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Autore: Carlos Olivera    20/08/2015    1 recensioni
Mi chiamo Derek Norway.
Quando avevo 9 anni, il mondo in cui vivevo è cambito per sempre.
Era il 1979 quando due scienziati europei, i professori Ward e Brennon, con le loro ricerche rivoluzionarie portarono la magia dal mondo delle favole a quello della realtà, scoprendo il codice genetico che ne permetteva l'utilizzo.
In pochi anni la magia si è diffusa in tutto il mondo, e ora, al pari di una scienza, è diventata il motore che alimenta la nostra civiltà.
E' stato creato uno speciale corpo di polizia internazionale, allo scopo di regolamentare l'uso della magia e prevenirne l'utilizzo a fini criminali.
Io faccio parte di questa unità speciale.
Siamo il Magic Administration Bureau.
Noi siamo... la M.A.B.!
Genere: Azione, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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EPISODIO 1

IL GIOCO DELLA MORTE

(PARTE I)

 

 

L’auto di pattuglia percorreva la Ocean Avenue a bassa velocità, fendendo con la luce di posizione gli alberi e i sentieri cespugliosi del Prospect Park alla ricerca di improbabili segnali di allarme.

Era stata una nottata molto tranquilla, e tutto lasciava supporre che il sole sarebbe sorto di lì a breve senza il sopraggiungere di qualsivoglia imprevisto.

«Qui è tutto tranquillo» brontolò l’agente alla guida. «Avanti, torniamocene in centrale. Non vedo l’ora di buttarmi a letto.»

«Aspetta» gli disse in quella il suo partner. «Mi sembra di aver visto qualcosa.»

«E ti pareva.»

L’autista in verità non aveva nessuna voglia di fermarsi, convinto com’era che il suo socio avesse avuto solo l’ultima delle sue tante sviste dettate dal fervore giovanile, ma alla fine il pivellino la ebbe vinta, e la macchina, tornata indietro, si fermò al limitare del parco, quindi i due agenti scesero dal veicolo avventurandosi lungo il sentiero.

«Vedi?» disse però beffardo quando, malgrado tutto, le loro torce seguitarono ad illuminare solo un’infinita distesa di alberi. «Un bel mucchio di niente.»

E invece i fatti gli diedero torto, perché proprio in quel momento anche lui poté notare una figura scura, difficilmente distinguibile, che si aggirava poco distante tra un gruppo di cespugli e bassi alberi vicino alle zone relax che si affacciavano sulla duck island.

«E quello chi cavolo è?» si domandò, dal momento che la torcia del collega, per quanto potente, non arrivava ad illuminarlo distintamente.

Poteva trattarsi di tante cose, ma le ipotesi più accreditate erano o qualche drogato perso nei fumi di chissà quale porcheria o un senzatetto impegnato a rovistare in cerca di qualcosa di utile: in ogni caso, niente per cui valesse anche solo un altro passo.

«Avanti, andiamocene» mugugnò ancora l’autista. «Il nostro turno finisce tra venti minuti.»

Ma il cadetto non aveva alcuna intenzione di sfigurare nei suoi primi giorni di servizio, anche a costo di rendersi antipatico ad un capopattuglia svogliato; così, di slancio, riprese a camminare, avvicinandosi non senza cautela allo sconosciuto.

Benché non potesse vederlo bene, nascosto com’era tra le fronde, dovette fare solo pochi metri per capire che si trattava di una donna, e che in quel momento gli stava dando le spalle.

«Signora, và tutto bene?»

Non vi fu risposta; poi però, avvicinandosi ancora di più, il giovane si avvide anche di un’altra cosa, assai più insolita, e cioè che quella donna, oltre che sporca, era anche completamente nuda.

E allora, il suo tono di voce cambiò radicalmente: dopotutto, per quanto alle prime armi, gli era già capitato di incontrare gente di quel tipo.

«Ehi, tu!» gridò cercando di illuminare il meglio possibile i capelli sudici e bagnati di quella spiantata. «Sarà anche estate, ma questo non ti autorizza a girare nuda per il parco! Vieni fuori da lì!».

La donna non rispose, né diede segno di aver capito, e allora l’agente si mosse in avanti senza smettere di tenerla puntata la torcia addosso. Aveva già preso le manette, e stava per afferrarle una spalla e costringerla fuori da quel cespuglio, quando finalmente la donna, lentamente si girò, piantando i suoi occhi bianchi contro il poliziotto, che restò pietrificato.

