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Autore: Alice_nyan    17/08/2015    5 recensioni
{MasaHika!} {Accenni alla HiroMido} {2487 parole da Word} {domenica qualunque} {fluff a non finire e corse matte ♥}
Masaki sospirò ancora, in modo più intenso rispetto alle altre volte, aprendo pigramente gli occhi dorati. Subito dopo li affilò, anche se erano già molto allungati, riducendoli a due fessure dalle quali traspariva uno sguardo profondamente irritato.
Hikaru, nel percepire la fredda reazione dell’altro, si ritrasse spaventato sui propri passi accovacciandosi dietro al divano e lasciando sbucare solo qualche ciuffo viola. Poco dopo però, non notando risposta alcuna, scattò in piedi e continuò imperterrito la propria opera. Affondò l’indice destro prima sulla spalla sinistra del turchese, poi salì verso la clavicola e il collo. Infine, prendendo un po’ di coraggio e qualche secondo per prepararsi, gli toccò allegramente la guancia dello stesso lato, cantilenando ogni volta un vivace “Preso~”.

Alice_nyan
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Kageyama, Kariya Masaki, Xavier/Hiroto
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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♥ Acchiapparella ♥

Masaki sospirò ancora, in modo più intenso rispetto alle altre volte, aprendo pigramente gli occhi dorati. Subito dopo li affilò, anche se erano già molto allungati, riducendoli a due fessure dalle quali traspariva uno sguardo profondamente irritato.
Hikaru, nel percepire la fredda reazione dell’altro, si ritrasse spaventato sui propri passi accovacciandosi dietro al divano e lasciando sbucare solo qualche ciuffo viola. Poco dopo però, non notando risposta alcuna, scattò in piedi e continuò imperterrito la propria opera. Affondò l’indice destro prima sulla spalla sinistra del turchese, poi salì verso la clavicola e il collo. Infine, prendendo un po’ di coraggio e qualche secondo per prepararsi, gli toccò allegramente la guancia dello stesso lato, cantilenando ogni volta un vivace “Preso~”.
Dopo quest’ultimo gesto, Masaki poteva definitivamente dichiarare di aver esaurito la pazienza.
Incrociò le braccia al petto, muovendosi per la prima volta da quando aveva deciso di farlo entrare in casa.
 
Quella domenica era iniziata male fin dal primo mattino.
Sveglio già dalle sei e mezza, dopo aver cercato di lottare con ogni mezzo possibile contro l’insonnia girandosi e rigirandosi in tutti i modi sul letto, decise che la cosa migliore da fare era alzarsi. Ma per sua sfortuna, siccome Midorikawa e Hiroto il giorno precedente erano rimasti a lavoro fino a tardi ed era un’impresa impossibile svegliarli in quelle occasioni, era rimasto senza nessuna occupazione, e senza colazione, fino a circa le dieci e mezza. Dopo un’estenuante attesa che per lui sembrò infinita, ottenne le tanto sperate frittelle: l’unico alimento capace, secondo lui, di rendere la vita più spensierata.
Una volta arrivato il pomeriggio, decise di ammazzare il tempo guardando un film. Prese un pacco di patatine, si diresse sul divano noncurante delle regole precise di Midorikawa -ad esempio ‘Non mangiare sul divano’- e iniziò il tranquillo e noioso programma che si era prefissato fino ad ora di cena.
Quando sentì bussare alla porta fece finta di nulla. Odiava andare ad aprire quanto rispondere al telefono: azioni inutili che comportavano un enorme spreco di tempo. Poco dopo sentì dei rumori più intensi e, prendendo coscienza di essere l’unico dei tre ad essersene accorto, si diresse, sperando di non perdere un pezzo importante del film, svogliato e ciabattante verso la porta. La aprì quasi con timidezza, aspettandosi un amico o un collega di Hiroto spazientito dall’attesa, ma vide una figura ben più bassa e piccola. Per i primi secondi non mise a fuoco il viso dell’ospite per via del bagliore dei raggi solari che gli impedivano di guardare, essendo stato rinchiuso in casa per ore ed ore, ma poi scorse un volto noto in mezzo a tutta quella luce.
Hikaru, il nuovo compagno di classe e di allenamento, con un pallone in mano e il borsone della Raimon in spalla lo salutò e gli chiese se voleva venire ad allenarsi con lui. Masaki lo scrutò dall’alto in basso con aria di sufficienza: un ragazzo piccolo che saltellava gioioso da una gamba all’altra con la tuta addosso, dal sorriso stampato sul volto e una vitalità che gli faceva saltare i nervi. Ricambiò velocemente il saluto, quindi tentò spudoratamente di chiudere la porta e lasciarlo sul grazioso zerbino verde dalla scritta ‘Welcome’, quando Hiroto, dopo aver spento la TV,  intervenne con prontezza facendolo entrare e accomodare nel salone.
