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Autore: Demon Heart    22/08/2015    1 recensioni
Una giovane ragazza intenzionata a volare in alto, ignorando pregiudizi e critiche.
Una ragazza che non vuole essere oscurata dalla grandezza del padre, ma anzi, raggiungerla o addirittura superarla.
Come protagonista abbiamo un'autrice televisiva, figlia di Scott Fellows, "padre" dei Big Time Rush.
Il suo incontro con i ragazzi non è dei migliori, ma come andrà con la loro "amicizia"? (sempre se così la si possa definire)
Io direi peggio del previsto, se non in modo disastroso.
Non resta a voi che giudicare.
Genere: Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carlos, James, Kendall, Logan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il fastidioso suono della sveglia mi fece brontolare parole poco gentili che, se qualcun altro avesse sentito, mi avrebbero scambiata per uno scaricatore di porto.

Mi chinai a terra, recuperando l'unica pantofola che riuscii a trovare, lanciandola poco dopo addosso alla mia adorata coinquilina, che farfugliò cose senza senso.

«Spencer, ma non puoi essere più delicata?» piagnucolò la mia compagna, prima di ributtarsi sotto le coperte.

Sospirai, alzandomi e trascinandomi verso il bagno, facendo una doccia veloce e tornando in camera per vestirmi.

Alla fine mi osservai allo specchio posto sull'anta dell'armadio, storcendo appena il naso.

I lunghi capelli castani, mossi, erano vivacizzati dalle punte, caratterizzate dal mio amato Shatush arcobaleno ed arrivavano fino ai fianchi; gli occhi verdi saettavano da una parte all'altra, osservando gli abiti che avevo scelto per quella mattina.

Una larga felpa nera mi fasciava braccia ed addome, tenendomi calda, visto che era inverno e non ero intenzionata a girare mezza nuda solo perchè volevo conquistare ragazzi, come facevano quasi tutte le altre ochette.

I leggins neri rendevano ben visibili le mie gambe, escludendo la parte coperta dalla felpa.

Ai piedi avevo messo frettolosamente delle converse nere borchiate, dai simpatici lacci a fantasia The Nightmare Before Christmas, film che adoravo.

Puntai lo sguardo sulla castana semi- cosciente che ancora giaceva nel suo letto.

Scossi la testa, facendo ondeggiare i capelli; salii sul letto della ragazza, spingendola fino a farla capitombolare sul pavimento.

«Spencer!» sbraitò, cercando di sgusciare fuori dal cumulo di coperte.

«Lo so che mi chiamo Spencer, però sbrigati. Sono le sette e quaranta» ridacchiai divertita, quando si alzò di colpo in piedi, cominciando a correre su e giù per la stanza.

«Arriverò tardi!» urlò, cercando di infilarsi il pesante maglione, facendomi roteare gli occhi.

«Stai calma, Avril, arriverai in tempo» cercai di non farla agitare troppo, anche se ormai era troppo tardi.

Sospirai, andando in cucina e preparando una veloce colazione, intimandola poi di raggiungermi.

«Spencer, non ho tempo di fare colazione!» corse verso la porta, intenzionata a correre a scuola.

Frequentava ancora la Artist Academy, un'accademia che aiutava i giovani a coltivare passioni e talenti per musica, ballo e recitazioni; direi una delle migliori, tra l'altro.

Spesso, Avril, si svegliava troppo tardi ed arrivava in ritardo, anche se la maggior parte delle volte la accompagnavo io in moto.

Quella mattina era una di quelle, infatti.

«Ti accompagno io con la moto, fai colazione però» ovviamente mi preoccupavo per lei, anche perchè la consideravo come una sorella minore.

«Ti adoro!» con uno scatto mi si lanciò addosso, facendomi quasi perdere l'equilibrio; fortuna che riuscii a restare in piedi, o ci saremmo fatte male.

«Si, però datti una mossa, peste» sospirai, lasciandola scendere e prendendo una lattina di bibita energetica dal freezer.

«Ti fa male quella roba di prima mattina, Spencer» mi cantilenò divertita, mentre le scoccavo un'occhiata che sembrava chiedesse "ma sei seria?", che le suscitò una risatina divertita.

«Sai che odio il caffè, quindi questa è l'unica soluzione, tranne quando mangio la peperonata... in quel caso rimango tutta la mattina a rimet-»

«Hai reso l'idea...» mi interruppe, guardandomi sconvolta.

Amavo quando reagiva così.

