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Autore: Sakura Kurotsuki    18/08/2015    2 recensioni
“A proposito, ci sarà anche Harry. Te lo ricordi, Harry?”
Nell’udire quel nome, la mente di Louis fece un balzo indietro di qualche anno. “Harry, quello fissato con i Ramones?”. L’immagine che associava a quel nome era quella di un ragazzino con una testa tutta ricci – castani, gli pareva di ricordare – e un paio di enormi occhi verdi, che si aggirava per le strade sempre con la stessa maglietta nera del noto gruppo musicale degli anni settanta. Al tempo, erano due le ipotesi che Louis aveva formulato: che la maglia fosse sempre la stessa, o che il ragazzo avesse l’armadio di Paperino, con maglie tutte uguali al suo interno. [...] Stupido matrimonio, pensò Louis prima di accorgersi di averlo detto ad alta voce.
Dici così perché hai paura che a te non capiterà mai, che vivrai per sempre nella menzogna…
“Vedila così” disse allegra la voce di Calvin; il ragazzo era tornato indietro e lo aspettava sulla porta della stanza. “Almeno non è quello di tua madre”
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Ripetimi perché facciamo questa cosa, Cal”
“Perché mia madre è amica della sposa, ed è un matrimonio. E i matrimoni sono sempre belli” rispose il ragazzo interpellato, intento a studiare la fantasia del copriletto, mentre il padrone di casa, il più basso dei due, tentava di sistemarsi la cravatta davanti ad uno specchio a figura intera.
“Non ti ricordavo così romantico” ribatté Louis seccato, più per il matrimonio che per la cravatta.
Sussultò quando, rialzando lo sguardo, vide che Calvin lo aveva raggiunto allo specchio e gli stava alle spalle, trafiggendo il suo riflesso con uno sguardo insolitamente serio e penetrante. C’era appena un passo tra il letto e la parete-specchio, ma possibile che Louis non lo avesse sentito arrivare?
“Sono cambiate tante cose, dopotutto.”
Louis deglutì, le mani ferme a mezz’aria, una delle quali stringeva la cravatta in modo che sembrasse il cappio dell’impiccato. Si accorse di aver trattenuto il respiro quando Calvin scompose i suoi lineamenti in una risata, e lui lo lasciò uscire tutto d’un fiato. “Scherzo, idiota! Ci andiamo perché ai matrimoni si beve, si mangia, si beve… ci si scambiano i numeri con le damigelle, o… be’, non so quale sia il corrispondente maschile!”
In quel momento si sentì distintamente il rumore di una porta che si chiudeva, nel corridoio. Louis si paralizzò all’istante, come attraversato da una scarica elettrica, poi socchiuse la porta della sua camera e sbirciò in corridoio. Non c’era nessuno, ma qualcuno, un secondo prima, c’era stato sicuro.
Louis chiuse la porta e fulminò Calvin. “C’è mia sorella, di là!”
L’altro lo ricambiò con uno sguardo quasi serio, e questa volta per davvero. “Dovrai dirglielo, prima o poi” disse.
“Preferirei non oggi, grazie” ribatté Louis mentre tornava allo specchio: con le mani tremanti era ancora più difficile tenere a bada la cravatta. Un secondo dopo imprecò. “Basta, mi arrendo!”
“Lascia, faccio io” fece Calvin andando in suo soccorso, ma Louis si era già sfilato la cravatta e l’aveva lanciata in un punto imprecisato dietro di sé. Calvin la prese al volo.
“Ho deciso, non la metto.”
Devi metterla” disse Calvin, paziente ma incisivo, mentre si posizionava davanti a lui con l’affare infernale in mano.
L’amico lo superava di parecchie spanne, ma per il resto i due ragazzi avrebbero potuto essere scambiati per fratelli; i capelli di Calvin erano dello stesso castano chiaro di quelli di Louis, e gli occhi di entrambi erano azzurrissimi.
“Devi stare più tranquillo, amico.  È solo un matrimonio” fece Calvin, che sentiva il respiro leggermente ansante di Louis sotto il suo mento. Poi, siccome non ottenne risposta: “Su con la vita, Lou. Ti serve un’immersione nella vita sociale, dopo essere stato rinchiuso in quella topaia per così tanto tempo”
“Quella topaia è l’università che ho scelto, ed è anche la mia unica possibilità di avere un futuro”
Possibilmente lontano da qui, concluse mentalmente Louis.  “Dovresti farci un pensierino anche tu”
Calvin storse il naso. “Nah. Lo sai che lo studio non fa per me”
Su questo non c’era niente da obiettare, pensò Louis.
