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Autore: _Atreius_    19/08/2015    1 recensioni
Non c’è davvero speranza. Eppure … chi ha mai detto che anche loro non abbiano qualcosa di cui andare fiere? Le americane pestano ritmicamente sulla stradina di terra battuta, piuttosto dubbiose.
- Senti bello, non ho tempo di guardare il cielo se è questo che intendi. –
Ma no, decisamente no. Non hanno nulla che valga la pena mostrare ad altri, proprio per niente.

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Avete mai pensato di vedere le cose da una prospettiva diversa, magari... quella delle vostre scarpe?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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             AMERICAN STAR

 
Un calcetto ad un sasso. Tonk!
Un altro calcetto sempre allo stesso povero sasso, che ormai ha fatto venti metri rimbalzando sull’asfalto. Tonk!
Che schifo di vita. Tonk!  Che schifo di mondo. To-
Il sassolino ha incontrato sul suo triste cammino un’altra scarpa. Ẻ una scarpa tutta lucida e pulita, nera, con i lacci perfettamente annodati e della stessa lunghezza. Fa un po’ strano vederla affiancata a una vecchia sneaker ormai mezza scolorita e con la punta rovinata.
Accidenti, è proprio una bella scarpa e la sua gemella deve esserlo altrettanto; come si fa a non ammirare qualcosa di così perfetto? Be’, ad esempio se sei una scarpa che tra poco perderà la suola, perché il proprietario continua a strusciarla per terra, con i lacci annodati in fondo e di un indefinito color fango a furia di sfregarli e contorcerli. Se sei una scarpa del genere è inutile provare ammirazione per un’altra molto più bella e curata: non riuscirai mai a raggiungerla e le probabilità di poter competere sono irrisorie, addirittura sotto zero.
La sneaker indugia ancora un po’ accanto a quella specie di specchio ambulante, poi trova un altro sasso e riprende il proprio cammino. Tonk! Tonk! fa la pietruzza sul fondo stradale, rimbalzando ritmicamente.
Ma dove eravamo? Ah, certo! Ci eravamo fermati al “Che schifo di mondo”.
Tonk!
<< Ehi, ragazzino! Torna un po’ qua. >>
La scarpa si ferma, tentata di tirare ancora un colpetto a quel martire di un sasso. Batte a terra di punta, indecisa sul da farsi, poi si volta e con la sua sorellina torna di nuovo al cospetto delle lucide calzature a specchio. Leggermente irritata e un tantino impaziente.
Dovrebbe proprio essere sistemata: è così triste, tutta grigia e sciupata! Se ne rende conto solo ora, dinnanzi a quella coppia così austera di gemelle nere e impettite.
<< Che hai da rompere? Se cerchi rogne ti casca male: non sono in vena di prendere a botte nessuno oggi, nemmeno uno in giacca e cravatta. >>
Tensione. Le sneaker hanno ancora più timore a stare accanto alle lontane parenti color pece. Non vedono l’ora di poter fuggire via, fosse anche spiaccicando una gomma o finendo nella piccola pozzanghera fangosa a pochi centimetri di distanza. D’altro canto, le altre due sorelle non fanno nulla per diminuire il disagio; semplicemente stanno lì e aspettano, incuranti di quelle scarpe da ginnastica così vissute e altamente poco eleganti.
<< Non sono venuto per farmi prendere a pugni. Sono venuto per te. >>
Il senso di irrequietezza cala, sostituito da una curiosità mascherata dietro una diffidenza ostile. Forse le congiunte italiane stanno per fare la loro mossa e invitare le due americane da qualche parte! Se è così dovrebbero pulirsi almeno un po’: non è bello sfigurare con i propri cugini, anche se sono di un grado così distante da abitare dall’altra parte dell’oceano e vederli ogni dieci anni.
<< Ho il compito di mostrarti qualcosa di speciale. >>
La sorella di sinistra struscia dubbiosa sull’asfalto del marciapiede. Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio, dice il proverbio. Quella di destra preferisce non esprimersi: è piuttosto indecisa sul da farsi e le sfolgoranti italiane la mettono un po’ in imbarazzo, così resta immobile.