«Forza su» bevvi un altro sorso dalla lattina, riponendola nel frigo e prendendo le chiavi ed il mio casco nero dal tavolo della cucina «Io ti aspetto fuori, comincio ad avviare la moto, quindi vedi di sbrigarti»

Sistemai il giubotto di pelle nera, mettendo le chiavi nella tasca destra e lasciando il nostro appartamento, correndo al piano inferiore, evitando di prendere l'ascensore.

Preferivo fare più movimento prendendo le scale che rischiare di rimanere chiusa per tre ore in quello spazio decisamente stretto.

Uscita dall'edificio, presi una grande boccata d'aria, scompigliandomi i capelli ed osservando il cielo; azzurro come poche volte, il che prometteva bene.

Raggiunsi in poco la mia amata moto rossa e nera, cominciando a sistemare il casco in testa, sollevando i capelli.

Presi tra le mani il casco di Avril, poggiandolo sul sedile, mentre sbadigliavo sonoramente.

Avevo dormito davvero poco quella notte, rischiavo di addormentarmi a lavoro.

Rimasi alcuni minuti ad aspettare, prima di intravedere la figura della mia amica con una fetta di pane e marmellata tra i denti, correre verso di me.

Finì la sua colazione, mettendosi velocemente il casco e passandomi la sua tracolla, che sistemai sulla moto, in una delle due sacche laterali.

Cinque minuti dopo, sfrecciavamo tra le vie di Los Angeles, evitando il traffico e prendendo le strade secondarie.

Una volta arrivata a destinazione, Avril recuperò velocemente la sua tracolla, correndo verso l'edificio con ancora il casco in testa.

Sorrisi nel vedere che, poco prima di varcare la soglia, si voltò per salutarmi con un gesto della mano.

Avril era mia coinquilina da circa tre anni, anche se ci conoscevamo da molto prima.

Era una ragazza solare e sempre allegra, pronta a fare nuove scoperte e decisamente iperattiva.

Aveva una dolcezza incredibile e la simpatia era il suo piatto forte; inguaribile romanticona che, troppo spesso, si lasciava sopraffare dai sentimenti.

Aveva capelli castano chiaro che le arrivavano appena sotto le spalle; profondi occhi nocciola in contrasto con la carnagione pallida.

Nonostante avesse 18 anni ed io 23 era molto più alta di me, il che mi deprimeva il più delle volte, anche perchè le nostre discussioni, la maggior parte delle volte, si incentravano su questo.

Vestiva con abiti dai colori chiari, tendenti al rosso o al bianco.

Possiamo dire che eravamo l'opposto.

Una delle cose che non riuscivo a tollerare di lei, era la sua fissa per le fossette.

Un vero incubo.

Ogni volta che sorridevo, mi si formavano due "adorabili fossette" e mi ritrovavo il più delle volte con lei che mi stritolava come un peluche, costringendomi a sorridere ogni volta che le andava.

Da un lato era estenuante, ma dall'altro mi rallegrava, il che era decisamente positivo.

Come già detto in precedenza, io e lei eravamo l'opposto, e non solo di aspetto.

Rispetto a lei, io ero molto introversa, e nascondevo questa mia timidezza dietro l'essere fredda, calcolatrice e sadica.

Secondo un punto di vista, era ottimo, così gli altri capivano qual'era il loro posto, ma d'altro canto, non giovava a coltivare amicizie.

Oltre questo, spesso e volentieri usavo l'ironia pesante e, come mi diceva spesso mia madre, "la tua lingua è più tagliente di tutti i coltelli che ho in cucina, incluso quello da macellaio".

Penso non ci sia più niente da dire, anche perchè sono appena arrivata sul mio posto di lavoro.

Parcheggio velocemente la moto, affrettandomi ad entrare all'interno dell'enorme palazzo rosa confetto che avevo di fronte.

«Ciao Janette» salutai la biondina alla reception, che mi regalò un ampio sorriso.

«Salve signorina-» cercò di salutarmi, ma la interruppi, come ero solita fare se osavano chiamarmi per cognome.

«Come ti ho detto di chiamarmi?» chiesi, osservandola con fare indagatorio.

«Spencer» ridacchiò divertita, scuotendo la testa e passandomi alcuni documenti «Ciao anche a te. Parlando di lavoro, questi sono arrivati stamattina, quelli di ieri non riesco a trovarli» affermò confusa.

«Tranquilla, me ne sono occupata il a casa, sono tutti sistemati...» sollevai una valigia abbastanza pesante, passandogliela «Qui dentro. Quelli scelti sono solo quattro, che ovviamente valuteremo con gli altri. I primi quattro, con l'esattezza.» sorrise rincuorata, ringraziandomi e lasciandomi andare alla riunione che mi aspettava, con i quattro fascicoli tra le mani.