“A proposito, ci sarà anche Harry. Te lo ricordi, Harry?”
Nell’udire quel nome, la mente di Louis fece un balzo indietro di qualche anno. “Harry, quello fissato con i Ramones?”. L’immagine che associava a quel nome era quella di un ragazzino con una testa tutta ricci – castani, gli pareva di ricordare – e un paio di enormi occhi verdi, che si aggirava per le strade sempre con la stessa maglietta nera del noto gruppo musicale degli anni settanta. Al tempo, erano due le ipotesi che Louis aveva formulato: che la maglia fosse sempre la stessa, o che il ragazzo avesse l’armadio di Paperino, con maglie tutte uguali al suo interno.
“Certo, la sposa è la madre. Fatti vedere”. Calvin indietreggiò di un passo e ammirò il suo operato: aveva insistito affinché Louis mettesse il completo azzurro anziché quello nero.
“Sei proprio un figurino” scherzò Calvin, imitando il tono di voce di sua madre. “Dai, andiamo”
Prima di uscire, Louis lanciò un’ultima occhiata malinconica alla stanza, soffermandosi sulla sua immagine riflessa nello specchio: doveva ammettere che l’abito si intonava perfettamente ai suoi occhi, anche se lui non faceva mai caso a quei dettagli. Era Calvin lo stylist della situazione, perché “le donne adorano gli uomini che si sanno vestire, altro che jeans e maglietta!”
Stupido matrimonio, pensò Louis prima di accorgersi di averlo detto ad alta voce.  
Dici così perché hai paura che a te non capiterà mai, che vivrai per sempre nella menzogna…
“Vedila così” disse allegra la voce di Calvin; il ragazzo era tornato indietro e lo aspettava sulla porta della stanza. “Almeno non è quello di tua madre” 
 
Tralasciando qualche cappellino insulso che ogni tanto spuntava sulla testa di qualche signora di passaggio, bisognava dire che gli inglesi ci sapevano davvero fare con i matrimoni. Oppure erano gli Styles a non aver badato a spese; la villa che era stata noleggiata per il ricevimento risaliva alla prima metà del settecento ed era situata in un’oasi naturale protetta, come separata dal resto del mondo.
Ma l’unica vera bellezza degna di nota, che avrebbe superato anche quella di un castello principesco, era quella della sposa. Louis non ricordava che Anne Styles fosse una donna tanto piacente; del resto non avrebbe potuto essere altrimenti, con quel viso armonioso a forma di cuore che dispensava sorrisi dolcissimi e gli occhi gentili, verdi come le foglie baciate dal sole.
Louis aveva avuto tutto il tempo di osservarla durante il momento delle foto, che sembrava non finire più: con i parenti più stretti, con gli invitati, con i genitori, i testimoni… e poi ancora alle porte della villa, gli sposi da soli, nel cortile all’aria aperta.
Louis stava giusto pensando che, se mai si fosse sposato, si sarebbe anche premurato di specificare al fotografo un numero massimo – non troppo alto -  di fotografie richieste, quando la sua attenzione venne piacevolmente catturata dalla figura di un ragazzo che era andato a mettersi accanto alla sposa, loro due soli.
Non c’erano dubbi che fosse il figlio, pensò Louis rendendosi conto dopo un secondo che quel ragazzo altri non era che Harry. Alto e snello, con un’eleganza d’altri tempi data non solo dal completo che indossava, era molto diverso dal ragazzino con il viso arrotondato dai residui dell’infanzia che vestiva con pantaloni larghi e scarpe grandi quattro volte i suoi piedi.
Louis si accorse di fissarlo da più tempo di quanto avrebbe voluto quando l’altro, ancora al fianco della madre, distolse lo sguardo dall’obiettivo e lo fissò a sua volta, mantenendo il sorriso smagliante per la foto.
Quello sguardo, anche da lontano, fece stranamente sentire Louis come se venisse attraversato da parte a parte, e il ragazzo non ricordò di altri occhi che lo avessero fatto sentire più nudo.
 
A giudicare dallo sciame di ragazze starnazzanti che quasi nascondevano Calvin alla vista, Louis capì che l’amico non aveva perso tempo, sfoderando il suo personale fascino come un’arma letale.
