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Autore: CreepyGirl97    21/08/2015    6 recensioni
"Una singola bugia scoperta è in grado di creare dubbio in ogni verità espressa."
Yoonmin.
Genere: Angst, Fluff, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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NOTE: Inizierò con lo scusarmi per essere stata così inattiva ultimamente (è passato quasi un mese, piango T.T), ma la voglia di scrivere sta diminuendo, a braccetto con l'ispirazione, quindi oltre a questo capitolo ne ho solo un altro completo da pubblicare ed è per questo che sto rallentando tutto. Spero comunque che ci sia qualcuno ancora interessato in questa ff! ^^ Ci si vede giù, alla fine ~
 

Capitolo dieci.

Alla fine a casa di Yoongi, Jimin ci era arrivato. Con un fiatone da far paura, certo, ma almeno non aveva fatto preoccupare troppo l'altro ragazzo, nonostante non gli avesse propriamente spiegato come avesse fatto a uscire da camera propria.
"Ce l'hai l'inalatore, almeno?" gli aveva chiesto quando se l'era trovato davanti alla porta, quasi collassato contro il muro. "Devi stare più attento, Jimin. Potresti finire in ospedale se continui a farti venire attacchi del genere."
Il ragazzo gli aveva lanciato un'occhiata mentre si calmava ed entrava nell'appartamento, lanciandosi subito in direzione della camera da letto di Yoongi, seguito dal padrone di casa. E così entrambi si erano ritrovati sul materasso, abbracciati, Jimin con un pigiama profumato di Yoongi addosso.
"Non riesco a dormire." aveva esordito, interrompendo quel silenzio carico di sospiri insonni.
"Nemmeno io." aveva risposto a bassa voce.
"Facciamo l'am-" era stato interrotto dalle labbra di Yoongi sulle proprie e aveva sorriso a contatto con esse, prima che il ragazzo si mettesse sopra di lui e Jimin dovette ricambiare quel bacio umido, con le braccia a cingergli il collo.
Forse era quello il motivo per il quale gli occhi di Jimin faticavano a restare aperti: alla fine aveva dormito poco più di due ore quella notte e si era svegliato con il piede sbagliato. Ossia scaraventato fuori dal letto perché "Cazzo, sei in ritardo!"
Quindi, dopo tutto quella fatica per essersi finalmente accoccolato in un sogno piacevole, si era ritrovato con la faccia schiacciata contro il pavimento freddo. Non aveva nemmeno avuto il tempo di mandarlo a cagare, che subito si erano catapultati a scuola, con la camicia al contrario e una cera da far paura, tant'è che Taehyung si era preoccupato e gli aveva chiesto se ci fosse qualcosa che non andasse, ma tutto ciò che aveva ricevuto come risposta era stato una scrollata di spalle e il nascondere le occhiaie contro il petto di Yoongi.
Il bello era che, oltre ad aver indossato la camicia con le cuciture all'esterno, la divisa non era nemmeno la sua. Se n'era accorto perché nella tasca interna della giacca mancava il suo portafortuna: una piastrina d'acciaio che originariamente faceva parte di una collanina, la quale tuttavia aveva smarrito con il tempo. Gliel'aveva regalata sua madre quando aveva poco più di tre anni di vita e recitava una piccola frase incisa che ormai Jimin riusciva a decifrare solo con il tatto. Gli bastava passare un polpastrello su quelle quattro parole per riceverne forza d'animo e coraggio, prima di un test, di un esame o di un qualsiasi momento difficile.
"Credi in te stesso".
In quel momento si sentiva un po' vulnerabile, quasi nudo, ma decise di non pensarci, poiché la campanella di fine prima ora trillò proprio in quel momento e lo sguardo di Taehyung si fece insistente.
"Smettila di fissarmi."
