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Autore: Ranyadel    19/08/2015    2 recensioni
Quando incrociò il mio sguardo, sembrò incassare leggermente la testa nelle spalle e sollevò un angolo della bocca in un minuscolo sorriso. Quanto poteva essere… cucciolo?!
Ecco, era un cucciolo. Avevo deciso.
***
“Oh, Coralie ha una capacità particolare. Sa leggere gli occhi come nessuno” disse Carol.
***
“So… so capire come sono fatte le persone solo guardandole negli occhi e osservando come si muovono” dissi a bassa voce. “Ti psicanalizza con uno sguardo” Fece Manuela ridacchiando. Luke mi guardò sorpreso. “Sarei curioso di provare.”
***
"Di solito le persone hanno paura."
"Di cosa?"
"Di sé stesse."
***
"Vieni con me."
"Eh?"
"Coco, vieni con me. Venite con me, tutte quante."
"Ma io non..."
"Ti ho promesso che ti sarei stato vicino, e ormai dovresti aver capito che mantengo sempre le mie promesse."
***
"È che ho troppi fantasmi alle mie spalle e mostri nella mia testa per poter essere davvero felice."
"Oh, ma li vedo."
***
Una ragazza particolare, che sa leggere gli occhi.
Coralie.
Un ragazzo speciale, con occhi che la catturano e la intrigano, così semplici da leggere e allo stesso tempo così complessi da capire.
Luke.
Un amore nato da sguardi e gesti.
***
trailer: https://www.youtube.com/watch?v=nPR1CdGLUV8
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Everything has changed

Stavo camminando in mezzo alla strada. Io ero in pigiama, ma tutte le persone attorno a me erano coperte con giubbotti pesanti; doveva essere inverno, probabilmente verso gennaio. Decisamente, stavo sognando di nuovo: nella vita reale – si può dire così? – era il 19 ottobre. Non riuscivo a capire cosa ci facessi lì, in una strada come le altre della mia città, all’ingresso del parco. Provai a fare un passo, ma una figura bionda mi tagliò la strada. Per poco non mi presi un infarto, non l’avevo proprio vista arrivare. La seguii con lo sguardo e mi resi conto di quanto fosse familiare, nel modo di muoversi e nell’abbigliamento. La seguii per curiosità e, quando si lasciò cadere sulla panchina, mi resi conto del motivo della sua familiarità: ero io. Mi diedi della stupida. “Complimenti, ragazza, non ti sai nemmeno riconoscere” pensai sarcasticamente. Osservai attentamente la me di quella notte, cercando di capire se fosse un ricordo o no. Non riuscivo a capire il motivo, ma stava piangendo.

“La protagonista. Sei tu” disse solo. Non era una domanda. Annuii piano. “Cosa ne pensi? Ti ho praticamente consegnato tutto quello che sono su pagine e pagine di sogni infranti e storie impossibili. Devo sembrarti abbastanza patetica” commentai. Lui mi guardò qualche secondo. “In realtà mi sembri dolcissima” sussurrò.

Mi allontanai di scatto dalla panchina, come se scottasse, capendo dove ero finita. Ero appena scappata da quel bar della nostra prima uscita di gruppo al completo. Mi guardai intorno, ma tutto era sfocato, tutto tranne la panchina e la Coralie del sogno, come se dovessi concentrarmi solo su quello. Poi sentii un’eco lontana di una voce inconfondibile. Con un colpo al cuore mi voltai e vidi in lontananza Luke, che parlava al telefono. Anche lui era a fuoco. Mi avvicinai a lui lentamente, come se avessi paura che potesse accorgersi di me. Mi avvicinai abbastanza per distinguere il sorriso sulle sue labbra.

“Sì, sono fuori con i ragazzi e le tre di ieri. Sì, c’è anche la ragazza di Calum. Come si chiamano le altre? Una è Carol, la nuova fiamma di Ashton. Non credo che durerà molto fra loro, sai? Poi c’è Manuela; Michael già ci sbava dietro, figurati. Non aspetta altro, quello, era in astinenza da un po’; credo che se la porterà a letto entro poco, conoscendolo, oppure la lascerà perdere. Poi, questa te la devo proprio raccontare, piccola… ce n’è una che è assolutamente fissata con me. Pazzesco, no? E crede anche di avere qualche possibilità! Pensa che Carol mi ha dovuto stalkerare per suo conto! È proprio fissata… e poi è strana forte, sai? Bella? È accettabile, diciamo. Di sicuro non bella come te, amore. Sai che nessuno può competere con te. E comunque quella è completamente matta. Il nome? Coralie, credo. Forse Coraline. Che nome assurdo, però quella è tutta assurda. Pensa che ha insistito per farmi leggere il libro che ha scritto… sì, scrive, ma non è brava. Credo glielo abbiano pubblicato per pietà. E io, per pietà, ho dovuto leggerlo. Avrei preferito mettermi due dita in gola, davvero. Poi, per farla felice, le ho detto che da quel libro mi sembrava una persona dolcissima… ed è scappata! Adesso la sto cercando… solo per non fare la parte dell’insensibile… sì, credo che abbia qualche problema mentale, come Carol… sono tutti matti in famiglia… Oh, aspetta, eccola. Sta piangendo, Diana, ti rendi conto? È patetica, quella bambina. Senti, devo andare, fammela riportare sana e salva dagli altri. Vediamo se le lezioni di teatro sono servite a qualcosa. Ti scrivo più tardi, va bene? Sì, lo so, ti amo anche io.” Dicendo questo, chiuse la chiamata, guardò la mia copia esasperato e mi superò senza nemmeno vedermi. Io, intanto, dovevo lottare per non scoppiare a piangere.

