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Autore: SagaFrirry    21/08/2015    3 recensioni
Storia scritta a più mani. Tre autrici diverse (SagaFrirry, enkeliNoManigoldo ed Antares 91) hanno creato questa piccola follia. Ogni capitolo sarà una missione "a sé", anche se saranno collegati fra loro, e sarà scritto da una delle tre. La storia è semplice: degli strani personaggi hanno una missione da compiere! ci riusciranno? fatevi 4 risate e scopritelo! FOLLIA A SEI MANI!
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Gemini Saga, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ATTENZIONE!!! QUESTO CAPITOLO É RATING ROSSO/ARANCIONE. NON DITE POI CHE NON VI AVEVAMO AVVISATI! BUONA LETTURA!!

 

Leggendo e rileggendo quella lettera, Arles si sforzava di rimanere calmo. Quella mocciosa sfrontata non solo non era ancora crepata come sperava, ma aveva pure la faccia tosta di spedirgli una letterina con su scritto che faceva visita al Tempio. Tale gesto, oltre a dimostrare un’immensa stupidità da parte della “Dea della saggezza”, aveva dato modo ad Arles di organizzarsi. Le case erano tutte occupate, salvo i morti e quel panda prugnoso di nome Dohko, e Betelgeuse era pronto a compiere la sua missione.

“Perché sono agitato?” ghignò il Sacerdote “Non ho motivo di esserlo..”.

Poi sospirò. Alle sue spalle, una delle sue ancelle stava tentando di domare la lunga capigliatura argento a suon di spazzolate.

“Il sole sta tramontando..” parlò Arles “..tu e le altre potete andare. Rientrerete al Tempio quando vi manderò a chiamare”.

“Corriamo dei rischi?” domandò l’ancella.

“No. Ma preferisco non vi ritroviate fra zotici invasori e finte divinità”.

“Come siete magnanimo..” sorrise la giovane “..e quella ragazza?”.

“Quale ragazza?”.

“Quella per cui sospirate. Sono cieca, ma certe cose riesco a vederle molto bene”.

“Terrò pure lei lontano da questo piccolo disguido. Poi, una volta che sarà tutto finito..non so..spero sempre che voglia restare qui accanto a me..”.

“Ah ma allora è una cosa davvero seria!”.

La ragazza udì un rumore. Erano dei passi, lievi, da donna. Ma non erano quelli delle sue compagne, che conosceva molto bene, quindi intuì di chi fossero e sorrise.

“Vi lascio soli” mormorò, senza dare il tempo ad Arles di parlare, una volta che Niraja fece il suo ingresso nelle stanze private del Sacerdote.

“Non c’è più nessuno?” domandò la rapitrice, una volta che l’ancella se ne fu andata  “Non ho visto né Gigars né il capo delle guardie..”.

“Se ne sono andati” ammise Arles “O morti..non lo so bene..”.

“Mi spiace..”.

“Vedrai che chi è fuggito poi riapparirà, non appena porterò a termine il mio piano. Ormai manca poco”.

“Davvero?”.

Niraja osservò Arles e ne rubò la lettera dalle mani, sedendosi poi sul letto ed iniziando a leggere. Lui le sedette accanto e la fissò.

“Questa cosa è preoccupante?” chiese lei “Intendo dire..questa Saori verrà qui con un esercito e correrai dei pericoli?”.

“Macché! Però preferirei saperti lontano da qui, non si sa mai. Perciò per un po’ non tentare di rapirmi. Risolverò la questione in fretta, vedrai, e poi ti manderò a chiamare. O ti verrò a trovare”.

“Ma..andrà tutto bene, vero?”.

“Certo! Solo che devo stare concentrato e tu saresti una distrazione. Splendida, gustosa, magnifica e sexy..ma comunque una distrazione!”.

“Capisco. Però starò in pensiero..”.

“Non ne hai alcun motivo, ciliegina mia”.

“Hai i capelli metà a posto e metà a cespuglio..” ridacchiò lei, tentando di pensare ad altro.

“Vuoi terminare tu il lavoro della mia ancella?”.

Lei sorrise. Sospirò, osservando un punto imprecisato della stanza. Arles girò lo sguardo verso di lei, ammirandone i lunghi capelli rossi i cui alcuni ciuffi erano elegantemente adagiati sul seno, che si sollevava al ritmo regolare del respiro di lei. Con un abitino semplice e leggero, adatto alla stagione, lasciava scoperto il collo che il Sacerdote iniziò a baciare, dopo aver scostato qualche ciocca vermiglia.

“Tanto ci interrompono” commentò lei.

“Hai ragione..” rispose lui, rassegnato ma comunque intenzionato a continuare a baciare la pelle vellutata di chi aveva accanto.

“Ci interrompono sempre..”.

“Ti prometto..” mormorò lui, fra un bacio ed un altro “..che quando tutto questo sarà finito..comprerò un’isola deserta..e ti ci porterò..saremo solo io e te..e ti sbatterò come se non ci fosse un domani..”.

“Non sei molto romantico..” storse il naso lei.

“Ah beh..allora..guarderemo insieme un romantico tramonto, ti guarderò romanticamente negli occhi e romanticamente ti confesserò amore eterno”.

“Oh, che carino..”.

“..e poi ti sbatterò come se non ci fosse un domani!”.

“Scemo!”.

“Sì, tantissimo..”.

Lui continuò a baciarla e, con una mano, le scostò una delle spalline del vestito.

“Tanto ci interrompono..” mormorò lei, lasciandosi spogliare.

“Hai ragione..lo faranno..”.

“Ci interromperanno sul più bello..”.

“Lo so..”.

Arles era sicuro che qualcuno sarebbe entrato da quella porta.

“Dove sono i miei fratelli?” chiese lei “Erano dietro di me”.

“Ho detto ai cavalieri d’oro di fermarli..”.

“Ma..”.

“Tranquilla! Non gli faranno male. Ho detto solo di trattenerli per un po’, non li feriranno”.

“Sei sicuro?”.

“Rilassati..”.

Niraja rimase tesa solo pochi secondi. Forse più rilassata al pensiero che i fratelli non sarebbero comparsi all’improvviso, la ragazza strinse a sé Arles, abbracciandolo.

“Tira via quella tunica!” quasi ordinò “Tiene tanto caldo..non hai caldo?”.

“Sì, ho tanto caldo, hai ragione..” ghignò lui, mostrando alla donna che amava quanto fosse rapido a rimanere completamente nudo.

Lei si lasciò stendere a letto, fra i baci e le leste mani del Sacerdote che riuscivano a spogliarla con una facilità impressionante.

“Tanto ci interrompono..” disse lui e lei ebbe un brivido di piacere quando si sentì penetrate e trattenne il respiro qualche istante.

“Ah sì..” gemette lei dopo un po’ “..ci interrompono..sì..ma tu..non ti fermare! Comparisse anche Gesù Cristo con la Madonna tu..ah..non ti fermare!”.

 

“Perché hai fatto passare nostra sorella e non noi?” protestò Nektarios.

“Quello schianto di rossa è vostra sorella?” rispose Mur “Non ci credo nemmeno se mi pagate! E comunque lei aveva il permesso di passare. Voi no”.

“Perché?! Facci passare, oppure..”.

“Oppure?”.

“Hei, guarda là!” esclamò Tarasios.

Mur finse di farsi fregare, o forse ci cascò per davvero, e girò la testa. I due fratelli ne approfittarono e corsero, schiantandosi di faccia contro il Crystal Wall.