"No, invece. Non me la racconti giusta. Hai due occhiaie da far paura e sei venuto con Yoongi. Di solito lui è sempre qui mezz'ora prima dell'inizio delle lezioni, con Namjoon. E poi ha marinato, oggi... Cos'è successo?"
Jimin sospirò, affondando il viso tra le braccia sul banco: "Non ha marinato, è stato sospeso."
Taehyung si abbassò su di lui: "Per la storia del video?"
La testa dell'altro annuì debolmente. Anche se le risate erano diminuite, i commenti maliziosi aleggiavano ancora lungo i corridoi.
"A te cos'hanno fatto?"
"Mi hanno dato una punizione e hanno parlato con mia madre." mugugnò.
"Solo questo?" sembrava perplesso. Jimin fece spallucce, nemmeno lui sapeva perché ci fossero andati tanto piano con lui.
"Tuo padre...?"
"Non ha fatto nulla e nemmeno mia madre. Non so se lui ne è a conoscenza, però."
Taehyung rimase in silenzio per qualche secondo: "É così strano..."
Jimin alzò la testa e si passò una mano sul viso: "Lo so..." fece una pausa, poi riprese a parlare sospirando. "Sono scappato di casa, Tae..."
Notò il viso dell'amico colorarsi di sorpresa e confusione.
"Ieri... hanno iniziato a litigare per colpa mia e papà gridava così forte... Non lo fanno mai e avevo paura..." sussurrò intanto che entrava l'insegnante della lezione successiva, obbligando con la propria presenza gli alunni ad alzarsi e accennare un inchino, accompagnato dal solito "Buongiorno, professore".
Quando il docente distolse l'attenzione dalla classe e si concentrò sulla lavagna, Taehyung ricominciò a bisbigliare: "Quindi sei andato a casa di Yoongi?"
Jimin annuì e l'altro ghignò tra sé e sé: "E come mai hai quelle occhiaie? Che avete fatto ieri sera, per non aver dormito, eh?" ammiccò malizioso.
"É una cosa seria questa, Tae..." roteò gli occhi.
"Ma se sei tutto rosso..." lo canzonò ridacchiando, prima di tornare a leggere il suo manga nascosto sotto il libro della lezione precedente. Jimin si voltò e posò le mani sulle guance, nel tentativo di raffreddarle con le proprie dita fredde. Non aveva voglia di seguire la spiegazione del professore - d'altronde quando ne aveva mai? - ma non desiderava neanche pensare ai propri genitori e al casino che si sarebbe scatenato appena la madre, ma soprattutto il padre, sarebbero venuti a conoscenza del suo nascondiglio. Avrebbe voluto perdersi tra i ricordi della serata passata con Yoongi, ma anche riflettere su quegli avvenimenti lo riconduceva al motivo per il quale si trovava lì.
Sospirò. E altrettanto fece durante tutte le ore scolastiche, compreso il pranzo. Solo quando Taehyung gli diede un colpetto sulla testa, Jimin si risvegliò dal suo stato di trance e si accorse che la campanella era suonata per l'ultima volta in quella giornata.
"Svegliati, ragazzino." gli schioccò le dita davanti al viso Namjoon, nel momento in cui notò che il più piccolo stava per andare a sbattere contro una colonna portante del portico. Lo guardava stranito, come se lo considerasse un idiota. E per un certo verso, aveva pure ragione.
Jimin sbuffò e si sedette pesantemente su uno dei gradini della scalinata davanti all'entrata, affondando il viso nelle ginocchia strette al petto. La giornata era pure uggiosa di suo, se ci si metteva anche l'umore sotto le scarpe...
Taehyung si accovacciò accanto a lui e il più grande si appoggiò con la schiena al muro, sospirando mentre tirava fuori il cellulare.
"Yah..." l'amico iniziò a scuoterlo leggermente. "Jimin..."
Il ragazzo scrollò le spalle, come se volesse essere lasciato solo, ma Taehyung ci riprovò.
