Anime & Manga > Lady Oscar
Ricorda la storia  |       
Autore: VeronicaFranco    19/08/2015    17 recensioni
Bernard Chatelet è un giovane irruento e rancoroso, quando scopre in André e Oscar una generosità fuori dal comune. Ferito gravemente, riceve protezione nella casa che Rosalie condivide con Madame Lucille. Ma in lui ancora si agita il passato, e l'ombra del Cavaliere Nero incombe inesorabile: saprà compiere, Bernard, il salto che fa di un ragazzo un uomo?
Dedica speciale: a Ilanak!
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bernard Chatelet, Rosalie Lamorlière
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Rivoluzioni'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
– Non pensavo mi avresti lasciato andare. Grazie.
– Se devi ringraziare qualcuno, ringrazia André.
– Come, André?
– Già. E se permetti, credo si sia dimostrato più uomo lui del Cavaliere Nero.



***

La carrozza si fermò bruscamente. Bernard si svegliò in un ansito strozzato. Prima di lui, si era svegliato un dolore violento al petto e alla spalla, estremità di una ferita che lo percorreva da parte a parte. La portiera si aprì subito dopo, e da essa sbucò la faccia del conducente, piuttosto serio in volto.
– Da qui in poi non posso proseguire.
– … perché?
– La via dove dovete andare è oltre quest’angolo. Ma è troppo stretta, e la carrozza non passa.
L’uomo aveva parlato in fretta, e rivelava, nei toni, una certa ansia. Tsk, pensò Bernard. Questo ha voglia di tornare a casa, altro che scortarmi. Quel Colonnello femmina deve passargli una buona pagnotta…
– … lascia stare. – disse bruscamente. – Proseguo a piedi…
– Ve la sentite?
– Sì, sì, torna pure a casa… e dammi del tu, non sono un dannato nobile…
Bernard si mosse, cercando di ignorare la fitta lancinante che gli veniva dal petto e dalla spalla. Un bel buco, frutto di una pallottola sparata ad arte: non l’aveva ucciso, ma l’aveva immobilizzato per giorni. E anche in quel momento gli impediva i movimenti, sì che se si fosse trovato nei guai, l’avrebbero preso in men che non si dica.
Se fossero stati popolani, avrebbe potuto dire che era uno di loro. Non gli avrebbero creduto facilmente, a vederlo scendere da una carrozza, ma lui avrebbe potuto chiedere l’intercessione dei suoi amici; inoltre, conosceva a menadito tutte le sofferenze seminate tra i vicoli di Parigi come roveti affamati di sangue. Non ci avrebbe messo molto a far valere le sue ragioni, grazie alla sofferenza che egli stesso condivideva da una vita con la povera gente.
Ma se fossero stati nobili a intercettarlo, guardie di qualche tipo? Gli ripugnava invocare ancora la protezione del Colonnello donna. Anche se le doveva la vita, non poteva tornare da lei con la coda tra le gambe.
Il conducente l’accompagnò fuori dall’abitacolo, e fu l’ultima cortesia che gli concesse. Poi ripartì al galoppo, lasciandolo completamente solo nell’ombra della sera.

Bernard si appoggiò al muro e avanzò lentamente, pallido riflesso del giovane gagliardo che si era sentito di essere con quei panni addosso.
Perché già, il Colonnello l’aveva lasciato con gli abiti scuri, come a rimarcare chi lui fosse, anche se non aveva avuto alcuna remora a nasconderlo perfino al Generale Jarjayes.
– Al diavolo. – ringhiò Bernard, respirando affannosamente. Anche stare in piedi era un'impresa. – Penserò a lei più tardi. Ora devo trovare… quella casa…
In realtà, non gli ci volle molto. Il vicolo era quello giusto, e poche erano le porte che vi si affacciavano, una più povera dell’altra. Bernard cercò il segno che, secondo quanto gli era stato detto da Oscar, le donne della casa avevano lasciato fuori dalla porta per lui. Eccolo: un nastro rosso attorno alla maniglia.
Bernard prese un respiro, bussò.
Attese qualche minuto, ma non ricevette risposta. Guardò oltre, la finestra del pianterreno e quella del piano di sopra. Le imposte erano tutte chiuse, povere e logore di muffa: il legno aveva patito le piogge continue di quell’inverno implacabile.
Provò a bussare più forte. Accostò l’orecchio alla porta, e attese ancora. A un tratto, udì un suono di passi leggeri, appena appena percettibili attraverso lo stipite. Qualcuno si era fermato, dall’altra parte; e nell’improvviso silenzio che seguì, composto, da entrambi i lati, di fiato trattenuto, orecchie tese e molta esitazione, Bernard si sentì incomprensibilmente agitato.
– Chi è? – disse una voce di ragazza, vicinissima: anche lei doveva essersi accostata al legno, per sentire meglio.
Bernard si allontanò dalla porta per dire il proprio nome, privo, però, di cognome.
Dall’altra parte, di nuovo un attimo di silenzio. Poi scattò una serratura, e dalla fessura Bernard intravide un paio d’occhi luminosi, accesi di un sospiro di candela.
– Mi manda lei. – sussurrò lui, subito versando quella rivelazione nello spazio franco che si era creato al confine dell’ignoto.
La ragazza socchiuse gli occhi, e nonostante gli mostrasse solo uno scorcio di viso, Bernard notò un sorriso fugace, un brillio diverso nelle sue pupille.
– Siete Bernard… Chatelet? – sussurrò anche lei.
– Sì.
La porta si aprì di colpo, lasciandogli lo spazio necessario. Bernard si guardò intorno, come se dovesse aspettarsi un agguato; poi, appoggiandosi come poté, si intrufolò dentro. La ragazza fu lesta a richiudere dopo di lui.
Bernard si ritrovò in un piccolo ambiente dall’odore stantìo. Non c’erano finestre in quell’atrio, solo vari oggetti (scodelle, pentole dall’aria abbandonata), e più avanti una porticina che immetteva in un corridoio.
– Venite con me. – fu l’invito di lei.