“Che diavoleria è mai questa?!” gemette il più piccolo, toccandosi il naso.

Mur ridacchiò, continuando ad osservarli mentre i due si schiantavano ripetutamente, cercando di afferrare Kiki che, dall’altra parte del muro, li prendeva per il culo.

“Sfigati” ridacchiò il moccioso, mostrando la lingua.

“Non accetto prese in giro da uno che ha le sopracciglia a palla!” ribatté Nektarios.

“Hai qualcosa contro le sopracciglia a palla?!” chiese Mur, avvicinandosi ai due invasori con fare minaccioso.

I due, che fino a quel momento avevano creduto quel cavaliere un uomo coccoloso e puccioso, si dovettero ricredere. Mai offendere le sopracciglia di Mur! Con occhi iniettati d’odio, l’Ariete si avvicinava ed i fratelli tentarono di farsi strada, grattando contro quel muro immaginario che non voleva saperne di farli passare.

“Scherzavo!” supplicò Nektarios “Le tue sopracciglia sono bellissime! Le voglio pure io! Non uccidermi!”.

“Ma davvero?!” ghignò Mur “Kiki..vai a prendere quel che tu sai..”.

E delle minacciose pinzette comparvero fra la mano dell’Ariete e la faccia del rapitore.

 

Niraja piantò le unghie nella schiena del Sacerdote quando raggiunse l’orgasmo e ribaltò la testa all’indietro. Quel gesto, quell’improvviso dolore provocato dalle unghie smaltate, diede una scossa di intenso piacere al Sacerdote, che strinse con forza la donna a sé e gemette, giungendo anche lui al culmine dell’amplesso.

“Sto sognando?” sussurrò lei, ansimando e sorridendo.

“Oh, Niraja..” rispose lui, stendendosi al suo fianco “..sposami”.

“Che?!”.

“Ti prego..quando tutto questo sarà finito, quando avrò lo scettro di Nike e sarò vincitore..resta qui con me! Governa il mondo al mio fianco!”.

“Scherzi?!”.

“No! So che devi badare ai tuoi fratelli ma..sono disposto ad accettarli e sopportarli qui al santuario, se ci sei tu!”.

“Ed io..potrei comandare? Intendo dire..potrei dire ad un cavaliere d’oro di fare questo o quest’altro?”.

“Certo, mia ciliegia”.

“Oh..la cosa è eccitante..”.

“Davvero?” ghignò lui, baciandola di nuovo sul collo.

“Però..mi hai mentito..”.

“Ah sì?”.

“Avevi detto che mi avresti preso con violenza, facendomi gridare il tuo nome dal piacere. Invece sei stato..quasi dolce. È stato bellissimo, amore mio, però..”.

“Non volevo che Saga interferisse. Lui non vuole che si faccia male alle donzelle. Ma credo non abbia nulla da ridire adesso..”.

“Davvero?”.

“Ultimamente è sempre depresso. Da quando è arrivata quella lettera..ricorda cose passate e piagnucola”.

“Poverino..”.

“Povero un cazzo! Che la smetta di piangere e reagisca! Che vuole?! Suicidarsi?!”.

“Gli passerà..”.

“Sì..è vero..ma tornando a noi..”.

“Sì?”.

“Dici che ti eccitava l’idea di..”.

Non terminò la frase, ricominciando a baciarla e stringendola a sé.

“Stanotte recuperiamo tutte le volte in cui siamo stati interrotti, mia Niraja! Ti farò impazzire!”.

“Oh, Arles!” gemette eccitata lei, mentre ricominciavano a cercare l’orgasmo, questa volta con più violenza e ferocia.

 

Dopo aver “pallizzato” le sopracciglia dei fratelli, Mur decise che poteva anche lasciarli passare. Aldebaran li attendeva alla seconda casa, dopo aver appena finito di cenare. Accolse i due rapitori con un rutto ed un sorriso imbecille.

“Salute..” borbottò Nektarios.

“Ma quanto cazzo sei alto?!” domandò Tarasios.

“E tu quanto cazzo sei basso?” sbottò il Toro, capendo che quei due erano utili al massimo come stuzzicadenti.

“Che profumino..” si lagnò Tarasios “..io ho una fame..”.

“Sì, pure io. È ora di cena..non è che è avanzato qualcosa?”.

Aldebaran rise e fece segno ai due di seguirlo.

“C’è sempre da mangiare qui” spiegò il padrone di casa “Accomodatevi. Vino?”.

I giovani non se lo fecero ripetere due volte e subito iniziarono a bere.

“Andateci piano” suggerì Aldebaran “Il vino di Grecia non è per signorine..”.

“Ma per chi ci hai preso?!”.

Nel giro di pochi minuti, i rapitori stavano cantando a squarciagola canzoni su farfalle, fatine, unicorni incontinenti ed alabarde spaziali. Il Toro rise. Alla fine, lui doveva solo tenerli occupati per un po’ e ci stava riuscendo benissimo!

 

Nel frattempo, alla tredicesima, Niraja ed Arles erano ancora avvinghiati. Con la schiena contro una colonna, lei veniva sorretta da lui che la possedeva quasi con rabbia.

“Arles!” gridò lei, e lo ripeté più volte, sempre più vicina al raggiungimento del culmine del piacere “Arles! Così ogni notte! Fammi tua! Fammi tua per sempre!”.

“Come non ci fosse un domani! Sì! Ogni notte, sì! Sì, mia Niraja!”.

“Oh, mio Sacerdote!”.

“Urla il mio nome! Dimmi che mi ami!”.

“Arles!” ansò lei, godendo “Ti amo! Sei mio, solo mio! Tutto dentro di me ti voglio! Sento il tuo cosmo!”.

“Cosmo si chiama adesso?”.

“Ah! Sì!” gemette ancora lei “Continua! Continua! Sto per venire”.

Lui spinse ancora, sempre più forte, eccitato dai gemiti e dalle urla di lei, sempre più ravvicinate. Poi lei lanciò un gemito di pura soddisfazione e lui diede un ultimo colpo, ringhiando raggiungendo l’orgasmo.

“Così tutte le notti?” ansimò Niraja, lentamente rimettendo i piedi in terra.

“Se ci riesci..” ghignò Arles.

“E tu? Vecchietto..”.

“Ti ho promesso di recuperare tutte le volte in cui ci hanno interrotti e lo farò”.

“Stanotte?”.

“Fidati..”.

 

Sbronzi, e traballanti, Nektarios e Tarasios raggiunsero la terza casa.

“Vedo doppio..” biascicò il primo.

“Io quadruplo..ci sono quattro case..”.

“Ma no, che dici..sono due..”.

“Ma dovrebbe essere una sola?”.

“E che ne so io..andiamo!”.

Cantando ancora cretinate, entrarono alla terza. Arles, impegnato in ben altre faccende, non creò labirinti o inganni di sorta. Tanto quei due erano talmente ubriachi che la visioni se le creavano da soli.

“Mamma!” esclamò Tarasios, abbracciando una colonna.

“Mi gira la testa..” ammise Nektarios, e cadde per terra.

 

“Chissà dove sono i miei fratelli..” si chiese Niraja, stesa a letto accanto ad Arles.

Stava riprendendo fiato, sorridendo. Lui rispose a quel sorriso, con un ghigno arrapato.

“Sei contenta, ciliegina?”.