"Ti voglio bene, Jiminnie..." disse appiccicandosi a lui e facendo l'aegyo per scaldarlo un minimo. Lui alzò lo sguardo e lo fissò per alcuni secondi: "Posso dormire da te?" chiese con un fil di voce. "Ormai avranno già capito che ero da Yoongi, per favore..." lo pregò con gli occhi e Taehyung ebbe una debolezza di fronte a quel faccino da cucciolo. Namjoon ghignò ai due: cominciava a capire perché Yoongi avesse ceduto così facilmente alle preghiere di Jimin. Si tirò su dal muro e s'intromise, prendendo la mano di Taehyung per farlo alzare: "No." rispose al posto del più piccolo.
"Non l'ho chiesto a te..." Jimin aggrottò le sopracciglia.
"Va' a casa. É la decisione migliore."
"Mi ammazzano se vado a casa, hyung..." insistette alzandosi in piedi.
"Cazzi tuoi. A casa di Tae ci vado io, non tu."
Jimin sbuffò e mise il broncio, mentre l'amico fissava il più grande, completamente spiazzato dalla sua affermazione: "Davvero verrai a casa mia?" chiese con un paio di occhi lucenti. Namjoon lo guardò e gli sorrise dolce, annuendo leggermente, mentre le fossette che Taehyung tanto adorava si formavano sulle sue guance. In uno scatto il ragazzo attirò il suo hyung a sé, per il colletto della camicia, premendo le proprie labbra contro le sue. Namjoon spalancò gli occhi a quel contatto: "Non in pubblico, Tae..." ridacchiò staccandolo da sé, con un rossore divampante in viso.
Jimin distolse lo sguardo e sospirò con le mani nelle tasche della giacca. Ma dove cazzo era finito Yoongi? Nemmeno a farlo apposta, il suo telefono vibrò due volte, segnalando l'arrivo di un messaggio.
 
Da: Yoongi <3
Sarò un po' in ritardo, scusa ^^"
 
Jimin sospirò e mise via il cellulare senza nemmeno rispondere. Non sapeva bene cosa pensare, se esserne felice o meno, perché avrebbe sì ritardato il rientro, ma forse Yoongi l'avrebbe sbattuto fuori di casa. E poi stare là fuori allo scoperto, l'avrebbe sicuramente fatto notare nel caso qualche familiare si fosse recato lì, soprattutto visto che erano ormai gli ultimi tre studenti ancora sulle scale della scuola. Tamburellò le dita dentro le tasche e aggrottò le sopracciglia quando notò una strana consistenza all'interno di essa, ben diversa dalla stoffa della fodera.
Da essa estrasse un cartoncino plastificato e solo dopo esserselo rigirato tra le mani un paio di volte capì che si trattava del documento di una patente. Il viso di Yoongi su sfondo bianco era incollato in un angolo, ma le descrizioni accanto alla foto, ad eccezione del nome di battesimo, non corrispondevano affatto alle informazioni di cui Jimin era a conoscenza.
 
Nome: Min Yoongi
Data di nascita: 09-03-1993
 
"Che diavolo...?" mormorò tra sé e sé, perplesso a tal punto da non accorgersi che Namjoon aveva strappato dalle mani del più piccolo il documento. Non lo nascose, però. Si limitò a guardarlo con un ghigno e poi rivolse gli occhi verso Jimin, il quale lo fissava confuso.
"Immagino che sia giunto il momento di raccontarti tutto." disse il maggiore sbadigliando. "Beh, era ora. Mi stavo rompendo il cazzo di controllare sempre Yoongi”.
 
~~~
 
Alla fine Namjoon non si era per niente risparmiato nel suo racconto. Durante il tragitto, dopo aver praticamente obbligato Taehyung a sedersi dietro, aveva iniziato a parlare con il ragazzo accanto a lui, il quale diventava ogni secondo sempre più confuso, sia per l'assurdità dei fatti, sia perché era seriamente convinto che lui stesse scherzando e che fosse tutta un’innocente candid camera.