Tre porte, per quel corridoio: la ragazza si diresse con sicurezza verso quella in fondo, ignorando le prime due. Da una di esse, subito dopo il loro passaggio, sbucò una signora dal volto paffuto, che prese a squadrare il nuovo venuto con tanto d’occhi.
– È lui, Rosalie?
– Sì, Lucille.
– In effetti, non ha una bella cera. – disse la donna, e Bernard riconobbe il dubbio nei suoi occhi e nella sua voce. – Ti aiuto a sistemarlo… avete bagaglio, signore?
– … no. – disse Bernard.
– … no? Rosalie… ma… – la voce di Madame Lucille suonò preoccupata. – … la tua amica… aveva detto che ce l’avrebbe mandato fornito di tutto… l’occorrente… lei sa in che condizioni siamo, e una terza bocca da sfamare…
– Va tutto bene, Lucille. – assicurò Rosalie bruscamente, aprendo la stanza in fondo al corridoio, senza voltarsi. – Me ne farò carico io… ho messo da parte qualcosa, in questi ultimi giorni. Tu torna a dormire… basto io, qui.
Madame Lucille borbottò qualcosa di incomprensibile, poi rientrò nella sua stanza.
Bernard, a quel punto, si sentì mortificato.
A dire il vero, avrebbe dovuto avere qualcosa con sé. Oscar l’aveva rifornito anche di una borsa. Ma, vuoi per la fretta, vuoi per volontà di non esserle debitore oltre il necessario, Bernard non l’aveva portata con sé, e il conducente della carrozza non gliel’aveva fatto presente. Dentro c’era del denaro, evidentemente. Denaro che serviva per il suo sostentamento.
– Cercherò di ripagarvi quanto prima. – biascicò, confuso e dolorante; stare in piedi troppo tempo gli riusciva ancora penoso. Si sentiva sempre più debole.
Rosalie portò la candela a rischiarare la piccola stanza dove l’aveva condotto.
– Non datevi pensiero di questo, adesso. Questo è il letto dove dormirete. – disse ancora lei, posando la candela su una cassetta di legno a fianco del letto. – Cambio le lenzuola. – aggiunse, e si mise all’opera.
– Lasciate stare… – disse Bernard, puntellandosi a una sedia lì accanto. – Vanno bene quelle che ci sono… – aggiunse, ma Rosalie arrossì immediatamente.
– Oh, no! – protestò vivacemente. – Abbiate un attimo di pazienza. – poi, con una nota di dubbio: – Volete dell’acqua? Qualcosa da mangiare… ?
– No… sto bene. – disse lui, ormai pallido e sfinito. La carrozza, la passeggiata forzata e tutto quello stare in piedi l’avevano condotto al limite. Se ne accorse, e ne provò fastidio.
– Allora sedetevi… ho quasi finito.
Bernard si accomodò con movimenti incerti e scattosi, ricadendo sulla sedia con un rantolo di dolore. Rosalie gli lanciò un’occhiata attenta, poi tornò a dargli le spalle e occuparsi del letto.
Bernard la osservò in silenzio. Da quando era entrato, aveva avuto una sensazione strana, al cospetto di quella ragazza dagli occhi gentili. Era oltremodo graziosa, una figura esile ma formosa, un viso dai lineamenti molto dolci e belle, piccole labbra. Capelli raccolti, che brillavano d’oro alla luce lieve della candela; mani piccole e sapienti nel loro lavoro; piedi calzati di poveri zoccoli, ma caviglie sottili, vestite di calze bianche nonostante l'evidente povertà degli abiti.
La conosceva? Non riusciva a ricordare dove e quando l’avesse vista, ma si sentiva tutto pervaso d’inquietudine, e diede la colpa alla ferita che non voleva rimarginare, all’autorità di Oscar François de Jarjayes che l’aveva graziato rendendolo un verme (e un inerme), al dubbio di quella frase sibillina: “Devi ringraziare André”.
Però era piacevole osservare quella fanciulla muoversi attorno al letto con attenzione, preparando il giaciglio che l’avrebbe accolto. Si sentiva accettato, nonostante i dubbi di Madame Lucille; sentiva che poteva rilassarsi, che sarebbe stato al sicuro.
Chiuse gli occhi, deglutì, e il torpore iniziò a giocarsi la sua lucidità. Sempre più stanco, scivolò da esploratore nel regno di Morfeo, e lì, tutt’a un tratto, semplice come una carezza, vennero i ricordi a tenergli compagnia.