Un animale sventrato sarebbe risultato meno raccapricciante; lo squarcio che aveva sullo stomaco era tale che alla luce della torcia sembrava quasi di scorgere gli intestini, per non parlare dei molti altri tagli più o meno profondi che le coprivano le braccia, il tronco e perfino la faccia.

Il giovane restò paralizzato, trattenendo a stento i conati di vomito, e prima che potesse trovare la forza di muoversi quella poveraccia stramazzò a terra, come un burattino cui erano stati tagliati i fili.

Come riuscì a recuperare l'autocontrollo provò a tastarle il polso, ma era perfettamente inutile, e allora afferrò la ricetrasmittente.

«Quattro-Sette-Sette a Centrale! Mandate subito un'ambulanza al Prospect Park, agli imbarcaderi per la Duck Island!»

 

Tutte le mattine, prima di recarsi al lavoro, all’Agente Speciale Derek Norway piaceva scacciare via i torpori della notte con una buona mezz’ora di footing lungo i marciapiedi tutto attorno alla sua abitazione, una casa a tre piani ad Harlem.

Malgrado la posizione piuttosto centrale rispetto al centro nevralgico di Manhattan la rivoluzione urbanistica e la riqualificazione culturale ne avevano fatto una zona piuttosto tranquilla, dove raramente accadeva qualcosa, ma evidentemente quella era destinata ad essere una giornata particolare.

Derek era quasi arrivato sotto casa, giusto in tempo per lavare via con una doccia il sudore della corsa prima di raggiungere l’ufficio, la maglietta kaki zuppa e i cortissimi capelli scuri imperlati, quando sul marciapiede sul lato opposto un balordo in skateboard si avvicinò ad una coppia di anziani in passeggiata, sfilando violentemente la borsetta alla donna per poi darsela a gambe.

«Al ladro, fermatelo!» urlò la signora

Derek, anche se quasi sfiatato, si rimise subito a correre, e mentre correva le sue gambe andarono circondandosi di un bagliore vermiglio.

«Flash move!» urlò, e come se il tempo tutto attorno a lui si fosse fermato percorse la distanza che lo separava dal bersaglio in un batter d’occhio, avventandosi fulmineo sul ladro e buttandolo a terra dopo averlo immobilizzato.

«Hai scelto il posto sbagliato per venire a rubacchiare, amico!» gridò stringendogli con forza i polsi ed avvolgendoli in una specie di legaccio luminoso, più efficace di un paio di manette.

Aveva appena restituito il maltolto alla proprietaria, ricevendo in cambio infiniti ringraziamenti, quando il trillare di un telefono sembrò risuonare direttamente all’interno della testa del detective, il quale, agitando un dito nell’aria, fece comparire davanti a sé una specie di finestra olografica simile in tutto e per tutto al monitor di un computer.

«Norway

Il borseggiatore ammanettato non sentì niente, probabilmente perché la conversazione stava avvenendo a livello telepatico.

«D’accordo, arrivo subito» concluse, stavolta a voce, il detective.

E dal momento che di poliziotti o volanti di ronda non si vedeva alcuna traccia, Derek non ebbe altra scelta che trascinare a forza quel ladruncolo fin sulla porta della sua casa, legandolo alla ringhiera della scala d’ingresso materializzando dal nulla un altro di quei nastri luminosi.

«Aspettami buono qui. Giusto il tempo di farmi una doccia e ti sbatto in cella.»

 

Ogni volta che la MAB veniva chiamata sulla scena di un crimine era raro che qualcuno della squadra si presentasse sul posto prima del detective Jane Paloski; trentaquattro anni, di cui cinque passati nell’NSA, di Jane si diceva che fosse solita pensare alle cose dopo averle fatte, guidata da un’irruenza e da una intraprendenza cui però non mancava quella giusta dose di buon senso tale da permetterle di non cacciarsi mai in guai dai quali poi non sapesse uscire.

La sua immagine, a prima vista, lasciava un po’ spiazzati, per via dei corti capelli biondi, chiaro segno della sua discendenza siberiana, che spiccavano su di carnagione più scura, dai toni olivastri, tipicamente portoricana.

«E quello chi è?» domandò, non senza quel suo cipiglio un po’ spaccone, vedendo il suo collega Norway arrivare sulla scena del crimine con un ragazzetto afroamericano ammanettato sul sedile posteriore della sua vecchia Chrysler.

«Niente di che. Un banditello che ha pensato bene di scipparmi sotto casa.»

«E te lo sei portato fin qui da Harlem?»

«Avanti, cosa abbiamo?»