"Smettila di prendermi in giro, hyung..." sbuffò quando Namjoon se n'è uscì con: "Yoongi in realtà è un poliziotto ventiduenne". Il più grande si rendeva conto che quello non fosse il metodo migliore per svelare ogni cosa, ma, come un cerotto, uno strappo secco sarebbe stato meno doloroso. O almeno, quella era la convinzione popolare, Namjoon non ne era pienamente sicuro.
"Okay, capisco che è un po'... come dire... improvvisa come cosa... Anche Taehyung ci ha messo qualche giorno per assimilarlo." continuò, cambiando delle marce mentre Jimin si voltava verso l'amico.
"Anche tu sei immischiato con questo scherzo del cazzo?" chiese infastidito e arrabbiato. Taehyung gli rivolse uno sguardo: "Non è uno scherzo, Jimin..." sospirò alla sua testardaggine.
"E allora cos'è? Giuro che se è tutta un'idea di Yoongi gli spacco la faccia."
Namjoon roteò gli occhi e diede un colpetto sulla testa di Jimin, prima di indicargli col mento il cruscotto dell'auto: "Apri lo sportello del portaoggetti." gli ordinò e l'altro si allungò riluttante verso di esso.
"Quindi?" gli lanciò un'occhiataccia. "Ci sono solo profilattici ai..." fece una smorfia, stranito. "... frutti di bosco?"
Taehyung arrossì improvvisamente e Namjoon ghignò, guardandolo dallo specchietto.
"Beh, sì, qualche problema con il sesso protetto? Tu e Yoongi non li usate?" chiese sbarazzino il più grande.
"Sì, però... ai frutti di bosco? Chi cazzo usa i preservativi ai frutti di bosco?!"
"Mi pare che a Yoongi piacciano quelli alla menta, sai?" disse pensieroso e Jimin se lo segnò mentalmente per un'evenienza futura, anche se fece finta di nulla.
"Comunque basta con questa conversazione del cazzo. Letteralmente." fece una smorfia Namjoon, poi riprese la propria serietà. "Lascia stare i preservativi e cerca meglio. Dovrebbero esserci delle carte."
Jimin sospirò e continuò a frugare nel cassetto, trovandoci effettivamente un plico di documenti. Quando li estrasse, il più grande aveva già parcheggiato in uno spiazzo poco distante dall'abitazione del ragazzo. A un cenno di Namjoon, Jimin aprì la cartellina di plastica azzurra e iniziò a leggere: dalle prime righe, capì che si trattava dell'assicurazione di un’auto. E c'erano sempre gli stessi dati che discordavano dalla realtà.
 
Nome: Min Yoongi
Data di nascita: 09-03-1993       
 
Ma che cazzo stava succedendo? Jimin era del novantotto e se Yoongi frequentava la sua stessa classe significava che avevano la medesima età e non poteva guidare un auto. Oppure Yoongi era stato bocciato e non aveva mai detto nulla? In effetti aveva dato quasi per scontato che fossero dello stesso anno, non si era mai preso il disturbo di domandarglielo veramente.
"Perché li hai tu?" chiese guardandolo con la fronte leggermente corrucciata dai dubbi.
"Questa è la sua macchina, vedi? Il modello e la targa sono uguali." spiegò indicandogli le due sezioni sulla carta. "La uso io perché se qualcuno della scuola lo vedesse, la sua copertura salterebbe."
Jimin annuì lentamente e continuò a fissare i fogli, scorrendo lo sguardo da un'informazione all'altra. Era come se gli ingranaggi del suo cervello andassero a rilento, perché davvero non riusciva a capire la ragione di quelle bugie. Era ancora incerto sulle parole dell'altro. Le prove, o più che altro dei piccoli indizi, glieli aveva forniti, ma era complicato crederci, dopo tutte le cose entusiasmanti che avevano fatto e le parole dolci che si erano scambiati.
