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Autore: Adeia Di Elferas    22/08/2015    5 recensioni
La settantacinquesima edizione degli Hunger Games si avvicina. Johanna è nella sua casa al Villaggio dei Vincitori del Distretto 7 e si prepara a sentire quali novità Snow abbia in serbo per la terza edizione della Memoria.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Johanna Mason
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '...finché rimarrà un solo e unico vincitore.'
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~~ “Se non fosse che mi toccherà seguirli come ogni anno, non ci guarderei nemmeno sotto tortura.” disse Johanna, andando a mettersi di fronte allo schermo, in attesa che cominciasse il collegamento da Capitol.
 Le era presa la strana abitudine di parlare da sola ad alta voce, quando era in casa. Non sapeva dire nemmeno lei se lo facesse per riempire il silenzio che delle volte, nelle calde notti estive o nelle gelide albe invernali, le impediva perfino il sonno o se lo facesse perchè le sembrava sempre che ci fosse qualcuno in ascolto.
 Finalmente l'inno nazionale invase la sala e Johanna si sistemò meglio sul divano di legno ricoperto di cuscini.
 Il Presidente stava salendo lentamente sul palco.
 “Quanto sei vecchio...” disse piano Johanna, fissando l'immagine dell'uomo che le aveva rovinato la vita.
 I capelli candidi del Presidente le sembravano accecanti e le sue labbra le davano la nausea, così... Orribili, non trovava altri termini per descriverle.
 “O dannazione, ma è proprio necessario?!” esclamò Johanna, mentre Snow si perdeva in un lungo discorso sui Giorni Bui, le vecchie Edizioni Speciali eccettera eccetera...
 Le parole si rincorrevano una dopo l'altra e lei non ne ascoltò nemmeno mezza. Voleva solo che quel maledetto vecchio arrivasse al dunque. Voleva sapere cosa sarebbe successo in quell'Edizione della Memoria e poi se ne sarebbe andata per un po' nei boschi a pensare.
 “Come se non lo sapessimo già.” aggiunse Johanna, a conclusione del discorso del Presidente.
 Snow fece una brevissima pausa, prima di arrivare al punto saliente del discorso.
 Johanna si fece più attenta, irrigidendosi, le orecchie tanto tese che riusciva perfino a sentire un picchio battere con insistenza su un qualche albero fuori casa.
 “E ora onoriamo la nostra terza Edizione della Memoria.”
 Il battito del cuore di Johanna aveva accelerato la sua corsa, facendosi tanto rumoroso che lei quasi temette di non riuscire a sentire il comunicato per colpa sua.
 Il bambino vestito di bianco che stava accanto a Snow si feve avanti, gli porse la scatola con tutte le buste in fila – tante buste, accidenti, ma quante edizioni avevano in mente di fare? – e il Presidente prese quella con il numero '75' impresso sopra.
 Johanna non riusciva più a resistere. Se avesse potuto, sarebbe entrata nello schermo ed avrebbe strappato di mano a Snow quella stramaledetta busta e l'avrebbe prima aperta e poi bruciata e poi avrebbe...
 Ma perchè era così tesa? In fondo non era una cosa che la coinvolgeva così tanto in prima persona... Sarebbe stato triste e penoso, come ogni anni, ma nulla di più...
 Snow aprì rapidamente la busta e non fece più pause. Lesse immediatamente, con una certa soddisfazione: “Nel settantacinquesimo anniversario, affinché i ribelli ricordino che anche il più forte tra loro non può prevalere sulla potenza di Capitol City, i tributi maschio e femmina saranno scelti tra i vincitori ancora in vita.”
 Johanna non vedeva più lo schermo. I suoi occhi erano spenti e la sua espressione stranita.
 Ma che veniva a significare quella frase?
 Vincitori ancora in vita...
 Sollevò una mano a coprirsi la bocca. Si accorse che le tremava un po'.
 Aveva capito, ma non voleva accettarlo.
 I vincitori ancora in vita.
 Nel Distretto 7, l'unica vincitrice ancora in vita era lei.
 Lei.
 Afferrò la prima cosa che le capitò per le mani – un bicchiere vuoto – e lo lanciò contro lo schermo, che si zittì immediatamente.
 “Sul serio? Sul serio?!” gridò, guardando il soffitto.
 Sperò davvero che qualcuno la stesse spiando in quel momento, perchè voleva dirgliene fino a quando ne aveva.
 “Siete dei... Io vi...” cominciò, ma la voce le moriva in gola ogni volta che cominciava una nuova minaccia o un nuovo insulto.
 Aveva la gola secca, le mani tremanti e le gambe non parevano intenzionate a starsene ferme.
 Non poteva starsene lì a non far nulla. Doveva scaricare la tensione e rifletterci. Sarebbe tornata nell'Arena. Nell'Arena. Il suo incubo peggiore, il pensiero fisso che la svegliava ogni mattina e che l'accompagnava ogni giorno. Ci sarebbe tornata davvero.