“Sì. E tu?”.

“Vorrei che il sole non sorgesse mai..”.

“Ma è appena tramontato! Che ore saranno? Le dieci?”.

“Non so. Siete arrivati qui più o meno alle sei..la notte è giovane..”.

“E vuoi possedermi tutta la notte?”.

“Finché non cadremmo entrambi a terra sfiniti, mia ciliegia!”.

Lei gli montò a cavalcioni, poggiandogli le mani sul petto.

“Posso fare io il cavaliere, per un po’?” domandò, sorridendo.

“Ma certo” sorrise Arles “Montami, cavallerizza!”.

Lei iniziò piano, con delicati movimenti del bacino.

“Oh, mi piace così..” sussurrò lui, guardandola.

Era meraviglioso vederla lì, a candela su di lui. Quei suoi movimenti, che parevano una danza, le facevano sussultare i seni in modo perfetto.

“Sei bellissima” le mormorò.

Niraja sorrise, continuando la sua dolce cavalcata.

“Vai più in fretta” chiese lui.

Lei accelerò e lui si rilassò.

“Ah, sono in paradiso” gemette “Continua così, piccola”.

La guardò ancora, notando una piccola goccia di sudore scivolarle sul viso e poi lungo il corpo, che il Sacerdote trovava perfetto. Allungò le mani, sfiorandone i fianchi ed il sedere.

“Ti piace?” ansimò lei.

“Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata in tutta la mia vita, ciliegina! Mi stai facendo toccare il cielo con un dito..”.

“Solo con un dito?”.

“Con tutto me stesso! Continua! Danza su di me! Così! Magnifico!”.

Lei accelerò ancora, dando colpi più convinti di bacino. Ah, quel bacino! Arles ne era incantato e ad ogni singola mossa fremeva di piacere.

“Ti amo” le sussurrò.

Il ritmo si fece più frenetico, ipnotico e incalzante.

“Vieni” gemette lui “Vieni assieme a me, bimba mia! Vieni!”.

“Sì..sì assieme a te! Mio cavaliere..”.

“Ah! Vieni!” quasi gridò lui, inarcando la schiena.

“Sì!” gridò lei “Sì!” ed entrambi raggiunsero l’orgasmo contemporaneamente.

 

Deathmask stava leggendo il giornale, seduto fra le teste della sua casa, quando vide due ubriachi barcollare fino all’ingresso. Ridacchiò, scuotendo la testa.

“E così..” parlò il Cancro “..voi siete i fratelli di quella bella gnocca ospite della tredicesima..”.

“Bada a come parli!” ringhiò Nektarios.

“Sgasati. Hai la forma di un arancino e ti esalti pure?! Questa è la quarta casa, quella del Cancro, ed io devo intrattenermi un po’ con voi. Devo farmi perdonare il fatto di aver interrotto il Sacerdote sul più bello..”.

“Anch’io sono del Cancro!” sorrise Tarasios e Deathmask storse il naso, lievemente disgustato “Potrei diventare un giorno il custode di questa casa?”.

“Certo..come no..”.

Tarasios non colse il sarcasmo ed esultò felice. Il Cancro era perplesso. Quei due non sembravano minimamente sconvolti dal fatto che la casa fosse tappezzata di volti umani, probabilmente perché ancora visibilmente alticci.

“Un caffè forse aiuta..” sogghignò Deathmask, offrendone un paio ristretti.

“Io non dovrei bere caffè..” si lagnò Tarasios “Niraja dice che poi non dormo..”.

“Non le diremo che lo hai bevuto. Manda giù” incitò il padrone di casa.

I due fratelli tracannarono il caffè tutto in un colpo, scuotendosi. Era amarissimo e la cosa li disgustava. Però questo un po’ li fece riprendere dalla sbronza. Giusto quel tanto necessario per far loro capire in che luogo esattamente si trovavano e sopra a cosa avevano i piedi.

“Mamma!” gridarono in coro, abbracciandosi per lo spavento.

“Se volete, vi porto a trovarla” rise Deathmask, giocando con un’anima.

Ed i due fratelli svennero.

 

“Ho voglia di fare un bagno..” sussurrò Niraja, stesa a letto accanto ad Arles, che giocava con i capelli.

“Nella mia super vascona?” rispose lui.

“Sì. Se non erro..lì è dove ci siamo visti la prima volta”.

“Non erri, mia bella rossa naturale..”.

Senza sentirsi dire altro, lei si alzò e lui la seguì. La grande vasca come sempre era colma di acqua calda al punto giusto. Lei vi si immerse fra i vapori, sorridendo felice.

“Che goduria” commentò “Se ti dico che resto qui..potrò usare questa vasca?”.

“Tutte le volte che vorrai” ghignò lui, raggiungendola.

“Mmm..quasi quasi..”.

“Dai, ciliegina! Che altro potresti desiderare? Soldi, potere..me!”.

“Ah ma come sei modesto!”.

“Sfido qualunque altro uomo sulla terra a soddisfarti come ho fatto e come farò! Ho appena iniziato con te, pucciolina mia!”.

“E Paciolla?” domandò lei, indicando la papera.

“Lei approva, vero Paciolla?”.

Niraja accarezzò la testa di quel giocattolo e sorrise divertita. L’approvazione di una papera di gomma era importante!

“Ricordi..che stavi proprio lì la prima volta che mi hai vista?” domandò poi, indicando un punto della vasca.

“Come dimenticarlo? La più bella visione possibile dopo anni di cavalieri e mostriciattoli..”.

“Come sei lecchino..”.

“Non sono lecchino! È vero! Mi sei piaciuta fin dal primo sguardo. Non credo sia stato lo stesso per te..”.

“No. Mi sembravi un vecchio..ma poi mi hai detto tante cose..”.

“Una te ne ho detta: che sembravi una ciliegia!”.

“E ti sono saltata addosso..lo ricordo bene!”.

“Il nostro primo coito interrotto..”.

“Sembra quasi una cosa bella. Sono passati degli anni..”.

“Non farmici pensare! Piuttosto..dobbiamo finire di recuperare..”.

“Arles..abbi un attimino di pazienza. Io non sono un cavaliere instancabile come te..”.

“Ti concedo un po’ di riposo..”.

Dopo un lungo bagno, in cui lei capì che chi aveva arredato quel posto era un po’ strano, visto che c’erano statue inquietanti di leoni vomitanti acqua calda, entrambi uscirono.

“Guarda!” rise lei “Ho le mani tutte piene di grinze!”.

“Pure io..ma tanto io sembro sempre un vecchio..perciò..”.

“Non ti arrabbiare”.

Ghignando, Arles la osservò mentre si asciugava.

“Ti aiuto..” le propose, iniziando a tamponarle la pelle con un piccolo asciugamano.

“So fare da sola” sorrise lei.

“Fammi divertire..”.

“Va bene..”.

Passando sulle spalle ed attorno al collo, le diede qualche rapido bacio.

“Posso baciarti sulle labbra?” domandò Arles, guardandola.
“Non lo hai già fatto mille e più volte?” rise lei.

“Non quelle labbra..”.

“Eh?”.

Niraja non capì subito ed osservò il Sacerdote che lentamente scendeva con la testa.

“Ma dove..?” iniziò lei, interrompendosi quando capì quale fosse la meta del Sacerdote.

Ne percepì la lingua, che Arles usava egregiamente. Rabbrividiva leggermente, quando lui sfiorava il punto giusto.