"Ma..." si sforzò disperatamente di trovare qualcosa da dire, ma l'unica cosa che gli uscì fu un sussurrato: "Perché?"
"Perché cosa?"
"Perché vi fingete persone che non siete? Sempre ammesso che ciò che dici sia vero..."
Namjoon sospirò: "Siamo della polizia, Jimin. So che è difficile da assimilare, ma Yoongi non vuole parlartene, quindi credo che dovrò farlo io." disse, mettendo una mano al portafoglio sul cruscotto.
"Quanti anni dovresti avere, allora?" chiese, fissandolo quasi spaventato.
"Ventuno. E se non ci credi, qui c'è il mio distintivo, la mia patente, la carta d'identità... Non saprei in che altro modo farti capire che ciò che sto dicendo è la pura verità."
Jimin aveva il cervello in panne, intanto che analizzava assorto i tre documenti. Dopodiché sentì Namjoon sospirare: "Il motivo..." iniziò con voce roca e se la schiarì subito. "Il motivo per il quale Yoongi si è avvicinato a te, però..." si passò una mano sul viso e sospirò. "É complicato da spiegare... ma so che Yoongi non lo farà mai, quindi mi tocca."
Namjoon si voltò verso di lui con il busto: "Si è interessato a te per via di tuo padre."
Jimin sbatté le palpebre e l'altro notò la confusione e lo sconcerto del più piccolo.
"Okay, okay, meglio se inizio dal principio. Io e Yoongi - ma non solo noi, nella scuola che ne sono altri - siamo delle specie di infiltrati. Oltre al fatto che il preside ci ha ingaggiati, la polizia ha colto l'occasione per indagare su alcuni personaggi strettamente legati all'amministrazione economica della scuola. E tuo padre fa parte di questa lista."
Jimin non ne fu particolarmente colpito, dopotutto aveva già intuito che il padre facesse parte di una qualche cerchia pericolosa, ma ciò che lo trafisse letteralmente furono le parole seguenti di Namjoon.
"É questa la ragione per cui si è avvicinato a te."
Improvvisamente fu come se i suoi ricordi ebbero un flashback: l'assunzione da babysitter, l'uscita al centro commerciale, l'aiuto durante le risse, come gli era corso dietro prima del bacio in ascensore, la loro prima volta...
L'aveva fatto solo per... ingraziarselo? Tutto ciò che si erano detti era solo una messa in scena per arrivare a suo padre?
Gli occhi gli si riempirono di lacrime e il suo telefono scelse il momento meno opportuno per vibrare e segnalare una notifica, la quale Jimin aprì suo malgrado.
 
Da: Yoongi <3              
Ehi, dove sei finito?
 
Senza nemmeno salutare, aprì con uno scatto la portiera e la richiuse dietro di sé, sbattendola tanto forte da far traballare l'auto. Non rispose neanche al messaggio, ma scaraventò il cellulare a terra con una potenza tale da crepare interamente lo schermo e far saltare la batteria.
Quel bastardo, quando mesi prima stava frugando tra i documenti della casa ed era stato beccato dal più piccolo, non cercava davvero il suo numero di telefono. Yoongi voleva informazioni sul padre e lui gli aveva lasciato la strada concretamente sgombera da impicci.
Dannazione, quanto si sentiva stupido... Aveva praticamente raccontato il proprio mondo ad un bugiardo, al quale non fregava un cazzo delle stronzate che gli diceva. Provava un dolore nel petto, all'altezza del cuore, che quasi gli impediva di sentire Taehyung richiamare il suo nome dall'automobile. Praticamente corse verso casa e i genitori non ebbero nemmeno il tempo di chiedergli dove fosse scappato la sera precedente che Jimin si era già fiondato in camera, con le lacrime agli occhi.