Luke chiamò il mio nome e si sedette di fianco alla me del sogno. “Coralie, cosa succede? Perché sei scappata così?” chiese con falsa confusione. Le sollevò il viso con un dito. “Perché stai piangendo? Coco, cosa c’è?” fece, dolce. Io scossi la testa, piangendo, mentre la mia copia tirava su col naso e rispondeva: “È che ho paura. Tutti quelli a cui ho permesso di conoscermi davvero sono scappati. Ho aperto loro il mio cuore e loro mi hanno lasciata da sola. Ho paura che possa essere così anche con voi. Ho paura che possa essere così… con te. Non voglio che succeda come con tutti gli altri.” Luke non fece niente per un attimo, poi la abbracciò. “Io non voglio essere come tutti gli altri. Non ti lascerò andare, promesso” disse. Io aggirai la panchina per vederlo in faccia, e vidi che stava alzando gli occhi al cielo, scocciato. Poi sollevò lo sguardo e incrociò il mio, lasciandomi sorpresa: non credevo che potesse vedermi. Fece un sorriso cattivo e indicò la schiena della me del sogno. Io seguii la direzione indicata dal suo indice e vidi, proprio come nell’altro sogno, che i capelli biondi stavano diventando rosso ciliegia e lisci. Quando si separarono dall’abbraccio, non fui sorpresa di vedere Diana al posto di quella che ero io. Luke le posò una mano sulla nuca e l’avvicinò a sé, in un bacio bagnato e famelico, quasi animalesco. Mentre la baciava, mi guardò. Sentii il gorgoglio inconfondibile di quella che era una risata, soffocata nella gola di Diana. Si separarono e lui si voltò verso di me. “Facci l’abitudine, bambolina. Presto lo vedrai anche nella realtà” disse solo, facendo scivolare una mano sotto la gonna di Diana.

***

 Mi svegliai quando ormai doveva essere molto tardi. Non guardai nemmeno l’ora: a occhi chiusi staccai la spina della sveglia, per non sapere quanto era durato il mio stato comatoso. Dovevo tenere le palpebre serrate ad ogni costo, o sarei scoppiata a piangere. Non potevo lasciar vincere le lacrime.

Spero ti sia piaciuto il buongiorno.

No, nemmeno un po’. Mi alzai e finalmente riuscii ad aprire gli occhi, ricacciando indietro tutti i sentimenti che premevano per uscire. Uscii da camera mia in fretta, alla ricerca dell’unica persona che sembrava farmi stare meglio: Manuela. In camera sua non c’era, ma trovai il suo cellulare, sbloccato e fermo su una schermata di whatsapp. Era la chat con Luke. Non riuscii a trattenermi e lessi i messaggi: risalivano alla sera prima, ed erano tutti di Manuela.

"Luke, guarda che sei in ritardo, io mi muoverei se fossi in te!"

"Luke? Non sto scherzando. Sono passati venti minuti."

"Luke, dove minchia sei?"

"Testa di cazzo, è passata un'ora. Ti muovi?!"

"Giuro che se entro dieci minuti non sei da lei ti castro."

"È IMPORTANTE QUESTA CENA, LUKE, PORCA MISERIA!"

"Coco è qui. È appena arrivata, sta piangendo. Giuro che appena torni ti ammazzo."

"Se non torni entro dieci minuti esco, ti trovo e ti riporto a casa io al mio modo: ti attacco alla macchina per il piercing e ti faccio correre."

"Luke, cazzo, è mezzanotte. Dove sei finito?!"

"Mi stai facendo preoccupare."

"SENTI UN PO', BRUTTA TESTA DI MINCHIA, O VIENI QUI SUBITO, O TI CACCIO DI CASA."

"Ho parlato con Coralie. Ti conviene venire subito qui e spiegarle perché non ti sei presentato."

"Luke, non sto scherzando."

"NON STO FOTTUTAMENTE SCHERZANDO. PORTA IL TUO CULO FLACCIDO IN QUESTA CASA ENTRO CINQUE MINUTI, O TE LO TAGLIO A MO' DI PROSCIUTTO E TE LO FACCIO MANGIARE."

"Sono le due. Coco si è addormentata. Spero tu sia soddisfatto."

"Ultima cosa, poi non ti rompo più i coglioni, anche se mi stai ignorando tranquillamente. Prima di tutto, quando torni a casa ti arriva uno schiaffo che ti fa tornare di corsa da dove sei venuto, e non sto scherzando. Seconda cosa, spero tu sia soddisfatto: Coco ha pianto tutto questo tempo."