Hai già guardato abbastanza televisione, Masaki” spostandosi dall’uscio alla porta che conduceva verso il corridoio,  si avvicinò discreto al diretto interessato e parlò senza mostrarsi importuno, velando l’imposizione di non poterla più accendere. Lasciò il figlio con uno sguardo che andava dalla felicità di essere scampato al pomeriggio tanto noioso, all’offesa di quell’ordine insensato e alla rabbia di essere stato trattato come un bambino “e tu accomodati come se fossi a casa tua! Adesso ho da fare ma per qualsiasi problema basta chiamare” si rivolse sorridendo all’ospite, per poi ritirarsi nel proprio studio lasciandoli soli nel salotto. Era una stanza grande e spaziosa, occupata al centro da un divano e due poltrone color crema che richiamavano i tappeti rettangolari disparsi nella sala. Ai lati delle pareti bianche c’erano due librerie in legno alte fino al soffitto e ben fornite di volumi enciclopedici e altre raccolte di ogni genere, in mezzo alle quali c’era un tavolino basso in vetro con l’immancabile televisore a schermo piatto.  Si trovava vicino all’entrata del corridoio, che saliva lateralmente al piano superiore e si diramava in qualche altro paio di stanze, un espositore di stoviglie e colorate porcellane. Con quell’arredamento non avevano sfruttato al meglio lo spazio ma, preferendo uno stile minimalista con tonalità chiare e luminose, avevano dato un’aria elegante all’ambiente.
Ah sì? Beh, allora vorrà dire che non mi muoverò da questo divano!” sbottò impulsivamente Masaki, gridando per fare in modo che anche Hiroto lo potesse sentire. Se voleva che rispettasse una sua imposizione, avrebbe dovuto chiederglielo gentilmente dato che, nonostante le apparenze, era raro che negasse qualcosa ai genitori adottivi. Quindi si sedette sul divano con fare alterato, preparandosi alla lunga attesa.
M-Masaki...? Volevo anche sapere se stavi bene... insomma, ieri non sei venuto all’allenamento e mi sono preoccupato” cercò timidamente di domandare Hikaru, spaventato per aver interrotto il silenzio che si era venuto a creare. Si sedette a sua volta accanto al numero 15, che storse il naso infastidito dal contatto.
Come vedi sto bene. Ero solo stanco e mi sono addormentato, tutto qui” concluse con un velo di imbarazzo “Ora sei felice? Puoi andare se vuoi” lo allontanò ironico con un gesto della mano additando l’uscita.
Ma... credo che Hiroto te l’abbia detto per farti respirare un po’ d’aria fresca” gli spiegò, comprendendo il gesto saggio del padre dell’altro. Non voleva andarsene, almeno non prima di aver portato a termine ciò per cui realmente era venuto; sviò quindi il discorso sperando di farlo ragionare.
E tu come fai a saperlo?” domandò fingendosi indifferente, portando una mano al mento per sostenere uno sguardo distratto.
Mia mamma a volte fa lo stesso!” rispose subito, provocando una risata da parte dell’altro, che aveva iniziato a pensare a Hiroto come una mamma iperprotettiva: probabilmente il rosso sarebbe stato un disastro nei panni della ‘mamma’ e questo lo tirò su di morale facendogli piegare involontariamente le labbra in un sorrisetto malizioso. “Ma da quand’è che non fai un giro fuori?” il viola colse l’occasione di chiederglielo, sopraffatto dalla curiosità.
Masaki, senza un minimo di vergogna o esitazione, rispose che era da due giorni che non usciva all’aperto, ricevendo uno sguardo di rimprovero che lo fulminò. Kageyama gli afferrò saldamente il braccio sinistro e lo strattonò con forza nella speranza di smuoverlo dal divano.
Visto? E se continui così come manterrai la tua velocità? Ho il dovere di farti allenare!” elencati tutti i parchi della città disponibili, lo invitò ad andare ad allenarsi ma lui rifiutò per l’ennesima volta dimenandosi con l’intento di fargli mollare la presa.
Hikaru cedette dopo un po’ ma non si arrese. Si inginocchiò sul divano alla sinistra del compagno e rimase immobile per qualche secondo. L’amico si girò dall’altro lato per non mostrargli segni di interesse.
Fece un respiro e sorrise per infondersi coraggio. Pensava sarebbe stato più semplice, ma ci provò lo stesso, dato che era tutto necessario per il progetto che aveva in mente.
