano la maggioranza del tempo insieme, e le sembrava che fossero sempre più vicini.

«Trix!» la chiamarono Penny e Alice, sedute in un angolino a parlottare. «Dov'eri finita?» domandarono all'unisono; doveva avere un'aspetto terribile.

«Non ora ragazze» disse con sguardo supplice, per invocare il loro perdono. Glissò le loro domande e si fiondò su per la scalinata del dormitorio maschile. Non appena fu davanti alla camera di Fred, si bloccò sulla soglia. La porta era aperta, e Fred stava parlando fitto fitto con una ragazza che le dava le spalle. Non riusciva a vederla in faccia, ma al pensiero che un'altra fosse così intima con lui, una insensata stretta di gelosia le prese lo stomaco. Lui allungò lo sguardo e la scorse sulla soglia. Le sorrise gioviale.

«Ehi» la salutò.

«Ehi» rispose con voce leggermente più acuta del solito.

A quel punto la ragazza si girò e le sorrise.

«Ciao Trixy!» trillò allegramente.

Sei una completa idiota Trixy Zabini!

«Ciao Roxanne!» rispose sorridendole di rimando. Non era mai stata così felice di vederla. Era sua sorella, Merlino! Sua sorella Roxanne!

Somigliava a sua madre Angelina, anche se aveva la carnagione leggermente più chiara – ma molto più scura di quella di suo fratello Fred. Misteri della genetica.

Era più o meno come Bellatrix, forse poco più scura di pelle. Aveva un'infinità di treccine castane, una bocca sottile e un bel sorriso. Purtroppo in quel momento indossava un cappello, perché se Trixy avesse visto i capelli non avrebbe avuto alcun dubbio che fosse Roxanne.

«Scusate se vi ho interrotto» disse riprendendosi.

«Oh no!» rispose l'altra con un'alzata di spalle. «Immagino tu voglia parlare con Fred, perciò vado» fece un sorrisetto sghembo, con l'aria di chi la sa lunga.

Trixy la salutò educatamente e si sedette sul letto di Fred senza neanche aspettare di essere invitata. Quell'atteggiamento non prometteva niente di buono e – infatti – prima che Fred potesse chiederle informazioni, fu lei a dire:

«Pansy mi ha mandato il nome».

Dire che la faccia di Bellatrix fosse allucinata sarebbe usare un eufemismo; non prestava la minima attenzione a tutto ciò che la circondava. Ancora una volta, il roscio stava per chiederle chi fosse il rampollo in questione, ma lei lo stupì porgendogli direttamente la lettera della madre. Gliela passò come se scottasse, come se non la volesse vedere mai più. Fred la prese dalle mani tremanti di lei e la lesse:


Bella,

sono lieta di informarti che la nostra scelta è caduta su una delle famiglie più antiche e nobili del nostro mondo. Vi sono molti vantaggi nell'unione che abbiamo scelto per te, e ci ringrazierai quando saprai che non dovrai affatto sposare uno sconosciuto. Come sai, il nostro caro amico Draco Malfoy ha un figlio: Scorpius Hyperion. Frequenta il tuo stesso anno e ogni goccia del suo sangue è pura come un diamante. Draco e Astoria sono disponibili e gli accordi ormai sono presi. Confido che ne sarai felice. Presto lo comunicheranno anche al ragazzo. Devi essere orgogliosa di quest'opportunità, ricordalo.

Pansy



Fred fissava la lettera da cinque minuti buoni, allibito, senza trovare il coraggio di proferire parola. Trixy lo guardava senza battere ciglio; aspettava che fosse lui ad aprire la bocca. Non sapeva che dire, semplicemente perché non c'era niente che potesse dire per cancellare l'orrore della comunicazione che stringeva tra le mani.

«Scorpius...» mormorò con il fiato corto.

«» una sola dolorosissima e odiosa sillaba.

«Ma voi vi odiate!» protestò lui. Le mani gli tremavano: era furente di rabbia.

«» ancora una volta un monosillabo. «Mi spiacerà sporcare il biondo dei capelli Malfoy con il mio nero» fece poi, a sorpresa. Percepì un angolo della bocca di Fred incurvarsi a quell'osservazione ironica, ma senza trasformarsi in un vero e proprio sorriso. «Non credo che sarà un matrimonio felice, non ho il minimo rispetto per lui» sospirò con rassegnazione. A quel punto Fred emise uno sbuffo irritato e si voltò verso di lei fulminandola con lo sguardo.

