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Autore: Rystie_00    22/08/2015    4 recensioni
- Che cos’hai sul naso? – mi chiede. Sorrido.
- Si chiama Bridge: è un piercing. – dico, toccandomi il naso all’altezza degli occhi.
- Ti sta bene. L’oro contrasta bene con i tuoi capelli ramati. -
- Grazie! Invece tu hai il cielo e il mare negli occhi! –
Vi è una pausa dove realizzo la cazzata che ho appena detto.
- L’hai letta da qualche parte. -
- Sì. –.
È il complimento più squallido che abbia mai fatto a qualcuno. Che pessimo.
Ma lui ride. E rimango senza fiato.
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Questa è la mia nuova FF... se volete dare un'occhiata siete i benvenuti! :)
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I CAPITOLO
 
 
GABRIEL
 
 
Il mio nome è Gabriel Mills.
Sono un diciottenne in continua lotta con l’intero pianeta.
Mi spiego.
Sono quel genere di persona che pochi riescono a sopportare.
In classe mia, ad esempio, sono venerato dai miei compagni e odiato dai miei professori. Sono il ragazzo strafottente che fa dell’ironia agli insegnanti nelle ore di lezione, cacciandosi spesso nei guai. L’adolescente che fuma quando può e che beve se ne ha voglia.
Quel genere di persona che, se un turista si avvicina per chiedere indicazioni, si diverte a dare suggerimenti totalmente sbagliati.
Fai della tua vita uno scherzo. Questo è ciò su cui mi baso.
Forse bisognerebbe aggiungere un po’ di stronzaggine. Circa sette kili e centotrentasei grammi.
E un’infinta dose di bellezza, che sia chiaro.
 
L’ultimo anno delle superiori mi sta massacrando. Me la cavo, ma so che i professori non avranno pietà per gli alunni come me. In particolare, l’insegnate che adoro. Una di quelle persone simpatiche come un’incudine sul piede. Come un riccio di mare calpestato per caso. Come un capello nella tua pietanza preferita.
Proprio.
Rischio la bocciatura, nonostante siamo ancora al primo semestre, per colpa sua.
In quest’istante mi ha appena beccato con il cellulare a copiare una risposta per la verifica di letteratura.
- Dallo a me. – dice, cercando di non disturbare gli altri compagni e tendendo la mano. Sbuffando,  glielo consegno. Mi mancavano ancora poche parole per completare la risposta! Potrei, come vendetta, fare le orecchie d’asino al suo registro durante il risposo.
Una volta gli ho nascosto un geco nella borsa dei suoi libri.
Sono fatto così, ma mi rendo conto che non è giusto. Semplicemente, mi diverte. Come può non far ridere un professore che getta a terra i libri e scappa, pulendosi le mani sui pantaloni? Esilarante.
Lo guardo, mentre cammina di nuovo verso la cattedra. Si siede e ripone il mio telefono in un cassetto. Poi riprende ad ispezionare la classe con quegli occhi color ghiaccio. Quando si sofferma su di me, gli sorrido, salutandolo con la mano. Lui scuote il capo. Si china sul registro di classe, scrivendo non so che cosa.
I suoi capelli, sistemati ordinatamente con il gel, sono color pece. È uno di quegli uomini che si preoccupano dell’aspetto estetico, infatti, porta uno strato sottile di barba curata e dei vestiti scelti con riguardo.  
  Ritorno con gli occhi sul mio foglio.
Spero che quest’ora passi in fretta.
 
Al termine delle lezioni, sono già pronto per uscire, mi manca solamente il cellulare così mi avvicino al professore Rivera.
- Prof., il mio cellulare… -
Lui mi studia con il suo sguardo gelido, ma che non mi incute timore, e infine dice: - Penso che ti assegnerò altri compiti per casa. Non posso tollerare che un mio alunno usi il cellulare durante le verifiche. -
- Quindi posso usarlo durante le spiegazioni? – chiedo, sorridendo speranzoso.
- Gabriel, perché, per quest’anno non ti sforzi di essere meno arrogante? Potresti concludere qualcosa. -
- Mi restituisca il telefono, e le saprò dire. -
Lui sbuffa sonoramente, passandomi il mio cellulare. – In aggiunta, fai tutti gli esercizi di pagina settantaquattro. -
- Vedrò se ho voglia. Arrivederci, capitano! –
Rido sotto i baffi.
È dal primo giorno di scuola che mi rifila compiti e io li faccio raramente.
 