«Femmina, caucasica. Età stimata, trent’anni. L’ha trovata una pattuglia alle cinque di questa mattina.»

«È una strega?»

«Bella domanda. Non siamo ancora riusciti a stabilirlo. Non aveva niente addosso, neppure i vestiti, e stiamo ancora aspettando Takikawa

«Allora perché hanno chiamato noi?»

«Forse per lo stato in cui è ridotta. Appena la vedrai, capirai.»

Poco prima che raggiungessero i cespugli venne loro incontro Jonas O’Bryan, il veterano della squadra; aveva più esperienza lui nel contrasto alle attività magiche criminali di chiunque altro, forse perché era l’unico tra tutti i suoi compagni ad aver avuto dei trascorsi in polizia prima di entrare a far parte della MAB.

«Scusa il ritardo, Jonas» si giustificò subito Derek. «Ho avuto qualche problema.»

«Scuse accettate. Vieni.»

Quando finalmente l’agente si ritrovò a tu per tu con la vittima, persino la sua decennale esperienza nei Navy Seal fu messa a dura prova.

Il corpo era riverso su di un fianco, completamente nudo, e alcuni insetti avevano già iniziato a banchettare con le interiora fuoriuscite dallo squarcio.

«Abbiamo qualche informazione?» domandò accucciandosi accanto alla vittima

«Le impronte non sono in archivio, dal che risulta che non ha precedenti di alcun tipo» rispose Jane. «Abbiamo anche interrogato alcuni frequentatori abituali del parco e gli abitanti dei dintorni. Ma nessuno l’ha riconosciuta.»

«È strano. Il sangue qua attorno e sul cadavere è decisamente troppo poco per ferite di questo genere.»

«Stando al racconto dell’agente che l’ha trovata, camminava ancora quando la pattuglia è arrivata qui» rispose O’Bryan. «Ma quasi mi risulta difficile crederlo viste le sue condizioni.»

«Se fosse una maga avrebbe un senso» ipotizzò Jane. «Qualche esperimento o giochino magico andato male.»

«Non sarebbe la prima volta» rispose l’attempato irlandese. «Cinque anni fa a Providence un tizio ha camminato per quasi tre ore per la città con l’intestino di fuori, seminando budella per tutto il centro cittadino per poi crollare morto proprio davanti ad una scuola.»

«Un sovraccarico magico può fare questo ed altro!» esclamò il dottor Takikawa arrivando in quel momento sulla scena del crimine, i capelli neri e corti pettinati con la riga e i buffi occhiali rotondi a svettare sul volto paffuto.

«Comodo Dean, comodo» lo ammonì Derek. «Tanto qui non c’è niente da fare.»

«Forse voi della sezione investigativa avete l’orario fisso e le ferie pagate, ma io mi sono fatto la nottata per finire di redigere i rapporti per la procura, e quando è arrivata la chiamata dai tuoi amici stavo giusto per concedermi qualche ora di sonno.

Quindi risparmiami le tue solite battute.»

Senza aggiungere altro il dottore si mise subito al lavoro, e come prima cosa, chiusi gli occhi, sospese la propria mano sul volto della vittima, materializzandone immediatamente un’immagine olografica tridimensionale davanti a sé, oltre ad una incalcolabile quantità di dati medici.

«Nessun riscontro nell’archivio internazionale» sentenziò dopo qualche secondo. «O è una strega senza autorizzazione o un essere umano. Io propendo per la seconda ipotesi. Ad una prima analisi l’M-Code sembra abbastanza sviluppato, ma non così tanto da permettere l’uso della magia.»

«Però questo riporta a galla la domanda di prima» osservò O’Bryan. «Come ha fatto questa povera disgraziata a camminare per chissà quanto tempo con gli intestini di fuori senza l’aiuto di un qualche potere magico a sostenerla?»

«Chi l’ha uccisa forse ha fatto sparire il sangue per cercare di depistarci» pensò Jane. «Può darsi che a conti fatti l’omicidio non sia avvenuto poi così lontano da qui.»

«Ma allora perché l’assassino avrebbe dovuto permetterle di girare liberamente per il parco, con il rischio di essere sorpreso? Morente com’era avrebbe fatto prima a finirla.»

Takikawa nel mentre stava ancora lavorando sui dati che aveva raccolto, e d’un tratto la sua espressione solitamente così sicura e sornione, si caricò di stupore.

«Signori, qui mi sa che abbiamo un problema.»

«Sarebbe?» chiese O’Bryan

«Abbiamo acclarato che non può trattarsi della strega. E allora, qualcuno dovrebbe spiegarmi come mai il livello di Risonanza nell’organismo di questa donna supera abbondantemente i 300.»