«Smettila di parlare come se non avessi scelta».

«Perché, ce l'ho?» fece schioccare la lingua, scettica a quella possibilità.

«Miseriaccia, sì! C'è sempre una scelta – o almeno nel tuo caso c'è, non puoi negarlo».

Trixy ci pensò su: quale alternativa preferiva? Rompere i ponti con i suoi o sposare qualcuno che detestava con tutta l'anima? Fred la guardava con quegli occhioni speranzosi, aspettando che dicesse qualcosa. Per tutta risposta – in barba alla logica e al fatto che non stava minimamente pensando a quello che faceva – si sporse verso di lui fino a incollare le proprie labbra alle sue.

Perché diavolo l'ho fatto?, si chiese presa dal panico.

Ora avrebbe perso anche il conforto di parlare con lui – dato che non le pareva che Fred fosse interessato a lei – per non aver saputo controllare un impulso. Provò a ritrarsi, ma lui non glielò permise. Delicatamente le premette una mano sulla nuca, per non lasciare che si staccasse dalla sua bocca. Lei si sistemò meglio e la mano di lui si posizionò perfettamente nell'incavo del collo, lasciandole dolci carezze. L'altra mano del ragazzo era adagiata mollemente sul fianco di lei. Quando lui le fece capire di voler approfondire il bacio, lei non si tirò indietro. Dischiuse le labbra lasciandogli libero accesso alla cavità orale, senza riuscire a reprimere quella sensazione meravigliosa nello stomaco. Le reclinò la testa da un lato per avere la possibilità di accedere meglio all'interno della sua bocca, mentre lei gli mise le mani tra i capelli rosso fuoco e li accarezzò, provocandogli una piacevole sensazione di benessere.

All'improvviso qualcuno sulla soglia – ancora spalancata – tossicchiò nervosamente per segnalare la propria presenza. I due ragazzi si separarono velocemente, voltando la testa verso l'intruso. James Potter sghignazzava allegramente sulla porta.

«Ciao» dissero in coro, decisamente imbarazzati.

«Ti serve qualcosa?» chiese Fred rauco. Era una domanda idiota, dato che quella era anche la stanza di James e di Baston, oltre che la sua.

«Ehm... volevo chiederti una pergamena di riserva» spiegò. «Baston ha pensato bene di versare l'inchiostro sul mio compito di Divinazione».

«Oh» commentò Trixy, alla quale non poteva importare di meno.

«Be'» ridacchiò James, «non era un granché come predizione, ma ora mi serve un altro foglio» sollecitò suo cugino, che lo guardava imbambolato. Trixy gli diede una lieve gomitata per scuoterlo, e lui sembrò svegliarsi.

«Sì, certo» si alzò e si mise a rovistare nel proprio – disordinatissimo – baule. Alla fine, dopo averci praticamente immerso la testa, ne uscì vittorioso e consegnò a James una pergamena pulita, anche se un po' stropicciata.

«Grazie mille» disse quello, contento di potersene andare e girandosi per uscire.

«James...» lo chiamò il cugino, scoccandogli un occhiata di avvertimento.

«Non ho visto niente!» dichiarò solennemente. «Omertà completa». Poi si dileguò con un ghigno divertito e rivolgendo un occhiolino a entrambi.

Che figura di merda, pensava a ripetizione Trixy senza guardarlo.

Che figura di merda, si ripeteva Fred.

A un certo punto, fu lui a trovare il coraggio di girarsi verso di lei, ancora seduta sul letto. Ci fu il tempo di una lieve occhiata imbarazzata, e poi – senza un motivo vero e proprio – partì una risata, poi un'altra – e in breve si trovarono senza fiato e con le costole doloranti, ripensando alla faccia di James quando li aveva visti baciarsi.


Quella sera...


Bellatrix e Fred si stavano dirigendo in Sala Grande ed erano leggermente in ritardo, dal momento che fino a quel momento erano stati... impegnati. Dopo quel primo bacio – nella stanza di Fred – ce n'era stato un altro, e poi un altro e un altro ancora.

Scendendo a cena, avevano la medesima espressione ebete dipinta sul viso. Per le scale incrociarono Rose, Al, Alice, Penny e James -evidentemente in ritardo come loro- e tutti insieme raggiunsero la Sala d'Ingresso, chiacchierando.