Si tuffò sul letto e affondò il viso nel cuscino. Ormai aveva le guance fradice e fradicia lo era anche la federa. Nemmeno lui sapeva cosa credere. Avrebbe voluto tanto che fosse stato solo uno scherzo di cattivo gusto, ma le parole di Namjoon gli avevano fatto notare troppi particolari che accreditavano la teoria del poliziotto. Quando Yoongi aveva fatto saltare in aria la serratura della sua vecchia camera, per esempio...
Come cazzo aveva potuto dimenticarsi un avvenimento del genere?!
Si passò una mano sotto gli occhi e percepì qualcosa di freddo sulla pelle. Era il suo anello di fidanzamento. Cautamente, lo tolse dal medio e lo posò sul comodino: non voleva buttarlo via, perciò restò semplicemente a fissarlo, finché alla porta non sentì un leggero bussare. Lo riconobbe subito, quello era il tocco della madre. Jimin non disse niente, ma lei decise di entrare comunque. Il ragazzo si mise a sedere a gambe incrociate sul letto e continuò a guardare basso.
"Va tutto bene, tesoro?" domandò attentamente, ma il figlio si limitò ad annuire. Che cosa avrebbe potuto risponderle alla fine? 'Il mio fidanzato, nonché babysitter di Haneul, indaga su di noi perché papà è immischiato in qualcosa di grosso. Ah, Yoongi è anche un poliziotto ventiduenne'? Meglio di no, le sarebbe venuto un colpo.
"E allora perché piangi?" chiese chiudendo la porta ed avvicinandosi. "É successo qualcosa a scuola?"
Jimin scosse la testa negativamente.
"Tu e Yoongi avete litigato?" abbassò la voce e si sedette accanto a lui, carezzandogli maternamente i capelli.
'Teoricamente no...' avrebbe voluto rispondere, invece si appoggiò al petto della madre e sospirò: "Perché le persone mentono?" domandò sconsolato. La donna restò in un silenzio sconcertato per qualche minuto: "Come mai questa domanda, Jimin?"
"Rispondi, ti prego."
"A volte si mente per nascondere una sorpresa o qualcosa di bello." azzardò positivamente.
"E le altre volte?"
Lei sospirò: "Le altre volte si vuole mascherare una realtà che detestiamo..."
Jimin nascose il viso contro il petto della madre e la abbracciò, ma senza dire nulla. Fu lei la prima a parlare: "Yoongi ti ha mentito?" chiese preoccupata. Jimin annuì. "Cos'ha detto?"
Il ragazzo fece per aprire la bocca, ma le parole gli morirono sulle labbra. Avrebbe potuto spifferarle tutto, ma lei gli avrebbe mai creduto?
"Non voglio parlarne ora, mamma." rispose. Lei annuì, comprensiva.
"Se ne hai bisogno, io sono sempre qui per parlare." lo rassicurò con un sorriso. "Vuoi scendere giù? Puoi distrarti, intanto che mi aiuti a cucinare."
Jimin corrugò la fronte e la fissò, facendo una faccia della serie 'Stai scherzando?'. La donna si lasciò scappare una risatina e si arrese a quell'espressione: "Va bene, va bene... puoi fare da assaggiatore."
Il ragazzo abbozzò un sorriso e scese dal materasso. Sempre meglio che restare a crogiolarsi nei propri problemi, no?
Dopotutto l'atmosfera della propria camera gli stava stretta, su quel letto ci avevano fatto troppe cose, ci avevano costruito troppi ricordi, troppi momenti, ci avevano speso troppe parole dolci.
Seguì la madre giù per le scale, ma all'ultimo gradino si disse che forse sarebbe stato meglio rimanere a deprimersi sotto le coperte. Davanti a lui, o meglio, di fronte al padre, si ergeva Yoongi che parlava concitatamente con l'uomo. Il ragazzo si voltò solo quando sentì lo squittio sorpreso della donna e si lasciò andare in un sospiro di sollievo.