- Mamma, questa sera sono fuori a cena. Ho intenzione di andare con Mike, Robert e Alan. Non so a che ora tornerò. – urlo a mia madre, dopo aver concluso alcuni esercizi di matematica.
- A patto che oggi vai all’ospedale a portare la cena al sacco che ho preparato per papà. – dice.
- Okaaaay… - sbuffo sonoramente.
Mi alzo dalla scrivania e mi infilo una felpa grigio scuro. Prendo il portafoglio e il telefono e li metto nella tasca dei pantaloni.
Mi avvio alla porta di casa, salutando mia madre.
 
Dare una mano nell’ospedale dove lavora mio padre è una cosa che mi rilassa abbastanza. Non che faccia troppi lavori. Cose di poco conto, come portare il cibo ai pazienti e intrattenerli con le mie stupide battute.
Ho iniziato da bambino, quando ancora eseguivo parola per parola gli ordini delle persone. Diciamo che ora sono più autonomo, ma non so quanto responsabile.
Quando trovo mio padre,  gli vado incontro.
- Gabriel! – esclama, vedendomi e passandosi una mano sulla nuca castana chiara. Lo saluto con un cenno del capo. Mi mette un braccio intorno le spalle mentre io gli dico che gli ho portato il pranzo.
Poi mi trascina nel suo ufficio, dove so che mi aspetta una lunga chiacchierata su quanto lui desideri che io diventi dottore come lui.
Con il tempo, ho capito che lui ci tiene veramente, ma solo perché non vuole che io diventi la rovina della famiglia. Essendo ricchi, infatti, non vuole macchiare il nome dei Mills con le cavolate che potrei fare da grande.
Io non so ancora cosa voglio.
L’unica certezza è che, appena ne avrò la possibilità, me ne andrò da casa.
 
 
 
FREDERICK
 
- Ehi, papà? -
- Sono in cucina. -
Spingo la sedia a rotelle, su cui sono seduto da tre anni, fino a raggiungerlo. Sta lavando i piatti, nonostante indossi ancora gli abiti con cui è uscito questa mattina. Non glielo faccio notare.
- Volevo andare a fare la spesa. Ti serve qualcosa? -
Lui si volta verso di me, studiandomi con quegli occhi di cristallo.
- Posso andare io, se vuoi. – risponde. Sapevo che lo avrebbe detto. Da quando è morta la mamma, lui cerca di non farmi fare alcun tipo di sforzo. Ma io ormai sono abituato a vivere sulla sedia a rotelle.
- Volevo approfittare per prendere un po’ d’aria. -
Annuisce, ritornando a pulire i bicchieri che stava lavando.
- Va bene. –
 
 
 