Louis, che osservava la scena da poco lontano, cercò di immaginarsi al posto dell’amico, a fare battute spiritose attorniato da sagome maschili in completi scuri eleganti al posto dei lunghi abiti color pastello delle ragazze: non funzionò. Forse perché uno scenario del genere Louis lo vedeva possibile solo entro le mura protettive e soprattutto lontane dell’università. Lì ne aveva conosciuti tanti di ragazzi in fuga come lui, e con loro aveva condiviso notti di confidenze e di sesso – prima il sesso, poi le confidenze -, con la spensieratezza tipica dell’età che aveva, consapevole che la notte successiva sarebbe probabilmente toccato a qualcun altro.
Una voce profonda e – troppo – vicina al suo orecchio lo fece sobbalzare, strappandolo dal suo rimuginare. “Sono carine, vero? Le damigelle.”
Quando Louis si voltò, si ritrovò davanti a un paio di occhi verdi identici a quelli di Anne Styles, il che non era affatto strano, dal momento che chi aveva parlato era il figlio.
Harry non lo guardava; il suo sguardo era diretto nella stessa direzione in cui lo era anche quello di Louis appena due secondi prima, verso Calvin e le sue conquiste.
Dall’ultima volta in cui Louis lo aveva visto, il suo viso si era sfilato dolcemente pur mantenendo alcuni dei lineamenti morbidi dell’infanzia; gli occhi, di un verde stupefacente come quelli della madre, erano orlati da ciglia lunghe e folte, nere come l’inchiostro. Il completo grigio perla che indossava sembrava scivolare sul suo corpo come un corso d’acqua, lambendogli i fianchi grazie la sua forma sfiancata.
Allora Louis, per chissà quale attacco di stupidità acuta, disse qualcosa per cui in seguito sentì l’impellente esigenza di mordersi la lingua a sangue. “Non sono il mio genere, le damigelle.”
Era tornato a rivolgere lo sguardo davanti a sé, pur non vedendo davvero né Calvin con il suo gruppetto zelante, né nient’altro.
Quando il ragazzo alle sue spalle parlò di nuovo, la sua voce era, se possibile, ancora più vicina al suo orecchio. “Neanche il mio, veramente”.
Quando Louis si voltò per la seconda volta i loro nasi si sfiorarono, e questa volta Harry lo guardava, ma con un’espressione che Louis non riuscì a decifrare.
 
“Non ti starai addormentando, spero”
Le palpebre di Louis tremolarono e lui aprì gli occhi. Non si era accorto di averli chiusi. “Scusami se ho passato gli ultimi venti minuti a farmi spazio nel tuo culo stretto” protestò.
“Non sei durato così tanto”
Il sorriso che si aprì sul volto di Harry impedì a Louis di tirargli un cuscino; notò come il labbro superiore si sollevava leggermente a sinistra, formando una piccola curva sulla dentatura regolare e bianca come l’avorio. Distolse lo sguardo quando capì di essersi incantato. E non era nemmeno la prima volta.
Il corpo di Harry era liscio e sodo, senza muscoli che ne solcassero il profilo; solo la vita era coperta, da un lenzuolo adagiato come una fascia. Il ragazzo era a pancia in giù con le braccia incrociate sotto al cuscino e una delle lunghe gambe piegata ad angolo, cosa che metteva ancora di più in risalto la linea del bacino, sotto la stoffa bianca. Louis, disteso supino con un braccio piegato dietro la testa, la seguì accarezzandola con lo sguardo. Aveva appena finito di fumarsi una sigaretta, seguito in ogni passaggio dallo sguardo curioso e attento di Harry.
“Quello che mi chiedo è perché siamo ancora qui insieme come una coppia di sposini” chiese Harry all’improvviso. Quando Louis lo guardò, capì che era una domanda seria.
“Chissà, potrei volere il secondo round” scherzò il ragazzo, anche se non del tutto.
“Credo di aver dato, per la mia prima volta”
Louis quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
Prima volta?” ripeté sgranando gli occhi verso Harry, mentre saltava a sedere. “Nel senso che tu eri… vergine?”
Harry inarcò leggermente le sopracciglia. Louis si chiese se potesse essere sul serio stupito dalla sua reazione.
“Lo ero prima di entrare in questa stanza con te”
Louis non seppe cosa ribattere. Non sapeva nemmeno se avrebbe dovuto sentirsi in colpa oppure no. Non ci era certo andato leggero, o comunque non aveva avuto lo stesso riguardo che invece avrebbe avuto se fosse stato a conoscenza delle circostanze.