"Ah e, divertiti pure con Diana, ma la prossima volta comprati un'agenda, così sai quando organizzare gli appuntamenti."

"Ultimissima cosa: vaffanculo."

Se non fossi stata così a terra, sarei anche scoppiata a ridere. Sentii il rumore di una maniglia alle mie spalle e mi voltai, vedendo la porta del bagnetto che si apriva. “Amore, non mi risponde ancora al ce- Ah, Coco, sei tu” fece Michael, sedendosi di fianco a me. Era ancora in pigiama. Vide i miei occhi rossi e inclinò la testa. “Va tutto bene?” chiese, cauto. Io scossi la testa. “Senti, non voglio fare lo gnorri come tutti gli altri. So che c’entra Luke. Non capisco cosa stia succedendo, Coco. Manuela e lui non mi vogliono dire niente, ma io voglio aiutare, mi sento inutile a stare qui a guardare, mentre tu stai sempre peggio e lui non si rende conto di nulla. Cosa sta succedendo?” chiese, incrociando le gambe. Io scossi la testa. “Non lo so nemmeno io” mentii. “Beh, allora cosa ti sta succedendo?”

“Eh?”

“Non sono uno stupido, Coralie. So che sembra che ormai le tinte mi siano arrivate al cervello e mi abbiano rincoglionito del tutto, ma sotto i capelli colorati c’è ancora una testa in grado di pensare, c’è ancora un diciassettenne che vuole aiutare una delle sue migliori amiche. Ti sto osservando e ti vedo sempre più assente, come se ormai vivessi solo nella tua testa. Voglio sapere cosa c’è lì dentro che ti tiene così lontana da qui fuori.”

Non dirglielo.

“Non c’è nulla” dissi soltanto, guardandolo.

Brava.

Lui sospirò. “Vuoi sapere qual è una delle tue caratteristiche?” mi chiese. Io lo guardai in attesa e lui continuò: “Non sai proprio mentire. È pazzesco, riesco a rendermene conto anche io, il che è un record. Quando dici che stai bene e invece non è vero, soprattutto. Sai come me ne accorgo, anzi, ce ne accorgiamo tutti? Mentre lo dici guardi dritto negli occhi, e hai uno sguardo che urla quanto tu abbia bisogno di aiuto, come se sperassi che qualcuno si accorgesse che è una bugia. Credo che tu ci abbia trasmesso un po’ della tua capacità di leggere gli occhi, Coco, e tu sei estremamente facile da leggere. Lo vediamo tutti che non stai bene, ma nessuno si intromette. Lo fa solo Manuela, e ora io. Gli altri sperano sia solo un periodo no, sai, magari è dovuto al fatto che fra poco andremo via e non ci vedrete fino a Natale. Accidenti, sarà lunga, quasi due mesi… Non lo avevo realizzato fino a questo momento. Comunque, tornando a noi: io non voglio che tu stia male. So che non lo dimostro spesso, ma voi sette siete le persone a cui tengo di più al mondo, al primo posto Manuela. Voglio aiutarti, Coco. Ti prego, permettimi di capire cosa sta succedendo. Possiamo parlarne tutti insieme, oppure puoi parlarne solo con me, o con Manu, o scriverlo da qualche parte. Ma non tenerti tutto dentro, perché so quanto fa male. Quando devi sfogarti e non puoi, e senti male alla gola, senti come se qualcosa volesse uscire ad ogni costo, e gli occhi ti bruciano, e fai fatica a respirare, e hai le lacrime agli occhi perché quei sentimenti vogliono uscire ad ogni costo. Se non li tiri fuori ti soffocano.” disse lui, stringendomi una mano. Io rimasi in silenzio qualche istante, mentre la precisione di quella descrizione mi sorprendeva. “Come fai a sapere tutte queste cose?” chiesi stupidamente. “Diciamo che ho vissuto in apnea per qualche mese” fece lui. “Cosa ti è successo?”

“Non è il momento, ora.”

“Invece sì, magari devi ancora…”

Lui mi interruppe mettendomi due dita sulla bocca. “Posso farti una domanda?” mi chiese poi. Io annuii e lui proseguì: “Se potessi salvare una sola persona in questa casa, chi salveresti?” Io lo guardai, confusa da quella domanda fuori luogo. Poi abbassai lo sguardo, mentre la mia risposta si faceva strada fra le labbra quasi con ovvietà. “Lui.”

Lui ridacchiò e io lo fissai. “Vedi qual è il tuo problema?”

“Non ti seguo.”

“Fra tutte le persone in questa casa, hai scelto lui. Non Manuela, non Carol, non Ashton, nemmeno me – grazie mille, tra l’altro, me ne ricorderò – o Calum o Maddy. Hai scelto lui. E hai trascurato te stessa. È questo quello che volevo dimostrarti. La mia domanda è, quindi: perché non ti ami abbastanza da essere la tua prima scelta?”

Perché non sei la prima scelta di nessuno.