Mi affrettai ad entrare nella sala, notando che erano tutti presenti, ed al mio arrivo era piombato un silenzio tombale.

«Buongiorno a tutti, e» scrutai la sala, notando che ero l'unica che mancava «sono in ritardo?»

«No, signorina Fellows, siamo noi che siamo arrivati in anticipo, di cinque minuti più o meno» fu Christopher a rispondere, un uomo abbastanza alto sulla cinquantina e passa.

«Devo preoccuparmi?» chiesi, alzando un sopracciglio e facendo ridere i presenti nella sala.

Mi reputavano "simpatica ed un'ottima intrattenitrice" perchè avevo una spiccata ed elevata capacità di parola, frutto di pesanti studi.

Questo mi aiutava molto nel lavoro che, come risaputo, se non si ha la stoffa, si viene licenziati subito, e le raccomandazioni non salvano nessuno.

Per alcuni invece, la mia non era bravura, ma solo il potere di mio padre, Scott Fellows.

Per me, detto senza peli sulla lingua, potevano andare a farsi fottere tutti, visto che a quanto sapevo per certo, modestia a parte, ero un'ottimo elemento.

«No, anzi, pensavamo di trovarla prima, così potevamo cominciare subito la riunione, visto che non vediamo l'ora di sentire la vostra nuova idea.» continuò l'uomo, alzandosi e sorridendomi.

«Christopher, quante altre volte devo dirtelo per poter sentire un "tu" uscito dalle tue labbra?» ridacchiai, scuotendo la testa.

«Prima di tutto, vi ringrazio di essere venuti, anche perchè ho bisogno di esperti che giudichino il mio lavoro, anche perchè secondo una mia idea, lascia abbastanza a deludere» cominciai, riportando l'attenzione di tutti, su alcuni cartelloni che sistemai alle mie spalle, sull'apposito cavalletto, scostandomi i capelli dalle spalle e sfilandomi velocemente il giubotto, per permettere la massima comodità nei movimenti.

«Se "lascia a deludere" come tutte le altre volte, penso vada più che bene» ridacchiò una donna sulla trentina, bionda.

Uno dei miei difetti era la bassa autostima, ma non ne facevo un dramma.

«Grazie, Hanna» le sorrisi rincuorata, vedendola annuire appena.

Spesso e volentieri mi salvava dalle situazioni imbarazzanti, spostando l'attenzione su di se.

«Tornando a noi, sto lavorando su un film e, se avrà il successo sperato, una serie televisiva, di cui non ho ancora deciso il titolo, ma già parto col presupposto che se ne occuperà Hanna» ridacchiai, attendendo un suo consenso prima di continuare «Vede come protagonista un ragazzo. Scuola nuova, compagni nuovi, professori nuovi. Quello che però non sa, è non è una scuola come tante. Penso sia meglio dire, "non è una scuola normale"» sorrisi,nel notare di aver incuriosito almeno parte degli altri presenti nella sala.

Erano persone fidate, scelte da mio padre in persone, il che mi faceva sentire più sicura, visto che lavorano con lui da anni.

«Questo giovane, ignaro di tutto, comincia a frequentare come di norma le lezioni, scoprendo grazie ad un amico che lega subito con lui, che si tratta di una scuola di geni. Parlando di geni, in questo caso, parlo di geni della tecnologia. Tecnologie innovative e decisamente fuori dal comune. Ci saranno tragiche morti, storie d'amore e tradimenti. Oltre questo, ci sarà qualcuno[...]» alla fine del discorso sospirai, riprendendo fiato e mordendomi il labbro inferiore, scrutando con attenzione la sala, alla ricerca di risposte alle mie domande.

«E quei cartelli?» domanda di Hanna, che mi fa uscire velocemente dalla situazione di imbarazzo che si era creata.

«Oh si, quasi dimenticavo» mi avvicinai al cavalletto, togliendo il cartellone che copriva le mie opere, mostrando gli schizzi delle più stravaganti e disparate tecnologie.

Cominciai a discuterne con i presenti, spiegandone funzionalità e caratteristiche, aggiungendo dettagli della storia che non avevo accennato in precedenza, riacquistando fiducia in me stessa nell'andare avanti.

Alla fine del discorso, salutai tutti, uscendo in fretta dalla sala e poggiandomi con la schiena alla porta, tirando un sospiro di sollievo.

Non mi restava che aspettare e cercare di rilassarmi.

Coraggio Spencer, devi solo aspettare che prendano una decisione e te la riferiscono, non ti uccideranno mica?