“Sei tutta bagnata..” lo sentì dire, in una breve pausa.

“Dovresti asciugarmi, invece di farmi bagnare! Ma va benissimo..”.

Lui continuò e lei gli affondò una mano nei capelli.

“Mi piace il sapore che hanno le tue altre labbra..” mormorò Arles.

“Goditele..”.

Chiudendo gli occhi, Niraja affondò ancora di più le mani nei capelli del Sacerdote, che amava quella sensazione. La sentiva ansimare sempre più velocemente e percepiva i suoi muscoli tendersi, segno che era prossima all’orgasmo.

“Ah, è proprio lì!” gemette lei “Fantastico! È bellissimo, amore mio! Ecco..proprio lì!”.

Arles sorrise. Passando un’ultima volta la lingua nel punto giusto, sentì le mani di lei irrigidirsi. La sentì lanciare un gemito di piacere e capì di averla soddisfatta.

“Ti asciugo..” mormorò, leccando ancora un paio di volte e poi fermandosi.

Guardò in su, incrociando gli occhi di lei. Era rossa in viso, con le pupille dilatate per il piacere ed il respiro corto.

“Come sei bella quando sei appena venuta” le disse, alzandosi ed abbracciandola.

“Come posso ricambiare?” ansimò lei.

“Girati..” ghignò lui.

 

Aiolia si vide recapitare i due fratelli aspiranti rapitori da Deathmask. Ancora svenuti, il Cancro li parcheggiò all’ingresso della quinta casa.

“Che dovrei farci?” domandò il Leone.

“Che ne so io!” sbottò Deathmask “Io non li voglio! Fanno schifo perfino alle teste della mia casa”.

“Posso ucciderli?”.

“No. Sono i fratelli dell’amichetta del Sacerdote. Poi si arrabbia..”.

“Capisco..”.

Il Cancro incrociò solo per qualche istante gli occhi rossi di Aiolia, sotto il controllo mentale del Genro Mao Ken, e tornò a casa sua. Il Leone sbuffò, fissando quei due intrusi in terra. Diede loro qualche calcetto, finché non li vide riaprire gli occhi.

“Dove siamo? Quelle teste..erano tutte un sogno?” si chiese Nektarios.

Aiolia non rispose, preferendo ignorarli. Visto che si erano ripresi, non erano un problema suo. Sperò che se ne andassero in fretta e invece i due parassiti iniziarono ad infastidirlo.

“Tu ci lasci passare?” domandò Tarasios.

“Non ho bisogno né di compagnia né di animali domestici..” borbottò Leo.

“Di una grattatina dietro l’orecchio?”.

Aiolia ringhiò, come solo un leone poteva fare. Le particelle elettriche attorno al corpo del cavaliere frizzarono e Tarasios udì il bubbolio del temporale in avvicinamento. Lui aveva paura del temporale e quindi si avvicinò al fratello, stringendone la mano.

“Smettila, fratellino!” sbottò Nektarios “Certe cose non dovrebbero più farti paura!”.

“Lo so, fratellone. Ma è più forte di me..”.

Nel vedere quel legame fraterno, Aiolia per qualche istante tornò in sé.

“Andatevene, su!” disse, non avendo voglia di combattere contro quei due “Tanto ci penserà Shaka a trattenervi anche per il tempo che spettava a me..”.

Con le mani puntate contro il muro, umido per colpa del vapore delle vasche e dalla temperatura sollevata dai due amanti, Niraja era chinata in avanti ed Arles stava dietro di lei. La teneva per i fianchi e la penetrava con somma soddisfazione. Adorava quella posizione! Lei capiva quanto lui amasse quella posa, perché sentiva quanto fosse eccitato. Le mani di lui si mossero, avanzando verso i seni e stringendola più forte, spingendola verso di sé.

“Arles..” sussurrò lei.

“Ti piace?”.

“È fantastico sentirti dentro di me. Non smettere!”.

“Non ho alcune intenzione di farlo..”.

“Era così..” continuò lei, interrompendosi ad ogni spinta “..che nell’antichità..si faceva sesso?”.

“Ah..non saprei..però..”.

“Ah! Spingi! Più forte! Scopami come non ci fosse un domani!”.

“Quando fai così mi ecciti da morire!”.

Il Sacerdote la strinse di nuovo per i fianchi e la sentì alzarsi sulla punta dei piedi, compiendo un movimento con il bacino che gli trasmise una tale scossa di piacere da fargli raggiungere l’orgasmo. Lei si risollevò leggermente e lui la baciò sulla schiena.

“Dei..” ansò “..sei magnifica!”.

“Anche tu..”.

“Sei venuta ed io..”.

“Questa volta per due volte..non te ne sei accorto?”.

“La prima ammetto di non averla notata”.

Lei si voltò e lo baciò, mentre veniva spinta con la schiena contro il muro.

“Ansimi..” sorrise lei “..stai iniziando a stancarti?”.

“Non sottovalutarmi..fra un attimo si ricomincia!”.

“Lieta di sentirlo..”.

 

“Siete degli esseri impuri ed indegni” sermoneggiava Shaka, ormai da parecchio “Il mio Cosmo vi trova rivoltanti e meritereste il baratro eterno del regno dei mostri”.

“E piantala!” sbottò Nektarios, dopo un po’ “Abbiamo capito che facciamo schifo! Facci passare, dobbiamo raggiungere nostra sorella!”.

“Vostra sorella è nelle stanze del Sacerdote. Probabilmente è stata scelta per divenire una sacerdotessa d’Atena. È un grande onore”.

I due fratelli spalancarono gli occhi. La loro sorellona una guerriera a servizio di una Dea?!

“Oh, lei è sempre stata speciale” sorrise Nektarios.

“Una donna..” sospirò Shaka “..è comunque una donna. Non so cosa spinga il Sacerdote a trascorrere gli attimi precedenti una grande battaglia con una donna”.

“Non avete mai avuto una madre, per caso?” sbottò Tarasios, mostrando un improvviso scatto di orgoglio e coraggio “O una sorella? Un’amica?”.

“Sono un orfano” tagliò corto Shaka.

“Pure noi siamo orfani! È stata Niraja a crescerci, per noi lei è molto importante. È stata come una mamma. Certo, più stronza e cinica ma..ci ha trasmesso tanto amore! Se alla vigilia di una battaglia dovessi scegliere se trascorrere il mio tempo con un uomo o con una donna, direi una donna. Perché loro sono speciali. E Niraja lo è ancora di più. Ha saputo darci la forza, quando mamma è morta. Ci ha guidati e protetti. Sì, è patetico da dire ma è così! Lei è saggia e coraggiosa, sa incoraggiarti e spronarti. E poi..le donne sono magiche! Perché creano i bambini”.

“Hai le idee un po’..”.

“Stai zitto! Tu sei nato da una donna, è inevitabile! Probabilmente ti ha stretto a sé e ti ha allattato. Probabilmente ti ha accarezzato la testa e dato tanti baci. Ed ha asciugato le tue lacrime. Perché è questo ciò che fanno! Ci sorreggono, quando noi ci vergogniamo d’ammettere che qualcosa non va. Quando noi ci sentiamo troppo forti per piangere, loro ci ricordano che la vera forza sta nel cuore, non nell’orgoglio. E sai chi mi ha insegnato questo? Niraja! Perciò non parlare di lei come fosse un essere inferiore come me!”.

Shaka rimase in silenzio.