"Cavolo, Jimin, mi hai fatto prendere un colpo!" esclamò Yoongi, avanzando verso l'altro, il quale fece un minuscolo passo indietro. "Ti eri dimenticato che dovevamo andare a mangiare la pizza con Taehyung e gli altri?" gli posò una mano sulla spalla con un sorriso dolcissimo. Jimin fissò prima le sue dita, poi il suo viso e quelle labbra perfette che ora quasi lo disgustavano. Scrollò le spalle e gli rivolse un'occhiata di ghiaccio, sotto gli sguardi confusi di Yoongi e del padre.
"Vattene." gli sibilò contro e il ragazzo piegò la testa di lato, intanto che il suo sorriso si trasformava in una linea piatta e sconcertata.
"C'è qualcosa che non va?" chiese sbattendo le palpebre tanto innocentemente che Jimin avrebbe voluto ficcargli la testa nel water.
"Vattene a fanculo!" ripeté a voce più alta, tant'è che il padre lo guardò accigliato. Yoongi fece un passo indietro, senza capire.
“Ehi…” lo fissò un po’ offeso, ma soprattutto preoccupato.
“Io non ci parlo con i bugiardi!” gridò prima di scappare via sulle scale, verso la propria camera. Yoongi non perse tempo a rimanere interdetto e lo rincorse. In uno scatto, gli afferrò il polso e lo attirò verso di sé, con una forza bastante a farlo sbattere contro il proprio petto.
“Ma di che stai parlando?!” chiese stringendogli la mano, ma Jimin si tirò quasi subito indietro. Lo guardò dritto negli occhi per qualche secondo, tuttavia Yoongi fu il primo a distogliere lo sguardo, a disagio.
“È vero?” domandò con le lacrime agli occhi.
“Cosa?”
“Lui dice che… che hai ventidue anni…” sussurrò. All’improvviso ciò che stava dicendo gli sembrava una stronzata, come se, alla fine, quello di Namjoon fosse davvero tutto uno scherzo. Ma lo sbiancare veloce del viso già pallido di Yoongi gli fece aumentare il dolore al petto.
“Cristo… non dirmi che sei davvero un poliziotto…” mormorò incredulo, ma subito la sorpresa si tramutò in rabbia, pronta a esplodere in tutta la sua potenza.
“Jimin, posso spiegare…” sussurrò Yoongi, ma la voce del più piccolo sovrastò la sua.
“Mi hai davvero mentito per tutto questo tempo?!” gridò tanto forte che i quadri affissi al muro parvero vibrare. Le sue pupille erano dilatate e la mandibola stretta in una morsa pronta a scattare. Un ringhio gutturale si levò dalle sue labbra e le lacrime arrivarono a fiumi, premendo per uscire.
“Jimin, calmati, ti prego. Posso spiegare…” ripeté posando le mani sulle spalle del ragazzo.
“Che cosa? Cosa vuoi spiegare?!” urlò dandogli una spinta così forte da fargli fare due passi indietro. “Mi hai mentito, Yoongi! Mi hai mentito fin dall’inizio! E tutto perché volevi arrivare a mio padre!” esclamò tirando su col naso, mentre le lacrime gli iniziavano a rigare le guance. “Dovevi proprio illudermi? Ti fa piacere ferire le persone?”
Si passò le mani sotto gli occhi, indietreggiando verso la porta della propria camera da letto. Era amareggiato, triste, ma soprattutto incazzato e provava il desiderio impellente di scaricare tutta la rabbia su Yoongi. L’istinto di tirargli un pugno arrivò al limite quando si avvicinò a lui e chiese: “Chi te l’ha detto?”
Spalancò gli occhi per la rabbia e in tal modo anche le lacrime ebbero maggior via d’uscita.