Storsi il naso, battendo un piede a terra ed emettendo un lieve verso contrariato, come una bambina capricciosa.

Mi ostinavo a mantenere un comportamento da bambina, per certi versi, questo perchè non volevo crescere.

Volevo solo continuare ad essere la ragazzetta spensierata e combinaguai del quartiere.

Sospirai, cercando di calmarmi e dirigedomi verso la reception dell'edificio, per stare con Janette.

Spesso e volentieri riusciva a sollevarmi e calmarmi.

«Janette» attirai la sua attenzione, mettendomi a braccia conserte sul bancone ed osservandola lavorare.

«Spencer!» sorrise nel vedermi, interrompendosi per recuperare dal piccolo frigo che aveva sotto la scrivania una Cola ed una confezione di confettini colorati che tanto amavo.

Io ero la bambina, e lei era la madre che mi viziava.

«Non eri in riunione per presentare la tua idea?» chiese curiosa, porgendomi le cibarie.

«In effetti si, ma la mia parte è finita. Ora devo aspettare il verdetto finale» risposi, scostandomi il ciuffo che mi ricadeva sull'occhio destro.

«In questo caso» mi tolse la lattina dalle mani, passandomene un'altra, Monster «Ti servirà qualcosa di più revitalizzante»

Ridachiai, prendendola e stappandola, per poi cominciare a bere «Mi vizi troppo»

«E tu dovresti prenderti una pausa dal lavoro» mi rimproverò, facendomi sbuffare.

Non riposavo mai, se non il sabato e la domenica, che erano i miei due giorni liberi; niente vacanze, nè distrazioni o altro.

Avevo preso troppo seriamente il mio lavoro, forse, ma a me non importava. In fondo non avevo niente da perderci, inoltre il mese di agosto e le vacanze di Natale mi bastavano.

«Ti restano solo ventiquattr'ore di vita» un gracchiare mi arrivò alle orecchie, facendomi stringere la lattina e voltarmi fulminea verso l'essere che più odiavo.

Squadrai l'odioso pennuto blu ed argento, soffermandomi sul becco adunco e sulle zampe artigliate al suo trespolo, mentre mi scrutava piegando lateralmente la testa.

«Sbarazzati di quel pollo ambulante. Non lo sopporto» dissi acidamente, senza staccare gli occhi dalla creatura.

«Oh, ma andiamo, è solo un pappagallo!» ridacchiò divertita la bionda in mia compagnia, mentre mi rubava i confettini che avevo tra le dita «Lo vedi solo quando sei qui all'entrata e non penso ti faccia del male»

«L'ultima volta ha fatto i suoi bisogni sulla mia scrivania, distruggendomi l'intero copione che mi avevano dato per leggere» risposi, mangiando quelle dolci e cioccolattose praline colorate.

«Ma ne hai richiesta un altra copia poi» difese il pollo colorato.

«Ci terrei a ricordare che un'altra volta me l'ha fatta in testa, e da allora giro con shampoo e balsamo nella borsa» la scrutai vittoriosa, bevendo dalla lattina.

«Tutti possono sbagliare» sospirò, scuotendo la testa.

«Ti restano solo ventiquattr'ore di vita» gracchiò una seconda volta, sbattendo le ali e sollevandosi appena.

«Continua a ripetermelo. Sempre. Ogni singolo giorno.» dissi ferma, incrociando le braccia al petto.

«Ma è solo un pappagallo!» la donna mi guardò negli occhi, sporgendo appena il labbro inferiore, come a cercare di suscitare tenerezza.

«Va bene, tieni il tuo stupido pollo dantesco arcobaleno» sbuffai, alzando le braccia al cielo e ridacchiando.

Non riuscivo a resistere alle cose tenere o dolci.

Parlando con la trentenne, non mi accorsi del tempo che passava fin quando non mi ritrovai Christpher di fronte.

«Allora?» chiesi, mordendomi il labbro inferiore in attesa del giudizio.

«Spencer» cominciò, scuotendo la testa «La tua idea è geniale!»

Un colpo a cuore, rimasi immobile a fissarlo, fin quando non si decise di continuare.

«La tua nuova serie o film, sceglieremo più in là, è piaciuta e non poco! Non vedono l'ora di leggere il copione che passerai loro» mi sorrise allegro, allargando le braccia.

«Non posso crederci!» quasi urlai, lanciando in aria la busta e facendo disperdere gli ultimi rimasugli di cioccolata «Non posso crederci»

«Credici ragazza» mi diede un'amichevole pacca sulla spalla, consegnandomi alcuni documenti.