 Uscì di casa di corsa, senza chiudere la porta – altra abitudine per lei ormai consolidata. In fondo, si diceva sempre, se vogliono entrare hanno di certo il duplicato delle chiavi, quindi lasciando aperto gli faccio solo risparmiare tempo.
 Prese l'accetta che teneva conficcata in un ceppo dietro casa. La tolse dal legno con un colpo secco e quando il peso dell'attrezzo le piegò le braccia, sentì più che mai di essere viva.
 Mentre correva verso il bosco più vicino, sentiva l'aria invaderle i polmoni, i muscoli bruciare e il cuore accelerare sempre di più.
 L'odore di pino e resina le invase le narici, mentre si addentrava nella vegetazione e la luce del sole diventava a chiazze.
 Quando sentì di essere abbastanza stanca e abbastanza lontana dalla sua bella e fredda casa nel Villaggio dei Vincitori del Distretto 7, alzò l'accetta e gridò, conficcandola nel primo tronco che le capitò sotto tiro.
 Le schegge di legno che si alzavano ogni volta che il metallo incontrava il tronco le sfioravano il viso, come goccioloni di pioggia durante un temporale, ma lei non vi faceva caso.
 Continuando a gridare a ogni colpo proseguì fino ad abbattare la pianta che aveva incontrato le sue ire.
 Ora che la guardava lì, inerme in terra, si disse che le assomigliava. Esile. Giovane. Sola. Unica della sua specie in mezzo a piante che erano grosse almeno il triplo di lei. Ed era stata uccisa senza motivo.
 Lasciò cadere in terra l'accetta, che fece un suono sordo nel toccare il suolo, e poi si sedette pesantemente sull'erba, accanto alla sua innocente vittima.
 Allungò una mano e ne toccò le brevi fronde. Era poco più di un arbusto. Magari sarebbe diventata una pianta enorme, ma non ne aveva avuto il tempo.
 Johanna si prese la testa tra le mani. Non poteva più non pensarci, doveva affrontare la realtà, perchè sapeva che a breve l'avrebbero intervistata, cercata, messa in piazza.
 Nel Distretto tutti, ormai, dovevano aver capito che lei sarebbe tornata nell'Arena. Forse molti avrebbero sollevato solo le spalle, qualcuno sarebbe stato sollevato nel pensare alla propria figlia che anche per quell'anno se l'era cavata, altri si sarebbero detti del tutto estranei alla faccenda, ma comunque tutti loro sapevano che era l'unica loro vincitrice ancora viva e che quindi toccava a lei.
 “Meglio a me che ad altri, no?” disse Johanna, alla pianta caduta, con la voce appena incerta.
 Si passò le mani con forza sugli occhi. Non voleva piangere per nessun motivo, anche se era così difficile...
 'Almeno non c'è più nessuno a casa che pagherà per i miei errori – pensò – e quindi nessuno che verrà punito, nel caso in cui mi scappasse qualche frase o atteggiamento sconveniente davanti alle telecamere...'
 Improvvisamente la paura se ne andò quasi del tutto. Il sentimento che l'aveva attanagliata per anni si stava facendo latente, sostituito da qualcosa che le scaldava il petto e le faceva spalancare gli occhi.
 Osservò il bosco attorno a sé e si chiese una volta di più se ci fossero occhi invisibili che la stavano spiando.
 Non avrebbe dato soddisfazioni a Capitol City.
 'Caro Snow, se davvero me ne devo andare – rimuginò, senza più esprimere ad alta voce i suoi pensieri – stai tranquillo che non lo farò in silenzio.'
 E con quest'ultima idea che le rimbalzava in testa, si tirò su, si scrollò i pantaloni e riafferrò l'accetta.
 Diede un ultimo sguardo alla pianta abbattuta e le rivolse un breve cenno di saluto, come a dirle 'Ci vediamo presto' e se ne tornò a casa.
 Non voleva sapere chi avrebbe incontrato nell'Arena, almeno fino al giorno della Mietitura. Se ne sarebbe stata tranquilla fino a quel momento. Non avrebbe detto nulla a nessuno. Avrebbe fatto finta di non sapere o di non badarci.
 E poi, in favore di telecamere, avrebbe dato il meglio di sé.
 Snow non voleva che i ribelli dimenticassero, no? Voleva che ognuno di loro ricordasse il come e il perchè erano arrivati a tanto.
 Oh, poteva stare tranquillo, sì... La gente di Panem non avrebbe dimenticato quell'edizione, poco ma sicuro. Avrebbero ricordato. I 'ribelli' avrebbero ricordato.
 Se Snow e Capitol la voleva veder morire, beh... In un modo o nell'altro, lei li avrebbe trascinati all'inferno con sé.
 
   
 
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