“Forse mi sbagliavo..” parlò, dopo un po’ “..non siete poi così stupidi come pensavo. Il vostro animo è puro..potete passare”.

 

“Vieni qui” invitò Arles.

Seduto sul letto, vide Niraja avvicinarsi. Lei sorrise e sedette sul Sacerdote, portandogli le gambe dietro la schiena.

“Ma chi ti ha insegnato queste cose, bella bambina?” ghignò lui, sfiorandole il viso.

“Sono brava ad improvvisare” sorrise, facendosi baciare.

Stavano di nuovo facendo l’amore, in quella posa che faceva congiungere i loro petti e le loro labbra. Stringendosi forte, entrambi si muovevano a ritmo. Questa volta, non si dicevano nulla. Solo gemiti, ansimi e qualche “sì” sussurrato piano. Lei incrociò le mani dietro la nuca di lui, graffiandone la schiena. Lui la teneva stretta, con i gomiti puntati sulle cosce. Ne sentiva la morbida pelle sotto le dita ed era una sensazione estasiante.

Fu un atto lungo, dolce. Lui aveva capito che lei era stanca e quindi la guidava, portandola verso il piacere lentamente, senza farla affaticare ulteriormente. Trovò fantastico il sentirla sospirare e gemere. Continuò finché non la sentì tremare, fremente di intenso piacere. Poi lei si poggiò sulla sua spalla, fra tanti capelli argento.

“Sei stanca?” le mormorò.

“Sì” ammise Niraja, sottovoce.

Lui le carezzò i capelli e delicatamente la fece stendere sul letto. Poi si stese al suo fianco e la guardò, mentre lei lentamente si addormentava.

 

La casa della Bilancia era deserta, quindi Nektarios e Tarasios passarono oltre senza farsi troppi problemi. Lo Scorpione, osservandoli, scosse la testa. Come poteva quella creatura da sbavo dai capelli rossi essere imparentata con quei due?!

“Devo rallentarvi” spiegò “Ordini del Gran Sacerdote”.

“Ma perché?!” chiese Nektarios..

“Per permettergli di scopare in santa pace”.

“Che dici?! Nostra sorella è pura e..”.

“Pura?! Bello mio, io le riconosco al volo. Lei è una di quelle con cui si passano notti di fuoco! Il suo sguardo trasmette bruciante passione”.

“Ma il Gran Sacerdote è un vecchio che..”.

“Eh, lo so. Ma con una così resuscitano pure i morti, credimi”.

“Stai parlando di nostra sorella!!”.

“E con ciò? Non ho detto che è una puttana. Ho detto che è una donna passionale, con cui più che volentieri farei l’amore. O del sesso selvaggio, dipende”.

“Smettila!”.

“Se no che mi fai?”.

Nektarios scattò in avanti e Milo rispose con una cuspide nel sedere del rapitore, che sobbalzò per il dolore.

“Siete patetici” sogghignò lo Scorpione “Dipendete da vostra sorella. Ma non vi vergognate?! Lasciatela godere in pace, senza essere un peso morto nella sua vita”.

“Non siamo un peso morto!”.

“Certo che lo siete! Siete incapaci di stare senza di lei! Buhu piango! La sorellona non c’è. Sigh sob”.

“Non sfottere!”.

“Lei ha il diritto di vivere una vita. Voi siete d’impiccio..”.

I due fratelli si guardarono. Forse quel cavaliere aveva ragione! Forse Niraja meritava spazio.

“Insegnaci!” dissero, in coro “Insegnaci ad essere forti!”.

“Io?!” si stupì Milo “Mmm..va bene! Venite con me!”.

 

Arles lasciò che Niraja dormisse. Ne osservava la schiena, mentre si inarcava leggermente ad ogni respiro. La curva perfetta di quelle natiche lo faceva sentire su un altro pianeta. Era felice, orgoglioso di aver trovato finalmente una donna così. Però..Saga piangeva! Quel dannato cavalcatore di Sagittari depresso piangeva! Da quando aveva letto la lettera di Saori, si era depresso ancora di più e non faceva che piangere e supplicare Arles di risparmiare la vita di Atena e pentirsi.

“Ma taci” sbottò.

“Smettila di fare del male!” piagnucolò Saga.

“Non sto facendo del male! Sto facendo l’amore!”.

“Parlo di altro, Sacerdote in calore!”.

“Pensa per te, incula equini!”.

“Degli innocenti stanno morendo!”.

“Se ti riferisci agli spermatozoi, è la natura. Non possono vivere tutti..”.

“Smettila di pensare solo al sesso!”.

“Sono un uomo, etero, con una donna NUDA, bellissima, stesa a letto accanto a me. I miei neuroni sono incapaci di pensare ad altro!”.

“Domani arrenditi! Non fare del male ad Atena ed ai suoi cavalieri!”.

“Ma non ci penso proprio!”.

“Arrenditi oppure io..”.

“Tu?”.

Saga non rispose. Niraja si era svegliata ed Arles lo ignorava.

“Ben svegliata, ciliegina mia” le sorrise.

“Ho dormito a lungo?”.

“Non così tanto..”.

“Vuoi ancora fare l’amore?”.

“Oh, sì!”.

“Mi concedi ancora un attimo?”.

“Certo..”.

Niraja strusciò il viso contro il cuscino, stiracchiandosi.

“È vero quel che mi hai detto?” domandò poi.

“Che?”.

“Che vuoi sposarmi. Lo pensi davvero o lo hai detto solo in preda all’euforia post coito?”.

“Lo penso davvero. Voglio sposarti. Direi che è ora per me, no? Intendo dire..l’età è quella giusta! E tu sei perfetta. Fosse per me, ti sposerei anche subito, ora, ma immagino tu voglia qualcosa di carino come il vestito e gli invitati”.

“Voglio una torta gigante, alta quattro piani”.

“Perfetto.. e che altro?”.

“Un bell’abito. I fiori. La musica..”.

“Avrai tutto quello che vuoi”.

Lei allungò una mano, accarezzando il petto di lui, che la fermò e si esibì in un cavalleresco baciamano.

“Me lo prometti? Prometti che amerai solo me, Arles?”.

“Solo te. Per sempre”.

“Baciami”.

“È un sì?”.

“Baciami” sorrise lei, mentre lui le montò sopra e la baciò con passione.

 

Milo guidò i fratelli fino alla casa del Capricorno. Superando quella vuota del Sagittario, trovarono Shura intento a tagliuzzare cose probabilmente antiche e saltellare fra le rovine come una capretta.

“Milo..” sbottò, vedendolo e cercando di riavere un contegno “..cosa ci fai qui? E chi sono quei due..cosi?”.

“Due vigliacchi che hanno bisogno di lezioni di accrescimento palle” spiegò lo Scorpione.

“E che vuol dire?”.

“Facciamogli vedere come dovrebbero agire due veri uomini! Altro che piagnucolii e lagne!”.

“Ed in che modo dovremmo mostrarglielo?”.

Milo ghignò. Shura lo fissò con aria interrogativa, non capendo la follia del suo collega.

“Scommetti che diventano uomini se li attacchiamo?” rise Milo.

“E perché non li attacchi da solo?”.

“Perché io sono un cavaliere! Non mi piacciono gli scontri due contro uno..”.

“Ma non ha senso quel che dici!”.

“Smettila di farti tante domande, Shura!”.

“Milo e Shiro?” mormorò Tarasios.