Rimasi tutto il tempo con un sorriso ebete in viso, osservando Janette che mi guardava divertita.

Le rivolsi la mia espressione più carina e coccolosa, allargando le braccia e tendendole verso di lei, senza perdere il sorriso.

«Congratulazioni peste» ridacchiò, oltrepassando il bancone e venendomi incontro ed abbracciandomi forte.

Adoravo essere trattata come una bambina e lei era una dei pochi a sapere come trattarmi adeguatamente.

«Yahoo!» urlai, stringendola con molta forza ed accoccolandomi a lei come un gatto «E' fantastico»

«Te lo dissi che avresti fatto carriera» ridacchiò divertita, scoccandomi un bacio sulla fronte e staccandosi dalla stretta «Ora, come hai promesso, ti prendi due settimane libere e non puoi discutere»

Storsi il naso alle sue parole, incrociando le braccia al petto e fissandola con aria truce.

«Non attacca il broncio. Lo avevi promesso.» mi rispose a tono l'altra, scuotendo la testa.

«E va bene» sospirai esasperata «Ti prego, occupati di tutto tu» le porsi i documenti di cui avrei dovuto occuparmi io, ma ero "impossibilitata".

«Queste sono le cose da fare» scossi la testa «Mi dispiace lasciarti tutto questo lavoro»

Con queste parole le lasciai un ultimo abbraccio, recuperando la mia valigetta ed uscendo dall'edificio.

Mi avvicinai alla motocicletta, mettendo la valigia nella sacca e sistemandomi in testa il casco; misi in moto e partii velocemente, mentre il rombo del motore faceva voltare i giovani curiosi ed affascinati.



Una delle cose che più amavo era andare in moto e sfrecciare come una saetta per le strade della città, oppure partecipare alle fantastiche gare che spesso venivano organizzate.

Amavo quella sensazione adrenalinica che ti scorreva nel sangue e che ti scorreva al cuore ed al cervello.

Riuscivo a sentirmi libera come un falco.

Fatto sta che, qualche volta, questa libertà, fa davvero molto male...

Riuscii a vedere giusto in tempo un ragazzo che attraversava velocemente la strada; frenai di colpo, rischiando di volare via dalla moto.

«Ma sei impazzito?!» sbraitai, poggiando un piede a terra per tenermi sollevata sulle due ruote, senza utilizzare il cavalletto ed osservando il ragazzo correre via, senza degnarsi nemmeno di fermarsi.

Sbuffai, risistemandomi sulla moto e partendo nuovamente, cercando di ignorare l'accaduto.

Dopo una decina di minuti arrivai alla scuola di Avril e mi fermai all'ingresso principale, in attesa della fine delle lezioni. Avevamo una giornata di festeggiamenti davanti a noi e non ero intenzionata a perdermi nemmeno un secondo.

Rimasi interminabili minuti in attesa, fin quando non vidi la sua chioma castano chiaro comparire, dopo molte altre.

Notai che però qualcosa non andava, così avviai la moto e le andai incontro, fregandomi dei ragazzi che dovevano sostarsi per farmi passare.

«Ti prego, andiamocene» mi sussurrò mettendosi il casco e salendo sulla sella, mentre mi facevo strada con un'impennata.

Partii velocemente, andando verso casa così da sistemare tutto.


«Ora spiegami che hai» la ammonii, entrando a mia volta nell'appartamento e chiudendo poi la porta d'ingresso.

Fu un attimo e me la ritrovai tra le braccia, mentre gocce salate le rigavano ingiustamente le guance.

«Dai, è tutto passato» le sussurrai, passandole una mano tra i capelli ed accarezzandole la nuca.

Prima l'avrei lasciata sfogarsi, così dopo sarebbe seguita la rabbia, ed era meglio così.

Rimanemmo abbracciate come un koala alla sua mamma per non ho idea di quanto tempo, mentre la mia testa era affollata da tanti pensieri, tra cui "che diavolo era successo alla mia amica?"

Una volta calmata, si scostò da me, cercando di asciugarsi le lacrime, mentre mi seguiva in cucina.

Una volta lì, le passai la scatola di fazzoletti coi disegnini, che lei amava tanto; lanciai il giubotto sul divano del soggiorno e cominciai a curiosare nel frigo.

«Nel mentre ti prendo il gelato, ti va di raccontare?» le chiasi, prendendo la confezione di gelato alla vaniglia e prendendole un cucchiaio.

Le poggiai tutto sotto il naso, allontanandomi per prendere quello al cioccolato, il mio preferito.