“E tu, chi avresti salvato?”

“Manuela.”

“Allora vale la stessa cosa per te. Perché non ti ami abbastanza da essere la tua prima scelta?”

“No, tesoro, non funziona. Io mi amo abbastanza, anzi, mi idolatro. Sono esattamente la persona che da piccolo sognavo di essere. Non potrei essere più soddisfatto di me stesso. Però amo di più lei. Mi capisci, no? Mi ha salvato da quello che ero e mi salva ogni giorno. È la mia scelta naturale, salvare lei. E adesso non osare dire che ti ami, ma ami di più lui, perché non mi fai fesso, tesoro. Voglio sapere cosa c’è nella tua testa che ti impedisce di vederti per come davvero sei, e di amarti. Voglio sapere cosa scatta nella tua mente quando ti guardi allo specchio; voglio sapere cosa ti fa rimanere zitta quando invece vorresti parlare; voglio sapere cosa ti fa credere di non essere all’altezza di qualcun altro. So che non dovrei essere io a farti questo discorso, dovrebbe essere lui, ma io non intendo lasciarti andare alla deriva solo perché Luke è così svampito da aver allentato la presa. Sai, voi non c’eravate, ma abbiamo deciso qual è la politica da tenere con voi due: non intromettersi e aspettare almeno che vi parliate. Abbiamo fatto a voti; quattro favorevoli, due sfavorevoli. Indovina chi erano quei due?”

“Tu e Manuela?”

“Esatto. Comunque, eravamo in minoranza, ma io e lei siamo troppo testardi per non fare di testa nostra. Quindi, eccoci qui.”

“Siete incorreggibili, sai?”

“E per fortuna. Avresti preferito che nessuno ti parlasse, ti lasciassero marcire nel tuo brodo?”

Io scossi piano la testa, prima di dire: “Tanto ci marcirò lo stesso. Questa è solo una piccola pausa.”

“E allora ringraziami, perché le pause sono rare.” Ridacchiai, e lui con me. “Coralie, tu non conosci la mia storia. Sai solo come sono ora. Il Michael di qualche anno fa non l’hai mai incontrato, non hai idea di quanto fosse simile a te. Non hai idea di quanto quel periodo mi abbia fatto stare male. Sai qual è stata la mia fortuna? Andarmene da casa mia, per vivere con i ragazzi, e poi venire a vivere qui con voi. Siamo in otto – ora in nove – e si sta stretti, accidenti, ma è proprio questa la nostra fortuna. Siamo tutti un po’ rotti, è normale; ma siamo così stretti, in questa casa, che ci teniamo uniti a vicenda. Senza di voi sarei caduto a pezzi da un po’. Sai al mattino, quando ci stringiamo attorno al tavolo per fare colazione, e siamo tutti con le spalle attaccate perché il tavolo è troppo piccolo, e a volte siamo in due su una sedia? Ecco, quei momenti sono i miei preferiti. Mi ricordano che senza di voi io non sarei come sono ora. Mi ricordano la fortuna che ho avuto. Mi ricordano che, se ho bisogno di qualcosa, posso prendere il primo che passa in questa casa e sfogarmi con lui, perché siamo una famiglia. Sgangherata, e un po’ fuori dalle linee, ma siamo una famiglia. Certo, ci saranno le preferenze: se mi è possibile, preferirei sfogarmi con Manuela che con Madison; però la mia certezza è che Maddy ci sarebbe comunque. È questo che mi fa sentire al mio posto. Quindi, ora so che non sono la tua prima scelta in caso di sfoghi, perché magari sono pochi i momenti in cui siamo da soli a parlare senza fare i cretini – ora che ci penso, credo che questo sia il primo – però è una questione di priorità; la tua priorità e trovare qualcuno che ti ascolti e la mia priorità è che non ci siano fratture nella mia famiglia. È un bene che si incontrino, no? E non osare dire di no. Io ora voglio sapere cosa ti sta succedendo.”

Io rimasi in silenzio qualche secondo, e lui andò avanti: “Non sai da dove cominciare. Bene. Allora, facciamo così: un pezzetto alla volta. Io ti faccio una domanda, e tu rispondi, e vediamo se bisogna sistemare qualcosa. Iniziamo, ti va?” Io annuii.

Vattene.

No, non me ne sarei andata. Forse Michael aveva ragione, forse avevo solo bisogno di qualcuno con cui parlare, qualcuno che mediasse. Presi un gran respiro. “Devo dirti una cosa.”

“Cosa?”

Rimasi in silenzio qualche istante.

Non osare dirglielo. Non ti aiuterebbe.

“Luke mi sta tr-” fui interrotta dal suono del citofono, che ci fece trasalire. Ci guardammo. “È lui” dissi solo, mentre le lacrime salivano agli occhi. Lui annuì e mi abbracciò. “Ne parliamo dopo, va bene?” fece. Io annuii sulla sua spalla e ci alzammo, per andare al piano di sotto. Intanto, qualcuno aveva risposto, e Manuela era alla porta. La sua espressione non prometteva nulla di buono. “Manuela?” chiesi, dalle scale. Lei mi ignorò e aprì la porta a Luke, che fece per entrare, ma fu fermato. Il rumore dello schiaffo si sentì in tutta la casa e io rimasi allibita, ma mai quanto Luke. “Ma che…?!”

