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Autore: Nash    21/08/2015    1 recensioni
"Tutti ci hanno sempre creduto e hanno perfino accettato e amato la maschera che porto, ma è come una belva rinchiusa. Dentro la gabbia nessuno ha paura dell’animale, ma appena questo è a piede libero il terrore e la desolazione si impadroniscono dello spazio accanto a lui, poche sono quelle persone che affrontano la bestia senza riuscire a domarla ma a conviverci ugualmente."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Tutto può succedere, partiamo da questo presupposto. Forse è proprio per questo che sono finita distesa sull’asfalto a non capire nulla, con gli occhi chiusi, con l’angoscia  di aprirli e vedere cosa sia successo, con le mani davanti al volto perché per la prima volta mi ritrovo in un faccia a faccia con la paura. È il secondo in più o il secondo in meno a decidere cosa fare della tua vita. Dicono di mantenere la mente lucida. Ditemi chi è l’idiota che spara queste cazzate. Eppure sembrava una bella giornata, o almeno una giornata normale, ma “normale” è l’ultima parola che può descrivere la mia vita. Mi sono sempre sentita diversa dagli altri, fuori posto col mio sorriso a coprire tutto, ma con una strana sensazione dentro: l’inadeguatezza. Stare con altra gente, risultare simpatica, nascondere il tuo lato più vero e rispettare le convenzioni sociali, si può dire che la mia non è una vita, ma una recita. Ho sempre dovuto mettere in scena il mio spettacolo migliore, e gli applausi non hanno mai tardato ad arrivare. Tutti ci hanno sempre creduto e hanno perfino accettato e amato la maschera che porto, ma è come una belva rinchiusa. Dentro la gabbia nessuno ha  paura dell’animale, ma appena questo è a piede libero il terrore e la desolazione si impadroniscono dello spazio accanto a lui, poche sono quelle persone che affrontano la bestia senza riuscire a domarla ma a conviverci ugualmente. Là, buttata per terra col cuore a mille, riesco a sentirlo nelle orecchie, ogni pulsazione, riesco a percepire solo questo rumore nonostante sia in piena città con il rumore delle macchine, ma nulla solo il mio cuore che batte, ma il rumore diventa sempre più vago e il silenzio sempre più assordante, un silenzio che non ho mai sentito, mi fa quasi ritrovare la pace con me stessa, ma subito questo viene rotto da un urlo, uno dei più macabri e strazianti che avessi mai ascoltato, ma nell’istante successivo mi rendo conto che quell’urlo è  il mio. In quel momento mi rendo conto di quello che è successo in neanche 30 minuto: io contro una macchina, la macchina contro di me, il dolore, soprattutto alla testa, l’asfalto freddo, le lacrime che iniziano a scendere e che so che non si sarebbero fermate presto, e infine la mia voce che grida aiuto, come se fossi in un deserto e nessuno riuscisse a sentirmi, la mia voce sempre più forte e alta, ma allo stesso tempo spezzata dal pianto. La gola che brucia, non ho il coraggio di guardare cosa è successo, riesco solo a urlare. Smetto appena sento  una mano sopra la mia, è calda, e mi rendo conto di quanto abbia freddo, è novembre. Non so quanti minuti siano passati dall’impatto con la macchina a quel contatto, ma è una mano dal tocco delicato anche se dura, con dei calli. Con leggerezza e senza fretta questa mano prende la mia e la scosta dal mio viso, ma ho ancora gli occhi chiusi dallo shock. Sempre la stessa persona mi passa la mano sulle guance asciugandomi le lacrime, e in quel momento prendo coraggio di apro gli occhi, guardo chi mi sta aiutando. L’impatto con la luce del giorno me li fa richiudere per pochi istanti, ma subito dopo mi trovo davanti gli occhi più belli e profondi che avessi mai visto. Un azzurro cielo così intenso che è impossibile non perdersi dentro, sono per caso in paradiso? Ma non credo che gli angeli indossino delle Nike. È assurdo come solo quegli occhi sconosciuti mi abbiano trasmesso calma. Le lacrime continuano a scendere, non riesco a bloccarle, non sto solo piangendo per l’incidente,  sto sfogando tutta la frustrazione raccolta in 17 anni di vita, ed esce senza che io lo voglia, gli è bastata solo una piccola spinta ed ecco, tutte le mie emozioni alla mercé di completi sconosciuti. Il ragazzo accanto mi squadra  dall’alto in basso con uno sguardo serio, sta vedendo i “danni” che mi sono procurata, e fissando la sua espressione l’unica parola che riesco a dire è “Quanto?”. La mia voce dopo quel mio silenzio lo scuote e ritorna a guardarmi, stavolta con un’altra espressione, non più seria e concentrata, ma non capisce quello che ho detto.
“Quanto sangue perdo?” gli chiedo nuovamente con più chiarezza.
“Non perdi sangue per fortuna, e visto l’impatto credo sia un miracolo”. La sua voce infonde calma, proprio come il suo aspetto,  profonda e calda. Il fatto che non stia perdendo sangue mi rassicura  molto, mi rilasso e mi rendendo conto che stavo trattenendo il fiato.
“Avete chiamato l’ambulanza?” chiedo.
“Sì, ora dovremmo avvertire i tuoi genitori, dammi il numero”.
Gli do il numero e dopo squilli mia madre risponde, sento le sue urla al telefono nonostante il ragazzo si sia  allontanato, anche se di poco, per parlare meglio. Non so quanto tempo è passato, ma mi sono stanca, le palpebre sono pesanti e sull’asfalto a novembre fa  freddo. Chiudo gli occhi, ma dopo qualche secondo sento  la sua voce, questa volta allarmata.
“Ei, non ti azzardare a dormire, non puoi”.
“E chi saresti tu per dirmi cosa posso o non posso fare?”.