Lei invece amava quello alla vaniglia; non ci facevamo molti problemi a mangiare nel contenitore, questo però quando una delle due era triste, anche perchè con una donna arrabbiata o depressa non è possibile parlare se non si è armati di dolci o gelati.

Poi ne avevamo sempre un'ampia scorta, per i possibili "visitatori".

Le uscì un singhiozzo, mentre affondava il cucchiaio nel dolciume, emettendo un verso infastidito.

«Tyler»

Sgranai gli occhi, stringendo i pugni colta da una rabbia improvvisa.

«E' andato a letto con Britney...» sussurrò rabbiosa, mentre prendeva il gelato a cucchiaiate, come se Tyler potesse subirne le conseguenze.

Contai fino a dieci prima di sospirare per riprendere la calma ed invitarla a continuare.

«L'ho evitato tutto il giorno...» riprese a mangiare, chinando il capo, colpevole.

In tutto quel lasso di tempo, non avevo nemmeno aperto la confezione di gelato, così la riposi nel freezer, lanciando brutalmente il cucchiaio nel lavandino.

Rimanemmo entrambe in silenzio, ognuna con i propri pensieri che vorticavano fuori nella testa.

«Ci occuperemo insieme di questa faccenda» sospirai, passandomi una mano tra i capelli e scompigliandoli appena.

«Ora dobbiamo festeggiare» le sorrisi allegra, intenzionata a farle dimenticare quel bastardo traditore almeno per il momento.

«Come mai?» chiese con un'espressione tra il perplesso ed il curioso.

«Sai quel film di cui ho scritto il copione? Quello che ho ideato io» sorrisi nel notare che le si erano illuminati gli occhi ed era corsa verso di me per abbracciarmi allegra.

«Oddio, congratulazioni!» mi stordì l'orecchio, facendomi ridacchiare divertita.

«Quindi, asciugati quelle lacrime, preparati una borsa ed andiamo al The Grove e magari ci facciamo anche un giretto sulla collina Hollywood» ridacchiai, mentre saltellava allegra e correva verso la camera che dividevamo.

Sperai con tutto il cuore che quella sua felicità non fosse momentanea, anche perchè mi si contorceva il cuore nel vederla stare male.

Ridacchiai, seguendola in camera e preparando il mio amato zainetto azzurro, ovviamente già pronto.

Ero sempre organizzata, al contrario si Avril, che era un disastro di ragazza.

Ridacchiai, prendendolo e sistemandoci le chiavi della moto, che portavo sempre con me.

«Andiamo in auto» la informai, prendendo un cambio dall'armadio e correndo sotto la doccia.

Liberai in fretta la doccia, così da dare anche alla mia compagna di darsi una rinfrescata, prima di andare al più grande centro commerciale di Los Angeles.

Saltellai allegramente verso l'armadio, vestendomi velocemente ed indossando la mia felpa preferita ed un paio di Jeans finalmente asciutti, sistemando gli altri puliti sul tavolo col ferro da stiro.

Preso lo zainetto, mi avviai verso la cucina, prendendo qualche snack per il viaggio, visto che era abbastanza distante ed avevamo intenzione di mangiare una volta arrivate.

«Sono pronta!» urlò, saltandomi in groppa, mentre mi affrettai a prenderle le gambe e correre verso la porta.

«Andiamo allora!» urlai a mia volta, mentre ridevamo come delle matte.

Uscimmo in fretta, poi chiusi la porta, buttando poi le chiavi nel mio zainetto e correndo insieme a lei verso il parcheggio riservato ai residenziali.

Arrivate all'auto, mi affrettai a salire, avviandola e facendo abbassare la cappotta, godendomi a pieno la decappottabile.

«Shopping!» urlò, saltando sul sedile del passeggero.

Era l'unica a cui permettevo di farlo, anche perchè era la mia migliore amica, ed io la sua.

Lei era anche una dei pochi che mi era amica non per la posizione sociale o perchè ero figlia di un grande autore televisivo.

Partimmo in fretta, mettendo la musica al massimo e cantando come due dementi idiote.

Tutto per vedere un sorriso comparirle sulle labbra.



«Dai, che sono affamata!» piagnucolò mentre la seguii all'interno del centro, dopo aver chiuso l'auto e messo l'antifurto ovviamente.

«Ci sono, tranquilla» ridacchiai, tenendo il passo con lei, mentre chiacchieravamo su quello che avremmo coprato e dove saremmo andate.

«Che ne dici di Hamburger, patatine e cola?» chiesi sorridente verso di lei.

«Oddio, fossette!» urlò stridula, cercando di strizzarmi le guance.