<< Stupiscimi allora. Tanto non ho niente di meglio da fare. >>
Invito accettato, anche se con un po’ di battibecco. Alla fine America e Italia si trovano a camminare fianco a fianco, le seconde evitando accuratamente qualsiasi massa non meglio identificata si pari loro davanti, le prime desiderando che il proprietario non le conduca su impervi cammini quali scalate di ghiaino, attraversamenti di erbacce e guadi di pozzanghere non molto asciutte, quanto piuttosto acquitrinose, tanto che non si meraviglierebbero se spuntasse una rana.
<< Tu odi il mondo e pensi che la vita faccia schifo, non è così? Correggimi se sbaglio. >>
Pieno assenso aleggia nell’aria. Anche le sneaker odiano un po’ il mondo e la propria esistenza, perché ovunque vadano c’è sempre qualche coppia di prozii o parenti di ogni sorta, tutti più presentabili e curati di loro due, e per questo si sentono sempre disprezzate e umiliate.
Si chiedono ancora come facciano le gemelle italiane a sopportare la loro vicinanza così stretta.
<< La mia vita FA schifo. Non succede mai niente, ogni mattina è sempre la stessa storia … Scusa tanto se mi viene il voltastomaco al solo pensiero! Mica siamo tutti dei riccastri felici come te. >>
Eh già. Mica tutti sono delle scarpe firmate, luccicanti e patinate con i laccetti simmetrici e l’asola dello stesso diametro, i passanti perfettamente rotondi e le rifiniture che meglio di così non si può!
Le due americane si fermano di botto, consapevoli di non essere all’altezza sebbene abbiano ricevuto un invito ufficiale. Vogliono davvero continuare a procedere e sentirsi a disagio sempre di più ad ogni passo? La compagnia di quelle cugine un po’ snob, però, è una manna dal cielo … Per una volta che qualcuno si accorge anche di loro!
<< Hai mai provato a cambiare prospettiva? Invece di guardare in basso, guardare in alto? >>
Guardando in su si vede solo il marchio ormai quasi del tutto invisibile. Forse erano Nike, di quelle alte alla caviglia, ma non si capisce più molto bene … Le sorelle made in Italy al contrario hanno ancora la piccola targhetta luccicante, anche se non è che serva davvero: bastano le cuciture
finissime fatte col filo migliore sul mercato per dimostrare che sono scarpe di alta classe.
Non c’è davvero speranza. Eppure … chi ha mai detto che anche loro non abbiano qualcosa di cui andare fiere? Le americane pestano ritmicamente sulla stradina di terra battuta, piuttosto dubbiose.
<< Senti bello, non ho tempo di guardare il cielo se è questo che intendi. >>
Ma no, decisamente no. Non hanno nulla che valga la pena mostrare ad altri, proprio per niente.
Meglio andarsene. Stanno per tornare a calcare le proprie impronte, ma evidentemente le sofisticate gemelle nere non sono dello stesso avviso e le invitano a restare, bloccando loro il cammino. Chiaramente pensano che qualcosa invece ci sia, un po’ nascosto in profondità magari, e che occorra solo riflettere qualche momento per capire di cosa si tratti.
<< Prova, non te ne pentirai. Un minuto soltanto e poi se vorrai andartene potrai farlo. >>
D’accordo, in fondo fermarsi a meditare non ha mai fatto del male a nessuno. Le sneaker fanno un altro paio di passi e sulla cima della collina si bloccano tra l’erba, senza essere strusciate l’una sull’altra come di solito succede quando il proprietario si ferma da qualche parte, sia in strada sia al supermercato, sia in libreria sia al negozio di videogiochi dell’angolo. Succede anche quando porta a spasso il cane.
Chissà cosa potrebbe essere quella qualità nascosta.
<< Tutto qua? Io vedo solo un mucchio di puntini luccicanti. >>
Ancora niente, proprio zero assoluto. L’irritazione per questa sconfitta comincia a farsi sentire: ecco che le punte iniziano a sfregare il terreno. Ma cosa diavolo potrebbe mai essere questa cosa che dovrebbero trovare?! Le cugine italiane sono proprio decise a dar loro una mano, nonostante all’inizio fossero così fredde e poco gentili.
<< Perché non guardi nel modo giusto. Devi guardare oltre gli schemi, senza fermarti alle apparenze. Prova di nuovo. >>
Va bene, un ultimo tentativo. Questa volta la tensione è ancora più palpabile, le americane sono così immerse nel ponderare che non si rendono nemmeno conto dei bagliori sprigionati dalle loro parenti che si allontanano silenziose. Stanno pensando e non devono essere disturbate.