“Perché non me lo hai detto?”. Alla fine era quella la domanda da un milione di dollari, l’unica domanda che avesse senso fare.
“Non era importante” rispose Harry, neutro.
“Sì, invece” replicò Louis, che proprio non riusciva a contenersi. “Darsi via così, con il primo che passa…”. Ma capì subito che era la cosa sbagliata da dire: per la prima volta le sopracciglia di Harry si aggrottarono.
“Io non mi sono dato via!” saltò subito su il ragazzo, puntellandosi sui gomiti e fulminandolo con lo sguardo da sopra la spalla, gli occhi verdi scuriti dalla rabbia. “Mi piacevi e ho scelto te. Tutto qui”
Louis sospirò. Aveva decisamente fatto la mossa sbagliata. “Ok” disse cauto, mentre i lineamenti di Harry si rilassavano lentamente. Il che fu un bene, perché il cuore di Louis aveva perso un battito nel vedere quel volto infiammato dalla rabbia. “Ok. È una specie di vendetta? Forse tua madre non ti accetta e tu ti sei fatto uno a caso degli invitati al suo matrimonio, proprio sotto al suo naso? Oppure non è vero che sei – eri – vergine e là fuori c’è un fidanzato geloso che mi spaccherà le rotule non appena uscirò da qui?”
Per un attimo sembrò che Harry fosse di nuovo sul punto di esplodere. Invece, dopo averlo fissato per un istante, scoppiò a ridere. “Potresti fare lo scrittore, sai? O il detective. Una delle due. In ogni caso, hai un modo di pensare decisamente sexy”. Poi, vedendo che Louis si aspettava una risposta seria, aggiunse: “Mi ricordo di quando vivevi qui. Dello scandalo. E quando ti ho visto tra gli invitati non potevo credere che tu fossi tornato. Io non ci sarei riuscito”
Per qualche motivo Louis era notevolmente impallidito, ma Harry continuò, imperterrito. “Allora non sapevo di essere… così. Come te. Le ragazze non mi interessavano, figuriamoci i ragazzi. Ma poi, quando l’ho capito, ho cominciato a pensare a cosa sarebbe potuto succedere se qualcuno l’avesse scoperto. Ho ripensato a te.... E al fatto che io non sarei mai riuscito a superare… una cosa simile”
La voce di Harry era calda e morbida e aveva cullato Louis da quando, alla parola scandalo, la sua mente era stata invasa da ricordi che avrebbe dato più o meno qualsiasi cosa per rimuovere dalla sua memoria.
A partire dall’improvvisa, inaspettata ammissione nella compagnia più in vista del liceo. Anzi… a partire da quel viso, il viso del diavolo con le spoglie dell’angelo, la sua maledizione. Perché Louis sapeva di essere stato maledetto il giorno in cui aveva posato gli occhi su di lui. Perché il suo destino era stato deciso quel giorno.
Si chiamava Hayden ed era il membro più in vista della compagnia più in vista, perciò ne era il leader  con il tacito consenso di tutti, perché da tutti era ammirato. Anche Louis lo ammirava, ma lui, a differenza degli altri, se ne era innamorato quasi subito. E aveva commesso l’errore di dirglielo, perché Hayden era sempre stato gentile con lui, anzi, soprattutto con lui, e Louis aveva pensato che se non altro la loro amicizia sarebbe rimasta intatta. Così un giorno lo aveva preso da parte e egli si era dichiarato. E Hayden lo aveva baciato, senza aggiungere altro. Ma poi, cosa ci sarebbe stato da aggiungere? Quel giorno Louis aveva conosciuto il vero significato della parola felicità.. Poi era stata la volta dell’inferno.
Il giorno dopo Hayden lo aveva attirato fuori dalla classe con un messaggio che diceva di raggiungerlo nel bagno. Con il cuore a mille, Louis aveva seguito le indicazioni ma, invece di trovare Hayden da solo, ad aspettarlo, vi aveva trovato tutta la compagnia al completo.
Di ciò che era accaduto in seguito Louis ne conservava solo delle immagini, come una lista di diapositive dell’orrore: il viso spaventato di un ragazzo del primo anno. Il ricatto, bacialo o vi pestiamo entrambi. Hayden che rideva. Il telefono che balenò in aria e il flash.
“Mi dispiace, non dovevo parlartene” disse la voce di Harry.
Louis tornò alla realtà appena prima che la sua mente venisse invasa dai ricordi dei giorni seguenti alla diffusione della foto. Capì che stava sudando, che aveva il fiato corto. Al suo fianco, sentiva Harry trattenere il fiato. Passò un minuto buono senza che volasse una mosca.