L'atmosfera allegra durò poco; e il sorriso morì sul volto di Trixy quando vide Scorpius Malfoy avanzare verso di loro. James si irrigidì, come del resto Penny, convinti entrambi che ce l'avesse con lei. Lei e Fred si scambiarono un'occhiata complice senza fiatare. Trixy non sapeva se Malfoy conoscesse i piani di Draco e di Astoria sul loro futuro, ma era certa che non li avrebbe approvati. Avrebbe eseguito gli ordini, ovviamente, ma non ne sarebbe stato entusiasta e – prima di tutto – si sarebbe operato per infastidirla. Il suo bersaglio preferito era sempre stata Penny, e Trixy non ci teneva a prenderne il posto.

«Ciao, Bella!» esclamò il biondo, mellifluo. Trixy alzò gli occhi al cielo; i suoi timori si erano avverati: era lì per lei. La stava fissando, senza degnare gli altri di un'occhiata.

«Ciao, Malfoy» gli tenne testa.

«Hai saputo l'orrenda notizia?» le chiese.

Oh Merlino, no! Dirà tutto davanti ai miei amici prima che lo faccia io!, riflettè.

Si scambiò di nuovo uno sguardo con Fred, che tentò di rassicurarla posandole una mano sulla spalla.

«Non toccarla Weasley: non è roba tua» continuò Scorpius, sogghignando.

«Neanche tua» ribattè lei fermamente, anticipando Fred.

«Sì, secondo il nostro contratto».

«Non abbiamo alcun contratto, Malfoy».

«Non ancora» ghignò cattivo.

«Anche se l'avessimo, non mi renderebbe una tua proprietà» replicò la ragazza, i pugni serrati fino a farsi sbiancare le nocche.

Gli altri restavano silenti a contemplare quello scambio di battute. Sembrava che stessero assistendo a una partita di tennis: voltavano la testa da un lato e dall'altro, alternandosi tra lei e Scorpius.

«Dipende dai termini dell'accordo, Bella».

«Non chiamarmi Bella!».

Cominciava a perdere la pazienza; era consapevole che lo faceva per infasidirla, ma era più forte di lei. Sapeva che Bella era stato il soprannome della Lestrange, e per questo si faceva chiamare Trixy.

«E come dovrei chiamarti, di grazia? Con un nomignolo affettuoso?» disse sarcastico.

Gli altri continuavano a fissarli allibiti. Tutti tranne Fred, che riusciva benissimo a seguire quello scambio di battute.

«Zabini andrà benissimo».

«Signora Malfoy sarebbe più appropriato, non ti pare?» replicò con sguardo glaciale e la bocca curvata in un'espressione sadica. Aveva sganciato la bomba; ora poteva ritenersi soddisfatto, mentre Trixy avrebbe solo voluto sprofondare in un baratro ben al di sotto delle fondamenta di Hogwarts.

A quel punto il gelo scese su tutti quanti: sembrava che qualcuno li avesse trasformati in statue di sale. Improvvisamente davanti a lei c'erano la versione marmorea di James, Al, Penny, Rose e Alice – tutti con la stessa identica faccia basita. Trixy stava per mettere mano alla bacchetta, quando Fred le bloccò il polso.

«Adesso basta, Malfoy!» ringhiò il roscio.

«Aspetta, aspetta... come mai Weasley lo sa e gli altri no? Oho, ci sono! Devo considerarti un rivale?».

«Dacci un taglio!» berciò Fred.

«A giudicare dalle vostre espressioni inebetite – non che di solito sfoggiate facce migliori – non sapete ancora la lieta novella...» riprese, rivolto al resto della truppa.

Trixy deglutì rumorosamente senza riuscire a spiccicare parola, e sentì una rabbia ribollirle in petto, mista a senso di vergogna. Tutti gli sguardi erano puntati su di lei. Fortunatamente c'era Fred che ora le teneva la mano, o avrebbe rischiato di perdere il contatto con la realtà e svenire all'istante – o peggio, pestare a sangue Malfoy.

«Trixy...» mormorò Alice con un filo di voce. «Di che diavolo sta parlando?».

«Sì, di che cavolo parla?» le fece eco Rose, aggrottando la fronte.

«Ma come, non glielo hai detto?» fece il platinato con voce appositamente carezzevole.

«Ti diverti proprio a seminare zizzania, vero?» strillò Fred.

«Fatti gli affari tuoi, Weasley!».