“Ti avevo detto che ti sarebbe arrivato uno schiaffo” rispose Manuela duramente. “Non mi avevi detto niente! Sono entrato ora!” fece lui, sconvolto. “Ah, e vuoi dirmi che tutti i messaggi di stanotte non sono nulla, eh?”

“Non ho letto i tuoi messaggi, va bene?! Ho spento il telefono!”

“Bene.” Lo spinse fuori e lo seguì, chiudendosi la porta alle spalle. Io e Michael ci guardammo. “La finestra di Carol dà sull’ingresso” dissi solo. Lui annuì e corremmo su per le scale, facendo irruzione nella camera che Ashton e Carol condividevano. Fortunatamente, era vuota. Aprimmo la finestra, facendo attenzione a fare silenzio, e ci sporgemmo di quel poco che bastava per sbirciare senza essere visti.

Luke e Manuela erano sui gradini dell’ingresso. Lui stava guardando il cellulare, probabilmente stava leggendo i messaggi di Manuela.

“Non capisco.”

“Nemmeno io, Luke. Non capisco nemmeno io.”

“Io non ho fatto niente!”

“Esatto! Non hai fatto niente, e lei aveva bisogno che tu facessi qualcosa! Qualsiasi cosa, Luke! Aveva bisogno di parlarti!”

“E allora fammi entrare! Fammi parlare con lei!”

“Sai, di solito non faccio così, ma tu risvegli l’omicida che c’è in me. Dimmi dove sei stato stanotte.”

“Ero a casa mia, va bene?! Non volevo imporre la mia presenza a Coralie.”

“E Diana?”

“Diana? Mi dici cosa c’entra?! Mi dici perché c’entra sempre?!”

“Diccelo tu.”

“Non la sento da ieri. L’ultima volta che l’ho vista, era in mezzo alla strada, con l’auto in panne. Probabilmente avrà trovato un hotel in cui passare la notte.”

“Dove eravate?”

“Non sono affari tuoi.”

“Bene.” Così dicendo, Manuela ritornò in casa e si chiuse la porta alle spalle, lasciando Luke fuori. Sentii la chiave che girava nella toppa, mentre Luke era troppo basito per fare qualsiasi cosa. Poi, si buttò contro la porta e ci sbatté contro i pugni. “Perché siete tutti contro di me?!” urlò, prendendo a pugni il legno. Continuava a gridare, ad ogni pugno corrispondeva un urlo.

“Ehi, tu” disse una voce anziana dal cancello. Io, Michael e Luke ci voltammo: era uno dei vicini. “Senti, ragazzo, devo chiederti di andare via.”

“Cosa?”

“Non so cosa tu sia, se uno stalker o una cosa del genere, ma non ti voglio nel mio quartiere.”

“Io qui ci abito!”

“Ah, davvero? Perché dal citofono sembra che questa sia la casa di tre ragazze.”

“Andiamo, lei mi vede ogni giorno, non…”

“Se non abiti qui, e la padrona di casa non ti vuole far entrare, è meglio che te ne vada.”

“Io… io non…” non riuscì a finire la frase: scoppiò a piangere, un pianto isterico, sconfitto, di chi non aveva più parole. “Devo chiederti dei andartene, giovanotto, se non vuoi che chiami la polizia” continuò l’altro, perentorio. “Coco, dobbiamo fare qualcosa” disse Michael. Io non risposi, mentre Luke iniziava a incamminarsi, a testa bassa, lungo il vialetto. Michael mi fece voltare verso di lui. “Andiamo, Coco. Hai appena detto che, fra tutti noi, salveresti lui. Sii coerente!” fece. Quando vide che non rispondevo, sbuffò e si alzò in piedi, mostrando la sua figura dalla finestra. “Aspetti, signor Smith! Luke abita qui per davvero!” urlò. “Non mi sembri una delle tre ragazze che vivono qui.”

“Sì, ma…”

“Se una di loro tre mi dirà che può rimanere, me ne andrò.”