E allora, dato che non vuoi spostarti, ti farò allenare sul divano” disse serio e orgoglioso di quello che avrebbe fatto “giocando ad acchiapparella!
Masaki non poté trattenersi dal fare una smorfia disgustato nel vedere quello sguardo compiaciuto e gioioso: possibile che si divertisse ancora con questi giochi puerili?
 
 
L’allegra scena di Hikaru che si divertiva a stuzzicare Masaki toccandogli i capelli, la maglia e la pelle ridendo felice andava avanti già da molto tempo, con il turchese che cercava sempre di rimanere calmo, ripetendosi mentalmente “Resisti alla tentazione, Masaki. Resisti alla tentazione di uccidere”
Ma Kageyama venne preso da un attacco di sconsideratezza -o coraggio, a seconda- e nel vedere la guancia del quindicesimo leggermente arrossita dall’irritazione non poté tenere a bada la voglia di affondarvi l’indice. Non lo fece una sola volta, ma talmente tante che tutta la buona volontà di Masaki andò a farsi benedire. Il malcapitato aveva capito a proprie spese che l’unico modo per farlo smettere era assecondarlo: non lo avrebbe lasciato in pace nemmeno se l’avesse cacciato a male parole di casa o se gli avesse promesso che non gli avrebbe più parlato. Prese la decisione di passare al contrattacco, esasperato da quella situazione ridicola.
Si alzò in piedi di scatto cogliendo di sorpresa il viola che, nel vedere un ghigno malefico sul volto dell’amico, si spaventò a morte e indietreggiò di qualche passo dal divano.
Ora ti prendo!” Kariya diede inizio al proprio turno sorridendo malizioso mentre stendeva le braccia in avanti per cercare di afferrare la propria preda.
Hikaru si alzò e iniziò a correre prima intorno al divano, poi negli angoli vuoti della sala. La paura si stava impossessando del suo corpo, oscurando la mente e lasciando che vi penetrassero pensieri spaventosi del tutto scollegati dalla vera natura del gioco.  Aveva preso seriamente l’atteggiamento dell’altro: correva a perdifiato come se avesse dovuto sfuggire alla tortura o ad una terribile punizione. Gli sembrava di essere in fin di vita ed ogni volta che l’altro lo sfiorava non poteva smetterla di gridare a squarciagola.
Probabilmente l’istinto di sopravvivenza avrebbe dovuto manifestarsi molto prima; iniziava a pentirsi di aver provocato l’amico per più di un quarto d’ora.
Masaki rideva guardando il viso sconvolto del compagno; correva lentamente facendo attenzione a non far cadere nulla –anche se il più delle volte era Hikaru a mettere in pericolo mezza casa grazie alla propria grande maestria, scioltezza e agilità nei movimenti– e lasciando sempre una via di fuga al viola, per far in modo che quel ridicolo gioco durasse il più a lungo possibile. Si stava anche chiedendo come avessero fatto i genitori a non accorgersi del gran chiasso, ma non si soffermò più di tanto nel cercare una plausibile risposta.
Quando ormai iniziava a perdere la speranza e a mettersi il cuore in pace accettando l’idea di essere un ragazzo già defunto, Kageyama vide l’unica via di scampo: il corridoio. Si fiondò alla ricerca di un posto in cui nascondersi pur non conoscendo la collocazione delle stanze e la piantina della casa, nella vana speranza che quel cunicolo lo portasse all’esterno o il più lontano possibile. Rimase sconvolto quando capì, vedendo nella penombra il muro dritto davanti a lui, di essersi introdotto in un vicolo cieco.
Preso!” proclamò la propria vittoria ancora prima di averlo toccato. Rise di gusto nel vedere la faccia dell’altro che, tornando alla realtà, dopo aver tirato un sospiro di sollievo poiché era stato risparmiato,  smise di preoccuparsi e sorrise a sua volta felice di essere riuscito a riattivare i muscoli di Kariya.
No” cominciò scuotendo la testa, riempiendosi i polmoni per sottrarsi al fiatone “Non mi hai... preso abbastanza” leggermente imbarazzato abbassò il tono della voce in modo provocatorio, alzando le mani in segno di resa e fissando il pavimento per evitare lo sguardo dell’amico.
Masaki non se lo fece ripetere una seconda volta, gli si avvicinò felino e lo prese in braccio. Senza che l’altro opponesse la minima resistenza, salì le scale ed entrò nella propria cameretta. Lo lasciò seduto sul letto e, dopo aver chiuso lentamente la porta, si accomodò al suo fianco tenendogli stretti i polsi per scongiurare possibili tentativi di fuga.
Sei caduto nella mia rete da caccia” disse ghignando divertito per poi dargli un bacio a stampo sulla guancia.