Chi me l’ha detto?!” sbraitò, mentre si trasformava in una furia. “Qui non è questione di chi me l’ha detto, ma di perché cazzo l’hai fatto!”
Yoongi fece un passo indietro, preso in contropiede. Sapeva che Jimin aveva un carattere abbastanza infervorato, quando ci si metteva d’impegno, ma non credeva fino a quel punto.
“Dammi il mio anello!” gridò tra le lacrime, tuttavia Yoongi non si mosse di un millimetro e quello fece incazzare ancora di più Jimin.
“Dammi il mio anello, cazzo! Uno stronzo come te non se lo merita!” urlò di nuovo, ma la sua voce risuonò diversa, più stridente. Yoongi non voleva farlo. Togliersi l’anello gli avrebbe spezzato ancora di più il cuore, perciò si limitò a fissarlo con gli occhi lucidi, sussurrando appena un: “Perdonami…”
Jimin tirò di nuovo su col naso e prese la mano del più grande. Il cuore di Yoongi ebbe uno sfarfallio speranzoso, che però si trasformò in una crepatura quando gli sfilò la fedina dal dito medio e la strinse nel pugno, amareggiato.
“Sai una cosa?” sibilò con tanto rancore nelle proprie parole. Il petto di Yoongi ricevette una prima coltellata attenta e precisa.
“Avrei dovuto ascoltarti quando dicevi di non essere abbastanza per me.” sussurrò a voce abbastanza alta da farlo sentire solo a lui. E fu in quel momento che arrivò la seconda pugnalata al cuore, priva di tatto, impudente, dolorosa.
“Quella era l’unica cosa sulla quale eri sincero.”
Solo dopo avergli rivolto un’ultima occhiata irata che lo uccise dentro letteralmente, si richiuse la porta alle spalle, ma senza sbatterla. Si senti solo il giro delle chiavi nella serratura.
“È meglio che torni a casa, Yoongi…” percepì la voce della madre di Jimin farsi strada tra i suoi pensieri. Il ragazzo le rivolse uno sguardo a metà tra il dispiaciuto e il triste.
“Non volevo che lo scoprisse così…”  mormorò con gli occhi lucidi. La donna si avvicinò a lui e gli strinse una spalla: “Ci parlerò io. Tu adesso va’.”
Yoongi annuì lentamente e scese le scale, correndo via, sotto lo sguardo confuso del padre, il quale, sebbene non alla perfezione, qualcosa aveva colto della conversazione. Il ragazzo scappò da quella casa e, una volta raggiunto il vialetto, diede uno sguardo alla finestra di Jimin e gli sembrò di incrociare uno sguardo, ma quando sbatté le palpebre la sensazione sparì.
Era la prima volta che piangeva per Jimin. Piangere seriamente, però, per la tristezza, non dal ridere. Aveva provato un dolore simile quando il più piccolo era scappato da casa sua, prima del fatidico bacio, oppure quando il faccino deluso di Jimin gli si era presentato davanti quando aveva rifiutato il suo anello. Tuttavia il dolore, il senso di colpa, le crepe nel cuore, erano ancora più intense.
Pregò che Jimin non stesse male quanto lui. E forse, alla fine, le sue preghiere vennero ascoltate. Jimin non stava male quanto lui. Jimin stava molto peggio. 



Il mio spazietto: Mi hanno detto che in questo mio spazietto sono da prendere a pugni, ma sinceramente me gusta questa cosa e.e Tanto non mi potete prendere :3 *si becca una ciabatta in fronte*
Comunque... questo capitolo è molto... concentrato, come dire... Tutto sommato sono abbastanza soddisfatta, anche se avrei potuto rallentare le cose, MA l'action fa molto per me, quindi SBAM! Eccovi finalmente la rottura delle acque(?).
E nulla, come sempre, ditemi cosa ne pensate, con una - anche piccola - recensione ^^ Alla prossima ♥

 
   
 
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