Ẻ una riflessione profonda, che richiede tempo.
Iniziano a credere che oltre l’apparenza ci sia davvero qualcosa da mostrare con orgoglio. Forse il “colore” unico? Mmmm … no. Allora la forma! … Niet, nemmeno questa. Potrebbe essere la piccola macchia di candeggina su un lato! … Nein, impossibile.
Ma cos’è?! Cominciano a stancarsi di nuovo e vorrebbero colpire la terra umida. Però …
<< Sono stelle … >>
C’è un piccolo pendente a forma di stella legato ad un laccio, ad essere sinceri attaccato lì solo perché il tessuto non si sfilacci irrimediabilmente. Devono essere secoli che sta appeso infondo al laccio destro della scarpa sinistra al posto del fermo di gomma, ormai chi se lo ricordava più?
Le congiunte di marca tornano sui loro passi, sicure che ormai la meditazione sia terminata.
<< Proprio così. Guarda ancora. >>
Un passo è stato fatto, adesso un altro. Forza, ce la possono fare. Quella piccola stellina arrugginita è qualcosa che nessuna altra scarpa ha, è qualcosa di unico, che le rende a loro modo speciali. Bisogna solo che se ne rendano conto per davvero, che prendano coscienza di quanto faccia di loro due un gran bel paio di sneaker degne di nota e della compagnia delle altre cugine.
<< Lassù c’è vita, io sono vita … Stai dicendo forse che sono una stella? >>
La brillanti parenti pece ammiccano, incoraggianti. Sì! Sì, la strada è quella giusta! Manca solo un ultimo ostacolo da superare. Avanti … Dai! Manca così poco ormai! Un minuscolo steccato da oltrepassare e poi …
<< Mai sentito il detto “Noi siamo figli delle stelle”? Pensaci, pensa al tuo nome. >>
Il nome. Nike, la dea greca della vittoria. Vittoria, vincere. Battere ogni strada, ogni cammino, tutti i sentieri più impervi fino a raggiungere la vetta.
Fino a solcare l’infinito.
Perché anche loro, anche le due insignificanti e anonime sorelle americane piene di macchie, graffi e mezze distrutte, possono farlo. Posso essere quello che non sono mai state fino ad allora.
Questa sì che è una sorpresa. Cavoli, chi l’avrebbe mai detto? Loro due, qualcuno?
<< “Figli delle stelle” hai detto? >>
Invece è proprio così. Ancora è piuttosto difficile accettarlo come se niente fosse. L’idea di essere speciali … di essere parte del mondo, è complicata per chi del mondo non si è mai interessato granché. Allo stesso tempo, però, è una bella sensazione; cominciare ad avere la consapevolezza che non devi più sentirti inferiore al tuo cugino mondano di città.
Le gemelle statunitensi sono alquanto sbalordite, non capiscono bene come debbano comportarsi in una situazione del genere, così stanno ferme: questa volta il loro proprietario non le struscia l’una contro l’altra. A quanto pare, anche lui ha qualcosa di importante a cui pensare.
Qualcosa che gli impedisce di comportarsi come farebbe di solito.
I lucidi laccetti neri delle sorelle italiane ammiccano: il lavoro è finito, non c’è più bisogno che restino lì. Si preparano ad andarsene.
<< Figli delle stelle. Siamo tutti stelle in fondo al cuore: tu, io, il mondo intero. Devi solo guardare più in là e allora potrai brillare oltre il grigiore che vedi nella tua vita. >>
Questo proprio non se lo aspettavano. Continuano a rimanere ferme, stupite della loro particolarità, dell’essere nate per conquistare continue vittorie, di avere in fondo al cuore di gomma e stoffa una stella. Meravigliate del bagliore improvviso che emanano.
Meravigliate di se stesse.
Loro, delle insignificanti sneaker lì lì per tirare le cuoia, maltrattate e mai curate a dovere, il logo illeggibile e i lacci rovinati, ma con quella piccola stellina sfregiata dalle intemperie appesa lì.
Il piccolo astro che le rende uniche al mondo e inimitabili, persino dalle distinte gemelle italiane, che pure sono tutte tirate a specchio e senza alcun granello di polvere.
A proposito, dove sono?