“Ma no!” lo corresse Nektarios “Milo e Shura, cretino!”.

“Ammettilo: non hai voglia di sporcare di sangue la tua casa” parlava il Capricorno.

“Esatto. Poi mi tocca pulire..” ammetteva lo Scorpione.

“E perché?”.

“Metti che domani gli intrusi arrivano fino alla mia casa..dovrò fare un’entrata d’effetto, senza macchie imbarazzanti. Dai..vedila come una sessione d’allenamento extra”.

Shura sospirò. Poi mostrò un certo entusiasmo. Soddisfazione o sadismo? Alzò il braccio destro, che brillò leggermente. Nektarios fissò il fratello, leggermente preoccupato. Quando il Capricorno mostrò quel che era in grado di fare l’Excalibur, il “leggermente” divenne “mostruosamente” ed iniziò a correre a casaccio, seguito da Tarasios.

“Smetteremo quando mostrerete di essere veri uomini! Altro che aspettare la sorellina!” spiegò Milo, lanciando una cuspide che andò a segno.

“Sono i fratelli della rossa?” domandò Shura.

“Sì” annuì lo Scorpione “I fratelli di quello schianto con cui si sta intrattenendo il Sacerdote. Ha buon gusto, per essere un vecchio di 300 anni”.

“Già..”.

Il Capricorno quasi aveva dimenticato che Milo non conosceva la vera identità del Sacerdote, cosa che invece l’occupante della decima casa sapeva da tempo. Pensò che, alla fine di tutto, Saga gli doveva almeno una birra.

“Hola, burro feo. Como estas?” chiese Shura, sicuro che nessuno la capisse.

“Perché parli di cibo?!” sbottò Milo.

“Non parlo di cibo, ignorante!”.

Milo gli mostrò la lingua e colpì di nuovo i fratelli, per “sfogarsi”.

“Basta!” supplicarono i due.

“Dovete reagire! Avanti, mezze tacche!”.

Dopo diversi colpi, i due aspiranti rapitori si stancarono.

“Adesso basta!” si lagnarono “Noi vogliamo solo rivedere nostra sorella! E se fosse in pericolo? Nostro compito è proteggerla!”.

“Bene, già mi piace di più come discorso rispetto alle lagnette da "abbiamo bisogno di lei!" Ora vediamo di trovare il modo di farvi rinsavire del tutto” sorrise Milo, soddisfatto perché convinto di aver fatto da grande maestro.

“Ha ragione Milo!” strinse i pugni Tarasios, alzandosi “Il nostro compito non è dipendere da nostra sorella ma proteggerla! Avanti, Nektarios! Alziamoci ed andiamo a difenderla!”.

“Sì, andiamo!” annuì il fratello maggiore.

Milo e Shura si fissarono, in silenzio. Li videro camminare tutti tronfi verso l’uscita.

“Dici sia meglio fermarli?” domandò lo Scorpione.

“Ci penserà la vita a massacrarli..” alzò le spalle Shura “Ora me ne vado a dormire..”.

 

In piedi contro il muro, Niraja ed Arles erano di nuovo uniti, per l’ennesima volta. Lei era leggermente sollevata da terra ma non ci faceva caso. Stringeva forte a sé il suo uomo, ansimando di piacere. Ormai prossimi entrambi all’orgasmo, Arles inaspettatamente l’afferrò e la buttò sul letto. Poi le si lanciò addosso, tenendole le gambe e penetrandola con forza, in un impeto improvviso di violenza che un po’ spaventò Niraja. Quei pochi colpi però dati con maggior fermezza le fecero raggiungere inaspettatamente l’orgasmo.

“Scusami..” le mormorò lui, dandole un piccolo bacio “..tutto a posto?”.

“Oh, sì” sorrise lei.

Lui aveva ringhiato venendo in lei, Niraja lo aveva percepito chiaramente, ed aveva lanciato un grido di rabbia e soddisfazione.

“Dei..” parlò piano lei “..non ho mai provato tanti orgasmi in tutta la mia vita! Ho perso il conto ma..è sicuramente così”.

“E fin ora mai con nessuno ho passato una notte così. Sei fantastica..”.

“Lo sei anche tu..”.

“Su questo non c’è dubbio”.

“Ma..qui accanto ci sono le stanze di Atena?” domandò Niraja.

“Sì. Vuoi vederle?”.

“Voglio farci l’amore” confessò lei.

“Come?!”.

“Voglio farci l’amore! Perché nessuno ci ha mai fatto niente, in quelle stanze”.

“In effetti..la verginella dubito ci abbia mai fatto alcunché oltre che a dormire. Nei secoli dei secoli. Che noia..”.

“Bene! Allora..inauguriamo noi!”.

“Mi piace come idea. Che bimba dal cervellino porcellino..”.

“Andiamo!”.

 

Tarasios e Nektarios camminarono con convinzione ed entrarono nell’undicesima casa senza nemmeno pensare al fatto che il suo padrone non fosse per nulla d’accordo. Camus li osservò, alzando le sopracciglia bifide, ed incrociò le braccia. I due “invasori” lo ignorarono, a testa alta con espressione d’orgoglio. L’Acquario allungò un dito e, senza nemmeno parlare, congelò le gambe ad entrambi.

“Ma che succede?!” si lagnò Tarasios.

“Dove pensate di andare voi due?” domandò Camus.

“Alla tredicesima, da nostra sorella” rispose Nektarios, tentando di liberarsi.

“Non così in fretta. Vi devo trattenere per un po’, questi sono gli ordini”.

“Lasciaci subito andare! O dovrai vedertela con la nostra ira!” minacciò Nektarios, per nulla convincente.

“L’ira di una baguette anoressica e di un croissant obeso non mi spaventa di certo”.

“Sei francese?” domandò Tarasios.

“Sì..”.

“Dannato mangiarane! Liberaci subito!” urlò Nektarios.

“Piano con le parole, damigiana! Piuttosto, vedi di sfruttare l’occasione per fare un po’ d’esercizio e dimagrire”.

Ignorando le proteste dei due, Camus sedette tranquillo, leggendo un libro in russo. Ci voleva un certo autocontrollo per riuscire a concentrarsi sulla lettura nonostante il continuo borbottio dei rapitori.

“Fino a quando ci terrai qui?” protestò Tarasios.

“Fino a quando il ghiaccio non si scoglie”.

“Cioè?”.

“Un centinaio d’anni”.

“Che cosa?!”.

“Sto scherzando! Sarete liberi di andare quando avrò finito questo libro”.

Il libro in questione era Anna Karenina, appena iniziato dall’Acquario è grosso pressoché come un vocabolario. I fratelli si guardarono, preoccupati. Capirono che dovevano trovare il modo di liberarsi prima. Iniziarono a parlare fra loro, facendo baccano, tentando di distrarre e portare allo sfinimento Camus. Di tutta risposta, l’Acquario iniziò a leggere ad alta voce in russo.

“Vediamo chi si stufa per primo?” sfidò, senza cambiare espressione e ricominciando a leggere.

“Cazzo, che palle” sbottò Nektarios, dopo un’ora di nomi incomprensibili “Ammazzaci piuttosto, non ne posso più!”.

“Per quel che mi riguarda, siete liberi di andare. Io vi ho trattenuti il tempo richiesto”.