I tre agenti lo guardarono attoniti, per poi rivolgere nuovamente gli sguardi verso la vittima.

Una risonanza pari a trecento era propria solo di alcuni tra i migliori stregoni in circolazione, ed era assolutamente impossibile che un normale essere umano potesse avere dentro di sé un potere simile.

Chi diavolo era quella ragazza?

 

La sede della MAB di New York, nel cuore di Midtown, era stata inaugurata da appena tre anni, prima dei quali la squadra si era vista costretta a “subappaltare” un piano del locale quartier generale dell’FBI.

Gli abitanti di New York potevano anche dirsi fortunati, perché escludendo Washington nessun’altra città dell’east coast poteva vantare una squadra MAB così numerosa e, tutto sommato, ben organizzata.

Il caposquadra di New York si chiamava Kay Hodgson, ed era forse l’unico essere umano sulla faccia della Terra a comandare una squadra MAB; dall’alto dei suoi cinquantadue anni aveva visto con i suoi occhi l’era del cambiamento, vivendo sulla propria pelle il passaggio dalla vecchia alla nuova civiltà, e le rughe che scavavano il suo volto, solo parzialmente nascoste dai folti baffi scuri, sembravano quasi voler testimoniare le prove che doveva aver sopportato per emergere in un mondo in cui la padronanza della magia era tutto.

«Qualche notizia sulla sconosciuta del parco?» domandò Hodgson entrando nella grande sala rettangolare che ospitava gli uffici dei suoi detective e volgendo lo sguardo alla foto del cadavere appiccicata sulla lavagna.

«Per ora niente di niente» rispose Norway.

«Nessuno dei residenti con cui abbiamo potuto parlare finora dice di averla mai vista» proseguì Jason «E nessuno l’ha riconosciuta.»

«Infine, secondo Takikawa, il livello di Risonanza residuo non combacia con l’effettiva struttura del suo M-Code» concluse Jane. «Quattro anni nella MAB, e questa è la prima volta che mi capita una cosa del genere.»

«Rianimazione» disse una voce alle loro spalle, spingendo tutti e quattro a volgere lo sguardo verso l’ingresso.

Dinnanzi a loro, senza che se ne fossero accorti, era comparsa una giovane cadetta che ancora odorava di liceo, uniforme blu dei graduati dell’accademia di magia pulita e ordinata come appena comprata, capelli corti di un castano molto chiaro, e una 9mm tirata a lucido alla cintura ascellare.

«Una fonte di magia molto potente inserito all’interno di un corpo morto, abbastanza potente da riportarlo in vita.»

Poi, accortasi del modo in cui era fissata, piegò le labbra in un sorriso imbarazzato.

«Scusate. Helen Trevor. Sono stata assegnata a questo ufficio a partire da stamattina.»

«Ah già, la novellina» rispose saccente Jane. «Hai scelto il momento migliore.»

«Forse sono rimasto indietro con i corsi di aggiornamento» osservò Norway. «Ma rianimazione e negromanzia non può funzionare sui corpi degli esseri umani.»

«Ecco spiegato perché il corpo è ridotto in quelle condizioni. Qualcuno ha cercato di rianimarlo ricorrendo alla negromanzia, ma dopo un po’ l’energia introdotta all’interno, non potendo contare su di un’appropriata valvola di sfogo, è esplosa violentemente provocando gli effetti che vedete. Quando poi l’energia residua si è esaurita del tutto, il corpo è definitivamente morto. Se così vogliamo dire.»

«Ma per quale motivo uno stregone dovrebbe prendersi il disturbo di rianimare un corpo morto» le domandò O’Bryan quasi con tono di sfida, commettendo un atto illegale, se sa fin dal principio che il suo tentativo è destinato a fallire?»

«Non saprei? Prestigio? Studi antropologici? Il semplice gusto del macabro?

La magia è una scienza che si evolve di giorno in giorno, e quello che abbiamo scoperto fino ad oggi non è che la punta dell’iceberg delle sue effettive potenzialità. Nuove scoperte vengono fatte ogni giorno, e la corsa all’ultima novità coinvolge tutti i possibili settori umani.»

«Giocare con i cadaveri come si gioca con le bambole è quanto di più immorale ed antietico si possa immaginare» replicò quasi seccato Norway. «E mi viene male al pensiero che qualcuno possa pensare di usare la magia per qualcosa del genere.»