“Coralie è in casa?” chiese Luke, ancora con voce rotta. Alzai lo sguardo e vidi che Michael annuiva, per poi indicarmi con un gesto del capo. “Non odiarmi, Coco” sussurrò poi. Io mi sedetti contro il muro, mentre le lacrime mi rigavano il viso. Luke dovette capire che ero lì, perché con voce spezzata disse: “Coralie… so che puoi sentirmi. So che non vuoi vedermi. Ma mi dispiace. Te l’ho già detto. Non volevo lasciarti lì. Non avrei mai voluto, te lo giuro! Io non… Ieri sera non sono tornato a casa perché… perché quell’abbraccio mi ha fatto capire che non avresti voluto. Non volevo costringerti a stare con me. per questo non sono tornato. È solo questo il motivo, te lo posso giurare qui e ora, su tutto quello che vuoi. Però a quanto pare ho sbagliato. Ho sbagliato ancora, Coralie. Mi dispiace. La verità è che ultimamente non riesco a farne una giusta, e più cerco di rimediare ai miei errori, più ne commetto. Scusami se non sono in grado di rimediare ai miei sbagli, scusa se ti stai sentendo male per colpa mia. Scusami di tutto. Ti prego, permettimi di parlare con te. Voglio chiarire, non ce la faccio più a stare così. Mi sento inutile, mi sento sbagliato. Ti prego. Sai che non ti avrei mai fatto del male, sai che non ne sono capace! Coralie, tu mi conosci, io… non ci riuscirei. Non potrei, sarebbe come fare del male a me stesso. Se non mi vorrai più vedere me ne andrò. Tornerò a casa mia, anche se ormai questa era casa mia. Tornerò dove ho dormito stanotte. Se non mi vorrai più vedere, non mi vedrai più. Ma ti prego, ti prego in ginocchio. Permettimi di rimediare.” Ormai né io né lui ci curavamo di fermare le lacrime. Rimasi ferma qualche secondo, non sapendo cosa fare. “Coralie” fece la voce ferma di Michael. Alzai lo sguardo e incontrai il suo, un po’ lucido. Si stava mordendo le labbra. “Coralie, fallo entrare” fece perentorio. Io non risposi e lui alzò gli occhi al cielo. “Andiamo, non aspettavi solo questo?!”

“Ho paura.”

“Anche io ho paura!” Michael si accovacciò accanto a me e iniziò a sussurrare per non farsi sentire da Luke. “Cosa credi, che io sia tranquillo?! Che non mi senta male mentre vi vedo fare così?”

“Perché dovresti sentirti male?”

“Tu come ti sei sentita quando Carol e Ashton hanno litigato?”

“Volevo fare qualcosa per rimediare.”

“Bene. Io sono come te, chiaro? Dannazione, Coralie, è qui sotto! Ti vuole parlare! Tutto quello che ha detto adesso, l’ha detto col cuore in mano! Non l’ho mai visto così, accidenti! Dagli una possibilità!”

“Se ne vada, figliolo” intimò ancora il signor Smith. “Sì, sto andando” sentii Luke rispondere, sconfitto. “Sai, Coco, questo sarebbe il momento perfetto per uno slancio di eroismo. So che c’è una persona coraggiosa dentro di te. Tirala fuori, sii abbastanza coraggiosa per affrontarlo. Hai detto che lo salveresti, no? E allora fallo. Perché sono sicuro che lui farebbe lo stesso” disse Michael.

Non starai davvero pensando di farlo, vero?

Al diavolo. Mi alzai in piedi di scatto, voltandomi verso la finestra. Luke stava già chiudendo il cancello dietro di sé. “Luke!” lo chiamai. Lui si voltò e sembrò che il tempo si fermasse, mentre mi guardava con gli occhi rossi. Sentii le lacrime montare, mentre dicevo: “Non andare, per favore.” Suonò più come una supplica, ma non m’importò. Lui non mi sorrise: annuì soltanto e abbassò lo sguardo, tornando dentro. “È tutto a posto, signorina?” chiese il signor Smith, dubbioso. Io annuii in fretta e lui sembrò rilassarsi. “Allora buona giornata” fece, incamminandosi lontano lungo la sua strada. Intanto, Luke era arrivato sotto la porta. “Mi apri, per favore?” chiese ad alta voce, per farsi sentire da me. Io annuii e feci per scendere al piano di sotto, ma Michael mi fermò, tenendomi per un polso. “Coco?”

“Sì?”

“Grazie.” Io rimasi sorpresa mentre lui mi abbracciava. “Sai, ho avuto il terrore che lo avresti lasciato andare.”

“Anche io” dissi solo, senza pensarci.

Avresti fatto bene.

***

Aprii la porta e mi ritrovai Luke davanti. “Ciao” disse solo. Io lo salutai a mia volta e ci guardammo per un po’. “Intendi farmi entrare, o deve tornare il vicino?” chiese dopo quello che mi sembrò un secolo. Io scossi la testa e mi scansai, mentre lui superava la soglia. “Hai già fatto colazione?” chiese. Io scossi di nuovo la testa. “Bene, perché non l’ho fatta nemmeno io. Andiamo?” si sforzò di rivolgermi un mezzo sorriso, come se volesse fingere che fosse tutto normale, anche se non era così.

Andammo in cucina e io mi lasciai cadere sulla sedia, mentre lui apriva la credenza. Sentii il rumore di una busta di plastica aperta e in pochi secondi mi arrivò addosso una zaffata di profumo di lampone. Non dovetti nemmeno voltarmi per capire da dove veniva: Luke stava preparando un infuso che sapeva essere il mio preferito. Ricordai con un mezzo sorriso un episodio in cui lui me ne aveva preparato una pentola intera, solo per tirarmi su il morale. Era il nostro tè del buonumore.

In qualche modo, quel piccolo gesto riuscì davvero ad avere un effetto positivo su di me.