A quel punto fu il roscio a prendere la bacchetta e fu Al a bloccarlo, bofonchiando qualcosa sul fatto che non ne valesse la pena.

«La signorina Zabini e io convoleremo a nozze» annunciò Malfoy, con aria cerimoniosa e la voce tutta zucchero e miele.

Merlino, non ho mai desiderato di schiantare qualcuno come in questo momento!

Al diede un colpo di tosse, James e Penny sgranarono gli occhi per la sorpresa, mentre Alice e Rose sputarono in contemporanea una gomma da masticare – per inciso addosso a Scorpius. Trixy non riusciva a spiccicare parola, era come se qualcuno le avesse mangiato la lingua. Aveva troppe cose da dire; così – nell'incertezza – restava muta.

«Non è certo una sua scelta» la difese Fred. Erano tutti così scossi che nessuno gli chiese come facesse a saperlo, desiderosi di apprendere qualche notizia in più su quella storia. «Sapete come funzionano i matrimoni Purosangue, no?» aggiunse scoccando a Malfoy un'occhiata di puro disprezzo.

«Veramente no» pigolò Penny. «Io sono Nata Babbana».

«Non me lo ricordare» biascicò Malfoy con un'occhiataccia, «o potrei non rispondere di me». James stava già partendo alla carica, ma Penny lo trattenne per un braccio. In quel momento avere notizie su Trixy era una priorità perfino rispetto al pestaggio di Malfoy.

«Mia-madre-e-mio-padre-hanno-combinato-il-matrimonio-con-i-Malfoy».

Aveva parlato così in fretta che gli altri ci misero un po' a comprendere il significato completo della frase. «Mi spiace di non avervelo detto prima; fino ad oggi non sapevo chi fosse la controparte. E neanche tu, vero?» fece rivolta al platinato.

«No, infatti» le riservò un'occhiata schifata. «Non credere che la cosa mi alletti».

«Perché diavolo non ti rifiuti?» aveva quasi il tono supplice. Forse se ci rifiutiamo entrambi lasceranno perdere, si disse. Malfoy le rise bellamente in faccia, gelido.

«Pensi davvero che io intenda contravvenire a un mio dovere?».

«Vuoi passare la vita con me, dai vent'anni in su?» ritentò.

«Certo che non voglio, ma lo farò. Farò quello che mi dicono i miei; e dovrai farlo anche tu, che ti piaccia o meno». Nella sua voce, gelida e crudele come sempre, colse una nota di rassegnazione. Era consapevole di non potersi opporre a quella cosa e non intendeva fare assolutamente nulla per evitarla – come fosse un obbligo di nascita.

«Non mi interessa se vuoi rovinarti la vita per andare appresso alla mania del sangue puro – che per inciso è anche passata di moda dopo la Seconda Guerra Magica!» berciò. «Mi fai solo una gran pena» sputò fuori, sprezzante.

Dopodichè si fece largo fra tutti e lo sorpassò, marciando verso la Sala Grande, dove finalmente trovò un po' di pace.


Il giorno dopo...


«Sono la tua migliore amica, Merlino!» gemette Alice Paciock, lo sguardo carico di rabbia repressa. «Non lo dici a me e lo dici a Fred Weasley? Da quand'è che siete amici intimi?».

Era circa una mezz'ora che discutevano degli avvenimenti del giorno prima.

«Non siamo amici intimi» ribattè Trixy. Quella lite la stava sfiancando. La sera prima, una volta in stanza, l'aveva informata – come pure Penny e Rose – di tutti i dettagli riguardanti il "matrimonio". Ora erano sole e Alice la stava rimproverando come non aveva mai fatto in sei anni; e non poteva proprio darle torto.

«Ah no?» la rimbeccò inferocita. A dire il vero, non era molto credibile mentre annaffiava la Mimbulus Mimbletonia con la tenera Janny – la Puffola Pigmea che James aveva regalato a Penny – appoggiata sulla spalla.

«Ci siamo baciati» annunciò Trixy con nonchalance.

«Perché non mi hai detto...» stava continuando a sproloquiare quando improvvisamente si bloccò, colpita dalle ultime tre parole dell'amica. «In che senso?» aggrottò la fronte.