Sua madre stava preparando il suo letto con lenzuola pulite. Lui era ancora un bambino, e lei era tutto, per lui. Era bella, dolce come un angelo. Quand’era triste, lui cercava di rallegrarla e di riportarle il sorriso, e spesso ci riusciva, almeno nei suoi primi ricordi.
Ma a un tratto, Bernard corrugò la fronte.Sua madre camminava in mezzo alla strada, vestita di bianco; ma non sembrava più lei. O meglio, aveva i capelli più scuri, e non riusciva più a vederla in viso. Non c’era più alcuna stanza e alcun giaciglio. Solo una donna traballante che usciva da un vicolo verso una via principale; e una carrozza che, senza pietà, giungeva a calpestare il suo povero corpo. Lui, col cuore in gola e il respiro mozzato, non era più un bambino, ma un ragazzo di quindici anni, che aveva appena iniziato a studiare giurisprudenza grazie a una piccola borsa di studio. E aveva appena assistito a un omicidio.
La carrozza assassina apparteneva a una nobildonna. Maledetta puttana… L’aveva investita! Credeva che essere nobile le desse il diritto di fare quello che le pareva? Scendesse subito! Chiedesse scusa, almeno!
Non era colpa sua, diceva. Era stata la donna a comparire all’improvviso davanti alla carrozza.
Aspettate! Non potete andarvene così! ASPETTATE! VOI L’AVETE UCCISA!
Se avete delle lagnanze, venite a Versailles!

MAMMA! Mamma, non lasciarmi!
Mamma, non lasciarmi.
Era stato un bambino quando l’aveva pianto per la prima e unica volta.
C’era un’altra bambina a piangere sul cadavere di sua madre. Ma Bernard ne comprendeva lo strazio con tutto se stesso. Una bambina con gli occhi blu e i capelli biondi, che piangeva così forte…
Non puoi stare qui a piangere per sempre.
Le aveva messo la mano sulla spalla.
Fa male, ma tua madre non tornerà.
Era stato duro, doveva esserlo. Non aveva dovuto impararlo a sue spese, che i morti non ritornano?
Mi chiamo Bernard Chatelet. Sto studiando per diventare giornalista. Se hai bisogno di aiuto…
Grazie, ma non ce n’è bisogno.
Ehi! Aspetta! Dove vai!
Quegli occhi, prima annegati di dolore e poi freddi come un pugnale… come aveva potuto dimenticarli?

– Monsieur Bernard? Monsieur Bernard!
Rosalie lo stava chiamando. Bernard lanciò un sospiro, riaprì gli occhi. Vide il viso di Rosalie vicino al suo, preoccupato.
– Io ti conosco. – mormorò. – Ti conosco… vero?  
Lei non rispose. Piuttosto sorrise un poco e con aria indulgente, come se lo stesse, in fondo, canzonando d’averci messo tanto a capire. Ma a Bernard non importò. Si fece aiutare a mettersi a letto, lento perché dolorante e placido perché stupito. Si appoggiò alla spalla di lei per muovere quei pochi passi; la stessa spalla magra che aveva a suo tempo cercato di scaldare, quando lei era poco più d’una bambina pelle e ossa. Una spalla forte, però, ora come allora.
Rosalie lo ricoprì fino al petto. Gli sussurrò se stesse comodo. Bernard annuì.

– Allora, buonanotte. Chiamatemi se avete bisogno. Sono nella stanza accanto... e il mio nome lo conoscete.
Bernard sorrise.
– Grazie... Rosalie.
La ragazza si portò dietro la candela. Con lei, Bernard vide ritirarsi tutte le luci della stanza, e rimase al buio.



______________
Note.
- Questa sarà una storia di pochi capitoli: l'aggiornerò saltuariamente, tra un capitolo di Rivoluzione e l'altro!
- Trovo che ricevere dei disegni sia come ricevere un piccolo mondo in sé compiuto. Ho pensato a lungo a come sdebitarmi per tutti i regali inestimabili che Ilanak ha realizzato fino a oggi per le mie pagine (l'ultimo, recentissimo, lo posterò nel prossimo capitolo di Rivoluzione): spero che questa piccola storia, che meditavo da un po', valga come piccolo, ma sentitissimo, Grazie! :***
   
 
Leggi le 17 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: VeronicaFranco