Sciolse il ghiaccio che portavano ai piedi, con i due fratelli che si lagnarono quando avvertirono di nuovo il sangue entrare in circolo, e fece segno che potevano anche sparire. Nektarios e Tarasios non se lo fecero ripetere e fuggirono via, verso l’ultima casa prima dell’agognata meta!

 

“Ma..dorme su un’ara di pietra?!” si stupì Niraja, quando vide il “letto” di Atena.

“Sì, pensa che comodità..”.

“Sei sicuro che non ci veda nessuno, qui?” domandò lei, vedendo Arles andare a sedersi sul “letto”.

“Sono venuto un sacco di volte qui, non c’è anima viva. Solo al Sacerdote è permesso accedervi. Ed alla Dea, ovviamente, che però non c’è”.

“E cosa ci venivi a fare?”.

“A farmi le seghe pensando a quanto sono bello..non ci ho mai portato una donna..”.

“Allora io sono la prima donna nuda che vede questa stanza?”.

“Direi di sì. Poi non so..magari in tempi antichi..”.

Niraja raggiunse il Sacerdote e salì sul “letto”. Raggruppò le gambe, sentendo la superficie gelida sulla pelle. In ginocchio, si voltò verso Arles, che le mostrò la lingua. Lei iniziò a punzecchiarlo con le dita e lui le afferrò le mani. Lei rise e tentò di ribaltarsi all’indietro, venendo però facilmente sorretta dal Sacerdote. Mosse le gambe, scalciando con una bambina, specie dopo che lui, trattenendole entrambi i polsi con una mano sola, la solleticò.

“Smettila!” ridacchiò Niraja “Non vale!”.

Lui scattò in avanti e la baciò. Lei tirò verso di sé le gambe e finì ribaltata all’indietro. Arles gattonò e tornò a raggiungerne le labbra.

“Atena, guarda qua!” sogghignò lei, gustandosi poi quel bacio e quel che ne conseguì.

Nonostante la scomodità di quell’affare in pietra, i due iniziarono a fare sesso.

“Dice che lei potrà capire quel che è successo qui, un giorno?” ansimò lei.

“Le lasciamo un bigliettino?”.

“Guarda cosa ti perdi, Dea vergine!”.

Aggrappata al collo di Arles, Niraja seguiva i suoi movimenti sempre più veloci. Poi spinse con il bacino, facendolo indietreggiare leggermente. Sollevò le gambe, piegando le ginocchia, e si inarcò. Arles si era sollevato leggermente e ora si fissavano, divertiti da quella ginnastica. Lui ricominciò a spingere, più forte, più in fretta, accompagnato dalle urla di piacere di lei, che adorava sentire rimbombare fra le pareti vuote. Per questo urlava sempre più forte.

“Guardami, Atena!” urlò, godendo “Guarda come questo meraviglioso uomo spinge dentro di me! Guardami! Ah! Guardalo mentre gode come un pazzo e viene in me! Ah! Ah! Sì!”.

“Oh, Niraja! Come mi ecciti!”.

“Lo so! E tu sei mio! Tutto mio! Sì! Stringimi!”.

“Sì, sono qui. Sono tuo! Sentimi!”.

“Ti sento! Ah! Sto venendo! Lo senti, Atena? Questo è l’urlo nel nostro orgasmo”.

Lanciò un gemito di piacere ed Arles ghignò divertito, continuando a danzare dentro la sua bella.

“Vieni, amore mio” gli sussurrò lei, accarezzandolo.

Lui non rispose, ansimò eccitato ed accelerò ancora il ritmo. Lei puntò le dita dei piedi contro la pietra.

“Ancora..” disse a bassa voce “..ah, quanto ti amo!”.

Capì che anche lui stava per raggiungere l’orgasmo e si morse le labbra, con un brivido lungo tutto il corpo.

“Atena!” riprese, gridando “Senti il mio uomo! Eccolo che viene, dentro di me! Lo senti?”.

Arles lanciò un gemito di piacere, dando un'ultima spinta e graffiando la pietra, ribaltando la testa all’indietro. Lei pure ribaltò la testa, all’ennesimo picco estatico. Rimasero qualche istante immobili, fissandosi, ansimando. Lui poi rise.

“A che gioco giochiamo ora, bella ciliegina?” ansò.

“Vedo che anche tu inizi un po’ a stancarti, Sacerdote” rispose lei, con un sorriso sornione “Rientriamo alla tredicesima. Questo posto è scomodo..”.

Insieme, dopo qualche istante per riprendere fiato ed energia, camminarono di nuovo verso le stanze di Arles. Niraja rise, precedendo il Sacerdote di qualche passo. Poi, di colpo, si fermò.  Guardò in su, verso la grande statua. Stava ai suoi piedi e la fissava.

“Arles!” disse.

“Dimmi..”.

“Prendimi ora!”.

“Eh?”.

“Prendimi adesso! Qui! Ora!”.

“Perché? Cioè..ok..ma..”.

“Fa che lei ci guardi” sogghignò Niraja, risalendo lungo i piedi della statua e poggiando la schiena fra la veste in pietra.

“Oh, questa sì che è blasfemia!”.

La cosa lo eccitava tantissimo e non ebbe difficoltà a soddisfare quel suo desiderio.

“Ancora! Ancora! Ancora! Atena, lo senti? Certo che lo senti! Sto venendo sulla tua statua!” ansimò lei.

“Oh, sì, mia bella ciliegia! Godi! Godi ancora! Godi di più!”.

Contro quella pietra era strano, perché con strane escrescenze e con una base piuttosto instabile, dato che stavano sul piede di lei. Arles, in punta di piedi, sorreggeva Niraja che strusciava la schiena contro la grigia veste della Dea. Con un'ultima spinta, la sentì trattenere il respiro ed irrigidirsi fin sulla punta delle dita.

“Sei venuto?” domandò lei.

“Insieme a te”.

Niraja si poggiò alla spalla del Sacerdote, che la sorresse. Insieme, giunsero fino alla tredicesima e si stesero a letto.

“Scusami..” sussurrò lei, a pancia in su “..sono sfinita..”.

“Pure io..” ammise Arles, nella posizione opposta.

Sorridendosi ed ansimando, entrambi si addormentarono.

 

“Quella è l’ultima casa! Poi arriviamo da nostra sorella!” esclamò Nektarios, raggiante.

“E come lo sai?” domandò Tarasios “Io ho perso il conto..”.

“Lascia perdere. Chiamalo sesto senso!” ribatté il fratello, dimostrando una totale ignoranza nella conoscenza dei segni zodiacali e del loro numero.

Giunti davanti alla casa dei Pesci, entrarono e subito furono avvolti dal profumo delle rose.

“Che puzza” storse il naso il maggiore, starnutendo.

Aphrodite udì quella frase e rispose, con una rosa che sfiorò l’orecchio di Nektarios ed andò a piantarsi contro il muro.

“Come osano due MOSTRI come voi entrare nella MIA casa ed offendere le MIE rose?!” sibilò Pesci.

“Ci scusi, signora” balbettò Tarasios.

Gli occhi di Aphrodite fiammeggiarono e scagliò una raffica di rose contro l’invasore, che si rannicchiò su se stesso nel tentativo di schivarle.

“Signora?! Io non sono una signora! Sono Aphrodite, cavaliere dei Pesci! Il più bello fra i dodici gold”.

“Hem..ok..ci lasceresti passare? Per favore..”.

“Non con quei capelli e quelle unghie! E la pelle poi..dovete giungere al cospetto del Gran Sacerdote, non di un quaquaraqua qualsiasi! Perciò ora vi renderò presentabili..”.