«Ba-cia-ti» sillabò l'altra. «Nel senso che ieri eravamo in camera sua e stavamo parlando dell'ultima lettera che mi aveva mandato Pansy... e a un certo punto l'ho baciato. Credevo mi avrebbe preso per pazza, invece ha reagito piuttosto bene. Diciamo che quello che io avevo iniziato come un bacio a stampo si è un po' evoluto...» raccontò.

Alice era senza parole, a quanto pareva. Apriva e chiudeva la bocca ma non uscivano parole di senso compiuto. Alla fine qualcosa uscì, ma non era niente di confortante.

«Scherzi?».

«Puoi chiederlo a James, se non mi credi» aggiunse, un po' a disagio.

«James?» squittì Alice confusa.

«Ci ha visti» confessò mordendosi nevroticamente il labbro inferiore, imbarazzata al ricordo. «Anche se la cosa non ci ha scoraggiati, devo dire. Siamo rimasti a baciarci per tutto il pomeriggio. Te lo sto dicendo principalmente perché mi sento in colpa ad averti nascosto la storia delle lettere e non voglio nasconderti anche questo. Ma sappi che mi sto vergognando parecchio a raccontartelo» disse sincera. Alice non replicò, nè sembrò piccata: poteva immaginare come si sentisse in quel momento la sua migliore amica.

«Che pensi di fare?» domandò tranquillamente. Nel frattempo sussurrava alla piantina qualcosa che somigliava preoccupantemente a una ninna-nanna.

«A me lui piace... e parecchio...» ammise. «Bisogna vedere se la cosa è reciproca».

«Era con lui che passavi tutto quel tempo, ultimamente?» chiese come colta da un improvviso lampo di genio; smise persino di parlare sottovoce con la Mimbulus.

«Ehm...sì» bofonchiò.

«Aha! Quindi avevamo ragione noi: uscivi con un ragazzo!» affernò trionfante.

«Non esattamente; fino a ieri non pensavo che... cioè... ecco... io... non era mai successo niente tra di noi» riuscì a stento ad esprimere il concetto. «Sai... lui era l'unico con cui potevo confidarmi; l'unico a sapere della...».

«TACI! Non me lo ripetere o mi infurierò di nuovo!» la rimbrottò severamente. Pur di non guardarla in faccia, Trixy prese a giocherellare con uno dei propri lunghi ricci neri, senza rispondere direttamente.

«Non voglio sposare Malfoy» pigolò a un tratto. Le apparve l'immagine di lei al Malfoy Manor, con Draco e Astoria come suoceri e il cognome Malfoy sui documenti, un figlio Purosangue a cui trasmettere il patrimonio e Scorpius come marito. A quel punto Alice si avvicinò al letto, dove stava seduta, mettendosi accanto a lei.

«Riusciremo a evitarlo, in qualche modo».

«Fred ha detto la stessa cosa, ma non credo che capite appieno. Io ho solo i miei genitori e mio fratello. Per quanto mi odino, io vivo con loro. Mio padre non mi permetterà di sottrarmi ai miei doveri, nè tantomeno mia madre interverrà per fargli cambiare idea, dal momento che è peggio di lui» tentò di spiegarsi, anche se a fatica. Le veniva di nuovo da piangere, a pensarci. Non aveva mai versato tante lacrime come da un mese a quella parte.

«Ma tu non sei sola!» ribattè in tono ovvio. «Ne hai minimo tre di famiglie pronte ad ospitarti! Hai me, hai Rose, hai Penny. Merlino, Trix! Hai l'imbarazzo della scelta. Solo la famiglia Weasley conta un centinaio di diramazioni!».

«Grazie, Alice» disse semplicemente, abbracciandola.

«È la pura verità; non sto mica scherzando! Mio padre ti adora, nonostante il tuo nome non gli vada a genio» aggiunse giocosa. Bellatrix rise, abituata a quel tipo di presa in giro.

«Perciò anche tu pensi che io debba rompere con i miei?» chiese con un po' di ansia nella voce. Alice la guardò per un attimo, restia a parlare. Optò per la verità.

«Sì, Trix, io penso di sì» dichiarò sinceramente. «Aspetta... perché anche tu?».

«Anche Fred ha detto che...».

«No» strillò, «non voglio ascoltare le perle di saggezza di Fred!».

«Non puoi avercela con lui!» protestò Trixy. «Al massimo devi avercela con me!».

Alice la guardò con superiorità, inarcando le sopracciglia e girandosi a guardare la Puffola Pigmea sulla propria spalla.