«Non mi fraintenda, detective. Non condivido quello che questa persona ha fatto. Dico solo che probabilmente, secondo lui, ne valeva la pena.»

Derek e gli altri girarono quindi nuovamente gli sguardi, stavolta in direzione del comandante, che dopo un attimo di apparente indecisione si riscosse.

«Facciamo un controllo in archivio. Cercate gente che abbia già svolto pratiche simili, e vedete se qualcuno di loro vive nella zona in cui abbiamo trovato il corpo.»

In quella, un giovane sulla trentina, capelli arancio fuoco e fare goliardico, entrò tutto baldanzoso nell’ufficio, sventolando la cartella che aveva in mano come fosse stata una bandiera della vittoria.

«Buone notizie, gente!» esclamò giocondo, salvo poi ammutolirsi di fronte alla nuova arrivata. «E questa gentile signorina chi è?»

«Non cominciare come tuo solito, Foch» lo ammonì Jane

«Accidenti agente Paloski, siamo proprio di cattivo umore oggi.»

«Solo quando ti vedo.»

«Ok, ok. Lasciamo perdere» anche se prima di chiuderla definitivamente quello strambo giovane non mancò di sfiorare con un dito la guancia della nuova arrivata. «Sei proprio un bel bocconcino. Quanti anni hai, ventuno?»

«La detective Trevor da oggi lavorerà con noi» tagliò corto Norway. «Quindi ora dacci un taglio o tornerai a servire fiocchi d’avena nel refettorio di Rikers

«La giornata non è cominciata nel modo migliore Kristen, non renderla ancora meno piacevole» disse O’Bryan. «O devo ricordarti per l’ennesima volta il protocollo sui detenuti stregoni riqualificati? Avanti, cos’hai per noi?»

«D’accordo, per oggi la goliardia la mettiamo da parte.

Comunque sia, ho fatto una ricerca sulla vostra Cenerentola squartata inserendo la foto negli archivi della motorizzazione, e credo proprio di avere fatto centro.»

Presa una scheda di memoria il giovane la inserì quindi nel lettore del proiettore appeso alla parete, su cui iniziarono a scorrere migliaia di immagini.

«E la vincitrice è…» disse un attimo prima che l’elenco smettesse di scorrere. «Lucy Ferrazzani. Ventinove anni, 650 di Pelton Avenue, Staten Island.»

«Ferrazzani!?» disse Norway spalancando gli occhi. «Non sarà per caso…»

«Indovinato. È la figlia del professor Giulio Ferrazzani

«Ma non ha senso» disse O’Bryan. «Qui risulta che è ancora viva e vegeta.»

«O forse qualcuno vuole far credere che sia ancora così» ammiccò Jane

«Il padre insegna alla Carter University. È uno dei dieci ricercatori di stregoneria più popolari al mondo.

Questo e altro dovrebbe essere capace di fare con tutte le sue conoscenze in materia.»

I quattro membri della squadra si guardarono tra di loro, mentre tutto attorno si diffondeva uno strano silenzio.

«D’accordo» ordinò Hogdson. «Derek e Jonas, voi due andate a parlare con il padre della ragazza. Scoprite cosa sa. Jane e Kristen, voi invece provate a sentire i senzatetto e gli altri frequentatori abituali della zona dove abbiamo trovato il corpo. Qualcuno deve pure aver visto qualcosa.»

«Perché devo sorbirmi sempre io questo malato di mente?» bofonchiò a voce neanche troppo bassa il detective Paloski mentre usciva

«Ti adoro quando fai così, tesoro.»

Prima che anche Derek e Jonas uscissero, però, il capitano il fermò.

«Aspettate» disse, e indicò . «Portatevi anche lei.»

La ragazza restò un momento basita, ma poi, alla seconda sollecitazione del detective Norway, gli si accodò sorridendo come una bambina davanti alla gelateria.

 

 

Nota dell’Autore

Salve a tutti!^_^

E dopo tante storie ambientate su Celestis, eccone una che invece si svolge sulla cara vecchia terra.

Più che una storia, si tratta di una sorta di fantasia. Mettendo da parte per una volta tutte le atmosfere fantascientifiche e futuristiche della saga originale, ho voluto creare qualcosa che ricalcasse le classiche serie tv in sitle CSI, Criminal Minds e via discorrendo, con una squadra di polizia che investiga su crimini magici in una New York alternativa, ma pur sempre contemporanea.

Per ora si tratterà di una sorta di Pilot, con una storia autoconclusiva divisa in quattro parti.

In futuro… chissà.

A presto!^_^

Carlos Olivera

  
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