Con un sorriso leggermente sadico, Aphrodite fissò quei due. Erano orribili e avrebbe dovuto un lavoro parecchio lungo..

“Dunque..” borbottò “..da dove inizio? Mmm..direi che un po’ di ceretta non può farvi male!”.

 

Svegliandosi, Niraja vide Arles in piedi, poco distante da lei, che si stava vestendo. Lei sbadigliò.

“Ho dormito così a lungo da farti passare la voglia?” chiese.

“No, mia cara. Solo che tra poco saranno qui i tuoi fratelli”.

“Davvero?”.

La giovane si stiracchiò ed iniziò a cercare i propri vestiti, tentando lentamente di assumere un aspetto decente.

“Dove sono le mie mutande?!” domandò, guardandosi attorno.

“Non ne ho idea..”.

“Pazienza, sto senza” rise lei, e capì che lui aveva fatto altrettanto “Però se le trovi me le torni!”.

“Sarà fatto”.

Niraja notò un sacchetto accanto al letto e lo fissò con aria interrogativa.

“Per te” spiegò Arles.

“Ma..è oro?”.

“Per ripagarti del disturbo”.

“Non sono una puttana da pagare! Quale disturbo?!”.

“Non penso sia stato gratis mandarmi la frutta, comprare i travestimenti, occupare il vostro tempo a tentare di rapirmi invece di lavorare..”.

“Beh..hai ragione..ma..”.

“Non dovevate rapirmi in cambio di denaro? Eccovelo. Così saprò, se ti rivedrò, che non eri qui solo per soldi..”.

“Ma come puoi pensarlo?!”.

“Oh, su! Accettalo e basta! Facci quello che vuoi! Compra una casa più grande ai tuoi fratelli, togliti qualche sfizio..”.

“Grazie..”.

“Poi..c’è un’altra cosa che vorrei darti..”.

Niraja spalancò gli occhi. Non ci credeva! Cosa stringeva fra le mani il Sacerdote?! Trattenne il fiato per la sorpresa e per l’emozione. Paciolla!

“Te la affido” parlò Arles “Mi sento più sicuro, se la so in mano tua”.

“La tratterò come la cosa più preziosa del mondo!”.

“Grazie. Poi me la riporti, però”.

“Certo!”.

La donna prese fra le mani la papera con viva emozione. Il più grande tesoro di Arles, era nelle sue mani! Non riusciva a crederci! Sorrise, allungandosi per dare un bacio al suo uomo. Lui le passò una mano fra i capelli, che erano esageratamente spettinati.

“Sorellona!” si sentì gridare.

“Sono qui” rispose lei ed i due fratelli comparvero, stupendosi nel vedere Niraja ed il Sacerdote così vicini.

Poi però lei raccolse i capelli di lui con le mani, formando la coda con cui Arles li legava quando solitamente girava in incognito.

“Fratellone!” esclamò Tarasios, capendo “Sei tu?! Il fratellone è il Sacerdote?!”.

“Sì, è così” sorrise Niraja.

“Ma quindi..la missione..”.

“È compiuta” interruppe Arles “Vostra sorella mi ha rapito il cuore”.

“Oh, ma quanto fai schifo quando fai il romantico” si lagnò lei e lui si scusò.

“E voi due..” si stupì la sorella “..avete risalito le dodici case al buio, da soli?!”.

“Sì. Siamo veri uomini ora, Niraja!” annuì Tarasios.

“E ti avremmo difesa dal Sacerdote, se fosse stata una minaccia!”.

“Wow! Sono fiera di voi! Abbracciatemi!”.

I tre di abbracciarono e poi i due “neo uomini” abbracciarono Arles.

“Ora dovete andare” parlò il Sacerdote “Mi attende una lunga giornata ed Aphrodite deve tappezzare di rose la scalinata”.

“Aspetto tue notizie, allora” annuì Niraja.

“Certo. Appena avrò sistemato la faccenda Saori”.

“Intanto..vado a fare shopping!”.

Lei rise, sollevando il sacchetto con l’oro con una mano, mentre nell’altra teneva con cura Paciolla. Arles osservò i fratelli allontanarsi e sorrise. Non vedeva l’ora che quella visita indesiderata di nome Atena si levasse dai piedi!

 

“Spingi! Spingi più forte!”.

“Arles! Non gridare così!”.

“Più su! Più su!”.

Niraja scosse la testa, divertita, mentre il bambino si faceva spingere sull’altalena. Quel parco, era un regalo del Gran Sacerdote. Come le aveva promesso, aveva fatto sistemare il luogo dove lei giocava sempre da piccola e lo aveva reso incantevole. Circondata dalle risate dei bambini, Niraja posò lo sguardo su quell’albero, contro cui lei ed il suo amato si erano baciati. Fu colta da bruciante nostalgia.

“Mamma?” domandò il bambino sull’altalena “Perché ti sei fermata?”.

“Scusami, piccolo..” si riprese lei.

“Basta, non mi va più” commentò lui, scendendo.

Niraja annuì, lasciandolo allontanare per giocare con gli altri bambini. Sedette su una panchina e ne osservò le corse. Guardò l’orologio: i suoi fratelli dovevano essere ancora al lavoro. Erano riusciti a farsi assumere come animatori in spiaggia, impiego in cui potevano dare sfogo alla loro stupidità ed invadenza senza che qualcuno protestasse. Con i soldi del Sacerdote, si erano trasferiti in una bella casa, finalmente con lo spazio sufficiente per loro tre. E per Arles, il bambino avuto da Niraja. Il piccolo faceva spesso domande sul padre ma lei preferiva restare vaga, non volendo vederlo avere a che fare con il Grande Tempio.

“Giovanotto interessante” sentì commentare.

Si guardò alle spalle. Dietro alla panchina, in piedi, stava un ragazzo dai capelli arancio. Notò le sopracciglia e subito lo riconobbe.

“Kiki” lo chiamò “Mi ricordo di te. Sei cresciuto..”.

“Anch’io mi ricordo di te, quando passasti per la prima casa quella sera. Son passati degli anni, ormai..”.

“Già..”.

“Il bambino è figlio di cavaliere?”.

“Perché lo chiedi?”.

“Perché percepisco un cosmo in lui”.

“È quello di suo padre. Lo protegge..”.

“Buon per lui. Ma..”.

“Non sarà un cavaliere”.

“Se è destino..”.

Niraja non rispose. Si alzò, chiamando suo figlio.

“Arles, andiamo. Gli zii tra poco tornano. Andiamo a comprargli la cena”.

“Poi andiamo in spiaggia, mamma?”.

“Va bene..”.

Arles guardò verso Kiki e gli sorrise.

“Mi piacciono le tue sopracciglia” commentò “Posso toccarle?”.

Kiki si chinò leggermente ed il piccolo le toccò con le dita, felice. Di risposta, ricevette una carezza fra i capelli ed un sorriso.

“Andiamo” lo incitò Niraja ed il bambino la seguì.

“Ci vediamo presto” salutò Kiki, facendo l’occhiolino al piccolo Arles.

 

 

MISSIONE 16: COMPIUTA!! 

BY SAGAFRIRRY

 

Sì, è il finale ragazzi. Ci spiace, ma è così. Prima o poi questa avventura doveva finire. Spero ne siate soddisfatti. Alla prossima follia!!!

   
 
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