“Idiota, hai avuto un incidente e hai un evidente trauma cranico e addormentarti  con la conseguente perdita dei sensi può peggiorare le cose”.
Le sue parole sono una doccia fredda, a gennaio, in un cortile. Ha ragione, ma sono troppo stanca e le palpebre si chiudono da sole.
“Parla con me” lo sento.
“Non ho la minima idea di cosa dirti, e non so quanto sia una buona idea parlare con un perfetto sconosciuto”
“Sei sempre così acida?”
“Il 90% delle volte, l’altro 10 % lo passo a dormire”

“Allora meno male che non perdi sangue così l’asfalto non si è sciolto” e subito dopo quella battuta tremenda ride, da solo visto che è davvero penosa.
Ho avuto un incidente e ho sbattuto la testa e ancora non rido alla tua battuta, renditi conto quanto faccia schifo”. Dopo questa mia frase la sua risata, che solo ora mi rendo conto di quanto è cristallina e contagiosa, ma non rido lo stesso, ho appena detto che la sua battuta fa schifo e non sono un’ipocrita.
“Sofia!” sento da lontano e riconosco la voce di mia mamma, affannata e sicuramente col cuore in gola che le sta scoppiando. Dio quanto vorrei che non stesse così, ma purtroppo ha partorito  una deficiente che non sa attraversare sulle strisce pedonali. Sento i suoi passi veloci e dopo qualche secondo è lì per terra accanto a me, la vedo con la coda degli occhi e noto che mio padre è dietro di lei, non dice una parola, è paralizzato dallo shock. Mia mamma si porta le mani alla bocca e gli occhi sono gonfi di lacrime, non sa se toccarmi, accarezzarmi o semplicemente starmi accanto. Si siede sulle ginocchia accanto a me tenendomi per mano, è  bello sentire la morbidezza della sua mano, mi dà conforto in questa situazione di merda. Toglie lo sguardo da me e lo posa sul ragazzo con cui stavo parlando.
“Grazie, grazie mille per averla soccorsa, come possiamo sdebitarci?” gli chiede mia mamma.
“Signora ho fatto solo ciò che tutti avrebbero fatto anche se sua figlia non è un soggetto facile con la sua acidità”. Bene abbiamo capito che al bel ragazzone dagli occhi color mare e i capelli di legno piace sdrammatizzare e fare lo spiritoso, praticamente il mio contrario.
“Grazie ancora…” e lascia in sospesa perché non sa il suo nome, e sinceramente non lo so neanche io, non me lo ha detto finora.
“Cristian” conclude con un sorriso. Perfetto ora mia madre si scioglierà difronte a quelle fossette. L’ambulanza arriva dopo pochi minuti l’arrivo dei miei genitori e mi caricano diretti all’ospedale. Dalla barella do un’ultima occhiata a Cristian mimando un “Grazie” con le labbra a cui risponde con un sorriso. Lo devo ammettere, ha un sorriso meraviglioso. Quasi quasi mi dispiace di non vederlo più, è stato l’unico ad andare oltre la belva acida e a voler sapere di più.




Ciao a tutti, spero vi sia piaciuto quello che avete letto, è la prima cosa che pubblico in questo sito. La storia va avanti in realtà, ma ho preferito pubblicare solo questo stralcio per vedere se piace, spero di ricevere vostri commenti e di sapere se vi fa piacere che la storia continui.
  
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