Riuscii ad evitarla, correndo verso il Mc poco distante, così da sfuggirle e raggiungere la destinazione.

Una volta all'interno, corsi al solito tavolo con divanetto ad angolo, che tanto amavo.

Mi lasciai cadere, ovviamente nel mio angolino, accorgendomi solo troppo darti dell'errore.

«Presa!» scoppiai a ridere, mentre un essere non identificato mi si era lanciato addosso, cominciando a farmi il solletico.

Ci riprendemmo poco dopo, grazie all'arrivo di un cameriere che era venuto a prendere le ordinazioni.

«Okay, ora ti cerchiamo un fidanzato» esclamò allegra, facendomi voltare verso di lei.

«Che?» chiesi, rivolgendole uno sguardo preoccupatissimo.

«Ovvio.» rispose, guardandomi attentamente «E fai uscire Hector da lì, ti prego... mi fa abbastanza paura»

Ridacchiai divertita, mettendo una mano tra i capelli sul collo e tastando, fino a sentire qualcosa di consistente e prendere un esserino che aveva assunto le tonalità del rosso e del blu.

«L'hai sentita Hector? Quindi fai il bravo qui» lo poggiai sul tavolo, mentre riprendeva il suo colorito verde, osservando me e la mia compagna.

Aprì lentamente la bocca, attirando la mia attenzione e facendomi chiamare un cameriere per ordinare delle foglie di insalata senza condimento per il mio piccolo amichetto.

Il cameriere fece come richiesto, ovviamente senza porsi ulteriori domande.

In quel momento nel locale entrò un giovane dall'aspetto latino che parlava animatamente con uno molto più alto e palestrato.

Il primo aveva la pelle lievemente abbronzata e spettinati capelli neri; era più piccolo dell'altro, ma di certo non meno muscoloso o di brutt'aspetto.

Quello alto si notava parecchio quanto fosse palestrato, carnagione più chiara e con una capigliatura castana e tenuta in ordine da una grande quantità di gel.

«Secondo me staresti bene col secondo» sentii una voce alla mia destra, che mi fece voltare.

«Come prego?» chiesi stralunata.

«Si insomma, è parecchio più grosso di te, lui palestrato e tu con le curve. Lui alto e tu bassa. Poi non vi immagino a letto» ridacchiò maliziosa, guardandomi con un'espressione che a me sembrò molto inquietante.

«No grazie, sto bene da single» le risposi, inarcando un sopracciglio.

«Però stanno guardando da questa parte e parlano» mi sussurrò, guardandomi negli occhi «i tuoi capelli attirano l'attenzione, principessa degli specchi»

Spostai lievemente lo sguardo ad un tavolo poco distante dal nostro, dove avevano preso posto i due.

«Oh andiamo, saranno interessati al cartellone dei menù» risposi, indicandole il cartellone sopra le nostre teste.

«Vedremo arcobaleno» ridacchiò, prima di essere interrotta dalla radio che avevano appena acceso agli altoparlanti.

«Ed ora un grande successo dei Big Time Rush: Any Kind Of Guy!» urlò il DJ del canale radio, facendo partire la canzone.

«Sono bravini» affermai, seguendo parole e ritrmo della canzone.

«Bravini?!» una spegie di gridolino isterico mi arrivò alle orecchie, mentre il ragazzo alto entrato da poco aveva sentito la mia esclamazione e si era avvicinato al mio tavolo.

«Per tua informazione, questi ragazzi "bravini" sono arrivati più lontano di te, carina»

Rimasi alcuni secondi ad osservarlo indecisa sul da farsi, poi mi alza, per fronteggiarlo nonostante la notevole differenza d'altezza.

«Per tua informazione, c'è di meglio, carino» evidenziai l'ultima parola, con un lieve gesto delle dita.

«Secondo te, lui mena lei o lei mena lui?» il ragazzo più basso aveva preso posto accanto alla mia compagna, osservando con lei la scena.

«Se lui osa sfiorarla, dovrà vedersela con entrambe» chiarì Avril.

«Per tua informazione, io sono stupendo, non carino.» ribattè l'altro, puntandomi contro un indice.

«Per tua informazione, a me non interessa nulla di te. Non ti ho mai visto prima, mai sentito la tua voce e non ti ho mai nemmeno sentito nominare, e posso permettermi di dire che si, ho fatto molta più strada di questi Big Tuc Crush» gli risposi a tono, incrociando le braccia al petto, sollevando il mento e tenendo gli occhi ben aperti; tipico di quando ero arrabbiata.