<< Aspetta, ho una domanda. >>
Eccole che ritornano. Volevano andarsene zitte zitte a passo felpato per non spezzare l’incantesimo che quell’improvvisa consapevolezza aveva creato. Le americane spazzano il terreno, quasi intimorite di perdere ciò che hanno appena trovato dopo tutta una vita passata nel nulla.
Le punte nere sono lì davanti, in attesa. La superficie è così lucida che ci si può vedere riflesso il brillio dei corpi celesti.
<< Dimmi. >>
L’esitazione è palpabile, ma occorre cancellare ogni dubbio. Le scarpe da ginnastica tornano immobili, piantate davanti a quelle così eleganti che hanno mostrato la strada fin lassù.
<< Perché? >>
Le estremità dei lacci fanno un cenno divertito e girano su se stesse, portando le italiane un po’ più lontano, senza dare una risposta.
D’altronde, loro sono delle semplici calzature, fatte in serie, uguali a milioni di altre.
La stellina di metallo scintilla sullo strato di patina che le rende così lustre.
<< Non esiste un perché. Tutti nella vita prima o poi alzano lo sguardo. Tu avevi solo bisogno di un piccolo incoraggiamento. >>
Ẻ venuta l’ora di salutarsi, forse per sempre. Le sensazioni e le scoperte, però, non svaniranno mai del tutto: si proverà sempre un senso di meraviglia nel sapersi unici in un mondo omologato e grigio, nell’avere la certezza che non sei un “qualsiasi”, bensì un “Qualcuno”.      
Le punte rovinate delle sneaker fanno un passettino, un rapido gesto di commiato, dando un colpetto gentile alle gemelle italiane.
<< Ehi e questo per che cos’era?! >>
I lacci fremono e freme anche il pendente a forma di stella. Arretrano un po’, divertite. Ora anche le cugine d’oltreoceano hanno qualcosa di unico che le ha colte di sorpresa: un bello stampo su quella loro insopportabile patina luccicante!
Che andrà via con una passata di spazzola.
<< Per avermi chiamato ragazzino. Ho un nome e penso che tu lo conosca bene. >>
Sorpresa mal simulata. Non ci cadrebbe nemmeno una scarpetta da neonato, le cuginette più giovani e inesperte. Sembrano tanto morbide e carine, ma sul più bello fregano anche le anziane pantofole. C’è da perdere la suola, con quelle scarpettine. Altroché.
<< Sospetto che non sarebbe stato lo stesso, se l’avessi usato. Adesso è giunta l’ora che io vada. >>
D’accordo. Bisogna veramente salutarsi. Punte contro punte, nessun paio di scarpe si muove. Sembra un po’ l’eco del loro primo incontro, con la differenza che adesso le statunitensi non sono più in soggezione al cospetto delle italiane: ancora molto incredule, ma con un senso di completezza tutto nuovo.
Sanno di appartenere al mondo e di essere uniche così come sono.
Non serve a niente curarsi e risplendere solo in superficie per distinguersi da altri, se il modello di base è uguale per tutte le scarpe: devi vivere per poter brillare.
Devi alzare lo sguardo per poterti stupire.
<< Ricorda il tuo nome e guarda nell’Infinito. Guarda nell’Infinito e non smettere mai di spingerti oltre lo schema che vedi, perché è solo oltre quella barriera che troverai la fonte della meraviglia.
 Addio, Astér. >>
Questa volta le gemelle color pece si allontanano definitivamente. Non ha più senso restare.
Per qualche strano motivo, però, capiscono che non possono più seguirle, non possono più trattenerle: è davvero finita. 
<< Prima di andare … chi sei? >>
Stasi totale. L’unica cosa che si muove è il brillio color rame della piccola stella in fondo al laccio destro della sneaker sinistra. La lucentezza sprigionata poco prima dalle italiane si affievolisce a poco a poco, finché della coppia di impettite gemelle nere non resta altro che una lieve impronta sul terreno.  Così leggera che sembra non siano mai state lì.
<< Sono ciò che ti è sempre mancato: la capacità di stupirti del mondo, la meraviglia che ti ostinavi a non voler scorgere e provare, la luce che ha spazzato via le tenebre dalla tua esistenza. >>
Addio, Astér. Addio, piccola stella che ha scoperto la meraviglia nella semplicità dell’Universo.
  
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