Hikaru aveva un’espressione delusa e piuttosto sconfortata. Rimase immobile per alcuni secondi, finché Masaki non ruppe il silenzio liberandogli i polsi e allontanandosi leggermente.
Ma per quale motivo sei venuto fin qui? Non credo volessi allenarti, altrimenti ci saresti andato con qualcun altro” domandò con un pizzico di acidità e amarezza: non era la persona più gentile e piacevole del gruppo e, anche se lo sapeva, in certe occasioni non riusciva a tenere a bada la propria malizia.
Volevo darti una cosa” rispose riacquisendo vitalità ed iniziando a frugare tra le proprie tasche “Però chiudi gli occhi” disse, e l’altro obbedì, anche se volenteroso di dare una sbirciata, portando una mano a coprire le palpebre.
Mosse la maglia bianca e blu fingendo di cercare qualcosa finché, dopo averlo fatto aspettare per una decina di secondi, l’altro non chiese spazientito spiegazioni.
Colse il momento al volo, dando un bacio a fior di labbra a Masaki che, preso alla sprovvista, non comprese subito la reale situazione dei fatti.
Dopo poco il viola si staccò vigorosamente arrossito, portando le mani davanti al viso e iniziando a singhiozzare senza ritenersi. In qualche secondo le rosee gote si rigarono di lacrime salate che scendevano copiose simili ad un nubifragio, mentre tentava senza riuscita di fermarle asciugandosi impacciato con le maniche elastiche. 
All’inizio Masaki non riuscì a proferire parola, ancora sconvolto e confuso. Poi lo guardò stranito mormorando “Prima mi bacia e poi piange. Ecco una persona normale.” Ma, intenerito e impietosito da tale comportamento, non fece altro che avvolgerlo e scaldarlo in un dolce abbraccio.
Mi dispiace. Mi dispiace davvero ma, vedi, è da tantissimo tempo che volevo baciarti” confessò sorridendo tra un singhiozzo e l’altro avvinghiandosi a lui e facendo sprofondare la testa contro il suo petto. Il calore di Masaki lo faceva sentire ancora più felice, emozione che induceva le sue lacrime a sgorgare abbondanti senza freno; la dolce sensazione che provava nello stringersi a lui lo faceva sentire confortato e protetto da ogni pericolo. Gli ricordava momenti bui e allegri, luminosi e tristi, durante i quali non aveva mai smesso di guardarlo con interesse.
L’altro lo allontanò da sé e gli prese le spalle che scosse delicatamente per calmarlo ma, senza volerlo, ottenne il risultato contrario. Hikaru, convinto di averlo infastidito col proprio gesto sconsiderato, tenne gli occhi lucidi incollati al pavimento per non incrociare il suo sguardo.
I-Io... Masaki-” non riuscì a formulare la frase impedito prima dal pianto, poi dal turchese che lo travolse con un bacio passionale afferrandolo e stringendolo avidamente.
Ottenuta indirettamente le conferma di non essere stato importuno, il viola si lasciò trasportare dal momento e smise di piangere. Trascorsi una decina di secondi Masaki si staccò continuando ad assaporare il sapore del compagno sulla punta della lingua e, nel notare il suo volto colorato di svariate emozioni, scoppiò in una fragorosa risata. “Ti scendono le lacrime e sorridi! Non ho mai visto niente di simile!” si sdraiò obliquo sul materasso, portando la mano sinistra tra il cuscino e la nuca. Accompagnò il viola sorridente, ormai contagiato dall’euforia che aleggiava nella camera, accanto al proprio corpo, cingendolo e immergendo la mano libera nei suoi ciuffi ribelli. Vi affondò il naso e gli accarezzò il viso, godendo indisturbato del silenzio sovrano e del piacevole contatto.
Masaki, ti amo” sfoggiò uno dei suoi sorrisi migliori, allegri, delicati e spensierati.
Anch’io. E tanto” lo cullò tra le proprie braccia, chiudendo gli occhi e prendendo sonno.
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Ohayo! Popolo di efp! Spero che questa fic sia di vostro gradimento!
Non ho potuto tenere a freno la voglia di pubblicarla... spero di non pentirmene come Hikaru u.u (anche se ho l'impressione che l'avesse fatto apposta ù.ù in alcune parti ho lasciato che ci fosse il dubbio, nyan ^^ ).
Ebbene, non ho altro da dire, se non che è la mia prima fic su questo fandom e... sono un po' emozionata, lo ammetto...
Vado a dormire, dai, come i due piccoletti che prendono sonno di pomeriggio. Ultimamente sto dormendo molto anche io, uff.
Lasciate una recensione, anche se piccina, arigatou
Alice_nyan
   
 
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