«Big Time Rush» una terza voce interruppe la nostra "calma discussione", sovrapponendosi tra me ed il moretto «Mi scuso per l'intrusione ma non penso che tu abbia motivo di dire di essere andata più avanti di loro, quando nemmeno io ho sentito mai parlare di te e non ti ho mai vista prima d'ora.»

«E' normale che non mi abbiate mai vista prima» mi lasciai sfuggire una risatina divertita, facendo ondeggiare i capelli «Nessuno, se non i miei colleghi, hanno mai visto il mio volto e non mi lascerò giudicare da dei fan di questo fantomatico gruppo solo perchè non mi hanno mai vista.» risposi, mantenendo la mia posizione e senza nascondere l'acidità presente nelle mie parole.

«Noi siamo i Big Time Rush» mi rispose, indicando se stesso, il moretto, il ragazzo accanto alla mia amica ed un posto vuoto «Logan deve ancora arrivare» mi chiarì, mentre riportavo lo sguardo su di lui.

«Ed allora?» chiesi, scollando le spalle ed osservandolo.

«Penso che se sei davvero famosa come dici, il tuo nome sia abbastanza famoso» il biondo si voltò verso di me, fronteggiandomi a sua volta ed assumendo una posizione simile alla mia, chinando il capo per osservarmi negli occhi.

I suoi erano verde prato, un verde simile ai miei, solo un pò più chiari.

«Non mi interessa sbandierare il mio nome per dimostrare quanto valgo, lo so benissimo da me e non di certo mi interessa sapere cosa pensano dei ragazzini che hanno trovato per puro caso la fama qui a Los Angeles» gli risposi, avvicinandomi pericolosamente a lui e sporgendomi verso il suo viso «Big Time Rush o no, sta di fatto che non vi conosco e già non vi sopporto, a me basta questo» sorrisi, scostandomi ed osservandolo.

«Beh, intanto ti permetti di giudicare senza conoscere, sia noi che band che reputi "bravine"» stava lentamente perdendo la calma, il che era un brutto segno per lui, ma non di certo per me.

«A me non interessa quello che» puntai lo sguardo sul tavolo, preoccupandomi subito «Dov'è Hector!» urlai, osservandomi intorno.

«Tranquilla, è di nuovo tra il viola ed il celeste» mi calmò Avril, sporgendosi per recuperare il mio piccolo camaleonte e mettermelo tra le mani.

Sospirai sollevata, carezzandolo appena e riponendolo sul tavolo.

Notai un cameriere venire verso di noi, con le ordinazioni che avevamo richiesto in precedenza.

«Ecco a voi signorine» sorrise, porgendoci l'insalata ed i due mega menù «Loro mangiano con voi?» chiese poi, scrutando i tre.

Feci per negare, ma la voce della mia mica che affermava il contrario mi precedette.

Mi voltai di colpo verso di lei, stizzita.

«Dai, saranno nuove conoscenze» mi pregò con i suoi occhioni da cucciolo, così non potei far altro se non sbuffare ed acconsentire.

Qualcosa mi diceva che non mi sarebbero piaciuti molto, quei tipi.



Angolo Autore

Salve a tutti!

So che ho anche un'altra storia in corso nel fandom da continuare, ma ho preferito scrivere/pubblicare anche questa, per vedere se ne vale la pena o accartocciare l'idea.

Piccole delucidazioni:

[...]----->penso abbiate notato questo simbolo, nel bel mezzo del discorso di Spencer

Diciamo che ho preferito non inoltrarmi troppo nella trama della storia, anche perchè non sarà su di essa che si incentrerà quella della fanfiction.

Per ora, ovviamente, poi non so cosa mi passerà per la testa in futuro.

Come capitolo non è un granchè, questo è vero, ma io la considero solo una piccola introduzione che spero porterò avanti.

Inoltre, da come penso si possa capire, Spencer sarà un pò diversa dal tipo di ragazza " I Love BTR" soprattutto per rendere la storia (spero) più interessante.

Inoltre, so che come introduzione non è spettacolare, ma volevo rendere le cose più interessanti solamente verso la fine.

AVVISO: Il titolo NON è rivolto nè a Logan nè a Kendall ma a Spencer.

Inoltre vi pongo un piccolo quesito:

Logan lo preferite "tenero e coccoloso" oppure in versione "bad boy"?

Detto questo, vi saluto ed alla prossima! PS. Mi scuso per eventuali errori ed anche per l'errore di pubblicazione avvenuto a causa di non so cosa, grazie per la pazienza ed all'autrice che mi ha avvertita (ti dedicherò un capitolo per aver impedito ulteriori disastri, grazie!)

  
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