“Be’” disse infine Louis, mentre riprendeva il controllo di sé, “almeno non sei fidanzato”. Abbozzò un sorriso incerto a Harry, che finalmente espirò e ricambiò.
Capì che il tornado era passato e che loro erano di nuovo due ragazzi in una camera da letto, soddisfatti e spensierati dopo un piacevole giro di lenzuola.  
 
“Stai fermo”
“Non posso, mi fai il solletico!”
“Ecco, ho finito. Piantala di agitarti come se avessi una tarantola nelle mutande”
“Non le ho, le mutande” ammiccò Harry. Poi si alzò e, senza farsi troppi problemi, attraversò la stanza con nient’altro che la propria pelle addosso, posizionandosi davanti ad uno specchio a figura intera; una sequenza di numeri si stagliavano sulla linea della sua clavicola, neri di inchiostro sulla pelle chiara.
“Sembro un deportato” commentò Harry, alla vista del suo riflesso. “Però mi piace”. Louis aveva adocchiato una penna sul comodino accanto al letto e aveva giustamente pensato di scrivergli addosso il suo numero di telefono. Così non puoi perderlo, gli aveva detto.
Louis distolse a malincuore lo sguardo dalla visione paradisiaca che era il corpo sinuoso del ragazzo davanti allo specchio, e lo diresse alla finestra della stanza che dava sul cortile, dove il ricevimento era ancora in pieno svolgimento, ignaro di ciò che era accaduto dietro quella finestra. “Penso che dovremmo tornare” disse Louis dubbioso. “E’ probabile che ci stiano cercando. O che stiano cercando te” si corresse poi. L’unico, là fuori, che potesse essere in cerca di lui era Calvin, ma Louis dubitava che avesse anche solo notato la sua assenza, preso com’era dalle sue occupazioni personali.
Sentì Harry raggiungerlo alla finestra e subito dopo scorse sua madre, la sposa, con accanto il marito: erano attorniati da un gruppetto di persone – parenti? – e il sorriso di lui brillava più del vestito bianco di lei.
“Lui ti piace?” chiese Louis.
“Sì, Robin è uno a posto” rispose Harry senza esitare. “Sinceramente non capisco perché abbiano aspettato tanto a sposarsi. È’ con noi da anni, come se fosse mio padre”
Louis non gli chiese dove fosse il suo vero padre: qualcosa dentro di lui gli suggeriva che avrebbero avuto molto tempo, da quel momento in avanti, per domande come quella.
 
Al contrario di quanto Louis si era aspettato, Calvin aveva notato eccome la sua assenza.
“Allora sei qui” esclamò l’amico quando lo raggiunse.
Harry si era allontanato per stare un po’ con la sua famiglia, anche se ogni tanto, da lontano, Louis lo vedeva gettare lo sguardo nella sua direzione. Ora era accanto al suo patrigno, ed evidentemente i due erano impegnati in una piccola riunione solo tra uomini, a giudicare dalla quantità di completi scuri che li circondava.
Quando l’arrivo di Calvin interruppe il suo contatto visivo, Louis notò che l’amico riportava dei segni rossi di quello che senza ombra di dubbio era rossetto – ma non solo – che, malcelati, gli ricoprivano parte del collo fino a sparire sotto la camicia.
“Non parliamo di me, parliamo di te” fece Calvin con uno strano sguardo quando Louis tentò timidamente di farglielo notare. E, quando Louis lo guardò senza capire, o meglio, facendo finta di non capire, aggiunse: “Allora? Com’è Harry Styles a letto?” 
Poco mancò che Louis non si strozzò con il vino, il che era sempre meno patetico che rischiare di farlo con la propria saliva, come era accaduto poco prima con un’altra persona.
Calvin gli tolse prontamente il calice dalle mani prima che lui lo facesse cadere, evitando così che il contenuto di riversasse sul suo completo costoso o sulle scarpe. Ma per quello che gli era andato di traverso non c’era nulla da fare.
“Wow amico” disse dubbioso Calvin, guardando Louis mentre sputacchiava via il vino dalle vie respiratorie. “Non credevo che sarebbe stato tanto male: con quel faccino mi era sembrato uno che ci dava dentro regolarmente e senza fare complimenti”
“Ma di cosa stai parlando?” chiese Louis con la voce rotta dallo sventato soffocamento.