Dopo otto minuti esatti, si sedette di fronte a me, porgendomi la tazza di vetro che sapeva piacermi tanto. “Zucchero?” chiesi. “Già messo. Tre cucchiaini.”

“Grazie.” Era esattamente la mia dose solita. Non sapevo perché, ma quel suo comportamento mi scaldava il cuore. Come se davvero ci tenesse a me.

Sai che ti sta illudendo.

Allora avrei accettato l’illusione. Tutto, pur di dimenticare quello che stava succedendo.

“Ti va di parlare?” mi chiese a bassa voce. E tanti saluti al piano di dimenticare. Perché mi voleva parlare? Aveva fatto tutto quello per dirmi che in fondo ero meglio io di Diana?

Assurdo.

Già. Probabilmente aveva intenzione di dire che aveva sempre preferito lei, e mi stava lasciando.

Vedo che inizi a ragionare come dovresti.

“Va bene. Ma non so di cosa dovremmo parlare.”

“Che ne dici di iniziare da ieri sera?”

Mandalo via. Dagli ragione, liquidalo. Umiliati. Tanto sei abituata.

“Non c’è niente da dire. Sei arrivato in ritardo, non è colpa tua. Sono io che probabilmente sono vicina al ciclo, e ho poca pazienza. Forse era il freddo, o il fatto che quel cameriere mi aveva proprio scocciata. Ma davvero, non hai fatto nulla.” Dire quelle cose faceva un male cane. “Ieri non eri di questo parere.”

“Sì, beh… si cambia idea.”

“Coralie…” si sporse sul tavolo e mi prese le mani. “Non fare finta che non ti importi. Ti prego. Mi ricordo quello che hai detto. So anche io che mancano solo dieci giorni. Davvero credi che io non ci stia male?”

Bugiardo.

“No, non credo questo” mi sforzai di dire. Ricordai quello che mi aveva detto Michael e evitai di guardarlo negli occhi. Lui rimase in silenzio qualche istante. “Ti amo. Lo sai, vero?” chiese poi.

No, non è vero.

“Anche io” mi costrinsi a non piangere. Luke si alzò e mi raggiunse. Mi fece alzare a mia volta e mi abbracciò, stringendomi e affondando il viso nel mio collo. Io ricambiai automaticamente, ormai abituata a restituire quel gesto. Tutto era così familiare, con lui… come avrei fatto a rinunciarci?

Dovrai farlo.

Sì, lo sapevo. Ed era quello che mi faceva male.

“Mi dispiace, Coco. Cercherò di essere migliore, la prossima volta, okay?” fece. Io annuii senza dire nulla e lui tornò ad abbracciarmi. “Grazie per aver capito” sussurrò solo.

***

Era passata qualche ora, e di Diana ancora nessuna traccia. Nessuno l’aveva vista o sentita, in casa.

Diciamo che non avevano visto o sentito nemmeno me. Il motivo? Mi ero nascosta. Avevo detto a Manuela che sarei andata a fare un giro, mentre in realtà ero sdraiata sul tetto. Ero piuttosto scomoda, a dire il vero, con la schiena appoggiata alle tegole, e avevo freddo, ma non ci volevo fare caso: mi stringevo nel giubbotto pesante e pensavo ad altro. Di fianco a me, ormai, il cellulare si stava scaricando, mentre ripeteva per l’ennesima volta le note di Everything has changed, di Taylor Swift e Ed Sheraan. Quando avevo trovato per la prima volta quella canzone, ero sicura che qualcuno volesse uccidermi. Insomma, mettere insieme due dei miei cantanti preferiti? Brutto scherzo, davvero un brutto scherzo per le mie emozioni instabili.

Come back and tell me why

I’m feeling like I’ve missed you all this time

And meet me there tonight

And let me know it’s not all in my mind…

Quella canzone parlava di un cambiamento in meglio, ma io riuscivo solo a sentire il lato negativo delle tre parole che componevano il titolo.

Everything has changed.

All’improvviso, sentii il rumore da dentro casa di un citofono che suonava. Che fosse tornata?

Mi voltai sulla pancia e strisciai fino al bordo del tetto, spiando la scena sotto di me. Sì, i capelli rossi erano inconfondibili. Qualcuno aprì il cancello e lei entrò. A metà strada, però, la porta si aprì e qualcuno corse fuori. Diana si ritrovò fra le braccia di Luke. “Eccoti, finalmente! Non hai idea della paura che mi hai fatto prendere… perché non rispondevi al telefono? Stai bene? È successo qualcosa?” chiese Luke apprensivo. Diana non disse niente, ma indicò con un gesto un punto dietro di lei. Io seguii il suo sguardo e mi sentii quasi male alla vista: lei era lì, in piedi, in tutto il suo metro e sessanta di cattiveria arcigna.

Gargoyle.

“Hellen, che… che piacere vederti!” fece Luke, chiaramente contento di vederla quanto me. “Anche io sono molto felice di vederti, Lucas. Oh, vedo che tu e Diana andate ancora molto d’accordo… dov’è la tua ragazza? La tipa stramba?” Digrignai i denti, mentre sentivo la voglia di staccare una tegola e tirargliela in testa. Ahimè, non avevo mai avuto buona mira. Avrei potuto colpire Diana, o Luke. O Diana.