«Infatti ce l'ho anche con te» dichiarò poi con estrema noncuranza. Trixy sbuffò; l'avrebbe mai perdonata? Insomma, la sua famiglia voleva farle sposare un ragazzo pieno di gel nei capelli e di odio per i Babbani e la sua migliore amica si preoccupava di chi lo fosse venuto a sapere per primo?

«Alice, davvero, mi dispiace. Tuttavia» aggiunse, «non credo che la priorità al momento siano i tuoi moti di risentimento nei miei confronti, quanto il mio non voler sfornare figli con Malfoy!». A quel punto l'amica sembrò riscuotersi e tornò a guardarla.

«Se ti opponi adesso – come hai detto ieri sera – faranno di tutto per fermarti e ti ritireranno da Hogwarts, dato che sei ancora minorenne. Ma non appena avrai diciassette anni sarai libera; quando usciremo da scuola ti rifiuterai di sposare Scorpius e – se sarà necessario – scapperai di casa. Fino ad allora non stare a gingillarti con questa storia e viviti la tua vita; perché l'unica soluzione possibile te l'ho appena detta» concluse. Trixy sospirò. Alice aveva ragione, lo sapeva. Sì, quelli erano i suoi parenti, ma non la sua famiglia.

Nelle loro vene scorreva il suo stesso sangue: sangue puro.

Ma che valore poteva avere per lei? Non aveva mai creduto nel sangue, nè nei legami che imponeva. Non sarebbe stato facile lasciare tutto, ma in fin dei conti in casa Zabini non era mai stata felice. Hogwarts era la sua casa, e i suoi amici erano la sua vera famiglia. Quella di cui aveva bisogno e che la sosteneva nei momenti di difficoltà.

Blaise, Pansy, Daniel: che cos'erano per lei? Solo nomi, facce, punti sull'albero genealogico affisso in camera sua. Niente di più e niente di meno.

«Hai ragione» disse Trixy, senza alcuna incertezza nella voce. Alice si stupì di quel brusco cambiamento, ma non accennò a riparlarne. Forse temeva di farla risprofondare in una crisi di coscienza. «Per un attimo mi stavo facendo traviare da quelle idee insane che hanno sempre provato ad inculcarmi: il dovere nei confronti della famiglia e altre stronzate».

«Abbiamo dei doveri anche verso noi stessi, tesoro. Primo tra tutti è quello di cercare la felicità» le rispose Alice con un sorriso aperto e sincero. Le sorrise di rimando, grata per quella chiacchierata pacificatoria. Si sentiva decisamente meglio.

«Lo so, Alice».

A quel punto, assodato il suo rinsavimento, l'amica pensò bene di virare la conversazione per parlare di qualcosa di più piacevole.

«Per esempio, a proposito del "viverti la tua vita": che mi dici di Fred?>> buttò lì. <».

Trixy distolse lo sguardo, colpita da quella domanda diretta.

«Non avevi detto che non volevi sentir parlare di lui?» provò a dire.

«Rispondi» fece l'altra, perentoria.

«I-io p-penso di sì».

«Che fai, tartagli? Da quando?» la punzecchiò.

«Da quando sei così stronza!» replicò acidamente, beccandosi un pugno sul braccio.



Qualche ora dopo...


«Ehi!» la voce di Fred la raggiunse alle spalle, in Sala Comune. Chiuse il libro di Pozioni che stava leggendo e gli fece posto sul divano, accanto a sè. Due espressivi occhi castani la guardavano con dolcezza. Teneva qualcosa nella mano destra, sembrava un pezzo di torrone.

«Non pensarci neanche!» le disse vedendo la direzione del suo sguardo. Lei inizialmente non comprese. «Questo» riprese lui, «è Torrone Sanguinolento dei fratelli Weasley – non ti consiglio di ingerirlo». Trixy rise tra sè e sè al pensiero di tutte le cianfrusaglie assurde che le menti geniali dei fratelli Weasley avevano partorito.

«Ti va di fare due passi?» le chiese poi.

Trixy annuì semplicemente e in men che non si dica erano fuori dalla Torre, diretti in cortile. Ora mi dice che non avremmo dovuto baciarci e che non se ne fa niente...

Mentre camminavano fianco a fianco, nel silenzio più totale, notò che anche Fred era nervoso: si stava torturando le mani proprio come stava facendo lei.

In cortile si sedettero nello stesso angolino in cui lui l'aveva trovata a piangere un mese prima, in un giorno che ora sembrava tanto lontano nel tempo.