 
GABRIEL
 
Uscito dall’ospedale, decido di fare la strada a piedi. L’aria puzza di inquinamento e smog, ma ormai ci ho fatto l’abitudine.
Intorno a me il mondo gira, come sempre. Persone e persone: donne, bambini, uomini, anziani.
Il cielo sopra di me si è fatto gravemente nuvoloso. Con le mani in tasca, accelero il passo. Credo sia stata un pessima idea tornare a casa a piedi.
Tengo lo sguardo fisso sul pavimento e,  per questo, una macchia rossa attira la mia attenzione. Mi volto di nuovo verso quel punto e mi rendo conto che non è una macchia, ma una rosa. Una rosa rossa abbandonata malamente sul marciapiede.
Un tuono rimbomba in cielo, così mi affretto a raccoglierla e a muovermi.
Una delicata pioggerellina inizia a scendere, e mi infilo il cappuccio. Inizio poi a correre e svolto l’angolo della strada.
Urto però su qualcosa e cado con la schiena sul terreno umido.
- Ahi. – gemo a denti stretti.
- O mio Dio, scusa! -
Quando metto a fuoco la vista, mi ritrovo davanti uno sguardo terribilmente preoccupato e dispiaciuto. Il ragazzo su cui ho urtato è vicino a me noto come la sua scura capigliatura ordinata stoni così dannatamente bene con i suoi limpidi occhi color cielo.
- Tranquillo. -
Mi alzo a sedere e lo vedo per intero. Rimango per un momento sorpreso quando scopro che è su una sedia a rotelle.
Indossa una camicia azzurrina e dei pantaloni blu scuro.
Una ciocca di capelli neri gli ricade sulla fronte.
E l’unica cosa che penso è: wow.
Senza fiato. Così, a guardare quel ragazzo che mi ha stravolto con la sua bellezza.
- Sei sicuro di stare bene? -
- In realtà… - dico, con un mezzo sorriso (quello che di solito fa impazzire chiunque cerchi di rimorchiare). – L’ho fatto apposta. Sono caduto su di te per…beh… darti questa. – e gli porgo la rosa che ho trovato poco prima.
Lui inclina la testa di lato e mi guarda, alzando le sopracciglia.
- No. Tu sei caduto. Quella rosa l’avevo vista anch’io poco fa. E tu non eri ancora dietro di me. Io mi sono fermato per aprire l’ombrello. – dice.
- Accidenti. – fingo di essere dispiaciuto. – Dal momento che mi hai scoperto, che ne dici di dividere con me il tuo ombrello? -
- E come? Dovresti tenerlo tu. -
- Io posso anche stare seduto qui per terra. Sono certo che è solo un temporale di passaggio. E poi, scommetto che non vedi l’ora di passare un po’ di tempo con lo sconosciuto che ti ha appena regalato una rosa per tentare di fare colpo. -
Che diavolo sto dicendo? Mi sa che sono stato troppo diretto e che questo qui scapperà subito.
Invece, con mia grande sorpresa, lui arrossisce, prende l’ombrello, che è abbastanza grande da coprirci entrambi, e dice: - Mi chiamo Frederick. -
Strabuzzo gli occhi. Ha davvero funzionato?
- Piacere di conoscerti. Io mi chiamo Gabriel. -
Vi è un silenzio che mi preoccupo di colmare: - Ma lo sai che ti sto cercando di rimorchiare? E che tu sei un altro ragazzo, maschio. Ti va bene questo, sì? -
Lui ride, nervosamente, e distoglie lo sguardo da me. – Me ne sarei già andato altrimenti. E poi, mi è piaciuto il tuo modo di rimorchiare. È stato… carino. -
A questo punto, sono io ad arrossire. Mi schiarisco la voce: - Allora, Freddie, quanti anni hai? -
- Diciassette, e tu? -
- Diciotto. –
La pioggia inizia a calare, più intensa di prima.
- Che cos’hai sul naso? – mi chiede. Sorrido.
- Si chiama Bridge: è un piercing. – dico, toccandomi il naso all’altezza degli occhi.  
- Ti sta bene. L’oro contrasta bene con i tuoi capelli ramati. -
- Grazie! Invece tu hai il cielo e il mare negli occhi! –
Vi è una pausa dove realizzo la cazzata che ho appena detto.
- L’hai letta da qualche parte. -
- Sì. –.
È il complimento più squallido che abbia mai fatto a qualcuno. Che pessimo.
Ma lui ride. E rimango senza fiato.
Nessuno mi ha mai fatto questo effetto.
Questo ragazzo mi piace.
- Scommetto che a scuola sei un ribelle! Anzi, lo sei sempre. -
- Beh… Hai indovinato. Frederick, invece tu sei uno di quei studenti modello, o sbaglio? -
- No, non sbagli. -
Ci sorridiamo.
Uno di quei sorrisi che vogliono dire “Guarda un po’ con chi mi sono imbattuto. Gli opposti si attraggono”.
Alcuni passanti, dall’altro lato della strada, ci guardano curiosi da sotto il loro impermeabile, e corrono via.
- Mi sa che questo temporale non finirà tanto presto. – constato, guardandomi intorno.
- Anche secondo me. -
- Allora forse è meglio andare. -
- Ti bagnerai. -
- Non è un problema. Tu piuttosto, torna diritto a casa e…oh. – mi rendo conto di avere ancora in mano il fiore. Glielo offro e Frederick lo prende, tenendo gli occhi fissi su di me.
- Beh… domani ci possiamo vedere di nuovo. Ti lascio il mio numero. – dico, alzandomi.
- Va bene. – sorride. Si sfila il cellulare dalla tasca e si salva il mi memorizza sulla rubrica.
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: Buonasera popolo di EFP! Eccomi tornata! Che piacere scrivere di nuovo in questa categoria!
Allloraaa… vi incuriosisce? So che è un po’ presto per dirlo, ma volevo sapere cosa ne pensate.
Avviso subito che gli aggiornamenti saranno molto distanti fra loro (spero comunque di non oltrepassare le due settimane), ma non abbandonerò la storia. Questa ff avrà dieci capitoli, se non meno. È stata un’idea che ho provato a buttare giù, ma spero che apprezzerete comunque!
Fatemi sapere!!
Un abbraccio
Ps: scusate per eventuali errori.
Rystie_00
   
 
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