Calvin sospirò, guardando oltre la spalla di Louis, probabilmente in direzione di Harry. Sembrava sconsolato, e Calvin non sembrava mai sconsolato. “Avevo pensato che lui potesse piacerti”  
“Cioè gli hai detto tu di… di venire a letto con me?” ribatté Louis, sibilando le ultime parole. Qualcosa, dentro di lui, si ruppe. Se Harry aveva mentito, allora…
“Certo che no, stupido” si spazientì l’altro, dandogli un colpetto sulla fronte con le dita, proprio come avrebbe fatto un fratello maggiore. “Non sono mica Cupido, anche se prima di questo fiasco avevo pensato di considerarla come una futura professione…”. Poi, notando lo sguardo di Louis, cominciò: “Circa un mese fa ho incrociato Harry di fronte a casa mia, mentre ci tornavo. Aveva accompagnato sua madre che era venuta personalmente a consegnare l’invito per il matrimonio alla mia. Quando mi ha visto mi è venuto subito incontro e mi ha chiesto di te, anche se non sapevo il perché, visto che non mi pareva che voi due foste così vicini prima della tua partenza… comunque mi ha chiesto se pensavi di tornare in tempo per il matrimonio, e io gli ho detto che pensavo di sì, che il periodo era più o meno quello. Sembrava davvero ansioso del tuo ritorno, e non sapevo perché. Avevo un’ipotesi, certo, e quando vi ho visti allontanarvi…”. Sospirò. “Ma evidentemente mi sono sbagliato.”
Louis si versò dell’altro vino; stava cercando le parole per dirgli che non si era affatto sbagliato, e al contempo si chiedeva quante altre persone lo avessero visto allontanarsi insieme a Harry.
“Non ti sei sbagliato” mormorò infine senza guardarlo, le labbra ancora sul bordo del bicchiere. “E non è stato affatto un fiasco, se proprio lo vuoi sapere.”. quando alzò lo sguardo su di lui, vide che Calvin aveva gli occhi sgranati e le labbra socchiuse in un’espressione di sorpresa.
Davvero?” 
“Sì” fece Louis, quasi in tono di sfida, ma non senza che un vago rossore gli si diffondesse sugli zigomi.
“Ma… ma…” balbettò Calvin. “Ma allora torniamo alla domanda iniziale! Devi raccontarmi tutto!”
Fu il turno di Louis di balbettare. “T-tutto?”. Il rossore sugli zigomi si era esteso al resto del viso, che ora era di un rosso acceso. “Non ho intenzione di farti un… un sex-tape orale” e alzò gli occhi al cielo quando Calvin venne preso da un eccesso di risatine per la parola orale.
“Lo rivedrai?” gli chiese infine, con gran sollievo di Louis.
“Credo di sì” rispose lui, felice che la conversazione avesse raggiunto zone più innocue. “Gli ho dato il mio numero” aggiunse ripensando alla pelle tenera e calda di Harry mentre la penna vi affondava, a lui che rabbrividiva e rideva allo stesso tempo…
Arrossì di nuovo.
“E non solo quello…”
Cal!
Ma lui non si scompose; invece prese di nuovo il bicchiere dalle mani di Louis e ne rovesciò i rimasugli sull’erba, sotto lo sguardo attonito dell’altro.
“Bene. La missione è compiuta. Il matrimonio è stato una vera palla. E il vino fa schifo” dichiarò. “Direi che possiamo levare le tende”
Passarono tutta la strada verso casa parlando di quanto potessero essere noiose le damigelle, con Calvin che illustrava a Louis il suo matrimonio, che a quanto pare si sarebbe svolto in una piscina – nella sua villa da milionario, perché ovviamente per allora lo sarebbe diventato -, senza cerimonia, con il pronunciato appena prima di buttarsi in acqua.
E naturalmente tutti, incluso in prete, sarebbero stati in costume da bagno.     



 


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Non ho molto da dire. Questa era nata come una storia leggera, in u pomeriggio in cui mi ero incantata a guardare le foto dei matrimoni di Anne e Johanna, ma poi non ho potuto fare a meno di inserire un po’ di retroscena Angst e depressivi.
Anche perché tra gli avvertimenti ci sono il mio immancabile Introspettivo e l’amico Triste.
Credo di non essere in grado di scrivere cose leggere. Del resto, in me non c’è niente di leggero.
Vi ringrazio se siete arrivati fin qui, e sarei contentissima se decideste di lasciarmi una recensione, perché fanno sempre bene al cuore =)

 


 

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