Passarono uno o due minuti a guardarsi, senza che nessuno dei due pronunciasse una sillaba. Trixy aspettava che fosse Fred a parlare: in fondo era stato lui a chiederle di andare in un posto più tranquillo della Sala Comune.

«Che ne pensi di quello che è successo ieri?» le domandò a bruciapelo.

«Con Malfoy, intendi?» replicò vaga. Non voleva fargli capire che sperava tirasse fuori quell'argomento, per non essere obbligata a farlo lei stessa. Sperava e temeva, in realtà.

«No, tra noi» precisò sbuffando.

«Oh, quello» mormorò. Adesso ti dice che si è pentito.

«Tutto quest'entusiasmo potrebbe ucciderti...» fece sarcastico, strappandole una risata.

«Tu...ehm... ti sei... pentita?» le parole sembrarono uscire a fatica.

Trixy prese un respiro e buttò fuori l'aria, tanto per perdere tempo.

«No».

Il volto di Fred, fino a quel momento contratto in una smorfia, si distese all'istante; quello che accadde dopo la stupì non poco. Non ebbe neanche il tempo di sbattere le ciglia, che le sue labbra e quelle di Fred erano di nuovo incollate, esattamente come il giorno prima.

Beh, evidentemente neanche lui è pentito, si disse.

Le sarebbe venuto da ridere, se non fosse stata impegnata a baciarlo. Reclinò la testa da un lato per facilitargli l'accesso, e le loro lingue si esibirono in un'intima danza di conoscenza. Quando si staccarono per riprendere fiato, si concesse di sorridere al ragazzo che le stava di fronte.

«E se provassimo a... frequentarci?» le chiese lui.

Evidentemente era stato incerto sul termine da utilizzare, visto che uscire insieme era diventata un'abitudine, ma – alla luce degli ultimi eventi – la natura della loro "frequentazione" era mutata di parecchio.

Trixy aveva chiara la risposta nella propria mente ma, non sapendo come esprimersi, non fece altro che attirarlo nuovamente verso di sè e lasciargli un bacio a stampo sulle labbra, che si curvarono in un sorriso soddisfatto.

«Lo prendo come un sì» bisbigliò Fred ridacchiando e stringendola dolcemente tra le braccia.





SPAZIO AUTRICE

Allora, che ne dite di questa breve storiella? Spero davvero vi sia piaciuta :D

L'idea mi è stata inconsapevolmente ispirata da una richiesta che mi aveva fatto Francesca lol (di "trovare una donzella per Fred Jr.), e spero di averla esaudita scrivendo questa OS. Quindi la ringrazio per avermi ispirata e spero che non deluda chi l'ha aspettata :)

Ho pensato di unire due personaggi che avevo trascurato un po'. Trixy era l'unica delle compagne di Penny a non avere un cavaliere, e stessa cosa valeva per Fred (che, nonostante abbia inizialmente intralciato James, mi sta molto simpatico). Ho pensato di rendere protagonista l'altro "nuovo personaggio" di Una strega in famiglia (il primo è, ovviamente, Penelope). Mi sentivo un po' in colpa per averla creata e non averle dedicato abbastanza attenzione, e all'improvviso nella mia testa si è formata questa coppia – come se ci fosse sempre stata. L'ho pubblicata prima dell'epilogo perché lì ci sarà un riferimento a loro due, quindi leggendolo prima vi si sarebbe rovinata la sorpresa.

Ha un finale aperto, anche se non troppo. Conoscete abbastanza Trixy da sapere che se sarà costretta, rinuncerà a quello schifo di famiglia che si ritrova, piuttosto che alla propria libertà. Nel frattempo ha Fred al suo fianco; magari i suoi le metteranno un po' i bastoni tra le ruote, ma – come dice Virgilio – omnia vincit amor. Insieme ce la faranno, dai, e il resto potete immaginarlo ;)

Spero mi lascerete un commentino, perché ci tengo taaanto e, per una serie di motivi, ho fatto una fatica immane a pubblicarlo in giornata. Fatemi questo favore :D

Intanto ringrazio chiunque abbia letto e vi do appuntamento all'epilogo della long! Un bacio,

Jules


p.s. Un grazie immenso a sa_speed_02 che ieri mi ha inserito tra gli autori preferiti – ti ho adorata davvero Sara *-*


A presto, gente!

  
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