Improvvisamente, l’idea era molto allettante.

“Coco è uscita, non so quando tornerà” fece Luke, fingendo un tono gioviale per mascherare il suo nervosismo. “Oh, ma davvero? Allora credo proprio che quello sul tetto sia un ladro” fece con nonchalance Hellen. Mi scappò un’imprecazione, mentre mi tiravo indietro velocemente; troppo tardi; Luke e Diana mi avevano già vista. “Coralie? Che ci fai lassù?” chiese Diana.

Sei ancora in tempo per lanciare una tegola, sai?

“Non tentarmi”, pensai solo. “Aspettate, vado a prenderla” sentii Luke dire.

Forse se ti butti tu fai prima.

Già.

Passò qualche secondo, poi la finestra della mansarda si aprì, mostrando Luke. “Coco? Perché sei quassù, piccola? Non avevi detto che saresti uscita?” mi chiese. “Non voglio tornare in casa se c’è anche l’arpia” dissi decisa, mettendomi a sedere. “Nemmeno io la vorrei intorno, ma non possiamo farci più di tanto. Spero solo che se ne vada in fretta.”

“Lasciando qui Diana?”

“Beh, possibilmente.”

“Già” feci, abbassando lo sguardo.

Che ti aspettavi?

“Piccola, vieni dentro, si gela” mi chiamò Luke. “No, sto bene” feci perentoria. Luke sospirò mi raggiunse. “Non mi convincerai a rientrare” lo ammonii. “Io non voglio convincerti, voglio trascinarti” fece lui tranquillo, prendendomi un polso. “Non è esattamente il posto migliore per giocare, sai?”

“E allora non opporre resistenza, no?” fece con un sorrisetto. Alzai gli occhi al cielo. “Andiamo, piccola, hai le mani gelate. Sei stata fuori un’ora e mezza, come fai a non essere ancora congelata? Vieni dentro, devi scaldarti. Sei in pigiama, hai solo un giubbotto!” protestò. Io non mi mossi e lui si sedette di fianco a me. Mi mise una mano sulla guancia e mi costrinse a guardarlo. “Piccola, io… aspetta un momento” fece, spostando velocemente la mano dalla guancia alla fronte. Scosse la testa e appoggiò le labbra dove un attimo prima c’era la sua mano. “Adesso tu vieni dentro senza fare storie, d’accordo?” disse, senza l’inflessione giocosa di prima. “Perché?”

“Perché spero di sbagliarmi, ma credo tu abbia la febbre.”

“Oh, grandioso” sbottai.

***

Luke mi aveva praticamente portata di peso fino in camera mia, mi aveva tolto il giubbotto e mi aveva infilata sotto le coperte. “Non muoverti, va bene?” aveva detto, mentre andava a cercare un termometro. In quel momento, eravamo entrambi ad aspettare, mentre io tenevo stretto il termometro sotto il braccio. “Perché sei salita sul tetto?” mi chiese lui. Feci spallucce. “Non avevo voglia di vedere gente.”

“E perché non ci hai detto che eri sul tetto?”

“Perché avreste saputo dove trovarmi.”

“Touché” fece lui. Aspettammo ancora qualche secondo, poi lui mi scostò gentilmente la mano dal braccio e prese il piccolo termometro rosso. Lo guardò con fare critico qualche secondo, prima di dire, scocciato: “Perfetto. Sei proprio un fenomeno, sai?”

“Quanto ho?”

“Quasi trentanove.”

Sbuffai sonoramente. “È inutile che sbuffi, te la sei cercata” disse lui, mettendo via il termometro. “Non è colpa mia!”

“E di chi è, allora?”

Io non risposi e incrociai le braccia. Lui si voltò verso di me e mi vide così. “Piccola, dai, non fare così… scusa se mi sono arrabbiato” disse dolcemente, prendendomi una mano e stringendomela. “Vedrai che ti passerà in fretta. Però promettimi una cosa.”

“Cosa?”

“Niente più escursioni pomeridiane sul tetto quando c’è vento freddo.”

“E se fossero mattutine?”

“Coralie!”

“Okay, okay. Prometto.”

“Brava.” Lui mi sorrise e mi lasciò un bacio sulla fronte, prima di uscire. Mi lasciai sfuggire un piccolo sorriso. Il fatto che si stesse comportando in quel modo mi faceva quasi sentire come prima. Come se fossi importante, per lui.

Ma non è così.

 

 

 

*Angolo autrice*

Mhm, okay, capitolo corto e tutto quello che volete, però sono stata veloce, no? Non ho molto da dire, se non una cosa: qualche teoria su come andranno a finire le cose? RAELEEN E MISS ONE DIRECTION, SAPETE GIÀ COSA STO PER DIRVI.

Non ho nient’altro da dire. Poco loquace, alle due meno venti di notte.

Alla prossima!

Ranya

 

  
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